Il Pio: Vero Santo Moderno (III)

La preghiera “Pietosa

L’uomo pio è padre, umanamente e/o spiritualmente: in questo egli ha un’affinità particolare con la Prima Persona della Santissima Trinità.

La relazione alla quale egli tende naturalmente con il suo Dio ha quindi un nesso diretto con quella che egli ha con gli altri padri, in primis il suo proprio: è una relazione che dovrebbe essere virile, senza piagnistei, ma matura dove, per utilizzare un’immagine freudiana, il padre è già stato ucciso nella sua perfezione eppoi riammesso come è veramente nella propria vita ormai senza infantilismi.

Come egli si relaziona al proprio padre così egli prega il suo Dio: un padre che merita il suo nome non è un padre che cova i suoi bambini e li protegge in un bozzolo dal mondo sperando che così diventino farfalle, il che è piuttosto il ruolo dell’accoglienza incondizionata materna, ma prepara i suoi figli alla prova che intrinsecamente è la vita stessa, cioè una serie ininterrotta di prove e tentazioni. Far credere che si vive in un mondo di favola o che si possa trasformare questo mondo in una favola, non è un atteggiamento paterno, ma quello degli impostori umani e demoniaci che scorribandano in questo mondo per meglio abusare degli esseri umani materialmente e spiritualmente.

E così prega l’uomo pio al Dio che è suo Padre: Signore non mettermi per sempre in un bozzolo, ma preparami alla, ed aiutami nella, prova che fa di me un essere umano a parte intera; non permettere che mi  perda in sogni fantasiosi e irreali, non mi drogare con parole dolciastre e svenevoli, ma mandami alla prova venendo lottare con me affinché vinca e se anche venissi a morire risuscitami come nei giochi video alla moda così che, anche se ho qualche punto negativo accumulato, io possa di nuovo essere pronto per lo scontro e la tentazione successivi e sempre in riga per la vittoria finale che solo otterrò grazie a Te.

Ma come chiunque, anche adulto, davanti al proprio padre, anche se questi non è proprio geniale, ha timore di non essere all’altezza delle sue aspettative, così anche l’uomo pio prova profondamente il timore di non poter rispondere, e con oggettiva ragione, all’attesa di Dio Padre: l’uomo pio prova quel sano timore di Dio che lo spinge a vivere sempre più eroicamente nella prova che è la sua vita, grazie all’azione dello Spirito Santo che è il suo Avvocato, il suo Paracleto.

L’uomo pio sa che non può parlare al Padre direttamente ma solo lo può l’Avvocato che lo rappresenta, Colui che si rivolge al Padre nel Suo linguaggio che è il Cristo stesso, la Parola.

L’uomo pio si lascia coinvolgere nella dinamica la più intima della Santa Trinità accettando di esserne un semplice strumento, volontario, certo, ma inadeguato anche se il solo possibile, dei gemiti ineffabili dello Spirito Santo a lode e gloria del Padre.

L’uomo pio cerca quindi, nella sua preghiera, la modalità che meglio esprime il suo personale relazionarsi alla paternità divina e lo fa unendosi alla preghiera della Chiesa la Quale è mossa dallo Spirito proprio per natura, preghiera mai individuale, ma collettiva, anche quando soli, e che si esprime nella Santa Messa, la Liturgia delle Ore e il Santo Rosario.

Recitando le preghiere della Messa, i Salmi, o gli Ave, egli partecipa strumentalmente all’inno dello Spirito Santo dando voce al Cristo Gesù in questo evo e luogo: egli sa che, di per sé stesso, non ha neanche il “diritto” di pronunciare a nome proprio un solo versetto della salmodia, ma egli è anche cosciente che il Cristo, invece, lo può e che lo Spirito Santo, per somma grazia, gli permette di dar voce umana hic et nunc alla Seconda Persona incarnata.

L’uomo pio è quindi eminentemente un contemplativo, cioè un testimone, cioè un martire, molto concreto di questa effusione d’amore tra le Tre Persone della Santissima Trinità e non ricerca contemplazione in una riflessione più o meno autocelebrativa o in sensazioni o visioni piacevoli per il proprio ego: egli è sempre il povero assoluto davanti a Dio, non aspetta niente, ma si mette umilmente a disposizione della Gloria Divina.

Non importa se capisce o è sempre presente a quel che dice: è lo Spirito che agisce e che merita, che “transustanzia” la verbosità umanamente apparente delle parole usate nei salmi e altre preghiere orali in Quella Parola gradevole al Padre.

Dire “bene” i salmi non consiste nell’essere sempre presenti con mente locale a quel che si pronuncia, ma proprio nel decidere e, quindi, nell’attuare in unione alla Sola Chiesa di Cristo la messa a parte, sacralizzandoli, di un tempo e di uno spazio, per permettere alla Santa Trinità, in questo evo e in questo luogo, di darSi esplicitamente la Gloria che Si merita.

Nei salmi non è mai richiesto al Padre dal Cristo Gesù di sottrarSi dalle prove, di evitarle, se questa non è la Sua Volontà, ma, all’opposto, attraverso esse e malgrado esse, anzi, grazie ad esse, di essere da Lui aiutati al fine di uscirne vittoriosi e raggiungere quel paese di latte e di miele che null’altro è che quell’evo e quel luogo dove vi si realizza pienamente il fine per il quale siamo creati: aver superato felicemente la prova dell’Amore facendo Giustizia dando a Dio tutta la Sua Gloria sempre e ovunque.

Il pio sa di pregare in modo “pietoso“, il solo che glorifica perfettamente il suo Creatore e Salvatore.

In Pace

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Categories: Filosofia, teologia e apologetica, For Men Only, Simon de Cyrène

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