
Cosa sorprendente: è solo dopo la cacciata dal Paradiso terrestre, luogo dove Adamo si nutriva solamente della frutta prodotta dagli alberi, risorsa rigenerativa per eccellenza, solo dopo che Caino uccise Abele, che impariamo dal testo biblico che ci sono altre popolazioni intorno a Eden, in particolare all’oriente, Nod, dove Caino troverà moglie.
La natura umana, intrinsecamente fondata sulla complementarità di Adamo ed Eva ad immagine di Dio che li crea, una volta separata da Dio e cacciata da Eden, si ritrova in un mondo popolato, di cui la loro discendenza dovrà tener conto per moltiplicarsi e per proteggersi.
Dio scacciò Adamo & Eva da Eden ma diede loro accesso a tutti gli altri luoghi in terra e a tutte le popolazioni umane da Lui create e questo non fu parte della punizione: infatti questi popoli non avevano il diritto di punire Caino per l’assassinio di Abele, ma bensì fu parte della misericordia divina sempre traboccante.
L’infinità di Dio, l’abbiamo sottolineato più volte, si concepisce il meglio nel fatto che il Suo essere trabocca Se stesso sempre rimanendo Se stesso: cacciando i nostri progenitori dalla realtà puramente rigenerativa dell’essere divino rappresentato dal paradiso terrestre simbolizzato dalla dagli alberi frutticoli e punendolo ad attività generative per sopravvivere richiedenti fatica e sudore al contempo Egli da loro accesso ad altri umani vicini ed altri luoghi e giardini, per il bene loro.
Il Giardino familiare nostro non esiste in isolazione ma è iscritto in una realtà ben più larga: è sulla falda di un monte , al disopra di una valle, è circondato da altri giardini, vi sono ruscelli che provengono da altrove e vanno in altri posti, da terreni che hanno esposizioni differenti, da un ecosistema che lo ingloba, da terre ben lavorate, da certi vicini le cui api mellifere vengono foraggiare sui nostri fiori, aiutandone l’impollinazione da noi e la produzione di miele da loro, vi sono rami dei nostri alberi che producono frutta nella proprietà di un altro vicino, vi sono strade e cammini che rilegano tra di loro tutte queste realtà e questo ecosistema ad altri ecosistemi e questi insiemi di insiemi ad altri e così via di seguito.
E questa metafora del giardino si applica a tutte le nostre realtà umane: la nostra famiglia come quella dei progenitori interagisce con altre famiglie dal livello il più materiale immaginabile a quello il più spirituale. Se ormai l’immagine originale di famiglia che Adamo ed Eva danno di Dio è irrimediabilmente corrotta dalla loro akrasia, il rigoglioso traboccare divino si rivela nella vita umana, ancora una volta ontologicamente, nella moltitudine di queste realtà umane, dei varî giardini ad oriente di Eden.
Se vogliamo avere un impatto su questa realtà post-peccato originale dobbiamo, come sempre combattere anche se almeno solo un poco, l’akrasia che ci affligge.
Dobbiamo pensare in modo olistico, il che è la contropartita rispettiva al sempre fondamentale osservare, interagire, condividere, decidere necessario per agire sulla nostra realtà, e da questa visione globale scendere tappa dopo tappa fino ai particolari che sono sotto la nostra responsabilità e sulla quale possiamo agire concretamente senza tante chiacchiere.
Bisogna avere in mente la “big picture”: se il mio giardino guarda al nord e non al sud-ovest, quel che ci posso far crescere sarà differente asseconda dalla latitudine e dell’altitudine alla quale ci troviamo, dell’igrometria, della presenza di altri campi sopra, accanto o sotto, di ruscelli e stagni, di foreste e di case. Debbo concepire il mio giardino nel contesto nel quale sono e all’interno stesso del mio giardino entrare nei particolari propri alla sua topologia specifica. Eppoi decidere cosa far concretamente in ogni specifico posto del giardino cosicché ne abbia il miglior risultato estetico, produttivo, rigenerativo o generativo per quanto possibile, ma anche il più grande impatto positivo sulle terre vicine. Se un vicino ha api, è forse mica male attirarle nel proprio campo con la buona scelta di legumi e alberi da piantare, così mentre foraggiano i nostri fiori aumentando il nostro il rendimento, per giunta aumentano la produzione di miele del vicino. Se scavo un pozzo per produrre acqua, può essere intelligente creare uno stagno più giù così che non solo irrigo il mio terreno, ma, per giunta, creo un nuovo ecosistema che attira rospi utili per divorare le limacce che mi mangiano le insalate, i ragni ed altre lucertole da me anche presso il vicino. O se riesco ad avere uno stagno più o un laghetto, perché non avere anche pesci?
Quest’analogia può essere applicata, mutatis mutandis, a tutte le attività che abbiamo in famiglia, nella famiglia allargata, con i vicini, con gli amici, a livello comunale e così via di seguito: concepire le cose da sviluppare per il nostro meglio prendendo le migliori decisioni andando da uno sguardo generale a quello particolare dove poi si prenderanno le azioni per decisioni effettive.
A poco serve lamentarsi di avere il proprio terreno guardare al nord, nelle Alpi, a mille metri di altezza: dato il contesto, la sola domanda è sapere cosa fare così che ne tragga il migliore per la mia famiglia e che questo abbia un impatto positivo e rigenerativo se possibile su tutta la falda mi montagna anche se non mi appartiene. Forse che, invece di coltivare, debbo gestire una foresta, estrarne legna di ogni tipo da bruciare, per i falegnami, per i carpentieri, per gli scultori; forse che debbo avere mucche che utilizzeranno i miei prati per produrre latte, eppoi crema, burro, mozzarelle e formaggi di ogni qual sorta. Questo è realismo, questo è darsi un modo di agire con efficacia senza aver bisogno di nessun altro e di nessun’altra cosa che quel che sappiamo e possiamo fare: è il prendersi le responsabilità della propria felicità.
E questo sforzo evita l’isolazionismo: non si può ottenere risultati positivi senza fare uno sforzo massimo di integrazione ed evitare al massimo la segregazione. Già lo abbiamo visto precedentemente, lo scarto va da essere evitato. Ma quando il nostro giardino è aperto su altri giardini, o anche quando parti del nostro giardino sono in relazione con altre parti, tutte queste realtà non debbono segregarsi le une dalle altre.
È cosa ottima evitare qualunque tipo di monocultura e puntare sull’integrazione di specie differenti : ad esempio le patate vanno benissimo essere piantate con fagioli, mais, cavolo, piselli, fave, fagioli, rafano, le piante si aiutano tra di loro; le fragole si sviluppano molto meglio in presenza di borragine, spinaci, lattuga, fagiolino, pomodoro, timo; buona integrazione sono i nasturzi con i pomodori, poiché i nasturzi attirano gli afidi su di essi , mentre una cattiva associazione sono pomodori e patate, o cavolo, o mais.
Questo modo di ragionare va da essere applicato anche ad insiemi sociali e familiari: se si è una famiglia un po’ intellettualoide e nell’astrazione non può fare che un grandissimo bene avere attività concrete con un’altra più implicata nella realtà e nelle attività fisiche; se una è più spirituale frequentare un’altra con uno sguardo più artista sulla vita; se si hanno più figli non volerli tutti bravi in matematica, ma incoraggiare le differenze e le individualità pur sempre integrandoli nel quadro familiare e sociale più allargato; ovviamente non mettere i cavoli colle patate.
Una comunità di amici o una realtà sociale deve fare lo sforzo di ricercare e di integrare la differenza. È quel che fanno tutte le imprese degne di questo nome: hanno ragionieri, segretarie, ingegneri, ricercatori, marketers, venditori, operai, managers, finanziatori, direttori, clienti, concorrenti, fornitori e tutte queste realtà differenti sono integrate, non segregate.
Più un giardino integra realtà differenti più esso è resiliente nel suo insieme perché sempre ci saranno cose che non andranno come si sarebbe voluto: non viviamo nel miglior dei mondi possibili, ma in uno traballante e così come la saggezza popolare insegna che non si debbono mettere tutte le uova nello stesso paniere, bisogna essere coscienti che non si debbono avere tutte le galline nello stesso pollaio , o solamente galline nell’aia.
E quasi sempre questa diversità integrante non è possibile con il solo accesso al proprio giardino o famiglia ma necessita di guardare ad oriente di Eden nel paese di Nod. La scelta degli amici, delle scuole, delle attività familiari, in altre parole l’ecologia familiare deve fare scelte coscienti di integrazione di altre realtà positive ma che non si hanno in proprio.
Ma la saggezza non è quella di fare rivoluzioni radicali come se fosse un trucco di bacchetta magica ma di procedere una tappa alla volta, come quando si sale in montagna, un passo dopo l’altro prendendo il tempo di godersi la raccolta, anche se piccola, di ogni passo, sempre attenti ad avere presente la big picture, ma avanzando una scelta, eticamente, ontologicamente sensata, alla volta hic et nunc, mentre mettendo in opera quest’ecologia ontologica con costanza, scoprendone l’economia confacente per ogni passo specifico, sempre salendo. E anche sapersi fermare per respirare e riprendere soffio, gustarsi il paesaggio sempre più maestoso e “olistico” il più in alto si è giunti lungo il cammino ascendente.
Questo sguardo che discende dal generale al particolare alla ricerca di azioni concrete nel campo familiare, personale, agricolo, economico, sociale, spirituale, culturale non mancherà mai, se realmente conscio, di identificare schemi e strutture che rilegano i vari insiemi considerati: ad esempio presenza di campi coltivati e di case e villaggi fino a 900 metri di altezza, foresta di latifoglie e conifere tra i 900 metri ed i 1600 metri, di soli conifere fino ai 2200 metri, di prati alpini e capanne di pastori fino ai 3000 metri e di nevi eterne al disopra. Oppure nel proprio giardino l’angolo dell’aia e quello dell’orto, quello degli alberi frutticoli e quello dello stagnetto, quello della casa e quelli dei limiti con i vicini. Oppure realtà di edifici residenziali, ville, centri storici, fattorie; o realtà sociali differenti legati a luoghi particolari; o realtà culturali o sportive differenti; o spirituali come lo spazio sacro di una chiesa e quello profano del mercatino adiacente.
Lo sguardo deve essere particolarmente attento a queste linee di frontiera tra queste due realtà e valorizzare le frange che vi si trovano ed elementi di frangia: lì si trovano elementi integrabili e valorizzabili, diversi e quindi atti ad aumentare la resilienza del proprio giardino, protezione forse, comunque luoghi che ci permettono di andare oltre quel che già abbiamo presente. Se non coltiviamo maïs, ma qualcuno lo fa altrove, è lì che troveremo alcune pianticelle che possono sopravvivere nel nostro campo, auto selezionatosi in un certo modo, e prenderne cura può portare a nuove possibilità di coltivazione; oppure è il luogo vicino ai rospi dello stagno del vicino e vi potrò piantare lattughe che saranno meno divorate dalle limacce.
Chi gravita intorno a noi, ai nostri figli e amici? Sono alla frontiera del nostro Giardino, sono differenti, ma possono essere occasione di integrazione nella nostra dinamica sociale e familiare o spirituale, per il nostro ed il loro bene ognuno nella sua diversità.
Occhio quindi, ma occhio intelligente, per quelle realtà che costituiscono come frontiere ma che sono un luogo ecologico primordiale perché ci offrono possibilità già presenti ed esistenti, a volte da altrove, e che ci spingono a concepire la nostra ecologia aldilà e fuori dagli schemi usuali con economica intelligenza.
E questo ovviamente ci conduce a sempre prevedere possibili cambiamenti, annunciatori di opportunità e di pericoli ed a adattarsi in funzione in modo proattivo con quel che teniamo in mano, ricordandoci che i pericoli sono realtà negative solo, e solamente se, non siamo capaci di capirne i qualche elementi positivi per usarli a proprio vantaggio.
Questa è la nostra realtà di natura perfetta all’immagine di Dio eppure corrotta dal nostro peccato originale ma che è pur sempre capace di ricercare la propria felicità, sviluppando un’ecologia che si fonda sulla diversità, sugli effetti di leva, sull’alterità, sull’intelligenza e l’osservazione della cose, sulla capacità di avere sempre in mente lo scopo finale che è quel per il quale siamo stati creati e che è l’essere felici, non in isolazione, non in quanto individuo solitario, ma in quanto coppia e famiglia, sposo, padre, amico, collega, lavoratore, membro della mia comunità.
La felicità è possibile solo assieme: allora è tempo che agiamo tutti per essere assieme, all’oriente di Eden, in Nod.
In Pace
(Continua)
(Inizio)
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