
Nel nostro articolo dell’11 marzo corrente intitolato “La Sindrome di Sansone” e nel quale ci interrogavamo sull’evidenza che le “sanzioni” contro la Russia sembravano avere un effetto nefasto immediato esclusivamente sul ceto medio e basso europeo, terminammo con una domanda allora aperta, Cui prodest?, ma che, adesso, mezzo mese più tardi, ha una risposta luminosa, anche se luminosamente triste benché non sorprendente per chi sa guardare alla realtà fattuale in quanto tale senza lasciarsi andare ad ideologismi esplicitamente o implicitamente.
Molto generosamente, il buon presidente Biden ha annunciato agli Europei, che gli USA forniranno 15 miliardi di metri cubi supplementari di LNG quest’anno, in più dei 22 miliardi forniti nel 2021, con la garanzia europea che ne compreranno 50 miliardi all’anno almeno fino al 2030: ovviamente al prezzo di mercato ( quasi monopolistico in quanto senza più la massiva concorrenza russa).
Nello stesso discorso Biden ha detto agli Europei di stare molto attenti alle carestie di grano e granoturco praticamente certissime nei prossimi 12 a 18 mesi con tutte le conseguenze per i cittadini i più poveri del vecchio continente, ma che lui assieme al Canada si impegnano già adesso a fornirci (a prezzo inflazionato di mercato, s’intende, ovviamente).
E così il gioco delle tre carte è messo in evidenza allo sguardo di tutti: mentre la popolazione pecorona crede di aiutare gli ucraini contro i cattivoni russi, in realtà quel che è successo sotto il suo, colpevolmente ignave, naso, è che quel che comprava al prezzo di uno al dettaglio ormai lo pagherà al prezzo di due o tre, asseconda i prodotti, passando da un prezzo di mercato competitivamnte aperto a tutti i competitori ad uno chiuso, sopravvalutato, anti-ecologico al massimo col suo “fracking”, senza dimenticare l’aumento al 2% del PIL delle spese di difesa militare, in grandissima parte a favore dall’industria americana dell’armamento, e il tutto finanziato, ovviamente, direttamente dalla tasca degli stessi, felicissimi, pecoroni.
Quindi alla domanda “Cui prodest?” possiamo ormai rispondere con chiarezza: agli USA e solo a loro per quanto riguarda il “campo” occidentale.
Però, questa vittoria statunitense che vassallizza definitivamente l’Europa, è una vittoria di Pirro, il che è sempre il caso quando un Sansone è pronto a suicidarsi a costo di far fuori i propri “nemici”.
Infatti, quest’azione degli Stati Uniti trova le sue radici in un processo storico economico molto più profondo e più antico: per raggiunger questo scopo di aver l’Europa vassallizzata e vincere questa battaglia, gli USA hanno reso ormai pubblico al mondo che è meglio tenersi lontani dai suoi dollari (come anche dagli euro dei suoi vassalli) in quanto ve li possono rubare de facto con qualunque scusa ad hoc: già avvenne con il Venezuela e l’Iran, ad esempio, ma farlo con la Russia è stato probabilmente il passo di troppo. Non che già tutti i paesi serî non si stavano preparando a sganciarsi dal dollaro, ma il detto processo si è brutalmente accelerato. Già Russia e Cina scambiano in yuan, già Russia ed India, scambiano, in yuan e rubli, ormai Arabia Saudita e Cina scambieranno in yuan il petrolio, ma l’Europa dovrà pagare in rubli il gas che comprerà: cioè più di 3 miliardi di persone nel mondo già riceveranno e compreranno energia in altre monete che dollari. Ricordiamoci che nel 2019 il G7 rappresentava solo il 27.2% dl PIL mondiale mentre il BRIC 32.6% ed il resto del mondo 37.8 % (https://www.imf.org/en/Countries)
Se teniamo conto di tutti coloro che partecipano alle sanzioni contro la Russia (USA; Canada, UK, Australia, EU) arriviamo a spanne ad una cifra dell’ordine del 40% del PIL mondiale: il rimanente 60% essendo lo spazio economico mondiale nel quale la Russia continua a fare affari a prezzi ben più competitivi dei nostri. Un mercato di 900 milioni di persone a fronte di uno di 7.5 miliardi di consumatori.
È quindi ovvio quel che sta avvenendo: il mondo occidentale si sta chiudendo su sé stesso, si sta isolando dal resto del mondo. Il resto del mondo NON ha bisogno di monete care come il dollaro o l’euro: la multipolarità necessita l’esistenza di monete molto più locali che corrispondono meglio al loro livello economico. La sottomissione dell’economia mondiale al diktat dei soli Stati Uniti è cosa inaccettabile e impraticabile: era forse attualizzabile negli anni ’70 quando il G7 rappresentava ben il 75% del PIL mondiale, ma certamente non lo è più oggi a soli 27%.
L’Europa è punita lì dove ha peccato: ha voluto costruire la sua identità intorno ad una concezione edonistica del consumo e del potere di acquisto, oggi, tramite l’inflazione bestiale che sta subendo, il consumo continuerà di diminuire, bisognerà diminuire i prezzi subappaltando ad altrui le proprie produzioni, diminuendo i posti di lavoro, aumentando la povertà, diminuendo di nuovo il potere di acquisto e questo finché il PIL pro capite reale (PPP) dell’Occidente sarà , a spanne, allo stesso livello di quello del resto del mondo.
Il conflitto ucraino permette formalmente questa separazione già in atto materialmente da un paio di decenni tra economie vassallizzate al dollaro e altre emergenti ma ben più forti in termini di volume di consumatori, di materie prime, di tecnologie di primo piano civili, militari e spaziali ma che graviteranno intorno ad altre monete, in un primo tempo certamente lo yuan.
La decisione di Putin di voler essere pagato in rubli da chi non fa parte delle nuove aree monetarie, cioè tornare a legare il prezzo di un bene in vendita ad un valor fisico concreto è, in questo senso, un ottimo passo in avanti per un’economia molto più concreta e meno “finanziaria”, in un mondo dove il “consumo” che conta non è solo quello dell’Occidente, sempre più isolato nella sua hybris e nella sua auto-flagellazione wokista e anti-umana nei suoi (pseudo-)valori i più fondamentali e dove i sistemi politici stanno transitando dalla democrazia alla tirannia, esattamente come previsto e descritto da Aristotele.
In Pace

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https://scenarieconomici.it/disastro-in-arrivo-gas-in-stoccaggio-al-minimo-storico-germania-senza-vento-francia-in-manutenzione/
Questo è nel short time. Ma a lungo termine con queste teorie « green » il suicidio dell’Europa è ancora meglio assicurato.
Siamo una società sterile su tutti i piani.
In Pace
Copio incollo una riflessione di Pierluigi Fagan, con la quale si chiarisce, a suo avviso, per quale motivo poi la problematica di inflazione-recessione-cessione di sovranità-schiavismo implicito atlantista avverrà per un periodo almeno di medio termine.
“UN MESE DOPO. Dopo il primo mese di guerra, oggi siamo forse in grado di fare ipotesi (che comunque tali rimarranno) su come andrà a “finire” il conflitto.
I conflitti dentro il conflitto sono tre. C’è il conflitto “aggressore-aggredito” provocato dall’invasione russa in Ucraina, c’è il conflitto “provocatore-provocato” tra Stati Uniti e Russia che fino ad oggi sono stati i due pari competitor planetari militari avendo più o meno la stessa dotazione nucleare, c’è il conflitto a guida americana “democrazie vs autocrazie” che era il programma di politica estera di Biden alle elezioni, con cui gli americani tentano di bipolarizzare il mondo giocandosi così la loro partita per ritardare l’avvento di un ordine multipolare che ne relativizzerebbero la potenza, la ricchezza, l’influenza.
I tre conflitti non possono intendersi slegati, sono intrecciati assieme e questo ne determina la complessità d’analisi. Ma al contempo, ne facilita la lettura strategica. Sebbene la strategia di comunicazione americana faccia terra bruciata intorno a tutto ciò che non si riferisce all’Ucraina propriamente detta, con questa reiterazione ossessiva del format “aggressore-aggredito”, è proprio fuori del semplice conflitto ucraino che va trovata la chiave strategica.
Ieri terminava il primo mese di guerra e non a caso è terminato con un discorso planetario del presidente americano. Biden ci ha fatto sapere che questo conflitto non terminerà non per mesi ma per anni. Perché?
Ovviamente perché il conflitto basato sul format “democrazie vs autarchie” è su sfondo geopolitico-storico. La battaglia tra mondo uni-bi-polare e mondo multipolare è di fase di transizione storica, non è certo cosa che si svolge in breve tempo. Ed è proprio per comprare tempo che gli USA hanno lanciato questa sfida non appena i russi gli hanno dato l’occasione.
Ma anche il conflitto tra le due superpotenze atomiche, che a sua volta è un conflitto compreso in quello della transizione multipolare ove per gli americani è necessario depotenziare il nemico più temibile sulla scala militare, ha la stessa necessità strategica temporale. Come detto poco tempo fa, c’è chi ha letto l’intera guerra fredda come una lunga pressione tra l’enorme capacità di spesa americana vs le limitate capacità sovietiche. Obbligare l’URSS ad usare sostanze per la chiave militare portava a fallimento economico, sociale e quindi infine, politico e così in effetti è andata.
Oggi, di nuovo, tenere la Russia in conflitto semi-permanente, per anni, ed oltretutto sotto pesanti sanzioni, punta allo stesso effetto. Inclusa la speranza che qualche Elstin, prima o poi sopravvenga a Putin, come ha chiaramente detto ieri Biden, creando un clamoroso incidente diplomatico. Altri conflitti satellite come nel Caucaso, nel centro-Asia, rivolte in Bielorussia, ripresa in Siria, Libia o magari nuovi impegni nei mari polari o di Barents con qualche nave giapponese ed ogni altro teatro strategico in cui è impegnata la Russia, aggraveranno il dilemma tra “risorse sempre più scarse e possibili impeghi alternativi”. Essendo potenza aggressiva ed in guerra, la Russia verrà sospesa dal consesso internazionale e questo depotenzierà l’intero schieramento avversario nel confronto multipolare.
Questi due conflitti si basano su un ancora presente vantaggio di risorse, viepiù oggi che gli USA diventano USA + Resto dell’Occidente + Area larga di influenza occidentale e con un vantaggio di risorse ed un conflitto permanente, c’è solo da far lavorare il tempo a proprio favore, non troppo ma abbastanza.
Naturalmente, tutto ciò non funzionerebbe se non ci fosse l’Ucraina e la sua disponibilità ad immolarsi per la causa. Dal loro punto di vista non è una strategia sbagliata, anzi. Poter esser di fatto la punta di lancia dell’ambiente NATO, anche senza le garanzie protettive dell’art. 5 è la migliore posizione militare possibile per restare vivi nel confronto coi russi, anche se ovviamente tutto ciò al prezzo di migliaia di vittime e distruzione materiale. Sempre meglio che capitolare però. E non si svalutino i vantaggi di esser finanziato ed armato gratuitamente per anni per il duro lavoro che si compirà.
Quindi c’è un aggredito disponibile a continuare il suo ruolo per anni senza arrendersi, su questo il sistema a guida americana investirà per far fallire i russi se non provocare il fatale “regime change”, il tutto imporrà direttamente ed indirettamente la riduzione della transizione di complessità al multipolare in un comodo bipolare dalle mille frizioni periferiche su tanti tavoli (commerciali, economici, finanziari, sanzionatori, giuridici, multilateriali, di scambio scientifico e tecnologico etc.). Non ci sarà un confronto diretto tra Occidente e Multipolari ma uno scontro prolungato in via indiretta in cui i primi faranno pagare prezzi salati a tutti coloro che insistono nelle loro mire di contro-potenza. Tra l’altro, da una parte c’è un sistema con un chiaro leader forte e potente (USA), dall’altra un sistema vago con molti leader tra loro anche in competizione reciproca in altri confronti regionali. Così va letto l’incontro sino-indiano di cui parlammo ieri. Il “divide et impera” è tutto a favore dei primi, o quasi.
A questo punto, molte sono le conseguenze in analisi sui vari formati del triplice conflitto e di più le possibili previsioni sugli sviluppi futuri. Per ridurre l’incertezza derivata dalle troppe variabili e reciproche non lineari interrelazioni, sarebbe utile capire la strategia russa. Ma in questa guerra non sappiamo davvero quale essa sia. Su questo ha giocato l’esercito dei commentatori il cui ruolo è quello di razionalizzare gli eventi dando ai grandi pubblici la propria visione dei fatti, stante che pure i fatti non li conosce davvero nessuno visto che non c’è alcuna terza parte sul campo a testimoniarli. Ma su questo ha giocato anche Mosca. Solo quando Mosca dirà “per noi va bene così” congelando il conflitto allo stato delle cose che saranno sul campo a quel momento, si capirà come intendono giocarsi questa partita che è ormai chiara a tutti, loro compresi, anzi forse a loro chiara prima ancora di iniziarla.
Il c.d. “conflitto congelato” che ormai pare l’unica prossima possibile tappa di ciò che vediamo e sentiamo ruotare intorno agli eventi, che caratteristiche avrà? Qui, per la prima volta da quando è iniziata questa storia, tentiamo l’ipotesi in quanto abbiamo un mese di fatti, dichiarazioni, azioni alle spalle, sebbene ancora molta nebbia davanti. L’Ucraina rimarrà a tutti gli effetti uno stato legittimo e sovrano, ma in guerra. Come tale non potrà comunque esser accettato nella NATO a meno che gli europei non vogliano firmare la loro nuclearizzazione, cosa da escludere con sicurezza. Da parte russa, quindi, per “congelare” operativamente il conflitto sul campo, occorrerà trovare la migliore posizione logistica. Infatti, se i russi avranno interesse a portare il conflitto a bassa intensità per lungo tempo visto che non potranno far altro perché gli è imposto dal vero nemico che è a Washington e non certo a Kiev, debbono mettersi un una postura difendibile al minimo prezzo visto che gli ucraini super-armati ed i loro interessati sponsor, non desisteranno mai.
Non potendo mai avere un impegno da parte di Kiev sull’obiettivo no-NATO anche se è impedito di fatto, un riconoscimento delle due repubbliche e del dato di fatto della Crimea, avendo sostanzialmente degradato la forza militare avversaria a livello infrastrutturale ed avendo probabilmente eliminato le punte più belliche e ideologiche (di cui non conoscevamo l’anima nazi-kantiana) che hanno condotto il lungo conflitto del Donbass in questi anni, Mosca dovrà attestarsi alla posizione più difendibile.
Questa è ovviamente il Dnepr. A destra del Dnepr c’è l’Ucraina gradatamente più industriale, russofona ed in parte russofila, a sinistra del Dnepr il contrario. In più a sinistra del Dnepr, il territorio si farebbe sempre più infido per i russi, i prezzi di vite umane, militari e civili, insostenibili, la vicinanza all’area NATO da evitare. Un chiaro “over streetching”. Quanto al Dnepr, basterà far saltare tutti ponti non tra i principali e presidiare questi per abbassare di molto l’impegno bellico prolungato. Si chiama “geo-politica” perché la geografia conta ed i fiumi sono una componente fondamentale come già avvenne da queste parti nella IIWW con la “linea Stalin”. Quanto alle coste, inglobato il Mar d’Azov come lago interno lo spazio russo, consolidato il collegamento con la Crimea, guadagnato molti chilometri di confine verso ovest, rimarrà in questione Odessa. Odessa ed il suo antistante, sarà forse il fronte più attivo nella lunga guerra di posizione e logoramento futura. Vitale tenerla per gli ucraini, vitale per i russi impedirglielo quanto più possibile, anche isolandola di fatto via mare.
Infine, se il tempo sostiene la strategia americana nei due altri livelli di conflitto, su questo livello base su cui gli altri due si poggiano, c’è un punto a sfavore del fronte occidentale. Per quanto stressati, punzecchiati in altri teatri, sanzionati ed in parte isolati, i russi hanno più riserva degli ucraini, qui conta la semplice demografia. Va bene i dollari e le armi, ma alla fine il collo di bottiglia sono gli uomini che possono combattere. Come mostrano i recenti bombardamenti logistici a Ivano-Frankivsi’k e Leopoli, per quanto “congelato” al fronte, il conflitto potrebbe prevedere comunque un continuo sabotaggio russo del flusso logistico di rifornimento ucraino.
Ma non è affatto detto che andrà così. Come detto, i russi si sono tenuti coperta la variabile “intenzioni” aggiungendo già dai primi giorni, l’avvertenza che se la strategia generale era fissa, la sua applicazione sul campo sarebbe stata variabile visto che le guerre si fanno in due. Quindi, l’ipotesi (che per altro non è mia, ma fatta da altri ed anche tempo fa e sulla quale, per la verità, avevo espresso errate perplessità) è plausibile, ma solo gli eventi ci diranno se diventerà fatto o meno ed a che condizioni, prezzi, ripercussioni dirette ed indirette, anche per noi italiani ed europei.”
Coincido con la tua analisi, mi sembra peró che la domanda Cui prodest? rimane aperta. A chi giova che l´elite americana guidi l´America allo sfacelo? Ho trovato molto interessanti le tesi di un tal Michael P. Singer autore di “Snake Oil” “How Xi Jinping Shut Down the world” che purtroppo é stato bannato da tweeter e non posso linkare la spiegazione originale ma piú o meno sarebbe cosí: Xi é preoccupato che al partito comnsta chinese non succeda quello che é capitato all´URSS. Ha studiato il caso di cosa ha influenzato la caduta e messo in atto contromisure: Controllo dei mezzi di comunicazione e della propia popolazione, mantenere il livello economico della propia popolazione a spese degli altri fare accettabile al resto del mondo accettabile il sistema del partito comunista cinese promuovendo il disordine in occidente. Per questo adotta (a parole) il green e imgaggia elite americane ed europee. La pandemia sarebbe stato un primo scalino nel portare occidente a sistemi centralizzati di controllo e purtroppo quando questa guerra finirá dovremmo fare altri.
Su questa teoría cospiraiva gli manca un azione che io la trovo un pó la prova che sia plausibile. A Xi no gli é sicramente scappato il ruolo di San GPII nella caduta dell´URSS. E dal 2013 abbiamo il papa piú pro Cina della Storia.
Una domanda, tu credi che un mondo guidato dalla Cina sará piú umano, meno materialista e con migliori valori dell´attuale occidente?
Entro nella domanda, non per rispondere in vece di Simon, ma perché la questione dell’ “arrivo del profeta politico salvatore” (sia esso Salvini, poi Trump, poi Putin, ora Xi) mi ha toccato fortemente in questo lustro. Siamo innegabilmente schiavi di questo vulnus che vorrebbe il mondo rivoluzionato da una contro corrente che riporti il tutto a vecchi fasti. è una tentazione subdola, che sebbene sappiamo essere un’utopia sciocca, teniamo a sfondo della nostra speranza sul futuro, che lo tramuta in delusione certa.
Di fondo ci va il realismo della nostra fede, cosi come lo stesso Simon dichiara nel suo libro “Oltre il grande reset”: l’uomo è toccato certamente e per sempre dal peccato originale, è in questo orrore felice che l’uomo deve trovare dimensione e ispirazione.
La domanda pertanto, e so di non rispondere, ma tant’è, non è se un mondo guidato dai Cinesi sarà più umano, ma quanto più umano io potrò essere in un mondo con diversi paradigmi. Il che solleva la questione cardine: ora io come sono di fronte ai paradigmi odierni?
La tua domanda “A chi giova che l´elite americana guidi l´America allo sfacelo?” mi ricorda quest’altra domanda: “Di che colore era il cavallo bianco di Napoleone?” 😉 Intanto allo sfacelo rapido va l’Europa e non ancora gli USA.
In generale, dei calcoli di Xi non mi interesso più di tanto: quel che so di sicuro è che è la legge dell’entropia che governa il mondo materiale e che la disagregazione morale, intellettuale, fisica, economica, e religiosa dell’occidente è un processo “naturale”. Come è anche “naturale” che tale disgregazione crei nuove opportunità neghentropiche altrove che hanno come fine particolare di accellerare il processo entropico nella sua globalità. Biden, Daghi, Putin, Xi, le elites americane, quelle cinesi, indiane e africane, ognuna fa quel che pensa esser il meglio per loro, rispetto ai loro interessi, o alle loro ideologie, ma avranno successo a corto termine solo quelle azioni concrete che aumentano a lungo termine l’entropia.
Un mondo più umano è un mondo che scamperebbe, almeno parzialmente, a questa logica materiale: probabilmente il millennio medievale dalla fine dell’impero romano è stato il più neghentropico della storia dell’umanità, marcato fortemente dai peccati individuali certo, ma relativamente scevro da strutture di peccato istituzionalizzate in quanto tali, e controbilanciato da una ricerca di sana sacralità e santità.
I nostri governanti stanno già implementando un mondo “cinese” dalle nostre parti: controllo sociale, messa alla gogna di chi non la pensa secondo il pensiero unico, green pass di ogni genere, controllo dell’uso del denaro, pauperizzazione, l’EU vuole avere un internet “europeo” come i cinesi hanno già quello cinese ed i russi a due passi di premere il bottone del loro, etc. etc.
Ma come ti ha già risposto Minstrel la questione per noi non è quella: la questione per noi è “governare” noi stessi e le persone di cui siamo in carica in relazione con altre persone concrete come noi anch’esse in carica con i mezzi che abbiamo sottomano con tutti gli strumenti umani eticamente significanti che abbiamo a disposizione, dove per “eticamente” intendo “portatore di felicità”. Hic et nunc
In Pace