“Entrò per rimanere con loro”

In questo tempo di ancora crisi, di malumori e critiche (alcune pretestuose), di “profeti di sventura” e difficile discernimento, mi piace riportale la “Cartolina Pastorale” come è stata definita, del mio Vescovo Don Erio Castellucci, che ho trovato equilibrata, pacata, ma non vuota di indicazioni e di prospettiva, come anche di fiducia nell’Amore Paterno di Dio, che sempre si manifesta in Cristo Nostro Signore e nella forza che viene dallo Spirito Santo.

Per questo la offro alla vostra lettura e riflessione.

Cari amici,
la pandemia sta interrogando la nostra fede, le abitudini pastorali e il senso stesso della vita. Soprattutto nei mesi del lock down ha seminato morte e malattia ed è entrata nelle case iniettando paure e lutti. Ha svelato però dei tesori nascosti: la generosità di chi ha assistito e curato il prossimo, la dedizione di chi ha consolato, la fedeltà di chi ha potuto e dovuto proseguire il lavoro o reinventarne le modalità, e la creatività pastorale di presbiteri, diaconi, consacrati e laici, che si sono resi presenti ai più fragili: con l’assistenza materiale, con il sostegno morale, con proposte “a distanza”, con la predicazione della parola di Dio e la celebrazione eucaristica.

La pandemia, che continua ad espandersi nel mondo, ha poi evidenziato gli squilibri mondiali, confermando le disparità tra coloro che possono prevenire o curare le malattie e coloro che sono privi di mezzi per farlo. Ha confermato la connessione a doppio filo tra gli stili umani e l’ambiente, richiamandoci la responsabilità di custodire il creato, perché il creato ci custodisca. Ci ha rammentato, come ha detto papa Francesco, che siamo tutti sulla stessa barca: alcuni magari riparati sottocoperta e altri più esposti sul ponte. Nessuno è comunque immune e inattaccabile, se basta un virus microscopico, 600 volte più piccolo del diametro di un capello, per mandare in crisi l’intera popolazione del pianeta.

Colui che conta anche i capelli del nostro capo, però, ci ha detto di non temere chi uccide il corpo e non può uccidere l’anima (cf. Mt 10,28). Non è l’illusione di un sognatore: è la fede nel regno di Dio che inizia già ora a piantarsi nella storia ad opera di chi pratica carità e giustizia. Gesù risorto apre varchi di vita là dove regnava la morte. “Entrò per rimanere con loro”, la sera stessa di quella domenica in cui la pietra sepolcrale era stata ribaltata. Ad Emmaus, villaggio misterioso che simboleggia tutti i nostri villaggi, due discepoli gli hanno chiesto di rimanere con loro, perché “si fa sera”. Travolti dagli avvenimenti degli ultimi giorni, avevano prima sperato in un Maestro affascinante e ne avevano poi registrato il fallimento. Erano così amareggiati da non poterlo neppure riconoscere. E lui accetta l’invito: dopo il lungo dialogo, entra nella loro casa, spezza il pane e scompare. Resta con loro, ma senza ingombrare la casa. Rimane con loro da risorto, inviandoli ad annunciare. La presenza del Signore non priva della responsabilità i discepoli, ma la riattiva. E capiscono che la croce, la morte e il sepolcro sono solo parole penultime.

Fermarsi o ripartire? Rimanere in casa o mettersi in cammino? Gesù in realtà non contrappone mai i due atteggiamenti. L’esistenza cristiana respira contemplazione e azione, ascolto e servizio, preghiera e carità: è un circolo virtuoso, che anche in questo difficile periodo mostra la sua vitalità. Questo è tempo di ascolto, nei centri parrocchiali, nelle case e nei luoghi di cura, per accogliere le narrazioni delle esperienze degli ultimi mesi – dubbi, fatiche, speranze, scoperte – e rischiararle alla luce del Vangelo; ed è tempo di annuncio, celebrazione e servizio, per donare a tutti la bellezza della parola di Dio, il nutrimento dell’eucaristia, la prossimità della condivisione fraterna.

Durante il lock down le nostre comunità hanno portato avanti, nei modi consentiti, l’assistenza alle persone bisognose. I primi mesi di ripresa delle celebrazioni liturgiche hanno poi registrato nelle chiese un generale rispetto delle norme igienico-sanitarie; le parrocchie si sono dimostrate capaci di affrontare con serenità e rigore la permanente situazione di emergenza. Le proposte di animazione estiva sono andate incontro alle necessità di molte famiglie, permettendo a tanti bimbi e adolescenti di incontrarsi di nuovo, giocare, correre: il tutto nell’osservanza delle disposizioni. Ora ripartirà anche la catechesi, i cui calendari verranno decisi dalle singole comunità cristiane; l’andamento della scuola, che in questi giorni riprende, sarà sicuramente un indicatore anche per le iniziative comunitarie nelle quali si riuniscono bambini, ragazzi, giovani e adulti. Le parrocchie sceglieranno quando e come celebrare le prime confessioni, le prime comunioni e le cresime, recuperando anche le celebrazioni sospese nei mesi scorsi.

“Entrò per rimanere con loro”. È una presenza discreta e propositiva, entra nella casa solo su invito, compie il semplice gesto della condivisione del pane: Gesù, come al solito, traccia lo stile per i suoi discepoli, per noi. Lo stile della relazione diretta ma non invasiva, intensa ma non dilagante. Li lascia liberi, così liberi che solo quando scompare capiscono che è lui. Ma prima “rimane” con loro, li ascolta, li incoraggia, li nutre, rinnova il dono del suo corpo, li conforta. Se c’è una cosa che tutti stiamo cercando di imparare dall’esperienza della pandemia è la riscoperta dell’essenziale; e l’essenziale ha a che fare con le relazioni. Ne abbiamo patito l’assenza e le restrizioni, ci sono mancati gli incontri “in presenza” – i collegamenti “da remoto”, per quanto utili, non sopperiscono all’assenza del corpo – e abbiamo compreso una volta di più che tutto è dono e non è diritto acquisito: la salute, la passeggiata, il caffè al bar, la visita ai propri cari, lo sport, la scuola e persino la Messa. Sarebbe un peccato se ora dimenticassimo che tutto è dono e ricominciassimo semplicemente come se dovessimo chiudere una parentesi. Le crisi servono anche per crescere e cambiare.

Ritrovare l’essenziale, anche nella pastorale, significa puntare sui nuclei della vita cristiana: annuncio, eucaristia, preghiera, comunione (cf. At 2,42). Nuclei alcune volte annegati nelle dispute, nelle critiche e nei contrasti. È sempre purtroppo attuale la divisione della comunità di Corinto, biasimata dall’Apostolo, dove i battezzati parteggiavano, chi per Paolo, chi per Apollo, o per Cefa, chi… per Cristo (cf. 1 Cor 1,12-13). Magari organizzavano anche iniziative benefiche, ma poi le avvelenavano con le loro discordie e finivano per allontanare, anziché attrarre. Come faranno poi i famosi quattro capponi portati al dottor Azzeccagarbugli, i quali, benché già provati dalle scosse inflitte loro nel tragitto dall’agitato Renzo, si beccavano a vicenda, “come accade troppo sovente tra compagni di sventura”. Le energie profuse nei reciproci attacchi sono energie sottratte all’annuncio del Vangelo e alla carità. La sanificazione delle relazioni comunitarie comincia dalla lingua: più silenzio, preghiera, ascolto, servizio, e meno mormorazioni. Più accoglienza e cura degli ultimi – alcuni resi ancora più fragili dalla pandemia – e meno impegno per il “fuoco amico”. Più frequentazione dei deboli, dei malati, degli emarginati, dei poveri, e meno passione per le polemiche sterili e per gli sfoghi risentiti.

A proposito di essenzialità: la nostra diocesi sta procedendo, in maniera collegiale, a snellire qualche struttura pastorale, a ridimensionare alcuni progetti, a semplificare l’assetto territoriale delle parrocchie. Per il resto, “le incognite di questo tempo esigono che si resista alla tentazione di preparare progetti pastorali troppo dettagliati. Siamo invitati a dedicare tempo sufficiente ai consigli pastorali e ai vari organismi di partecipazione attiva per interrogarci insieme su che cosa è necessario” (Ufficio Catechistico Nazionale, Ripartiamo insieme, 3 settembre 2020). Il covid-19 ha accelerato dei processi già in atto, abbozzati nella Lettera pastorale sulla famiglia (2016-17), nelle due sulla parrocchia (2017-18 e 2018-19) e nell’ultima sull’iniziazione cristiana (2019-20): recupero delle chiese domestiche, di comunità missionarie, di catechesi esperienziali. Con le dovute integrazioni, gli orientamenti raccolti nelle quattro Lettere – frutto di  prolungati cammini sinodali – sembrano ancora validi. Per rispettare la scelta dell’essenzialità, ho scritto al posto della Lettera pastorale questa Cartolina pastorale, immaginando che nessuno reclami un testo più lungo e sapendo che tutti sono già impegnati nella ripresa delle attività parrocchiali ordinarie, che sono il tessuto prezioso e fondamentale della vita della Chiesa. Il Signore “entra per rimanere con noi”, per farci compagnia e restituirci il coraggio della speranza: questa è l’unica certezza che dà spessore e contenuto alla nostra fede.


+ Erio Castellucci

Modena, 14 settembre 2020, Festa dell’Esaltazione della Santa Croce



Categories: Attualità cattolica

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3 replies

  1. A proposito di essenzialita’ …..
    Ma perche’sprecare così tante parole?Per non dire quasi nulla se non vuoti luoghi comuni ?
    Piu’ proclamano « silenzio ed essenzialita’ , » piu’ i nostri vescovi parlano. Parlano. Parlano .Retorica. Fuffa.
    A tali profluvio retorico non corrisponde nei fatti nulla.
    A parole la Chiesa odierna e’ la migliore di tutta la storia.Nei fatti, poi…
    Non riusciranno a fare fessi i credenti ancora per molto. Parlano e parlano. Ma i loro fatti lì tradiscono .
    Il popolo di Dio non e’ così stupido da non saper né i conoscere la verita ‘dalla retorica e dalla ipocrisia.
    Attenti retori ipocriti parolai di ogni risma anche in abito vescovili. Arrivera’il redde rationem.

    • Attento tu a giudicar ipocrita chi probabilmente neppure conosci e ardire addirittura conoscere l’intenzione del cuore!

      Riferirò al Vescovo che tu preferiresti un sms per brevità, che tanto d’alto del tuo illuminato discernimento d’altro non hai bisogno!

    • Giampiero, il web è pieno di novelli pseudo Che Guevara, pronti a scendere in campo assumendosi in teoria chissà quali rischi, mentre in realtà restano ben saldi con le gambe sotto la propria scrivania.
      Tu che, come altri, hai le idee ben chiare su quello che non va ed andrebbe fatto, perché non dai l’esempio pratico a tutti ?
      Questa disobbedienza mormorante, che solo serve a dividere i fedeli (perché sia chiaro che non tutti i fedeli la pensano come te caro Gian Piero), pensi che sia di aiuto o di nocumento alla Chiesa tutta?
      Questa continua opera di delegittimazione di preti , vescovi , fino al Papa, porterà ad avere migliori preti , migliori vescovi, ed un Papa migliore, oppure altro non è che la proiezione di qualcuno circa una Chiesa ideale che mai è esistita , perché fatta di uomini, e che mai però è stata abbandonata da Dio , secondo le parole di Cristo ?
      Una chiesa eternamente vista da qualcuno come partito politico, dove le gerarchie debbono conformarsi ai desideri dei fedeli, i quali si sentono autorizzati a considerarsi migliori dei propri vescovi, senza essersi mai sottoposti ad alcun vaglio.
      Scendi orsù in campo, rifonda la nuova ecclesia, trascina milioni di fedeli con te. Siamo tutti in attesa di novelli santi che siano in grado di illuminare i cuori e schiarire le menti.
      Per ora si intendono solo comari lamentose, che fanno la rivoluzione con la critica ed il pettegolezzo e magari col gesto estremo e coraggioso di abbassarsi la mascherina chirurgica 5 minuti , ben nascosti all’ombra dell’ultimo banco laterale della navata, per manifestare il proprio coraggio affrontando senza tema il rischio, inesistente, d’esser addirittura multati, illudendo se stessi di aver lo stesso piglio con il quale durante la guerra le famiglie cattoliche nascondevano gli ebrei dalle retate naziste, rischiando la vita.
      O che, appunto, scrivono commenti baldanzosi sui blog, dove ovviamente la colpa è sempre di altri e mai la propria.

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