«Questo specialissimo dono ci fu dato nel Cristo: che la nostra natura passibile non rimanesse più soggetta alla morte dopo che lui, per natura immortale, vi si era sottomesso; e che proprio da ciò che in lui non poteva morire risorgesse in noi ciò che era morto.
Per assimilarci indissolubilmente a questo sacramento, carissimi, dobbiamo impegnarci con la massima intensità interiore ed esteriore. Se infatti è cosa gravissima trascurare la festa di Pasqua, è ancor più grave assistere alle assemblee liturgiche, senza però partecipare alla passione del Signore.
Quando l’Apostolo afferma: «Se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tm 2,12) vuol dire esattamente questo: non ama per davvero il Cristo sofferente, morto e risorto, se non chi con lui soffre, muore e risorge.
Queste realtà hanno già avuto inizio in tutti i figli della Chiesa nel mistero della rigenerazione, ove abbiamo la morte al peccato, la nuova vita del risorto e la triplice immersione, per imitare i tre giorni della sepoltura di Gesù. In tal modo, rimosso per così dire il tumulo del sepolcro, coloro che il seno del fonte battesimale ha ricevuto vecchi, l’acqua li rigenera nuovi. Ma occorre portare a termine con la vita ciò che i fedeli, nati dallo Spirito Santo, hanno celebrato nel sacramento; essi perciò, proprio accogliendo e portando la croce, devono frenare quanto rimane in loro del costume mondano.
Se qualcuno quindi sente che le esigenze dell’osservanza cristiana superano le sue possibilità, e se le sue passioni lo spingono a deviare dalla retta via, ricorra alla croce del Signore e crocifigga al legno della vita gli impulsi della sua cattiva volontà. Invochi il Signore con le parole del profeta, dicendo: «Tu fai fremere di spavento la mia carne, io temo i tuoi giudizi» (Sal 118,120).
Che significa avere la carne crocifissa coi chiodi del timor di Dio, se non trattenere i sensi dalle lusinghe di desideri illeciti, per timore del giudizio divino? Chi resiste al peccato e uccide le sue concupiscenze per non compiere qualcosa che sia degno di morte, può dire con l’Apostolo: «Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6,14).
Il cristiano dunque si stabilisca là dove Cristo lo portò con sé, e là diriga tutti i suoi passi dove sa che la sua natura umana è stata salvata. La passione del Signore si potrae sino alla fine del mondo. E come nei suoi santi Gesù stesso è onorato e amato, e nei suoi poveri Gesù stesso viene nutrito e vestito, così in tutti coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia, con lui soffriamo. A meno che non si voglia pensare che sono finite tutte le persecuzioni e le lotte che infierirono contro i beati martiri, per il fatto che la fede si è diffusa in tutta la terra ed è diminuito il numero degli empi; come se la necessità di portare la croce incombesse soltanto su coloro ai quali furono inflitti atrocissimi tormenti, per distoglierli dall’amore di Cristo.
Ma le anime dei giusti, che hanno imparato a temere e amare un solo Dio, e a sperare in lui solo, dopo aver vinto le passioni e crocifisso i sensi, non cedono ad alcun timore dei nemici, né ad alcun compromesso. Hanno infatti preferito a se stessi la volontà di Dio, e tanto più amano sé quanto più si disprezzano per amore di Dio.
Perciò, carissimi, la santa Pasqua viene degnamente celebrata in queste membra del corpo di Cristo, e nulla manca loro delle vittorie riportate dalla passione del Salvatore.»
Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa.
«Questo specialissimo dono ci fu dato nel Cristo: che la nostra natura passibile non rimanesse più soggetta alla morte dopo che lui, per natura immortale, vi si era sottomesso; e che proprio da ciò che in lui non poteva morire risorgesse in noi ciò che era morto.
Per assimilarci indissolubilmente a questo sacramento, carissimi, dobbiamo impegnarci con la massima intensità interiore ed esteriore. Se infatti è cosa gravissima trascurare la festa di Pasqua, è ancor più grave assistere alle assemblee liturgiche, senza però partecipare alla passione del Signore.
Quando l’Apostolo afferma: «Se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tm 2,12) vuol dire esattamente questo: non ama per davvero il Cristo sofferente, morto e risorto, se non chi con lui soffre, muore e risorge.
Queste realtà hanno già avuto inizio in tutti i figli della Chiesa nel mistero della rigenerazione, ove abbiamo la morte al peccato, la nuova vita del risorto e la triplice immersione, per imitare i tre giorni della sepoltura di Gesù. In tal modo, rimosso per così dire il tumulo del sepolcro, coloro che il seno del fonte battesimale ha ricevuto vecchi, l’acqua li rigenera nuovi. Ma occorre portare a termine con la vita ciò che i fedeli, nati dallo Spirito Santo, hanno celebrato nel sacramento; essi perciò, proprio accogliendo e portando la croce, devono frenare quanto rimane in loro del costume mondano.
Se qualcuno quindi sente che le esigenze dell’osservanza cristiana superano le sue possibilità, e se le sue passioni lo spingono a deviare dalla retta via, ricorra alla croce del Signore e crocifigga al legno della vita gli impulsi della sua cattiva volontà. Invochi il Signore con le parole del profeta, dicendo: «Tu fai fremere di spavento la mia carne, io temo i tuoi giudizi» (Sal 118,120).
Che significa avere la carne crocifissa coi chiodi del timor di Dio, se non trattenere i sensi dalle lusinghe di desideri illeciti, per timore del giudizio divino? Chi resiste al peccato e uccide le sue concupiscenze per non compiere qualcosa che sia degno di morte, può dire con l’Apostolo: «Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6,14).
Il cristiano dunque si stabilisca là dove Cristo lo portò con sé, e là diriga tutti i suoi passi dove sa che la sua natura umana è stata salvata. La passione del Signore si potrae sino alla fine del mondo. E come nei suoi santi Gesù stesso è onorato e amato, e nei suoi poveri Gesù stesso viene nutrito e vestito, così in tutti coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia, con lui soffriamo. A meno che non si voglia pensare che sono finite tutte le persecuzioni e le lotte che infierirono contro i beati martiri, per il fatto che la fede si è diffusa in tutta la terra ed è diminuito il numero degli empi; come se la necessità di portare la croce incombesse soltanto su coloro ai quali furono inflitti atrocissimi tormenti, per distoglierli dall’amore di Cristo.
Ma le anime dei giusti, che hanno imparato a temere e amare un solo Dio, e a sperare in lui solo, dopo aver vinto le passioni e crocifisso i sensi, non cedono ad alcun timore dei nemici, né ad alcun compromesso. Hanno infatti preferito a se stessi la volontà di Dio, e tanto più amano sé quanto più si disprezzano per amore di Dio.
Perciò, carissimi, la santa Pasqua viene degnamente celebrata in queste membra del corpo di Cristo, e nulla manca loro delle vittorie riportate dalla passione del Salvatore.»
A tutti BUONA PASQUA!