TICenter – Indifferenza etica?

 

gorillaepensiero

Esistono atti umani moralmente indifferenti? Di primo acchito, questa potrebbe sembrare una domanda banale, ma non è così. Se pensiamo l’atto umano alla stregua delle cose materiali allora è ovvio che ci sono cose per noi indifferenti. Ma l’atto umano è appunto un atto “umano”. È un atto che viene scelto, e che viene scelto in funzione di un certo ragionamento. Tecnicamente, l’atto umano è quello in cui c’è un certo piano o strategia che la ragione presenta alla volontà e che la volontà sceglie. E in che cosa consiste questo piano? Semplice, in una struttura mezzo-fine.

L’atto umano è la scelta dei mezzi che la nostra ragione seleziona in funzione di un certo fine da cui siamo attratti o che desideriamo. Nella struttura dell’atto umano c’è dunque l’intenzione di un fine e la scelta dei mezzi per raggiungerlo. Aristotele parlava di ragione “calcolativa” per evidenziare che nell’agire umano la nostra ragione è fondamentalmente impegnata nella selezione (o calcolo) dei mezzi idonei a raggiungere il nostro obiettivo.

Ora, se guardiamo l’atto umano da questa angolatura, diventa meno scontato immaginare che ci siano atti moralmente indifferenti. Può davvero qualcosa che coinvolge così in profondità i nostri desideri e i nostri ragionamenti essere privo di alcuna valenza etica?

San Tommaso d’Aquino si pone questa domanda in un punto specifico della sua opera, con esattezza negli articoli 8 e 9 della quaestio 18 della prima secundae della Summa Theologie. E la sua risposta generale, nel primo di questi due articoli, è “Sì”. Sotto il profilo della struttura oggettiva dell’atto, o della sua “specie”, ci sono atti che si possono dire indifferenti, come fare una passeggiata in campagna o raccogliere una pagliuzza da terra. Questi atti sono indifferenti perché non indicano di per sé ordine o contrarietà rispetto al bene complessivo dell’uomo o al suo bene autentico. In quanto atti umani, anch’essi implicano una scelta, e quindi una struttura mezzo-fine che coinvolge il desiderio e il ragionamento. Posso raccogliere una pagliuzza per osservarla meglio e fare una passeggiata per svagarmi. L’oggettività di questa struttura intenzionale non è però in sé sufficiente ad indicare una conformità o difformità col bene umano.

Detto questo, però, San Tommaso aggiunge poi qualcosa (nell’articolo successivo) che nega la possibilità che gli atti indifferenti esistano sul serio. Infatti, se ci portiamo nella prospettiva concreta del soggetto che agisce, vediamo che ogni atto umano avrà sempre qualche circostanza o un fine supplementare (rispetto alla struttura oggettiva mezzo-fine dell’atto) che renderanno l’atto stesso moralmente buono o cattivo. Si può decidere di fare una passeggiata anche per spiare qualcuno o per fare contento il nipotino o in un posto pericoloso che sarebbe meglio evitare. Si può anche decidere di fare una passeggiata in un momento in cui avremmo dovuto fare qualche altra cosa, come una visita di lutto o una telefonata di lavoro.

Pertanto, dice Tommaso, è necessario che nella concretezza dell’esistenza individuale ci siano circostanze o fini aggiuntivi che determinano l’atto in senso etico, rendendolo buono o cattivo, o più o meno buono o cattivo. In assoluto, o in astratto, è possibile considerare alcuni atti come indifferenti ma nel concreto dell’esistenza individuale no. A meno che, aggiunge qui Tommaso con notevole concretezza esistenziale e raffinatezza concettuale, non parliamo di atti che non sono propriamente umani perché non superano la soglia della nostra istintualità animale. Ci sono infatti atti che noi facciamo come di riflesso rispetto a qualche sensazione che si presenta ai nostri sensi. Questi atti non dipendono dal processo deliberativo della ragione e non si possono quindi definire umani o morali. Tommaso fa l’esempio del grattarsi la barba o del muovere una mano o un piede. Certo, io posso anche decidere di grattarmi la barba o di muovere una mano per parlare di questi concetti durante una lezione. In questo caso, le medesime attività fisiche vanno qualificate come atti umani, e quindi morali. Quando però ci grattiamo la barba senza pensarci o muoviamo una mano senza pensarci – cioè, come reazione istintiva alle sensazioni (o immagini, come le chiama Tommaso in questi passi) che riceviamo dai nostri sensi esterni e non come parte di un piano di azione della ragione – allora questi atti sono moralmente indifferenti perché non propriamente umani.

Fulvio Di Blasi

Versione inglese dell’articolo sul blog del TICenter

Video della lezione daily insight sul canale tv web del TICenter



Categories: Filosofia, teologia e apologetica, Fulvio Di Blasi

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3 replies

  1. Ma se oggi dopo il lavoro faccio una passeggiata semplicemente per il piacere di passeggiare, non compio un atto moralmente irrilevante? Non c’è un secondo fine dichiarato. E non è assimilabile al grattarsi la barba. Desidero semplicemente rilassare la mente dopo tante ore trascorse ad un computer 🙂

    • Come lo stesso Fulvio chiarisce qui, è la stessa decisione che tu compi nel fare la passeggiata a rendere la passeggiata un atto umano e come tale anche moralmente rilevante. 🙂

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