«Traditionis Custodes»: Card. R. Sarah

Riproduco qui la traduzione in italiano di Aldo Maria Valli pubblicata sul suo blog di un’intervento di S.E. Robert Cardinal Sarah apparsa originalmente in francese sul Figaro del 14 agosto e tradotta dall’inglese da ncregister con l’assenso dell’autore

Questo testo è un intervento maggiore di un Cardinale di Santa Romana Chiesa che sottolinea già punti che sono stati messi in evidenza anche da altri cardinali ed innumerabili vescovi che hanno disatteso l’ukaze peronista del Vaticano in questione (cf. traditioniscustodes.com).

Il Card. Sarah ha perfettamente capito il problema che pone l’articolo 1 quando ricorda qualcosa che è ovvio per ogni catttolico degno di questo nome: “Ciò che è sacro per la Chiesa, allora, è la catena ininterrotta che la lega con certezza a Gesù. Una catena di fede senza rottura o contraddizione, una catena di preghiera e liturgia senza interruzione o disconoscimento. Senza questa radicale continuità, quale credibilità potrebbe ancora rivendicare la Chiesa? In lei non c’è un ritorno indietro, ma uno sviluppo organico e continuo che chiamiamo tradizione viva. Il sacro non può essere decretato, è ricevuto da Dio e trasmesso.

Qui sotto i grassetti neri e rossi sono miei per mettere in evidenza quelli che sono secondo me i punti i più salienti del suo magnifico intervento e quelli in rosso quelli particolarmente attinenti alla riflessione che sto mandando avanti nella riflessione sul Katechon.

Possiamo ormai dire che dopo esserci stato dal 1988 un popolo “Ecclesia Dei” eppoi dal 2007 uno “Summorum Pontificum”, ormai un nuovo popolo si sta alzando che è quello che sarà chiamato il Popolo “Traditiones Custodes”, l’ultimo verace resto del cattolicesimo voluto da N.S. Gesù Cristo, Tradizione Vivente della testimonianza della Chiesa dagli Apostoli al giorno d’oggi in unione ai suoi innumerevoli vescovi e cardinali ancora fedeli al Magistero Autentico della Chiesa e alla sua Tradizione Viva.

Oremus et pro Papa nostro Francisco.

In Pace

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Il dubbio si è impadronito del pensiero occidentale. Intellettuali e politici allo stesso modo descrivono la stessa impressione di collasso. Di fronte al crollo della solidarietà e alla disgregazione delle identità, alcuni si rivolgono alla Chiesa cattolica. Le chiedono di dare una ragione per vivere insieme a individui che hanno dimenticato ciò che li unisce come un solo popolo. La supplicano di fornire un po’ più di anima per rendere sopportabile la fredda durezza della società dei consumi. Quando un prete viene assassinato, tutti sono toccati e molti si sentono colpiti nel profondo.

Ma la Chiesa è capace di rispondere a queste chiamate? Certamente ha già svolto questo ruolo di custode e trasmittente della civiltà. Al tramonto dell’Impero Romano, seppe trasmettere la fiamma che i barbari minacciavano di spegnere. Ma ha ancora i mezzi e la volontà per farlo oggi?

Alla base di una civiltà non può esserci che una realtà che la supera: una sacra invariante. Malraux lo ha notato con realismo: “La natura di una civiltà è ciò che si raccoglie intorno a una religione. La nostra civiltà è incapace di costruire un tempio o una tomba. O sarà costretto a trovare il suo valore fondamentale, o decadrà».

Senza un fondamento sacro vengono aboliti i confini protettivi e invalicabili. Un mondo interamente profano diventa una vasta distesa di sabbie mobili. Tutto è tristemente aperto ai venti dell’arbitrarietà. In assenza della stabilità di un fondamento che sfugge all’uomo, la pace e la gioia — segni di una civiltà che dura nel tempo — sono costantemente inghiottite da un senso di precarietà. L’angoscia del pericolo imminente è il sigillo dei tempi barbarici. Senza un fondamento sacro, ogni legame diventa fragile e volubile.

Alcuni chiedono alla Chiesa cattolica di svolgere questo ruolo di solido fondamento. Vorrebbero vederla assumere una funzione sociale, cioè essere un sistema coerente di valori, una matrice culturale ed estetica. Ma la Chiesa non ha altra realtà sacra da offrire che la sua fede in Gesù, Dio fatto uomo. Il suo unico scopo è rendere possibile l’incontro degli uomini con la persona di Gesù. L’insegnamento morale e dogmatico, così come il patrimonio mistico e liturgico, è l’ambiente e il mezzo di questo fondamentale e sacro incontro. Da questo incontro nasce la civiltà cristiana. Bellezza e cultura sono i suoi frutti

Per rispondere alle attese del mondo, la Chiesa deve quindi ritrovare la via del ritorno a se stessa e riprendere le parole di san Paolo: «Infatti, mentre ero con voi, ho deciso di non conoscere altro che Gesù Cristo e Gesù crocifisso». Deve smettere di pensare a se stessa come a un sostituto dell’umanesimo o dell’ecologia. Queste realtà, per quanto buone e giuste, sono per lei solo conseguenze del suo unico tesoro: la fede in Gesù Cristo.

Ciò che è sacro per la Chiesa, allora, è la catena ininterrotta che la lega con certezza a Gesù. Una catena di fede senza rottura o contraddizione, una catena di preghiera e liturgia senza interruzione o disconoscimento. Senza questa radicale continuità, quale credibilità potrebbe ancora rivendicare la Chiesa? In lei non c’è un ritorno indietro, ma uno sviluppo organico e continuo che chiamiamo tradizione viva. Il sacro non può essere decretato, è ricevuto da Dio e trasmesso.

Questo è senza dubbio il motivo per cui Benedetto XVI ha potuto affermare autorevolmente: «Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che le generazioni precedenti consideravano sacro, rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere all’improvviso del tutto proibito o addirittura considerato dannoso. Tocca a tutti noi preservare le ricchezze che si sono sviluppate nella fede e nella preghiera della Chiesa, e dare loro il posto che le spetta».

In un momento in cui alcuni teologi cercano di riaprire le guerre di liturgia contrapponendo il messale rivisto dal Concilio di Trento a quello in uso dal 1970, è urgente ricordarlo. Se la Chiesa non è in grado di conservare la pacifica continuità del suo legame con Cristo, non potrà offrire al mondo «il sacro che unisce le anime», secondo le parole di Goethe.

Al di là della lite sui riti, è in gioco la credibilità della Chiesa. Se essa afferma la continuità tra quella che comunemente viene chiamata la Messa di san Pio V e la Messa di Paolo VI, allora la Chiesa deve poter organizzare la loro pacifica convivenza e il loro reciproco arricchimento. Se uno escludesse radicalmente l’altro, se li dichiarasse inconciliabili, si riconoscerebbe implicitamente una rottura e un cambiamento di orientamento. Ma allora la Chiesa non potrebbe più offrire al mondo quella sacra continuità che sola può dare la pace. Mantenendo viva in sé una guerra liturgica, la Chiesa perde la sua credibilità e diventa sorda alla chiamata degli uomini. La pace liturgica è il segno della pace che la Chiesa può portare nel mondo.

La posta in gioco è quindi molto più grave di una semplice questione di disciplina. Se dovesse rivendicare un capovolgimento della sua fede o della sua liturgia, a quale titolo la Chiesa oserebbe rivolgersi al mondo? La sua unica legittimità è la sua coerenza nella sua continuità.

Inoltre, se i vescovi, preposti alla convivenza e all’arricchimento reciproco delle due forme liturgiche, non esercitano in tal senso la loro autorità, corrono il rischio di non apparire più come pastori, custodi della fede ricevuta e delle pecore loro affidate, ma come capi politici: commissari dell’ideologia del momento piuttosto che custodi della tradizione perenne. Rischiano di perdere la fiducia degli uomini di buona volontà.

Un padre non può introdurre diffidenza e divisione tra i suoi figli fedeli. Non può umiliare alcuni mettendoli contro gli altri. Non può ostracizzare alcuni dei suoi sacerdoti. La pace e l’unità che la Chiesa pretende di offrire al mondo devono essere anzitutto vissute all’interno della Chiesa.

In materia liturgica né la violenza pastorale né l’ideologia partigiana hanno mai prodotto frutti di unità. La sofferenza dei fedeli e le attese del mondo sono troppo grandi per intraprendere queste strade senza uscita. Nessuno è di troppo nella Chiesa di Dio!



Categories: Attualità cattolica, Liturgia e Sacra scrittura, Magistero, Simon de Cyrène

13 replies

  1. «Questo è senza dubbio il motivo per cui Benedetto XVI ha potuto affermare autorevolmente: «Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che le generazioni precedenti consideravano sacro, rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere all’improvviso del tutto proibito o addirittura considerato dannoso.»
    Anche questo passaggio poteva andare in grassetto, fermo restando che nulla è stato proibito.
    « …o addirittura considerato dannoso » è un discorso non del tutto lineare. Se è dannoso, andrà ovviamente proibito come è giusto che sia.
    «Un padre non può introdurre diffidenza e divisione tra i suoi figli fedeli. Non può umiliare alcuni mettendoli contro gli altri. Non può ostracizzare alcuni dei suoi sacerdoti. La pace e l’unità che la Chiesa pretende di offrire al mondo devono essere anzitutto vissute all’interno della Chiesa.» Molto duro ma vero e realistico questo passaggio.
    «In materia liturgica né la violenza pastorale né l’ideologia partigiana hanno mai prodotto frutti di unità.»
    Qui il grassetto è mio.

    • « Il sacro non può essere decretato: è ricevuto da Dio e trasmesso »: questa è la frase la più importante scritta dal Cardinale e alla luce della quale tutto il testo va da essere letto.
      In Pace

      • Qualcuno che si crede Dio può però essere convinti di poter decidere ciò che sacro e ciò che non lo è, ciò che è peccato e ciò che non lo è…

      • Credo che queste modalità di lettura si prestino a portare ognuno nella direzione in cui vuole , fin dall’inizio , andare.
        Come spesso accade con questo Papa l’eresia o l’ortodossia sono nell’occhio di chi lo legge.
        Quando viene a mancare la fiducia nella Chiesa ognuno percepisce il proprio parere come autentico, incurante dell’essere in contrasto con altri, ed ognuno si sente investito del dovere di difendere ciò che percepisce, più col cuore che con l’intelletto , essere la vera fede.
        Quando questo accade qualcuno smette di sentirsi pecora ordinaria e si elegge pecora speciale, se non addirittura aiuto pastore, aspirante capo pastore.
        Dopo aver per anni seguito il Pastore ed i suoi legittimi aiutanti con fiducia ed aver spinto gli altri a farlo anche quando qualcuno dubitava , ecco che prima comincia a metterne in dubbio le singole scelte , poi a metterne in dubbio tutte le scelte ed infine si avvia , lentamente ma inesorabilmente , a disconoscere totalmente il Pastore sostenendo di esser migliore di lui.
        Fin quando , deviando dalla retta ed umile via, non finisce nella bocca del lupo.
        Forse qualcuno pensa che scismi e riforme siano nati in modo diverso da così ? Che Lutero o Lefebvre fossero cattivi ed ignoranti ? Che non fossero invece animanti da autentico zelo per il Vangelo , ma anche essi convinti di essere difensori della vera fede contro l’attacco del Demonio anche a costo di staccarsi dalla vite che è la Chiesa della discendenza apostolica ? Esattamente con questo spirito essi hanno fatto quello che infine hanno fatto , convinti d’essere nel giusto.
        È facile infatti restare in comunione con la Chiesa quando ci chiede di fare ciò che già ci convince. Ben diverso è seguirla quando non capiamo ciò che ci chiede o addirittura non lo condividiamo. Come Gesù ci chiede di amare il nemico, non essendoci alcun merito nell amare l’amico, così ci chiede di amare la Chiesa proprio quando non capiamo.
        Attenzione infatti a trasformare tutto in dogma ed a trattare tutto come se dogma fosse. Attenzione a considerare la tradizione come se provenisse solo da un certo periodo storico , dove la Chiesa era illuminata dallo spirito Santo mentre quella di oggi sarebbe governata da eretici incapaci.
        In tutti i tempi si è fatto mito del passato , tipico atteggiamento di chi il passato non l’ha vissuto sulla propria pelle.
        Non c’è infatti più grande eresia che dare dell’eretico a chi eretico non è.

        • Se uno inizia raccontare un Vangelo diverso da quello che ci è stato trasmesso perchè ne tace la parte non in accordo con la sua ideologia, tu lo ascolti o lo critichi?

          • Se fosse solo tacere… ma in realtà lo capovolge e vi aggiunge elementi spuri.
            La risposta te la dà la Chiesa nella Lumen Gentium del S.S. CVII: i fedeli hanno il diritto e il dovere di rigettare e nei casi più gravi di combattere gli insegnamenti dei cattivi Pastori.
            Per altro, è un’eresia credere che il Papa sia la Chiesa.
            E la bussola è sempre chiara per noi cattolici: sempre e solo seguire l’insegnamento della Chiesa: quindi nessun scombussolamento per noi, basta guardare al Magistero Autentico in connessione alla Tradizione, pilastro essenziale dell’insegnamento della Chiesa, assieme al sensus fidei fidelium come ci insegna il CVII .
            In Pace

        • @viandante, concordo con te per dire che i seguaci della »chiesa begoglionita » mancano di fiducia nella Chiesa ed è la ragione per la quale rimpiazzano la Santa Fede con ideologie svariate sconquassate e tra loro contraddittorie.
          Tu fai il paragone tra Bergoglio, Lutero e Lefebvre: vi è però una grande differenza, benché eretici e scismatici costoro non hanno mai chinato il capo davanti ad una divinità pagana e fatto entrare l’abominazione delle abominazioni nel Tempio di Dio. Ci sono varî gradi di responsabilità en non credo che gli ultimi due abbiano raggiunto tale livello, a mia conoscenza.
          E concordo con la tua ultima frase: colui che dice che chi è fedele al Magistero della Chiesa dagli Apostoli agli ultimi papi inclusi, non partecipi della lex orandi-credendi della Chiesa e, quindi, sarebbe eretico, è infatti un grandissimo eretico.
          Felice di vedere che, infine, sul fondo, siamo d’accordo su tutto.
          In Pace

          • Perfetto Simon, allora adesso è tutto a posto!
            Grazie di aver infine trovato una sintesi tra quello che sembrava inconciliabile è cioè il tuo pensiero ed il tuo pensiero, che sono gli unici pensieri che contano in un panorama umano davvero desolante. I libri di storia terranno traccia di questa data fausta per l’umanità e per l’unità della Chiesa. Adesso la fede è salva. Scampato pericolo.

            • Ottimo!
              🙂
              In Pace

            • https://onepeterfive.com/mind-behind-motu-proprio/
              « da anni il professor Grillo sposa avant la lettre i principi di Traditionis Custodes, sostenendo che la Messa di Paolo VI rappresenta l’unico rito della Chiesa Romana e che la Messa Tradizionale dovrebbe essere regolata in modo tale da assicurarne la scomparsa.(1)
              In una lettera aperta datata 27 marzo 2020, ben sedici mesi prima del motu proprio, il professor Grillo (insieme a circa 180 firmatari) ha spavaldamente descritto il rito tradizionale come “chiuso in una storia passata, ferma e cristallizzata, senza vita e senza forza. Per esso non può esservi rianimazione alcuna.”

              la « mente » che ha partorito il Motu Proprio TC è quella di Andrea Grillo.
              Mio Dio, ma in che mani siamo?Come ci siamo ridotti? Una Tradizione liturgica venerata,
              scartata perchè non piace a tale Andrea Grillo che non rappresenta altro che se stesso?
              Chi gli ha dato tanto potere?

              • Che il Grillo fosse persona pericolosa, per quanto sconosciuta, lo andavo sostenendo in precedenti tempi non sospetti.
                Il suo sito è miniera di informazioni per comprendere gli obbiettivi e i metodi.
                Utile strumento, benché stomachevole, per conoscere e poi rilevare, sparsa un po’ ovunque, l’ideologia modernista pseudo-conciliare.

                Mi chiedo perché non si sia ancora fatto una sua chiesa, se quella che esiste da 2000 anni non gli va a genio ed è criticabile e deprecabile ad ogni piè sospinto.
                Avrei già un nome da consigliargli: chiesa democratica dei santi dell’ultimo concilio.

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