«O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice»:
cotal principio, rispondendo, femmi.
Paradiso XV. 88 – 90
Notate il “io compiacemmi”, una citazione evangelica del Padre Eterno che di Gesù dice “ecco il figlio prediletto del quale mi son compiaciuto”. La critica lo nota, chiudiamola qui.
Il verso di Cacciaguida, antenato di Dante, praticamente dice: “nell’attesa di incontrarti, già mi compiacevo di te”.
Ora, si può ironizzare su questo complimento che Dante si fa, però prendiamone il bene che c’è, il suggerimento positivo che è questo: ogni “radice”, cioè ogni padre e ogni madre dovrebbe dir così di suo figlio. Non è un paragone illecito ed esagerato col Padre Eterno, ma per consapevolezza di quel che hanno veramente bisogno di nostri figli. Hanno bisogno di genitori che si compiacciano di loro.
Che si compiacciano di loro vuole dire che il solo esserci dei nostri figli – indipendentemente da come sono, dal bene che fanno o dalla cattiveria che mostrano -, il loro solo esistere a noi ci fa contenti. Guardate che non si sta al mondo e non si diventa grandi se non sotto un simile sguardo! E’ un problema educativo enorme, descritto fra l’altro – come già dissi – nella poesia “I due orfani” di Pascoli che, proprio perché orfani, dicono alla fine della poesia la tragedia della loro condizione con queste parole: “non c’è più chi si compiace di noi, non c’è più chi ci perdoni”. Questo è il problema. Compiacerci dei nostri figli, proprio come quando nascono. Nel momento della nascita è più facile, peccato che ce ne dimentichiamo dopo una settimana, di solito dopo le prime tre notti in bianco. E invece dovrebbe rimanere.
Così il trisavolo Cacciaguida dice di essere compiaciuto di Dante prima di sapere se egli era buono o cattivo, con una gratuità assoluta, che è proprio quella di Dio. Che meraviglia.
Nembrini, Franco. Nel mezzo del cammin – Puntata 30 – Canto XV, XVI e XVII del Paradiso. Video on line
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Categories: Aforismi