Il regalo di Natale di Livi: i limiti della politica

Ritrovo nei meandri della libreria un vecchio tomo del 2001 del compianto Antonio Livi: è la prima edizione del suo famoso Dizionario della filosofia, acquistato con stupore tempo fa in un banchetto di libri usati. Lo apro, lo sfoglio, arrivo alla conclusione e (ri)leggo quanto segue.

Grazie (Mon)Signore per questo inaspettato regalo di Natale.


Qual’è la differenza tra la retorica in senso classico, cioè in senso positivo e nobile, e la demagogia dei populisti e degli affaristi? La differenza sta appunto nel modo di trattare il linguaggio (in questo caso, il linguaggio relativo ai valori politici: il bene comune, la giustizia, la pace, il progresso, la sicurezza, la solidarietà, la democrazia): infatti, mentre i populisti e gli affaristi di oggi strumentalizzano il linguaggio, esattamente come facevano i sofisti dell’epoca di Socrate e di Platone, le persone che amano la verità e rispettano i propri concittadini sanno mantenere il linguaggio della politica nei suoi propri limiti, che sono i limiti dell’opinabile. Si dice che la politica è l’arte del possibile, ed è vero; ma bisogna aggiungere che la conoscenza di ciò che è possibile (realismo politico) in rapporto a ciò che è desiderabile (ideali politici) e il regno del “verosimile” (come diceva il grande Vico), non il regno delle deduzioni matematiche, come se fossimo in un sistema assiomatico formalizzato. In politica nessuno ha mai potuto formulare postulati sui quali tutti sono d’accordo. La nobile arte della retorica, come insegno Aristotele, sa usare con accortezza gli “endoxa“(i principi etici comunemente accettati nella Polis), che sono cosa ben diversa dai “primi principi” della ragione speculativa e pratica. La buona retorica non dogmatizza ciò che è opinabile. E sa proporre le possibili soluzioni ai problemi che di volta in volta si presentano con il linguaggio prudente e sincero di chi evita di presentare (falsamente) come “scientifico” quello che è meramente prudenziale; o di presentare come l’unica via quella che una delle vane vie possibili. Il consenso in politica se lo meritano quelli che presentano le migliori credenziali di veracità e di onestà di intenti: e ambedue queste qualità vengono apprezzate nell’uso (nel non-abuso) dei termini specifici della politica, ognuno dei quali serve a capire e a farsi capire solo se mantenuto nel suo preciso ambito di applicazione, oltre il quale c’è solo la pretesa di seminare confusione e di sobillare le masse.

Antonio Livi, Dizionario storico della filosofia, Soc. Ed. Dante Alighieri, 2001, I Edizione, pag. 218 (pag. 306 delle ultime edizioni)



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3 replies

  1. Sante parole!
    Il problema è che nella psicosi ciò che per primo si disintegra, prima ancora dei nessi logici, è proprio il linguaggio. Il “linguaggio” psicotico non permette una vera comunicazione; quando parla lo psicotico è posseduto dallo sproloquio (Barthes credo ricordare lo chiamava loquela), si lascia parlare, diventa strumento di qualcos’altro. La psicosi è ormai collettiva, ci rendiamo conto, impossibile agire sul “linguaggio” da questa utilizzato, bisognerebbe agire a monte, spezzare l’incantesimo, trovare il modo di aggirare il linguaggio…
    Tra di noi possiamo mettere in atto una “resistenza” del linguaggio, legato alla realtà, che è poi ciò che consiglia Gesù, pane al pane, vino al vino, il di più sappiamo da dove arrivi.
    Il problema dei nostri giorni è che in realtà di sofisti veri ce ne sono pochissimi ed è difficile stanarli; la maggioranza degli apparenti demagoghi sono in realtà psicotici, posseduti dalla loro loquela.
    Grazie della segnalazione dello scritto di Livi, è importante poter contare su maestri onesti.
    Rilancio proponendo la lettura di “Frammenti del discorso amoroso”, non condivido molte conclusioni di Barthes ma la sua analisi è meritevole di attenzione.
    Buon Natale a tutti

  2. Riflessioni e definizioni epistemologicamente illuminanti,queste del rimpianto Prof Livi.

    La politica, in quanto discorso opinabile per sua intrinseca natura poiché spaziante tra il possibile, e non il certo, il desiderabile ma non il necessario, il verosimile ma non l’ideale, non ha da oltrepassare il proprio quadro epistemologico.

    Ma se le materie trattate dalla politica sono del campo dell’opinabile, ciò vuol anche dire rifuggire il pensiero unico, accettare la dissidenza, scanzare le ideologie, adoperarsi al bene comune e aiutare le masse a sempre acrrescere le loro virtù umane.

    La religione è il campo della certezza oggettiva in quanto Rivelata direttamente da Dio stesso tramit ela Sua Chiesa; la filosofia è il campo della ricerca personale dell’adeguazione tra il pensiero e l’oggetto dello stesso, cioè della verità; la scienza è il campo dell’oggettiva falsificazione di tutte le ipotesi e teorie che possiamo avere sul mondo, cioè è il luogo epistemico dove le ideologie sono smontate; la politica e la sua retorica sono del campo dell’opinione, del possibile, del tutto e del suo contrario e non può diventare religione, filosofia o scienza se non con le conseguenz terribili che la Storia ed il nostro presente ci mostrano.

    I rischi che gravano sulla retoria del disocrso politico sono inerenti alla sua natura: l’opinione di uno non è migliore dell’opinione di un altro, magari l’esperienza dell’uno è superiore all’asperienza di un altro; l’opinione individuale puô essere basata su presupposti meta-politici come quelli religiosi, filosofici e politici, ma di per sé questi non fanno cambiare la natura stessa di un’opinione che sempre rimane un’opinione: visto che la ragione non può essere invocata per districare varie opinioni e se non ci si vuole fidare dell’esperienza (non la scienza, che poco c’entra) di chi ne ha, le sole soluzioni rimanenti diventano meta-politiche, cioè come l’usodella violenza, in quanto l’opinione del più forte è quella la più prepotente, o come l’uso dei dadi usualmente le schede di voto che lasciano al Fato la decisione da prendere.

    Ma la corruzione della retorica politica che prende in giro presentandosi da religione, da ideologia filosofica, o da scienza ha anche il suo contro specchio: quando la religione stessa si presenta in quanto discorso politico opinabile; quando la filosofia diventa un’esposizione di opinioni filosofiche invce che ricerca della verità; quando la scienza pretende ordinare il discorso politico volendo che le sue falsificazioni diano forma al discorso politico.

    Beh, grazie Minstrel per questo testo.

    In Pace

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