La “pace” che odia la guerra

“Lascia li il tuo dono davanti all’altare, va’prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5, 24)

“Avete inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5, 44-45)

L’immagine che oggi mi viene in mente è l’Ouroboros, il serpente che si morde la coda. Rappresenta bene le aporie nelle quali il nemico dell’uomo e di Dio cerca di imprigionarci appena gli lasciamo un varco. Nella mia testa, questa opera in questi giorni si esprime così: “se solo riesco ad indurvi a fare/ascoltare una “acuta analisi” della “situazione attuale” (termine che sta per “realtà narrata”) al posto di fare la vostra parte in concreto nella realtà vissuta, avrò vinto, vi avrò avvinto al cerchio infinito della narrativa che si autoalimenta”.

Nella sua opera instancabile di distruzione del creato e delle creature preferite di Dio, il nemico impiega diverse tecniche e in base a quella utilizzata riceve un nome diverso: menzognero, divisore, omicida, accusatore… In questo periodo pare impegnato a dividere l’uomo dalla realtà, allontanandolo sia dall’Eterno, sia soprattutto dall’istante presente (che è ciò che nel tempo più somiglia all’eternità), dato che è solo nel presente che possiamo scegliere e agire, quindi è nel presente che si gioca la nostra salvezza. Per questo il Signore ci richiama ad occuparci di Lui (in quanto Eterno) e soprattutto, a vivere nel presente mirando al Regno e alla Sua giustizia (che non è la nostra). È anche per questo che nella preghiera chiediamo alla Madonna di pregare per noi adesso e nell’ora della nostra morte (che è l’ultimo “presente” a nostra disposizione per la conversione). Il nemico fa di tutto per allontanarci dal’istante presente o inducendoci ad occuparci del passato, o a preoccuparci del futuro, ma sempre secondo una narrativa che fa di “passato” e “futuro” delle idee, delle immagini distorte. L’uomo che cade in questo tranello guarda con nostalgia un’età dell’oro che non tornerà oppure rivive un evento traumatico mai elaborato e anzi, amplificato, carico di dolore e sensi di colpa. Oppure paventa un futuro distopico, disperato e desolato o anela ad un futuro utopico pieno di promesse. Ma, come ci insegna il Signore, chi rimane ancorato al passato, bello o brutto che sia, è un morto che seppellisce i morti e chi si proietta in un futuro immaginato non riesce a operare per il Regno e non riceve quanto il Signore promette in sovrabbondanza. In ogni caso, chi si fa irretire da questa tecnica di allontanamento dal presente, vive in una virtualità ipnotica che lo mantiene lontano dalla realtà. E che lo porta a “virtualizzare” ogni realtà: eventi, persone, luoghi, relazioni…

La guerra è certamente orribile, lo è in modo particolare per chi la subisce sulla propria carne, in qualsiasi angolo della terra dove stia avvenendo (e sono tanti, purtroppo). Ma la guerra, come la povertà e il dolore, è qualcosa che ci accompagna da sempre e che sempre ci accompagnerà, fino alla fine dei giorni. Non mi pare che su questa terra ci sia mai stato un giorno senza guerra (tanto per porlo in rima baciata). Ma, in questi luoghi e in questi tempi che viviamo noi qua in Italia, non possiamo certo dire che subiamo gli orrori della guerra. Il Signore non ci ha fatto (ancora) bere da questo calice, sia ringraziato. La guerra che noi stiamo “sperimentando” e che occupa la nostra attenzione, i nostri pensieri, le nostre preghiere, è una guerra virtuale, una guerra narrata, magari narrata bene e ben spiegata da esimi esperti di guerra e geopolitica (i guerrologi che hanno sostituito i virologi), ma pur sempre virtuale (se pur molto reale per chi la sta subendo in prima persona). Il problema però è che la narrativa inevitabilmente ci allontana dalla realtà. E il frutto di tale guerra virtuale è una pace altrettanto virtuale, narrata, nello specifico, una “pace che odia la guerra”.

Infatti, la “pace” del mondo nasconde, dietro la sua rassicurante facciata arcobalenata e di peluche, questo “odio alla guerra” che, come ogni odio, può soltanto generare altra guerra, così come la “pax romana”, la “pace” di Cesare, che nasconde, dietro la sua facciata di legge e ordine, la inevitabile violenza e prevaricazione del tiranno nei confronti dei sudditi. In opposizione a queste due, la Pace di Cristo, l’unica che può generare bene, si presenta “perdente” sia agli occhi del mondo che di Cesare, ma alla fine è l’unica che “vince” ogni volta. Questa Pace è una “pace che ama”, che ama proprio tutti, persino i nemici, perché vuole salvare tutti. Il Signore ce la illustra benissimo nei passi del Vangelo posti in incipit e ce la dimostra sulla croce. Solo l’amore (e quindi la misericordia, il perdono, il sacrificio di se) genera pace vera. A nulla servono arcobaleni, peluches, canti di amore e di pace, se nel nostro cuore abbiamo qualcosa contro il fratello, se nel nostro cuore non c’è la pace. Il Signore nulla se ne fa di tutte queste nostre offerte, per quanto bene appaiano sui social. Dobbiamo sempre tenere a mente che la pace, per quanto ci riguarda, inizia nella prima linea che è il nostro cuore. Questa è la guerra che a noi tocca combattere, ogni giorno, ogni “qui ed ora”. Quindi, riconciliamoci con Dio, col fratello, con noi stessi, anche a costo di qualche sacrificio. Così facendo saremo in grado poi di offrire al Signore veri frutti di pace. La “pace che odia la guerra” ci distoglie da questo compito, “virtualizzando” l’altro (sia vittima o carnefice), che diventa così una nostra proiezione, isolandoci in una captazione immaginaria, instaurando una “comunicazione” patologica che interrompe ogni vera comunicazione e comunione, allontanandoci dalla realtà e incatenandoci a quel ouroboros malefico che gira su se stesso. Chiediamo aiuto alla Madonna perché, calpestandolo col Suo Grazioso Piede, lo spezzi e ci liberi dalla sua ipnotica circolarità.

Sia Pace tra noi (quella vera) e che il Signore ci benedica e custodisca sempre.

LidiaB



Categories: Attualità cattolica, For Women Only

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