La risurrezione di Gesù. Un’indagine

Cari amici, coloro che tra voi seguono da più tempo questo blog sanno che la mia avventura nell’apologetica è iniziata proprio da queste pagine. Era l’ormai lontano 2015, infatti, quando vi pubblicai una serie di articoli che poi andarono a costituire l’ossatura di Incontro a Gesù. Saggio di apologetica cristiana, il primo volume da me dedicato a questo tema. Ora, per quanto la mia presenza nel blog si sia nel tempo diradata (cosa di cui mi dolgo), la mia attività autoriale ha proseguito di buona lena, dando alla luce una serie di volumi pubblicati dalla nostra piccola, ma ambiziosa iniziativa editoriale. Con grande giubilo sono qui ad annunciarvi l’uscita della mia ultima creatura: il mio secondo volume dedicato all’apologetica cristiana, il quale questa volta si incentra specificamente sul tema della credibilità della risurrezione di Gesù di Nazaret ed il cui titolo è appunto La risurrezione di Gesù. Un’indagine.

Questa volta il volume è stato pubblicato col supporto degli amici di Nihil Sine Deo, una iniziativa editoriale non molto dissimile da Croce-Via. Ancora una volta però la copertina è stata curata dal nostro Minstrel, che ringrazio per la disponibilità.

Rispetto al precedente saggio, che aveva lo scopo di dimostrare l’attendibilità storica e quindi la credibilità dell’immagine di Gesù come questa emerge dalle pagine dei Vangeli canonici e dal tradizionale insegnamento della Chiesa, questo volume svolge un’indagine attorno a quello che è l’evento fondante della fede cristiana: la risurrezione. Lo fa accettando un’impostazione di tipo minimalista, cioè prendendo in considerazione esclusivamente alcuni dati riguardanti la stessa attorno ai quali il consenso degli studiosi che si occupano dello studio del cosiddetto Gesù storico è pressoché unanime, cercando (credo in maniera piuttosto convincente) di dimostrare come l’interpretazione più ragionevole degli stessi sia proprio quella che vuole che il fondatore del cristianesimo sia effettivamente risorto dai morti.

Vi lascio con uno stralcio della prefazione al libro scritta da Angelo d’Agostino, che fa anche da quarta di copertina del volume:

“Nessuno si illuda […] che Virgili sia un ingenuo apologeta e che il libro che ha tra le mani sia un trattatello fazioso e risibile. Sarebbe un grande errore!

Si scontra su un terreno filosofico con teste pensanti come Hume; su quello storico con miticisti come R. Carrier. Parla agli scettici con la terza via di Tommaso d’Aquino, dialoga e argomenta di continuo con studiosi rinomati come R. Brown, R. Bauckham e L. Hurtado. Arriva ai suoi obbiettivi senza mai zoppicare: conosce e usa la patristica, le fonti giudaiche, la letteratura intertestamentaria e la storia della ricerca sul Gesù storico. Il metodo adottato, quello minimalista, non gli impedisce di prendere le proprie decisioni critiche su alcuni argomenti come quello del vaticinium ex eventu nella parte terza del libro. Indizio, quest’ultimo, dell’obbiettività e serietà scientifica dell’autore.

La mia prima impressione appena finito di leggerlo è stata quella di aver letto un manuale di teologia multi-disciplinare con un unico obbiettivo. Una introduzione argomentata e ben intessuta. Un libro per tutti, che paradossalmente non necessita di nessuna fede previa. Un libro che si preoccupa dell’intelletto tanto quanto dell’anima.”

Buona lettura a tutti voi che vorrete essere così gentili da acquistarne una copiia.



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58 replies

  1. Grandioso! Una ideale continuazione del tuo primo capolavoro, giusto in tempo per Natale… 😉

  2. Scusate, non vorrei fare il guastafeste, e concedetemi il lusso (e la presunzione) di poter commentare senza aver letto il libro, ma vorrei sollevare una questione di principio, e cioè che l’unico vero motivo di credibilità della resurrezione di Nostro Signore è la fede (« fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono »).
    La nostra fede è Cattolica e Apostolica perché si basa non su argomenti razionali di credibilità (ben vengano, per carità), ma perché è il compendio di ciò che gli Apostoli hanno visto, vissuto, annunciato e infine raccontato per iscritto (dagli evangelisti).
    Se non ci fosse la testimonianza degli Apostoli a nulla varrebbero gli argometi di credibilità.
    Con questo nulla voglio togliere al nobile lavoro di Simon, ma mi sembra giusto ricordare alcuni punti di principio.

    • Appunto: prima leggere libro, sapere di che cosa parla esattamente, poi commentare.

      • Mi stai suggerendo che ho anticipato le conclusioni del libro?

        • La Chiesa respinge il fideismo e ritiene che la fede non sia un salto nel buio, ma che abbia delle solide ragioni di credibilità e di credendità (si diceva nei manuali di teologia vecchia maniera). Ergo, noi crediamo in base alla fede degli apostoli quali testimoni del Risorto, ma questa fede non è fondata sul nulla. Possiamo e dobbiamo rendere ragione della speranza che è in noi (1Pt 3,15). La nostra fede negli apostoli ha quindi una sua ragionevolezza. Questo breve volume fornisce una serie di argomenti attorno a questo tema, mostrando come è davvero ragionevole credere che Gesù sia risorto dai morti e che quindi gli apostoli siano dei testimoni attendibili di questo evento e dell’insegnamento di Cristo. Lo fa a partire prima di tutto dalla testimonianza di vita stessa degli apostoli.

        • Va bene, mi sembra che concordiamo sull’essenziale, cioè che la fede in Cristo Risorto si basa sulla testimonianza degli Apostoli e che non c’è argomento di credibilità più forte.
          Converrai allora, però, che questo non c’entra niente col fideismo, termine che sarebbe bene usare con cautela. Al contrario, questa è la modalità ordinaria di trasmissione della fede – voluta da Dio stesso – anche senza il supporto delle argomentazioni razionali dell’apologetica.
          Non penso che sia un caso se la stessa Parola di Dio ci mostra Paolo che all’Aeropago tenta invano di dimostrare ai greci – maestri di ragione – la Signoria di Cristo Risorto con argomenti ragionevoli (« Ti sentiremo su questo un’altra volta »). Dice però il testo che « alcuni aderirono a lui e divennero credenti »; questi, cioè, divennero credenti perché credettero a lui (non perché convinti dai suoi argomenti).
          Paolo non riuscì a convincere i greci, non perché i suoi argomenti non fossero abbastanza ragionevoli, ma perché non è data ragione al mondo da cui scaturisca una verità di fede. Al contrario, è dalle verità di fede che scaturisce ogni ragione.
          La ragione è necessaria in quanto è impronta del Logos; senza ragione, il testimone non potrebbe essere riconosciuto e creduto dall’eletto. Credere è ragionevole solo in quanto è conforme a Verità e a Ragione, non in quanto riferito a cose credibili (ecco, questo invece potrebbe essere chiamato fideismo).

          • In realtà la Scrittura stessa ci dice che l’apologetica è un elemento essenziale della fede stessa (vedi la 1Pt 3,15, dove l’Apostolo invita a “fare apologia della speranza” dove “apologia” sta per “difesa razionale”) e il concilio Vaticano I ha dogmaticamente stabilito che la fede non è, come dicevo sopra, un salto nel buio, ma ha dei motivi di credibilità che sono in grado di persuadere chi sia disposto ad essere persuaso (perché la fede è un atto della ragione, ci ricorda San Tommaso, guidato però dalla volontà). Personalmente, facendo mia una massima del Dottore Angelico, non crederei se non vedessi che è ragionevole il farlo (perché la grazia perfeziona la natura, non si contrappone ad essa, e la natura dell’uomo è quella di “animale razionale”). Poi, ovviamente, come ricordo proprio in chiusura del libro qui segnalato, per poter credere c’è bisogno che lo Spirito ci dia il coraggio di farlo, che apra il nostro cuore ad accogliere una verità in grado di trasformalo. L’episodio di Paolo all’areopago, a cui accenno anche in una pagina del volume, dimostra solo come i filosofi, muovendosi all’interno di un circolo ermeneutico molto lontano da quello del primo, semplicemente consideravano assurda l’idea della risurrezione, cosa che invece al loro interlocutore, che era di cultura giudaica, appariva assolutamente legittima. L’episodio dimostra proprio come Paolo non fu in grado di fornire ragioni ai suoi interlocutori tali da convincerli che il suo discorso aveva un senso.

            • Tuttavia nel Vangelo Gesu’ dice tante volte : Va’la tua fede ti ha salvato .
              Non dice va’il tuo ragionamento ti ha salvato.
              Questo lo ricordo non per sminuire la ragione, ma perche’mio sembra chiaro che cio’che “salva” in senso stretto e’la fede in Gesu’Cristo, non il ragionamento.

              • La fede, nel senso di fiducia nel messaggio di Cristo e affidamento al medesimo salva, ma perché uno dovrebbe “fidarsi” di Cristo? Per dare un segno della sua autorità e autorevolezza Gesù compiva miracoli e il più grande di tutti è la sua risurrezione. Ora, noi, a differenza degli apostoli, non abbiamo incontrato il Risorto, quindi dobbiamo fondare la nostra fede sulla loro testimonianza. Ma è ragionevole fidarsi della loro testimonianza? La Scrittura e la Chiesa insegnano che lo è e che di ciò può e deve essere data ragione. Ovviamente questo non è sufficiente in sé a generare la fede, ma può contribuire alla stessa, se lo Spirito apre la mente e il cuore di chi ascolta tali ragioni. Per me e per moltissimi altri di mia conoscenza è stato così. Del resto c’è tutta una disciplina teologica, la teologia fondamentale, che si occupa, tra le altre cose, di questo tema. A me sembra addirittura paradossale il dover star qui a discuterne.

          • « noi, a differenza degli apostoli, non abbiamo incontrato il Risorto, quindi dobbiamo fondare la nostra fede sulla loro testimonianza ». Questo è vero, ma il concetto va opportunamente esplicitato per comprenderne la vera portata. Provo a colmare ora qualche mia precedente lacuna.
            Non è esatto, in senso proprio e reale, dire che noi non abbiamo incontrato il Risorto, perché, « in realtà », tutti i credenti lo hanno incontrato – anche i meno avveduti – altrimenti non potrebbero crederlo risorto. L’esperienza personale di ogni credente è, sul piano ontologico – non può non essere – la medesima di quella degli Apostoli.
            La frase di Gesù a Tommaso « Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno », non è l’elogio di una fede cieca, ma la precognizione della beatitudine di tutti i discepoli che dopo di lui crederanno per la testimonianza di quella visione.
            Infatti, la Chiesa è il luogo di quella testimonianza e, solo per questo, il luogo della Sua presenza. Chi è nella Chiesa è nel Risorto, e i suoi sacramenti sono la Sua persona reale qui e ora. Questa è l’esperienza di tutti i credenti, esperienza non meno viva e reale di quella degli Apostoli, ma possibile solo grazie alla loro testimonianza che perpetua nel tempo l’incontro con Cristo Signore.
            Questo è quanto ho inteso dire, o sottointeso, nei miei precedenti interventi, significando, implicitamente, che l’argomento di cognitivo dell’incontro personale con il Signore nella testimonianza Apostolica, cioè nella Chiesa, è incommensurabilmente superiore a qualunque altro argomento di ordine razionale o logico-deduttivo che mai come l’altro saprà riempire la pienezza del cuore e dell’intelletto.

            • Credo che l’essenziale sia mantenere l’equilibrio tra fede e ragione. Non confondere ciò che è verosimile con ciò che è vero, ma allo stesso tempo non banalizzare gli indizi.
              Si può discutere all’infinito ma l’incontro con Cristo è personale nel cuore, e nella lettura dei fatti della vita secondo un senso divino e non secondo quello umano.
              Attenzione però a non rifiutare chi invece li legge secondo un senso umano, perchè è perfettamente logico e razionale e infine umano leggerli così.
              Solo se si comprende chi li legge in senso umano si può apprezzare la presenza di Dio anche nei non credenti. La cosiddetta “retta coscienza” non è solo una virtù dei credenti ma è sparsa a piene mano nel mondo da Dio stesso. Attenzione quindi a saperla riconoscere, anche se imperfetta , in chi non crede o crede in altre religioni. Ne è esempio la parabola del buon samaritano.
              Un gesto di bontà disinteressata viene da Dio, sia che lo compia una credente cosciente di questa origine, sia che lo compia un non credente, convinto che venga da se stesso.
              Cosciente o meno egli infatti si fa segno della provvidenza divina che muove il mondo, e senza la quale ci saremmo estinti già da secoli.
              Diffidiamo da chi è invidioso della bontà degli altri e vi legge l’interesse anche quando non c’è. A Dio non piace la malizia di chi vuole sempre vedere il male dietro al bene, al solo scopo di abbassare gli altri non essendo capace di alzare se stesso.
              E’ un po OT…ma mi è venuta cosi…

              • La fede implica un incontro personale con Cristo per tramite del suo corpo mistico che è la Chiesa. La fede, però, non si contrappone alla ragione, bensì è complementare a questa. La fede è credibile e credenda. Certo che se poi manca l’incontro con Cristo, manca quell’apertura del cuore e della mente che solo la grazia ci può dare, tutti gli argomenti del mondo non potranno condurci alla fede. La miscredenza però è un peccato perché io posso vedere di dover credere e, ciononostante, sottrarmi a questo dovere. Poi il vedere di dover credere può sorgere in tanti modi diversi, ovviamente. La Chiesa ci insegna che la ragione, per proprio conto, può sgombrare il campo ai dubbi che la ragione stessa, se male impiegata, può opporre alla fede (a questo serve l’apologetica). Poi sta alla nostra volontà, sostenuta dalla grazia, lo scegliere o meno farci incontro a Cristo che ci si fi incontro nella Chiesa.

  3. Se giungiamo a tanto dovremmo chiederci dunque se molti dei sacramenti che la Chiesa impartisce siano reali e non simulati, e compiuti quindi da chi di dovere facendi davvero parte della CHiesa come anche ricevuti col dovuto consenso, proprio perché chiunque assapora la linfa di Quella Risurrezione non può rimanere quel che è.
    A sto punto conviene partire da sè stessi, ov còrs.

    • DI due cose sanno parlare i grandi convertiti e gli alfieri, della mollezza dei costumi o dell’eresia strisciante non capendo che la fragilità dei sacramenti non è mai stata così evidente, punto toccato sempre dall’ottica gerchica e mai popolare.
      Potrei nutrire qualche dubbio anche e non solo del mio battesimo?

  4. Anche io sono convinto come ivpiano che “l’ incontro personale con il Signore nella testimonianza Apostolica, cioè nella Chiesa, è incommensurabilmente superiore a qualunque altro argomento di ordine razionale o logico-deduttivo che mai come l’altro saprà riempire la pienezza del cuore e dell’intelletto”
    Faccio un esempio di conversione clamorosa quella di San Francesco d’ Assisi : certo lui viveva in una societa’ cristiana, dove i teologi cristiani dominavano il pensiero anche filosofico, eppure non si converti’ a vera vita cristiana per l’ insegnamento dei teologi, ma nell’ istante in cui ebbe un incontro personale diremmo un “ esperienza” personale di Cristo.la ragione e la filosofia possono dare un consenso intellettuale , ma quello che conta e’ lo “ spirito” che diverso dall’ intelletto razionale. Nelle conversazioni con il rabbino Nicodemo , che non si convertì di botto ma ragionava e discuteva, Gesu’ disse che occorreva rinascere di nuovo nello spirito . Un nuovo inizio , non una scala deduttiva di ragionamenti.
    Anche nei nostri tempi c’ e’ stata una conversione clamorosa , istantanea dovuta all’ incontro personale con Cristo : quella di Andre’ Frossard : Frossard, ateo e comunista , entro in chiesa; non trovò l’amico che cercava , ma si fermò davanti al Santissimo Sacramento.
    L’autore racconta di aver sentito le parole “Vita spirituale” come sussurrate da una presenza invisibile, dalla sponda oscura in cui era ancora trattenuto vide l’evidenza di Dio, arrivando a ritenere come nell’universo ci sia un ordine, alla cui sommità c’è Dio.
    Uscito dalla chiesa vide l’amico dicendogli: “Sono cattolico, apostolico, romano… Dio esiste ed è tutto vero”.
    Certo mi si obbiettera’ che non tutti hanno avuto o avranno queste grazie “ speciali”:io invece sono convinto che tutti gli uomini potrebbero avere la Grazia di una esperienza non intellettuale ma di tutto il proprio essere di un incontro con Dio. Siamo noi che chiudiamo le porte preventivamente alla possibilita’ di tale esperienza .

    • Ma una cosa implica l’altra, almeno nella prospettiva cattolica. Si può incontrare il Signore in tanti modi. La teologia cattolica ci dice che non c’è però contrapposizione, ma complementarietà tra ragione e fede: la fede non si afferma contro la ragione, ma in armonia con questa, quindi anche la fede ha delle sue ragioni. La fede è credibile, oltre che credenda.

  5. Però, cari Amici, non è per dire ma dovreste andare a rileggervi Telesforo che questi punti li ha trattati 😉

    Sapere una cosa non vuol dire epperò esserne convinti: la conoscenza è dell’intelligenza mentre la “con- vinzione” è una sottomissione della volontà (cioè è volontaria), qundi è un atto di carità: non è perché Paolo annunzia agli ateniesi che Cristo è risorto che egli, o lo Spirito Santo, possano imporre la sua, o loro, volontà oppure tali ateniesi non sarebbero umani.

    Avere la Fede vuol dire accettare (cioè sottomettersi a) l’annuncio del Kerygma, della morte e risurrezione di Cristo: l’oggetto è, ovviamente, prettamente intellettuale ma solo conoscerlo non è fede.

    Affinché la volontà si muova nella detta sottomissione (e, quindi, con-vinzione) essa deve esservi attratta riconoscendo in essa un bene: il discorso apologetico verte a presentare il Kerygma come un bene (cioè che non può essere una menzogna, che i testimoni dei fatti sono credibili, che l’evento è storico, etc etc). Però il discorso apologetico non è sufficiente da solo in quanto rimane nella sfera intellettuale: a spingere la volontà sottomessa al peccato originale e alle sue conseguenze ci vuole il soffio stesso di Dio che è lo Spirito Santo che sempre spira nei cuori di chi ascolta il Kerygma affinché Lo accettino (liberamente).

    Ma questo è possibile solamente se chi ascolta l’annuncio e studia l’apologetica si mette “ex veritate” come insegnò Cristo a Pilato a proposito del Suo vero Regno: solo ponendosi “ex veritate” la persona che ascolta l’Annuncio ha i mezzi umani che si uniscono a quelli soprannaturali ed entra nel Regno di Dio, e diventa un Santo, cioè un “herem”, una persona sacra perché messa da Dio a parte per il Suo Regno.

    In questo il battesimo, che è un’elezione divina e non una scelta individuale nella sua causa finale, è la conferma dell’appartenenza al Suo Regno “ex veritate”, anche se, affinché tale elezione passi nei suoi effetti concreti umani dalla parziale potenza alla pienezza del suo atto, abbisogna poi dell’atto di libero convincimento del soggetto battezzato che afferma la sua Fede sottomettendosi all’afflato dello Spirito Santo.

    Non è fede avere dei “feelings” di “credere” in Dio e non è mancanza di fede di avere “feelings” di assenza o inesistenza di Dio: la Fede è mossa dalla sua causa ultima che è la Carità, cioè la sottomissione alla Volontà di Dio, indipendentemente da quel che se ne risente sul piano psico-affettivo.

    In Pace

    • Ciò che cercavo di spiegare io. La ragione mi mostra che devo credere, ma non è questo a salvarmi: è il credere a farlo. Il credere o meno dipende dalla volontà, la quale, mossa dalla grazia, può sottomettersi al dovere di credere. L’apologetica serve appunto a sgombrare il campo, tramite la ragione, agli ostacoli che la ragione malamente impiegata può frapporre tra noi e l’evidenza di dover credere, a far appunto vedere che è ragionevole credere, che la Rivelazione viene davvero da Dio e non è un mero inganno della fantasia degli uomini.

      • Pascal, che certo aveva un grande intelletto matematico, e non era un sentimental-emotivo, disse “ incomprensibile che Dio esista, incomprensibile che Dio non esista” . Cioe’ si possono portare ragionamenti e prove per l’ una o l’ altra ipotesi, ma in fin dei conti non esistono ragionamenti e prove risolutivi ne’ per l’ una ne’ per l’ altra ipotesi.
        Esiste il grande” salto” di qualita’ che e’ la fede: la ragione ti puo’ portare fino ai limiti , oltre i quali si apre un abisso, a te saltarci fidandoti , credendoci, oppure no.
        Un abisso di luce , cosi’ Kafka defini’ il Cristo. Quanti sono abbagliati da questo abisso di luce ma non si fidano a fare il salto e rimangono al di qua!.
        Non si tratta qui di contrapporre ke categorie “ intellettuale” contro “ emotivo” ne’ si tratta di parlare di feeling, questo rimane nell’ ambito umano. Io posso credere ad Tommaso d’ Aquino perche’ la ragione mi porta ad approvare i suoi argomenti, ma anche perche’ ’ mi sta simpatico o ho un feeling con lui.Ma non si puo’ credere in Dio unicamente per la ragione ne’ per categorie affettive emotive
        Credere in Dio non e’ una sensazione o un ‘ emozione e’ un ATTO PRATICO vuol dire buttarsi nelle braccia di un “ ignoto” , di un abisso di luce, E rischiare di perdere la propria vita ( per salvarla) .C’ e’ sempre il rischio di sfracellarci nell’ abisso . Un minimo rischio c’
        L’ apologetica e’ assolutamente necessaria . Anche Pascal tento’ un’ opera di apologetica in cui tentava di convincere gli increduli della ragionevolezza di credere nella religione cattolica. Non so quanti amici increduli e razionalisti sia riuscito a convincere. Lui personalmente ebbe una grande esperienza mistica e da li’ In poi porto’ cucito sul suo petto : il Memoriale di tale esperienza con data giorno ora . Insomma il diario di un INCONTRO.

        • Cioe’ si possono portare ragionamenti e prove per l’ una o l’ altra ipotesi, ma in fin dei conti non esistono ragionamenti e prove risolutivi ne’ per l’ una ne’ per l’ altra ipotesi.” : questo lo dici tu, se non capisci le dimostrazioni ( e se Pascal non le capiva) il problema è tuo (e di Pascal) mica della dimostrazione.
          Comunque come già discusso a suo tempo anche in Telesforo, la giustezza e la correttezza di una dimsotrazione, anche matematica, non obbliga mai la volontà ad accettarla cioè ad esserne convinta.
          Come detto più sopra ci vuole un atto di volontà per accettare la conclusione del teorema qualunque esso sia e se tu avessi letto quel che ho scritto nel mio intervento precedente avresti visto che questo è possibile solo per chi si situa “ex veritate” cioè per chi sia abbastanza virtuoso: l’assenza di virtù rende anche scemi.
          In Pace

        • Dell’aspetto teoretico della cosa parlo dell’introduzione del volume, dove spiego la differenza tra quello che è un dubbio possibile e quello che è un dubbio ragionevole. Di ogni fatto sarà sempre possibile dubitare, ma non sempre sarà ragionevole il farlo. Quello che il libro cerca di stabilire è che l’ipotesi della risurrezione è la migliore spiegazione dei fatti legati alla nascita del cristianesimo al di là di ogni ragionevole dubbio.

          • Con tutto il rispetto, Trianello, quest’ipotesi era vera anche prima del libro, perché senza la Resurrezione non esisterebbe il Cristianesimo.

  6. Simon, non so a chi ti riferivi, ma tirare in ballo adesso il piano psico-affettivo non è fair play. Per quanto mi riguarda, io ho parlato di fede come di realtà autoevidente che scaturisce da un incontro.
    Se io incontro qualcuno a una certa ora in un certo posto, per me questo diventa un fatto di realtà che non richiede dimostrazione, anche se qualcuno insistesse a dire che è impossibile; né varrebbe controbbattere che però quella persona abita in zona e solitamente esce proprio a quell’ora per portare a spasso il cane, se mi si spiegasse anche l’accaduto con un mio desiderio inconscio di incontrare quella persona.
    Se non si crede al testimone della fede, a nulla valgono gli argomenti di probabilità e ragionevolezza, figuriamoci quelli opinabili (« se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno neppure se uno ritornasse dai morti » – Lc 16,31).
    Io so che è ragionevole incontrare Cristo perché l’ho incontrato, ma non so dire se sia anche probabile o se, in sé, sia affatto possibile. Anzi, pur avendolo incontrato, direi che, per sé, questo fatto sarebbe impossibile, ma anche che, con assoluta certezza, Dio l’ha reso possibile.
    Questo che dico vale per il kerigma, ma non discuto il valore dell’apologetica per tutte le altre verità che scaturiscono da questo fondamento di tutta l’impalcatura della fede. Del resto, gli argomenti classici dell’apologetica valgono per gli eventi storici, mentre, in senso stretto, la resurrezione di Cristo non è un fatto storico (come quella di Lazzaro), ma metastorico, perché attraversa tutta la storia umana che è anche storia della salvezza.
    Anch’io ti saluto in pace.

    • Non mi riferivo specialmente a te.

      Essere con-vinto dall’annuncio del Kerygma necessita come postulato di partenza che vi sia annuncio, e un annuncio non avviene da niente ma da qualcuno che annuncia cioè, nel caso preciso, dal testimone che annuncia: tutto si risolve nell’incontro tra due persone colui che annuncia e colui che ascolta.
      Il Cristo stesso non si annuncia da solo, ma è San Giovanni, il Battista, che lo annuncia (“Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioannes.Hic venit in testimonium…… non erat ille lux, sed ut testimonium perhiberet de lumine“).

      Il Testimone deve essere credibile e per esserlo deve corrispondere a certi criteri: che sia riconosciuto come virtuoso, onesto, veritiero, che gli sia stato possibile essere presente a quegli avvenimenti, che la sua testimonianza sia coerente di per sé e con il contesto di quel che pretende testimoniare: tutto questo è lavoro necessario ed è l’oggetto dell’apologetica. (Ad esempio se si testimonia che tizio è un dio, già bisogna mostrare in ragione, tra altre cose, che (a) la nozione stessa di divinità non è di per sé incoerente, (b) che la divinità esiste nella realtà).

      Tu puoi essere convinto di aver incontrato Cristo e gran bene te ne faccia: però di per sé non sei un buon testimone in quanto non hai prove da condividere che veramente hai incontrato Cristo (dobbiamo anche vedere cosa intendi con “incontrare” il Cristo, anche se immagino che tu ti riferisca ad un incontro mistico anche se fisico: ad esempio ho personalmente vissuto l’esperienza di aver avuto coscienza di aver avuto Cristo stesso in carne ed ossa in casa nostra con mia moglie, subito dopo la partenza da casa nostra di un amico sacerdote che era venuto visitarci durante un weekend prolungato assieme ad un handicappato facendoci un poco pensare all’esperienza dei discepoli di Emmaus).

      Incontrare Cristo abitualmente avviene in due tappe maggiori e oggettive, non psico-affettive: (1) in primis si necessita di ascoltare la testimonianza della Chiesa la quale annuncia per appunto il Kerygma (e la Chiesa sono i genitori, gli amici, i padrini, i sacerdoti, il vescovo etc) ; (2) lasciandoci “toccare” dal Cristo stesso, il che è l’incontro oggettivo propriamente detto e cioè nella partica dei sacramenti, che sono i gesti stessi di Cristo a nostro riguardo.

      La resurrezione di Cristo è un fatto storico e perfettamente testimoniato: anche in questo si necessita dell’apologetica per mostrare quanto quelle testimonianze fossero valide, basta ricordare S. Paolo quando cita i 500 e più che videro il Cristo risorto. Ovviamente il Cristo stesso risorto non è più racchiuso nella storia umana ma la trabocca in quanto Egli assume la pienezza dell’essere che di per sua natura è divina.

      In Pace

      • “Vere tu es Deus absconditus.
        Se Cristo avesse voluto abbagliare tutti con la luce della sua Resurrezione , convincendoli tutti “ storicamente” e dfinitivamente di essere Dio, sarebbe apparso dopo risorto a Pilato, a Erode, ai Sommi Sacerdoti e a quelli stessi che lo avevano crocifisso.
        Invece la luce della Resurrezione di Cristo risplendette per pochi discepoli e pie donne .
        E’ il modo di procedere di Dio : non abbagliare col suo trionfo visibile a tutti, ma risorgere dentro il CUORE degli uomini che credono in lui. Certo noi crediamo perche’ credettero quelli : e noi crediamo perche’ crediamo in Pietro e negli apostoli, nella loro testimonianza, crediamo nella Chiesa , giu’ giu’ per la china dei secoli fino a noi .

        • Semplicemente, il Cristo Risorto, cioè ormai luminosamente Re, regna solo sui Suoi: cioè coloro che sono “ex veritate”, come insegnò a Pilato.
          Chi non è ex veritate non può vederne il Trionfo, il quale è proprio la manifestazione della Verità.
          In Pace

        • Nell’economia della Rivelazione (e per la semplice logica) ci sono ovviamente delle ragioni per cui Gesù è apparso solo a determinate persone, ma questo non toglie che il fatto della risurrezione è un qualcosa di credibile, fatto che deve essere creduto proprio perché credibile. Il libro mostra semplicemente questo: che la risurrezione è un fatto credibile anche (e direi “soprattutto) a partire da una prospettiva minimalista. L’approccio al tema che adotto nel saggio è particolarmente innovativa e da questo traggo un’argomentazione che, da chi ha letto il libro, viene giudicata estremamente stringente. Ed invece qui vige, evidentemente, la legge di giudicare un libro dalla sua copertina. Vabbè… contenti voi.

      • Be il fatto che sia stato visto da più di 500 è testimoniato però da uno solo, il quale a sua volta però non ha visto Cristo Risorto (cioè tra la data di resurrezione e quella di ascensione).
        Saulo/Paolo incontro Cristo sulla via di Damasco circa 2 anni dopo questi fatti.
        Si tratta quindi di una testimonianza “de relato” (indiretta), che dice che 500 hanno visto Cristo senza averlo visto lui direttamente.
        Al di la delle molteplici testimonianze della resurrezione di Cristo è necessario avere contezza della debolezza delle prove su tale fatto, che per quanto probabile non reggerebbe ad un processo umano essendo stato, tra l’altro, scritto e riportato e riferito solo anni dopo l’evento.
        Quindi sostenere che la resurrezione di Cristo sia un fatto storico presuppone di stabilire cosa sia un fatto storico, argomento molto spinoso in realtà.
        Si può però semplificare dicendo che un fatto può essere considerato storico quando si trovano molteplici testimonianze sulla sua esistenza, da fonti diverse e tra loro non collegate o collegabili e non aventi, di per se, interesse di qualche tipo nel riportare il fatto stesso.
        Ora scendendo nel particolare si può ben dire che le uniche fonti della resurrezione di Cristo siano di origine cristiana e tutte derivanti da poche fonti tra loro collegate (e necessariamente interessate) mentre fuori da queste origini vi sono altre fonti dell’esistenza di un Gesù Cristo, ma non della sua divinità o resurrezione.
        Tra l’altro sempre essere una precisa volontà del Signore che la sua resurrezione sia testimoniata e non provata, perchè l’evangelizzazione si poggi sulla stoltezza della predicazione, attraverso la quale il suo Spirito da testimonianza al nostro spirito che siamo figli di Dio.
        Salve

        • *sembra essere

        • Argomentazioni sofistiche (come solito tuo, caro ML65: non è che me ne meraviglio): le testimonianze circa incontro con il Risorto sono pù solide della stragrande maggioranza dei fatti reputati storici dell’epoca in questione. Abbiamo testimonianze variegate, con atteggiamenti differenti dei testimoni, storie che presentano punti di vista differenti di un avvenimento unico ed il tutto perfettamente in coerenza con le testimonianze umane di uno stesso fatto visto da punti di vista differenti ed i 500 in questione erano chiaramente conosciuti dagli interlocutori di San Paolo che non lo hanno contraddetto su questo punto e che Paolo, addirittura utilizza come testimoni per meglio fondare il proprio discorso (e non utilizza il suo incontro personale con Cristo per dirci che Egli sia risorto, per questo ci vogliono i 500, ma per garantire che egli viene da Cristo).
          Se tu non credi che Cristo sia veramente risorto la domenica di Pasqua, storicamente e concretamente, come accertato e annunciato dalla Chiesa da duemila anni, allora non hai la Fede: punto e basta (ma questo ce ne eravamo già accorti, i trolls non hanno la fede sennò non passerebebro il tempo a trollare).
          In Pace

        • Ma perché non leggere prima il libro e poi mettersi a speculare su cosa ci sia di giusto o sbagliato in questo? Il volume adotta di proposito una impostazione di tipo minimalista per dimostrare che la risurrezione di Gesù è un fatto credibile. Boh… non so, non capirò mai questa mania di voler giudicare il lavoro altrui senza nemmeno prendersi la briga di sapere in che cosa questo consista.

          • Però la briga di spendere tempo per riaffermare per iscritto le propre cretinate che credono essere illuminanti verità, ce l’hanno : vuol semplicemente dire che non è la ricerca della verità che li occupa, sennò con i dubbi che codesti hanno il libro tuo già lo avrebbero letto.
            In Pace

            • Dico semplicemente che se tutto fosse così palese la nostra Santa Madre Chiesa non avrebbe fatto il « Credo » ma avrebbe fatto il « So » (prima persona singolare del verbo sapere).
              E non ci sarebbe bisogno di fare ulteriori indagini , visto che l’istruttoria sarebbe già terminata ed il processo finito.
              Per quanto riguarda poi il fatto che le testimonianze circa incontro con il Risorto siano più solide della stragrande maggioranza dei fatti reputati storici dell’epoca in questione direi che è una affermazione apodittica (fammi qualche esempio concreto), ma soprattutto nessuno storico sarebbe pronto ad uccidersi o a giocarsi la vita sul fatto che uno degli episodi da lui ritenuti veri sia effettivamente vero. La ricostruzione storica è sempre opinabile e solo per alcuni fatti vi sono conferme indirette che la rendono molto probabile, ma anche quando è così nessuno è così folle da darla per certa.
              Se Giulio Cesare sia veramente esistito e se abbia detto quelle parole varcando il Rubicone è interessante fino ad un certo punto, e se emergesse con certezza che non è vero che sia andata così qualcuno resterebbe deluso, si dovrebbero riscrivere un po’ di libri, ma alla fine la vita continuerebbe come prima.
              Invece il fatto che Gesù sia risorto è cardine fondamentale per la vita di milioni di persone, ed è quindi umano che si difenda questo credo, ma non si deve mai arrivare al limite di far passar per prova quello che prova non è, altrimenti vano diventa il credere ed ideologico il nostro pensiero.
              Io la penso così : So che Gesù è risorto, ma non vedo prove certe di questa resurrezione ed anzi vedo che chi le cerca con insistenza tende a perdere la lucidità nella sua ricerca, seppur per zelo ed amore, e non applica a queste ricerche la stessa severità critica che applica a ricerche di altro tipo.
              Leggerò il libro.

              • Al credo, spiega San Tommaso, appartengono anche cose che possono essere provate in forza della sola ragione (tipo l’esistenza di Dio, per esempio) e che quindi possono semplicemente essere sapute, ma solo con grande sforzo e da pochi; per cui è bene che la Chiesa le presenti anche come cose da credere. Che Gesù patì sotto Ponzio Pilato lo crediamo, ma lo sappiamo anche attraverso lo studio della storia, così crediamo che Egli sia risorto, ma possiamo anche dimostrare, contro gli scettici, a partire dai dati a nostra disposizione e per tramite di un rigoroso processo abduttivo, che l’ipotesi della risurrezione, in relazione ai dati suddetti dati, gode di una solidità maggiore rispetto a quella delle sue concorrenti.

                • Nel Credo non diciamo che crediamo in Dio, questo sarebbe un’imbecillità, in quanto chiunque ragioni e si pone “ex veritate” sa che Dio esiste.

                  Nei simboli affermiano che crediamo in Dio Padre, in Dio Figlio ed in Dio Spirito Santo, i quali sono un solo Dio: cioè crediamo nella Trinità: infatti la nozione stessa di Trinità non è deducibile dal concetto naturale di Dio e ci vuole tutta la testimonianza di Cristo e dello Spirito Santo per affermarne la realtà.

                  Poi, nei simboli, diciamo che crediamo la Chiesa (non “nella” Chiesa), cioè che teniamo per vero quel che la Chiesa ci insegna.

                  In Pace

    • Il Credo dice “Il terzo giorno è risuscitato”, la Risurrezione è un fatto metastorico per il suo valore, ma è anche un fatto storico avvenuto tre giorni dopo la morte di Cristo sulla croce, che è un altro fatto storico. Fu il fatto (storico) di aver incontrato il Risorto a trasformare la vita degli apostoli, così come il fatto di poter incontrare Cristo attraverso il suo corpo mistico, la Chiesa, che custodisce la Tradizione apostolica può trasformare la nostra.
      Una volta incontrato Cristo, una volta immerso nella grazia scaturente dalla Chiesa ed i suoi sacramenti, il fatto di riconoscerLo in quella Chiesa e riconoscerne la grazia in quei sacramenti può diventare connaturale per il cristiano, ma non è detto. Ci sono taluni la cui fede è fragile, che si interrogano sulla validità di quello che credono e praticano, che si interrogano sul suo valore oggettivo oltre che soggettivo, così come ci sono quelli che stanno fuori dalla Chiesa perché hanno la ragione intrappolata in una cattiva metafisica e si controcono nel dubbio, coloro che non vedono proprio il motivo per cui dovrebbero credere. Ecco, per costoro, c’è l’apologetica, che è antica quanto la Chiesa e che già Pietro raccomandava di coltivare, per rendere ragione della speranza, a chi non vede la ragione di dover sperare.
      Del resto, la grazia perfeziona la natura, e la natura umana è quella di un “animale razionale”. La fede perfeziona la ragione e quindi deve essere ragionevole, come non si stanca mai di ricordarci San Tommaso d’Aquino (il quale scrisse la “Somma contro i gentili” proprio per dimostrare, mediante la ragione, la verità della fede cattolica a coloro che questa verità erano incapaci di vederla). Che poi l’incontro col Risorto, per una speciale grazia, possa anche avvenire per un’esperienza mistica, per una rivelazione personale, è un altro discorso. Del resto, proprio l’esperienza dei mistici ci insegna come non di rado questi abbiano sperimentato in alcune fasi il “vuoto di Dio” e quanto importante sia stato per loro il conforto della ragione in quei momenti, il conforto di sapere, di vedere che comunque era ragionevole credere ed affidarsi a quel Dio apparentemente assente.

  7. Anche se il mio può apparire un approccio personalistico, in realtà si sviluppa su un piano puramente teoretico, come dovrebbe essere un qualunque discorso in un confronto di idee come questo.
    Io non ho detto di aver creduto in seguito a un’esperienza mistica – se l’avessi avuta non ne avrei parlato – e quando uso la prima persona singolare non parlo di me, ma dell’io credente: chiunque incontra Cristo, lo incontra come un « io » che si imbatte in un « tu ». Questa – e solo questa – è la scaturigine della fede; è così – e solo così – che si smette di essere creduli e si diventa credenti.
    Ciò premesso, l’esperienza di fede ha sempre anche una connotazione – o dimensione – mistica da cui non si può prescindere (perché l’incontro con Cristo è l’incontro col Suo Mistero), pur restando una cosa completamente distinta e separata dai fenomeni mistici propriamente detti, i quali, peraltro, non sono affatto necessari alla fede (anzi, S.Giovanni della Croce diceva che sarebbe preferibile non averne), né, tantomeno, sono garanzia di fede sicura.
    Ergo, non può esistere l’atto di credere in cose o fatti solo in quanto storicamente accertati o credibili; per essere « credute » non basta che certe cose o fatti siano accettati e riconosciuti come veri, è necessario che queste cose o fatti siano in relazione col Mistero della persona di Cristo. Ma questo Mistero rimane un concetto puramente astratto, o del tutto incomprensibile, fino a quando non avviene l’incontro con Lui. Lì l’evento storico si attualizza e diventa dato incontrovertibile di realtà concreta per il credente.
    Gli Apostoli sono diventati credenti quando hanno incontrato Gesù Risorto realmente, non in un’estasi mistica; il loro fu un incontro fisico e carnale (si pensi a Tommaso) da cui è scaturita l’identificazione di un io con un tu e il riconoscimento di una chiamata personale e di un destino comune.
    Ciò che io affermo è che l’esperienza di fede di qualunque io credente non può non ricalcare esattamente quella degli Apostoli (altrimenti non sarebbe una fede apostolica); affermo altresì che tale evento (o mistero) ri-accade per ciascun credente solo nell’esperienza dell’incontro che l’eletto fa con Cristo nel Suo Corpo Mistico che è la Chiesa.
    Che poi questo incontro possa essere propiziato da accidenti esterni, come un buon libro di apologetica che porta alla luce tutte le menzogne propalate dei nemici della fede, può essere, ma solo nella misura in cui tale accidente rimuove l’ostacolo che gli impediva di giungere a quell’incontro (se vi era chiamato).
    P.S.: qui stiamo discutendo dialetticamente intorno all’argomento introdotto dal post, non stiamo commentando un libro che non abbiamo letto, per cui trovo abnorme pretendere che non si debba neppure parlare di queste cose prima di aver letto il libro.

    • Dal Catechismo della Chiesa Cattolica #166:
      “166 La fede è un atto personale: è la libera risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio che si rivela. La fede però non è un atto isolato. Nessuno può credere da solo, così come nessuno può vivere da solo. Nessuno si è dato la fede da se stesso, così come nessuno da se stesso si è dato l’esistenza. Il credente ha ricevuto la fede da altri e ad altri la deve trasmettere. Il nostro amore per Gesù e per gli uomini ci spinge a parlare ad altri della nostra fede. In tal modo ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri.”

      168 È innanzi tutto la Chiesa che crede, e che così regge, nutre e sostiene la mia fede. È innanzi tutto la Chiesa che, ovunque, confessa il Signore, (« Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia La santa Chiesa proclama la tua gloria su tutta la terra », cantiamo nel « Te Deum ») e con essa e in essa anche noi siamo trascinati e condotti a confessare: « Io credo », « Noi crediamo »

      Atto personale, libera risposta: la fede è l’espressione di una volontà e non di un’impressione, di un sentimento, di un misticismo, di un evento più o meno miracoloso.

      La fede la si riceve da altri, da coloro che testimoniano di essa, dalla Chiesa e a questa testimonianza si deve dire di sì, liberamente: liberamente vuol anche dire con il massimo possibile di dati a disposizione, quando si è bambini basta la parola dei genitori nei quali ci si fida, quando si è adulti l’obbligo di libertà impone di informarsi e di valutare nella misura dei propri mezzi sul valore della testimonianza di chi ci propone la fede; liberamente significa anche aver sviluppato un minimo di virtù umane per potersi porre “ex veritate”.

      Che la Fede sia il risultato di un atto di volontà dovuto all’incontro tra una persona che testimonia e una persona che si pone “ex veritate” permette di garantire quanto questa Fede sia accessibile a tutti senza discriminazione, o piuttosto con un’unica discriminazione, quella di volersi porre “ex veritate”, questo è il concetto stesso di “genuini ricercatori della verità” o, come titola il nostro sito, di “pellegrini nella verità”: chiunque si pone volontariamente dalla parte della verità, si dà i mezzi umani, ascoltando la testimonianza del Kerygma, di sottomettersi liberamente al soffio dello Spirito Santo che non manca mai.

      In Pace

      P.S. e O.T. : Questo ci aiuta a anche a capire chi è chiamato e quanti sono gli eletti. I chiamati sono tutti coloro che hanno sentito l’annuncio del Kerygma; questo è il grano che cade dappertutto: vi è poi la terra arida che è quella di tutti coloro che non si pongono “ex veritate” nella propria vita e che non sviluppano virtù; in seguito, vi è la terra arida di chi non si è decisamente posto “ex veritate” ma che ha comunque sviluppato qualche virtù umane, codesti sono attratti dall’annuncio della Buona Novella ma non vogliono fare questa scelta fondamentale di ricerca della verità e sono, quindi, come pianticelle le cui radici si essiccano e muoiono; vi è anche la terra buona, cioè di coloro che si pongono “ex veritate” e sui quali il Cristo potrebbe regnare se lo volessero ma che, non avendo sufficenti virtù, sono distratti da tante altre cose che non sottomettono la propria volontà all’evidenza della Morte e della Risurrezione del Cristo Gesù, ed è come se il seme buttato in terra si trovasse soffocato da tante erbacce; finalmente vi è la terra buona e fertile che accoglie con gioia l’annuncio della Buona Novella, in quanto sono persone che si pongono virtuosamente “ex veritate” e che, senza se e senza ma, accettano il Kerygma acquiescendolo liberamente.

      • Definire la fede solo “ il risultato di un atto di volontà “ mi sembra molto semplicistico. Io voglio avere Fede dunque ho fede . No, non mi pare che sia cosi’ .
        Troppo volontaristico, troppo cerebrale. La fede ce l’ hanno i poveri e i semplici, che non fanno nessun atto eroico di volonta’ . O voi credete che la vecchietta che dice il Rosario abbia meno fede dell’ intellettuale che ha letto tutta la Summa Teologica di San Tommaso.
        La fede e’ una esperienza , e’ un rischio, e’ un fidarsi ,e’ un atto di innamoramento e di amore . Amore per Cristo. Chi si innamora per puro sforzo di volonta’ ? Ma chi e’ colpito dall’ amore di Cristo come da un dardo, ama e si infiamma. Nessuno sforzo di volonta’ allora. Questo e’ l’ Incontro.

        • Forse la Chiesa si è sbagliata nel Catechismo: tutto è possibile…
          E, chiaramente, tu ne sai di più e capisci molto meglio che la Chiesa in cosa consisti la fede.
          In Pace

        • Infatti la domanda è: perché io sono terra di merda oppure terra buona dove il etc etc ? Il catechismo è indicativo mica risolutivo.

          • Lo sei perché lo vuoi malgrado che lo Spirito Santo sia sempre li per controbilanciare nella tua coscienza gli effetti del peccato originale.
            Essere dannati o salvati procede sempre da una scelta radicale di posizionamento rispetto alla verità: voler essere o non essere ex veritate.
            La Grazia consiste proprio in questo: senza questo accompagnamento dello SS questa nuova proposta di libera scelta radicale, altresi chiamata conversione, non sarebbe possibile cioè accessibile alla volontà umana.
            In Pace

            • Tutto giusto ma la Fede è o non è un dono prima di ogni cosa, risultante da una chiamata/mozione divina?
              Anche perché ad essere coerenti la parabola non parla della possibilità della salvezza ma della possibilità di dar frutti cosa che, nella sua dimensione propria, è allora molto più consolante nel senso buono, auspico, del concetto stesso.

              • È un dono nel senso che è ormai una decisione volontaria accessibile a chi è nel peccato originale grazie, appunto, a questa Grazia. Nessuno se la può dare, però tutti coloro a chi è offerta la possono accettare… oppure no.
                In Pace

                • La decisione della volonta’ e’ conseguente , non precede la Grazia. Dio mi chiama alla coversione a Lui e mi da la grazia per avere la buona volonta’ di rispondere alla sua chiamata.
                  pensiamo a San Paolo : non di suo sforzo di volonta’ ne’ di ragionamenti ne’ di intelletto divenne cristiano, ne’ tantomeno presto’ fede alle testimonianze degli apostoli , di Pietro , di Stefano , che anzi combatteva . Lui fu folgorato sulla via di Damasco. DOPO questo, certo , di sua volonta’ aderi’ al Signore, di sua volontà credette. Certo , di sua volonta’ , ma DOPO folgorato sulla via di Damasco.
                  Perche’ ci si puo’ chiedere altri rabbini, altri farisei, altri intellettuali ebrei non si convertirono come Saulo di Tarso ? La risposta e’ perche’ non furono folgorati sulla via di Damasco. E perche’ mai , ci si puo’ chiedere? Perche’ Dio non folgoro’ tutti I rabbin e tutti farisei come fece come San Paolo?
                  E’ il mistero dell” elezione e della chiamata. E’ il mistero della predestinazione e della grazia.
                  Non la nostra volonta’ ( da sola) ma la nostra volonta’ in risposta ad una chiamata. La nostra volonta’ non si esercita che “in risposta “ . Folgorati sulla via di Damasco possiamo aderire o no alla Verita’ , ma non tutti hanno in sorte di essere folgorati sulla via di Damasco.

                • Effettivamente, senza la Grazia che gli permette, se lo vuole, di prendere la decisione di avere la Fede, non sarebbe possibile prendere tale decisione.
                  E chi mai avrebbe detto il contrario? Ma di che stai a parlare? Se è giusto per fare il bastian contrario, mi sembra che te ne potresti esonerare .
                  In Pace

                • Se potessimo capire meglio la mozione/chiamata operate da DIO nel donare la Fede dovremo renderci conto di quanto sia discreto e di quanto sia padrone della storia ( quindi di noi oltre che della natura ). Risulterebbe un poco allucinante perché non solo la nostra libertà ne è esaltata ma è per l’abilità estrema. Non c’è un istante in cui non si sia mossi/chiamati da DIO.

        • Giampiero un conto è pensare di aver fede, un conto averla davvero.
          Se è infatti vero che a volte si sviluppi una vera e propria forma di innamoramento verso il Signore, è pure vero che lo stesso può restare a livello superficiale.
          La vera fede passa attraverso un impegno, che è sostenuto quindi dalla volontà personale, ed è quindi una scelta.
          E’ infatti facile aver “fede” quando è l’unica alternativa di fronte ad un fatto dove rivolgersi a Dio sembra essere l’unica soluzione, oppure quando seguire celebrazioni o fare preghiere ci restituisce serenità di fronte agli affanni della giornata in arrivo.
          E’ invece completamente diverso aver fede quando invece vi sono altre opzioni più semplici, e quindi la nostra fede diventa una scelta ed un rischio personale. Allora essa viene provata, ed emerge anche concretamente come atto di volontà di fronte ad alternative differenti.
          Seguire la Chiesa e voler fare altri figli quando già se ne hanno molti e non si pensa di avere la forza per farlo, avendo dall’altra parte la possibilità di utilizzare contraccettivi chimici o fisici, è un atto di fede volontaria .
          Accettare un figlio malato, potendo invece abortirlo, è un atto di fede volontaria.
          Chi dice di aver fede ma non ha mai lottato contro se stesso contro la pigrizia, la fatica, la paura, la delusione o la rabbia, facendo vincere il Signore invece che se stesso, non ha mai capito fino in fondo la fede, che alla fine consta nello scegliere la strada stretta consapevoli che è stretta ma confidando nel Signore. Ed è una scelta quotidiana.

          • Mente Libera
            Chi ha fede davvero e’ folgorato da Cristo, innamorato di Cristo, al di la’ delle parole, nell’ intimo del cuore. Da’ la vita per Cristo come i primi martiri. Vive per Cristo come i santi,come San Francesco. Non gliene importa nulla di essere considerato “ moderno” e aperto
            Tutto il resto e’ retorica, moralismo e fuffa . Cristianesimo senza Cristo, Cristianesimo anonimo,solidarismo, umanismo, marxismo .Ho dimenticato qualche ismo?

            • Non vedo dove sia il contrasto tra quello che ho scritto io e quello che hai scritto tu , non riesci evidentemente ad avere un equilibrio nei giudizi. Sappi poi che tutti i santi hanno avuto i loro momenti di crisi, ed in quei momenti è stata anche la forza di volonta’ ad aiutarli . Leggiti la storia di madre Teresa di Calcutta. Tralascio poi i tuoi accenni agli ismi, che non vedo proprio che cosa abbia a che vedere col discorso della fede….ma vabbè…

            • Folgorato da innamoramento:
              l’amore non essendo altro che il volere il Bene della persona amata, in questo caso volere la Gloria del Padre nel Figlio ad opera dello SS.
              E chi ha mai detto il contrario: insegnano da sempre i Padri che chi ha il cuore, cioè la sede dell’intelligenza per gli antichi, infiammato da tale amore, cioè volente e operante con tutte le proprie forze che tale Gloria si realizzi, è salvato.
              In Pace

              • Torniamo al problema centrale della supremazia della Carità sulla gnosi di paolina memoria, che continuo a sottolineare che la traduzione in amore è troppo povera e fuorviante

  8. Per come descrivi la Fede ( o la Grazia ) essa non risulta tanto un dono di DIO e se io scrivessi dopo che la Fede non la dà nessuno sarebbe altrettanto ovvio ma quel che sembra starci sempre è un impegno di responsabilità alquanto stucchevole.
    Così ugualmente sarebbe viziato il ragionevole sulla Rivelazione nella sua storicità con un sapore un po’ di “meritocrazia” per scrivere.Non credo di essere uno sprovveduto che nel sottolineare come una determinata visione rimuneratrice ( teologia morale ) comporti per sè stessa una diversa delineazione della visione beatifica.

  9. E’ OT, pero ritengo sia utile ascoltare questo video:

  10. Buongiorno
    mi scuso in anticipo per la mia ignoranza sul tema delle Fede; ho letto il libro e devo dire,dal mio punto di vista, che NON trovo discordanza con i termini essenziali della fede; (la fede in Cristo Risorto si basa sulla testimonianza degli Apostoli che hanno visto, vissuto, annunciato e infine raccontato per iscritto…..)
    Questo libro « dimostra » partendo dai termini minimalisti che gli Apostoli non si sono « inventati » nulla e che l’ipotesi delle Risurrezione è la più ragionevole tra tutte le ipotesi prese in considerazione.
    Ringrazio l’autore del libro per il modo semplice e coinvolgente con cui ha esposto la sua tesi.
    Volendo fare una battuta finale direi che questo libro dimostra un’altra cosa; la ragione è l’ancella della fede non la sua nemica

    • In realtà, tra fede e ragione la relazione di ancillarità è reciproca; anche la fede è ancella della ragione, perché se non si crede che la ragione viene da Dio, per quale motivo ciò che è ragionevole dovrebbe essere più credibile di ciò che non è conforme a ragione? E come si potrebbe discriminare il ragionamento dallo sragionare? E’ infatti dimostrato che chi perde la fede, prima o poi, perde anche la ragione (o anche, come diceva Chesterton, quando uno non crede più a Dio, comincia a credere a tutto).

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