La profezia di Platone: l’ideologia “woke” è un disordine psicologico

“Lo sai fratello, siamo nella merda.
A proposito, come ti va?”
Zucchero Fornaciari quando ancora sapeva scrivere testi

Forse siamo di fronte, in questo afoso inizio di agosto 2020, – con una assurda UE tedesca che tenta di salvare capre e cavoli, una ridicola Italia esterofila svenduta al primo Fund reperibile rivenduto dai media come oracolo, una America in piena campagna elettorale con statue che saltano in aria, un’Africa abbandonata a sé stessa, un Sud America in “siesta” pomeridiana prima del calar del sole, un presunto problema ecologico che “ah, esiste ancora?!” e una Chiesa Vaticana che è in ferie estive – ad un articolo pressoché epocale.
Naturalmente sconosciuto ai più.

In tempi migliori temo lo avrebbero definito giusto “un ottimo scritto su cui meditare”, ma oggi sembra di leggere un NeoVangelo. Si, esagero. Eppure in questo articolo Feser riesce nell’intento di chiarire perfettamente ai lettori, la struttura della società reale moderna. Tanto che mi ci sono trovato in alcuni passaggi. E mi ci sono ritrovato con vergogna (thumos docet!).

Ma cosa scrive Ed di tanto incredibile? Nulla. Non fa che citare e spiegare per bene un filosofo, un certo Platone. Platone…mmmh, dicono essere stato uno bravo… Boh. Tant’è, Feser non fa nient’altro: spiega Platone e nel farlo capisci che Platone spiega… noi. Ops, scusate se arrivato sul fondo, inizio a scavare nel pro/fondo.

Forse, a guardare bene, anche Feser stesso non arriva a cogliere la profondità della profezia platonica. Segno che c’è davvero bisogno di nuovo di un miracolo. Ché parlare di “uomo forte” ora, dopo la traduzione di questo articolo, non me la sento più di tanto.

E allora: chi ha il coraggio di far qualcosa per l’oggi, far qualcosa “pro fondo” in cui oggi ci siamo cacciati?
Voi che avete alzato la mano, leggete qui.

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L’ideologia WOKE è un disordine psicologico

Platone ci mostra chi sono i veri tiranni.

Sin dalle elezioni del 2016, per i cliché della sinistra benpensate, la chiave per comprendere l’ascesa di Donanld Trump si trova nella critica di Platone alla democrazia presente nella Repubblica. Non è del tutto sbagliato. Ma di solito si ignora il fatto che la tendenza alla tirannia che Platone attribuisce alle democrazie è una conseguenza dell’egualitarismo, relativismo morale e licenza sessuale: non esattamente “cause di destra”.

Non è che serva un grande genio per prendere alcune idee di Platone, strapparle dal contesto, e applicarle a qualche politico antipatico. Un ragionamento serio deve iniziare con la psicologia di Platone, che costituisce di fatto la base della sua filosofia politica. Si deve cioè considerare la descrizione che Platone fa dei quattro stadi attraverso i quali le menti possono essere progressivamente disordinate e i modi, paralleli a questi moti psicologici, che concorrono a creare quattro tipi di società sempre più corrotte.

Se lo si fa, risulta evidente che la più pura realizzazione contemporanea della personalità tirannica dalla quale Platone ci mette in guardia è la sinistra del cosidetto “social Justice Warrior“. Rendendosi conto di tutto questo, pian piano la gente si sveglierà. In quel momento prima si rovineranno le statue di Platone e, dopo le statue, le persone.

Anime Sane e Malate

Platone distingue tre parti principali della psiche: ragione , spirito e appetito .
Naturalmente, l’appetito comprende desideri di cibo, bevande, sesso, denaro e, in generale, qualunque cosa porti piacere. Tali desideri sono un concomitante naturale del nostro essere incarnati e in sé stessi non sono cattivi. Ciò che è male è indulgere in essi in un modo contrario alla ragione.

Or bene, la razionalità, per come la capiscono gli economisti moderni, significa massimizzare la soddisfazione di qualunque desiderio ci capiti a tiro. Decisamente Platone non ha la stessa idea. Anzi, considererebbe questa concezione della ragione come il segno di una mente corrotta. Per Platone la ragione è quella facoltà con la quale comprendiamo la natura delle cose – ciò che chiama notoriamente forme delle cose.

Ad esempio, quando capisci che un triangolo è una figura piana chiusa con tre lati diritti, ne afferri la natura (o la Forma) e lo studio della geometria approfondisce la tua comprensione di quella natura. Apprendi, ad esempio, che la somma degli angoli interni di un triangolo euclideo è uguale a due angoli retti, che la lunghezza di uno dei suoi lati è sempre più corta della somma degli altri due, e così via.

Questi sono fatti oggettivi piuttosto che artefatti soggettivati dalla convenzione umana. Per il filosofo greco lo stesso vale per la natura di altri enti: rocce e alberi, cani e gatti, giustizia e pietà, e anche “esseri umani”. Per lui esiste in ogni caso un fatto oggettivo su ognuno di questi enti che risponde alla domanda “cosa è?”. E ciò comporta uno standard oggettivo su ciò che risulta essere un’istanza buona o cattiva per ognuno di essi.

Prendiamo l’esempio del triangolo: un triangolo disegnato con i lati storti è, di fatto, un triangolo cattivo o difettoso; Oppure un albero con radici danneggiate è, in realtà, un albero cattivo o difettoso; e così via.

Allo stesso modo, accertato che la nostra natura alimenta in noi dei desideri, esiste una oggettività fattuale che determina che certi desideri siano buoni o cattivi. Ad esempio, il desiderio di mangiare sporcizia, pietre, feci, metallo o altre sostanze non nutritive (una condizione psicologica nota come picacismo) sarebbe desiderio negativo poiché oggettivamente mira ad oggetti sbagliati.

Un desiderio potrebbe anche essere mirato a enti “giusti”, ma tuttavia divenire cattivo nella misura in cui venisse seguito in modo eccessivo (ad esempio quando si eccede nel cibo o nell’alcol). Quindi per Platone, la ragione ci dice sia come soddisfare un desiderio che ci capita di avere, ma soprattutto ci dice se dobbiamo soddisfarlo – o se invece dobbiamo resistergli in quanto desiderio oggettivamente disordinato.

Platone si sta quindi impegnando in una sorta di essenzialismo. Vale a dire, sostiene che le cose hanno, per ragioni oggettive, essenze o nature. Non solo: sostiene che la ragione è in grado di conoscere queste nature e che, poiché la natura di un ente determina ciò che è buono o cattivo per lo stesso, la ragione è anche in grado di conoscere ciò che è oggettivamente buono o cattivo per l’ente stesso.

Va da sé che il filosofo respinge sia l’opinione relativista secondo la quale le categorie di “buono” o “cattivo” sono questioni di convenzione umana non oggettivabili, sia la posizione scettica secondo la quale se ci sono o meno questioni oggettive, di fatto non possiamo conoscerle.

Quindi, un essere umano razionale secondo Platone (si) concede l’appetito solo quando la ragione, guidata dalla sua conoscenza della natura umana, giudica tale concessione come buona. Ma i desideri possono essere potenti e il giudizio della ragione può sembrare debole e astratto. Quindi, come può la ragione esercitare il controllo sull’appetito?

È qui che entra in gioco la parte rimanente della psiche, lo spirito . Non esiste un equivalente di una sola parola in inglese (e italiano. ndr) per la parola greca thumos, qui  tradotta come “spirito” (o anima emozionale ndr). Ciò che Platone ha in mente è quell’aspetto della nostra natura che si manifesta in una “rabbia giusta” che si prova di fronte alla palese ingiustizia, nell’impulso di correggere quel che “non va” e nel perseguimento di ciò che è onorevole, evitando il vergognoso.

Quindi, supponiamo che un uomo veda una anziana rapinata e, sebbene spaventato per la propria incolumità, si precipita comunque in suo aiuto in riparazione all’oltraggio da lei subito. O supponiamo che qualcuno sia tentato d’andare a letto con la moglie di un altro uomo, ma si astiene dal farlo a causa della vergogna che prova al solo pensiero. Questi sono esempi di “spirito” in azione.

Sebbene la ragione comunichi all’uomo di rischiare di farsi male nel primo caso e di perdere il piacere nel secondo, l’appetito potrebbe ancora sopraffarlo se non fosse per lo spirito che lo contrappone alle emozioni associate alla giustizia e all’onore. Lo spirito è quindi l’alleato della ragione nel governare l’appetito.

Una psiche sana è quella in cui la ragione, lo spirito e l’appetito sono ordinati in questo modo gerarchico e tutti correttamente funzionanti. Più precisamente, è normale, per un essere umano che ha una corretta comprensione della natura delle cose, sentire la giusta quantità di approvazione quando la ragione gli dice che una cosa è “buona” e la giusta quantità di vergogna o disgusto quando la ragione gli dice che una cosa è “cattiva”. Lo stesso poi avrà quindi desideri naturali, moderati e concessi se la ragione li giudica per momento, luogo e modo giusti e, in un certo senso, se lo spirito li sente “onorevoli”.

Un simile essere umano mostra le virtù cardinali o le “eccellenze”: saggezza, coraggio, temperanza e giustizia. È saggio nella misura in cui il suo intelletto afferra la realtà oggettiva, coraggioso nella misura in cui non permetterà alla paura del dolore o al desiderio di piacere di deviarlo dalla strada giusta, temperato nella misura in cui i suoi desideri sono appropriati e concessi solo quando adatti, e giusto nella misura in cui ragione, spirito e appetito svolgono tutti il ​​proprio ruolo nella gerarchia.

Una psiche malsana è quella che si discosta da questo ordinamento delle cose e maggiore è la deviazione, maggiore è la depravazione della psiche. Questo ci porta alla classificazione di Platone dei tipi di società, che è ugualmente una classificazione dei tipi di anima, perché ciò che caratterizza una società è il tipo di “anima” che la domina.

Società sane e malate

La ragione, lo spirito e l’appetito si trovano in tutti gli esseri umani. Ma ognuno di noi ha una di queste caratteristiche più forte delle altre ed è questa che determina in quale delle tre classi sociali della società ideale di Platone “cade” una persona.

La stragrande maggioranza delle persone è “dominata” dall’appetito. Ciò non significa che i loro appetiti non siano governati dalla ragione e dallo spirito, ma che la ragione e lo spirito stessi vengono orientati principalmente verso la ricerca di cibo e bevande, proprietà, matrimonio e famiglia e beni materiali in generale, non verso la ricerca della saggezza e dell’onore. Essi costituiscono la classe produttiva nella città di Platone: agricoltori, commercianti, operai e così via.

Un gruppo molto più piccolo è principalmente votata allo “spirito”, hanno un temperamento che punta alla ricerca dell’onore e della giustizia. Questi costituiscono la classe ausiliaria nella città ideale di Platone, che comprende i militari e la polizia .

La classe più piccola e dominante sono i re filosofi, in cui la ragione domina così a fondo che la ricerca del vero e del bene per se stessi è il loro orientamento di base.

Non è mai abbastanza sottolineare quanto diversa sia l’idea di cosa sia un “filosofo” in da quel che la maggior parte delle persone oggi pensa quando sentono questa parola. Questo accade perché la sua concezione della ragione è diversa dalla concezione dell’economista moderno. Non sta parlando di una società gestita da professori universitari di ruolo della classe media e neppure ha in mente pensatori che aderiscono ad un qualsivoglia vecchio sistema filosofico.

Sta parlando dei filosofi platonici (appunto) cioè di coloro, in particolare e tra le altre cose, che sono impegnati nell’essenzialismo e che si oppongono al relativismo, allo scetticismo e alle dottrine alleate.Sta parlando di un’élite attinta dalla classe ausiliaria e tenuta in un regime così fisicamente, intellettualmente e moralmente esigente che nessuno propenso a una vita di facile possesso ne sarebbe capace o addirittura ne risulterebbe interessato.

È noto che i custodi della società ideale di Platone (che comprendono insieme la classe ausiliaria e i re filosofi) vivono insieme e sono loro proibiti coniugi, famiglie e proprietà private. Questo non è socialismo, che nel mondo reale si impone come austerità alla maggioranza mentre i sovrani vivono come capitalisti. Al contrario, nella città di Platone alla maggioranza – la classe produttiva – sono concessi la libertà, i benefici materiali e la vita familiare ordinaria che viene negata all’élite.

L’egualitarismo delle classi custodi è quello della caserma militare o del monastero, imposto solo ai pochi perché solo pochi sono in grado di sopportarlo. Il suo scopo è quello di impedire ai tutori, per quanto possibile, di avere un interesse personale o materiale nella politica governativa, in modo che siano guidati solo da motivi disinteressati.

Per i fini del nostro scritto, ciò che conta non sono i dettagli della società ideale di Platone, ma piuttosto la sua idealizzazione di una certa concezione della ragione, sia nell’individuo che nell’ordine sociopolitico. Come sosteneva il filosofo della metà del XX secolo John Wild , Platone resta essenzialmente il fondatore della tradizione della legge naturale nell’etica occidentale.

I buoni esseri umani sono, secondo Platone, coloro nei quali il desiderio è subordinato all’ordine naturale oggettivo delle cose afferrate dalla ragione, e una buona società è governata da coloro che meglio conoscono e praticano questa legge naturale. Proprio come una psiche ordinata correttamente è quella nella quale la ragione governa gli appetiti attraverso il concorso dello spirito, così anche una società ordinata correttamente è quella in cui i re filosofi governano la classe produttiva attraverso gli ausiliari.

Maggiore è la deviazione da questo modello, più ingiusta e disordinata diventa una società e i gradi di deviazione sono paralleli ai gradi di depravazione che possono esistere in una psiche individuale. In effetti, per Platone, i tipi di società ingiusta sono definiti più che dalle loro procedure di governo, dai tipi di carattere disordinati che li reggono e che sono ammirati al loro interno.

Il filosofo ne elenca quattro, ognuno peggio del suo precedente: timocrazia, oligarchia, democrazia e tirannia.

La timocrazia è la forma sociale dominata dalla psiche, nella quale l’onore sostituisce la saggezza come fine più alto. Il carattere timocratico premia le virtù militari sopra tutte le altre, così che l’ethos degli ausiliari mette da parte quella dei re filosofi come ideale dominante. La severità spartana ne è il paradigma.

Gli appetiti sono tenuti sotto controllo nel tipo di personalità timocratica, come lo sono nel re filosofo, ma per onore piuttosto che per la ragione in quanto tale. La timocrazia comporta anche un allontanamento dal disinteresse della razionalità del filosofo-re, poiché l’eccessiva attenzione per il rispetto dell’onore timocratico, rende l’uomo altamente competitivo. Per questo motivo, Platone pensa che la personalità timocratica alla fine diventi indebitamente interessata al denaro come surrogato della realizzazione marziale. In questo modo, le timocrazie hanno la tendenza a cedere il passo alle oligarchie.

L’oligarchia è il primo di tre regimi degenerati in cui l’appetito arriva progressivamente a dominare gli individui e la società, ma è il meno cattivo di essi. Il tipo di personalità oligarchica è quello in cui il denaro diventa il fine dominante. Gli appetiti prendono così il sopravvento sia sulla ragione che sullo spirito.

Tuttavia, poiché l’acquisizione della ricchezza richiede tempo e disciplina, anche l’uomo oligarchico pone dei limiti ai suoi desideri. Gli ideali timocratici di onore e coraggio cedono l’onore delle armi, sostituiti da virtù borghesi come la parsimonia, il duro lavoro e la preoccupazione per la rispettabilità.

Ma i soldi non bastano mai per soddisfare i desideri, soprattutto quelli più bassi. Come se stesse descrivendo la recente storia finanziaria americana, Platone ci dice che gli oligarchi inevitabilmente non possono resistere nel cercare sempre più profitto, per soddisfare i desideri frivoli e immorali dei giovani, e nello sfruttare la follia di coloro che sono disposti a sostenere debiti sempre più ingenti. Anche i loro figli diventano viziati, schiavizzabili, oziosi e sregolati.

“L’amore per il denaro e un’adeguata autodisciplina nei suoi cittadini sono due cose che non possono coesistere in nessuna società”, afferma Platone. I ricchi e i poveri non hanno alcuna preoccupazione di essere eccellenti, ma solo di far soldi. Facendo appello a una metafora di insetto, Platone afferma che una classe di “mosche” indisciplinate e mutevoli sorge in questa decadenza, dominata da “desideri inutili” come un eccessivo interesse per il sesso e il gusto per “una dieta varia e lussuosa”. (Un miscuglio di teppisti, scambisti e “buongustai”, per così dire.) In questo modo l’oligarchia tende a lasciare il posto alla democrazia.

Il Dēmos e i suoi demoni

La prima cosa da tenere a mente per comprendere l’analisi di Platone sulla democrazia è che non si occupa principalmente di questioni procedurali, come il modo in cui le persone vengono elette o le politiche decise. Ciò che gli interessa, ancora una volta, è il tipo di personaggio che predomina in una società.

Con il termine “democrazia” Platone ha in mente una società libertaria ed egualitaria in cui “ogni individuo è libero di fare ciò che gli piace”. Le restrizioni borghesi sull’appetito scompaiono, così che i desideri vengono controllati solo da desideri concorrenti piuttosto che dalla ragione, dallo spirito o persino dalla solidità della classe media dell’oligarca. La democrazia descritta da Platone è fondamentalmente ciò che la società americana (e non solo. ndr) è diventata nel ventunesimo secolo, al punto che leggere Platone quando descrive la democrazia ci fa meravigliare del fatto che egli sia tanto preciso nonostante non abbia mai avuto a disposizione una macchina del tempo.

La democrazia per Platone è caratterizzata dalla “diversità dei suoi individui” e “tratta tutti gli uomini come uguali, che lo siano oppure no”. In particolare, tratta tutti gli stili di vita come uguali, non importa quanto essi siano puerili, irrazionali o immorali.

I giovani “respingono tutte le inibizioni” e celebrano “insolenza, licenza, stravaganza e sfacciataggine”. Passano stranamente da un’attività all’altra. In un momento seguiranno solo “vino, donne e musichette”, e in seguito staranno tutti ad “acqua purissima e dieta rigorosa” (le musichette sciatte restano… ndr); un forte interesse per un “duro allenamento fisico” potrebbe lasciare rapidamente il posto ad una “indolenza e pigrizia”; oggi si dedicheranno allo studio filosofico, domani alla politica e dopodomani all’economia e alla finanza. Se qualcuno cerca di dire loro che alcuni desideri sono cattivi e dovrebbero essere soppressi, “non ascolteranno”, ma insisteranno sul fatto che “tutti i piaceri sono uguali e dovrebbero avere uguali diritti”.

Questa licenziosità ed egualitarismo diventano cosi sempre più estremi. Ai cittadini non importa nulla del carattere dei loro leader, purché adulino il popolo. Ciò produce “sovrani che si comportano come sudditi e sudditi che si comportano come sovrani”. L’autorità si disintegra. Padri e figli si “cambiano di posto” nello status sociale, “il padre ha soggezione di suo figlio e il figlio non rispetta né teme i suoi genitori”.

In generale, i giovani si contrappongono ai loro vecchi, mentre questi ultimi temono di essere ritenuti “spiacevoli o severi” e si riducono pateticamente ad “incoraggiare i giovani cercando di imitarli e avvicinarsi loro in termini di facili amicizie”. L’insegnante “teme e asseconda i suoi allievi” ma gli alunni lo disprezzano comunque. L’uomo democratico insiste sulla “completa uguaglianza e libertà nei rapporti tra i sessi” e sul disegno “nessuna distinzione tra alieno, cittadino o straniero”. Platone ci dice che la licenza è estesa anche agli animali domestici, che vagano liberamente per le strade della città democratica.

Il risultato finale è che “le menti dei cittadini diventano così sensibili che la minima traccia di moderazione è risentita come intollerabile”. Alla fine, “nella loro determinazione a non avere padroni”, i cittadini di una democrazia “ignorano tutte le leggi, scritte o non scritte”.

Questa illegalità democratica, ci dice Platone, è “la radice da cui scaturisce la tirannia”. È fondamentale capire che non è solo a causa del caos che risulta quando leggi e costumi non sono più rispettati, il che porta le persone a optare per un uomo forte che ristabilisca l’ordine, ma ha a che fare con il profondo irrazionalismo delle società egualitarie. Esse sono composte da individui non dominati dalla ragione, ne dallo spirito e nemmeno dagli appetiti più governabili dell’oligarca, quanto da appetiti inferiori, indisciplinati e accecanti come il sesso, il cibo, le bevande e il piacere erotico in generale. L’idea stessa dell’esistenza di un ordine naturale delle cose che determina che alcuni desideri siano necessariamente disordinati, e quindi ragionevolmente da proibire, diventa odiosa per l’uomo democratico.

Questo è il significato della famosa Allegoria della caverna di Platone. Gli abitanti delle caverne sono incatenati in modo tale da non poter vedere altro che immagini oscure sul muro proiettate da statue e fiamme tremolanti. Le statue sono rappresentazioni di oggetti di uso quotidiano fuori dalla grotta (cani, gatti, alberi e così via). Quando un abitante della caverna fugge e si fa strada fuori dalla caverna, scopre che ciò che lui e i suoi simili avevano pensato fosse la realtà non sono altro che immagini deboli e distorte di cose reali. Ritorna dagli amici nella caverna e cerca di spiegarglielo, ma essi lo giudicano folle e sono così offesi dalla sua critica alle loro false credenze che cercano di ucciderlo.

Ora, gli abitanti delle caverne in questa allegoria rappresentano i cittadini di una democrazia come quella di Atene all’epoca di Platone, e le ombre sul muro rappresentano il sistema di credenze illusorie delle psicologie democratiche, dominate dall’appetito e influenzate dalla retorica dei sofisti e demagoghi che li adulano e aiutano a perfezionare i loro desideri sempre più disordinati. Platone caratterizza le loro delusioni come “pesi morti” che sono “fissati su di loro da desideri irrefrenabili come la gola, che distorcono verso il basso la visione delle loro menti”.

L’uomo che fugge è il filosofo platonico che, per il modello di Platone, è Socrate. Gli oggetti nel mondo ordinario al di fuori della caverna rappresentano le forme o le nature delle cose, come inteso alla luce dell’essenzialismo di Platone. Il sole che illumina questi oggetti corrisponde a ciò che Platone chiama “la forma del bene”, che è la fonte divina delle forme. L’ostilità degli abitanti delle caverne nei confronti dell’evasione rappresenta l’ostilità dei cittadini di una democrazia nei confronti del filosofo che espone le loro delusioni egualitarie, come Socrate, assassinato dalla democratica Atene.

Platone avverte che l’arte e la musica caratterizzate da “bruttezza della forma, cattivo ritmo e disarmonia” e una cultura popolare che glorifica “cattivo carattere, cattiva disciplina, meschinità o bruttezza” fanno “danno psicologico cumulativo”, corrompendo la sensibilità morale e capacità di argomentazione razionale.

Lo stesso vale, afferma, per la preoccupazione nei confronti della ricerca del piacere, che distorce un’anima verso la “frenesia e l’eccesso”, “la violenza e l’indisciplina”, e avverte che ciò è particolarmente vero per il piacere sessuale. La cultura di una società sana deve di conseguenza celebrare ragione, bellezza, bontà e moderazione. La formazione impropria del carattere produce ciò che Platone chiama “misologia” o odio del discorso razionale, generando cittadini “inutili per discussioni ragionate e con una dipendenza totalmente animale a sistemare tutto usando la forza bruta”.

Il parallelo di questa descrizione alla moderna cultura pop americana è ovvio e solo i dettagli devono essere aggiornati. Le pareti della grotta di Platone sono state sostituite da telefoni cellulari che trasmettono Netflix e pornografia, e la misologia ora si manifesta nei mob di Twitter e nel motto “cancella la cultura” anziché nella cicuta del carnefice (per il momento, almeno).

Tirannia, il palco è a sinistra

Platone propone un meccanismo attraverso il quale la democrazia si trasforma finalmente in tirannia. Ci dice che la classe parassitaria dei “mosconi” di cui sopra, che si sviluppa sotto la tarda oligarchia e la democrazia può essere divisa in due sottoclassi, gli insetti che pungono e quelli che non pungono. Quelli senza pungiglione sono gli attaccanti passivi, mentre gli altri sono il gruppo più cattivo, aggressivo e incline a mescolare il resto alla sedizione. Pensa al classico wokester della classe media superiore, con un bel debito contratto per un inutile diploma universitario in studi sulla lamentela, la cui idea di fare finalmente qualcosa nella vita sua vita è firmare con Antifa o Bernie Bros.

Il secondo gruppo che ha un ruolo nella transizione verso la tirannia, ci dice Platone, sono i ricchi, che hanno il terrore di essere accusati di “complottare contro il popolo ed essere reazionari e oligarchi”. Di conseguenza, pagano la classe dei mosconi. Pensa alle lobby che puntano alla correttezza politica e firmano assegni su assegni per finanziare varie cause di sinistra. Un terzo, ultimo e più grande gruppo sono le masse, che non prestano molta attenzione alla politica ma sono felici di prendere una parte di tutto ciò che i mosconi estraggono dai ricchi.

Questo accordo di pagamento è instabile e attende l’ascesa di un moscone con il pungiglione tanto spietato da andare subito al sodo e intraprendere una “guerra di classe contro i proprietari di proprietà”. Questo è il tiranno, e il tipo tirannico di personalità è un’estensione del tipo di personalità democratica, portando a pieno compimento la sua caratteristica illegalità.

Platone lo descrive come un completo libertino che “combina le caratteristiche dell’ubriachezza, della lussuria e della follia” e viene consegnato alla criminalità e alle “feste stravaganti, alle orge, al sesso e così via”. Governa con “esili, esecuzioni, accenni di cancellazione di debiti e ridistribuzione della terra”. In lui le ultime deboli remore dell’uomo democratico verso gli appetiti scompaiono del tutto. Il tiranno, dice Platone, è talmente “perso nei sensi e nella vergogna” da non possedere “tabù” tanto che “nessun omicidio, per quanto terribile, sarà per lui un problema”; egli sarà incline a un “desiderio terribilmente bestiale e immorale, che si manifesta in particolare nei sogni “, come” tentare un rapporto … con una madre o con chiunque altro, uomo, bestia o dio “.

La sua criminalità non sarà controllata nemmeno dalla riverenza filiale, tanto che potrebbe commettere anche un “parricidio” pur di accedere alla tirannia. Non solo, se la gente non si sottometterà a lui, “punirà il suo paese, se può, proprio come egli ha punito i suoi genitori”. Platone lo descrive come il “più infelice di tutti gli uomini”, “invidioso, inaffidabile, ingiusto, senza amici e senza Dio”. Non ha veri compagni ma solo alleanze con altri criminali suoi simili.

Nonostante la volgarità e l’egotismo di Trump, nonostante cioè il populismo e l’erosione del decoro siano considerabili parte attiva della sua ascesa, è ridicolo vedere in lui un tiranno platonico. Un tiranno accoglierebbe con favore il blocco COVID-19 come mezzo per garantire un maggiore controllo sul popolo; avrebbe reagito alle rivolte imponendo la legge marziale invece di parlare attraverso Twitter.

No, in questa faccenda la tirannide di stampo platoniano – l’amaro rivoluzionario datosi al libertinismo, il disprezzo della ragione, la guerra di classe e l’espropriazione dei ricchi, senza lealtà verso l’eredità dei suoi genitori o del suo paese – la troviamo, ovviamente, dalla parte dei nemici più rumorosi di Trump: il movimento woke.

Mentre Trump confina la sua “tirannia” in discorsi trash, gli esponenti della sinistra SJW fanno la guerra alla polizia, bruciano aziende, rovesciano i monumenti, prendono il controllo di blocchi di città, opprimono i dissidenti in silenzio dove possono, e se non possono, ne distruggono spietatamente la reputazione e il sostentamento. Il tutto in nome di un programma “intersezionale” di socialismo e liberazione sessuale radicale.

Ma avere una società dalla personalità di tipo tirannico è una cosa, imporre una tirannia reale è un’altra. Quel che resta da vedere infatti è se vi sia, tra le orde “risvegliate”, qualcuno con la combinazione di talento e spietatezza tali da poter prendere il controllo dell’apparato governativo, e se la massa della società sia andata troppo oltre la soglia della decadenza per resistere. Anche ora la prospettiva di un tiranno americano di stampo platonico appare inverosimile, ma, come tante altre cose in questi tempi bizzarri, non così inverosimile come sembrava solo pochi anni fa.

La classificazione di Platone dei tipi di personalità e dei regimi è un’idealizzazione. Egli non pensava che tutte le società del mondo reale corrispondessero esattamente a qualcuna delle sue categorie. Le società reali tendono ad essere un mix delle tendenze descritte, anche se una tendenza o l’altra tende spesso a predominare. E’ inevitabile la transizione da un tipo di società a un tipo più degenerato. Forse non siamo così vicini al limite come sembra; e forse, anche se ci siamo vicini, possiamo ancora ritrarci.

Ma tutto questo richiederebbe un risveglio delle braci della ragione e queste sono deboli. Platone descrisse i filosofi del suo tempo per lo più come “inutili” e “furfanti”, corrotti dal sofisma e dalla pressione dell’opinione pubblica egualitaria.

Intimidito dagli elementi più aggressivi della folla, l’intellettuale in una società democratica è “sommerso dall’ondata di elogi e critiche popolari, e portato via con il flusso fino a quando non si trova d’accordo con le idee popolari in ciò che è ammirevole o vergognoso, arrivando a comportarsi come la folla diventandone uno di loro.” Come per attenersi a questa profezia platonica, un egualitarismo radicale e intollerante ha spazzato via l’intellighentia americana – l’accademia, il giornalismo, le arti e la cultura popolare – sottoponendo i suoi leader a bullismo continuo con le più infondate accuse di bigottismo.

Platone afferma che ci vorrebbe un “miracolo” o una “divina provvidenza” per evitare che i filosofi vengano corrotti in tali circostanze e che anche solo un “residuo molto piccolo” resisterà. Come indica l’esecuzione di Socrate, questa resistenza potrebbe anche sembrare futile nel breve periodo. Ma i suoi effetti a lungo termine sono importanti. Oggi, solo pochi studiosi conoscono i nomi dei persecutori di Socrate. È il suo più grande studente, Platone stesso, che ricordiamo.

Edward Feser



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2 replies

  1. Ovviamente Platone è profeta, in quanto ben vediamo quanto descriva la situazione attuale negli USA ma anche quella, persino peggiore, che abbiamo in Europa.

    In realtà, con questo articolo, Feser offre alla nostra riflessione il “trucco” per essere profeti che non è indovinare il futuro (che non esiste) ma è quello di ben capire l’essenza delle cose sia in atto che in potenza, atto e potenza essendo ben reali, come lo dimostra in meccanica quantistica il paradosso/esperimento di Wheeler.

    Se ben capiamo l’essenza di un oggetto materiale o spirituale, ne comprendiamo l’atto/gli atti la potenza/le potenze e con questo siamo capaci di leggere la situazione circostanziale nella quale siamo: le quattro dimensioni di regalità filosofica, di moralismo “timico”, di pendìo sensualistico-bonista, di violenza tirannica sono le potenze che costituiscono la realtà di ogni individuo e di ogni comunità, l’atto nel quale questi e queste si realizzano ci danno la situazione attuale, il passare da una attualizzazione ad un’altra essendo affare di volontà o di circostanze esterne, ad esempio lo scontro con altre civiltà.

    Il pendìo che va da una società che si muove da moralismo, a degradazione morale, a tirannia del più forte e del piû degradato è, in verità, una legge ancora più ineluttabile che Platone suppone in quanto noi cristiani sappiamo che noi stessi e le società nelle quali siamo sono schiavi del peccato originale e delle sue conseguenze: niente potrà mai salvare una società che decade se non un intervento a lei esterna, come ad esempio l’intervento di un’altra realtà sociale (nazione etc) che le permetta di trasformarsi o, per noi credenti, che abbiamo visto Ninive convertirsi, per intervento divino.

    Come si deve, per semplice realismo, come ben dobbiamo renderci conto che ci sono persone che si dannano per l’eternità nel quadro della loro più o meno ristretta libertà, così anche dobbiamo anche accettare che ci sono popoli che si condannano e dobbiamo essere capaci di dire “amen”, “così sia”, e. malgrado ciò, andare avanti nel nuovo contesto che si profila e da “re filosofi” fin da adesso a livello personale, a quello delle nostre famiglie e delle comunità di cui siamo direttamente in carica.

    Il fondo della questione non è “cambiare le cose”: ma è, con decisione, scegliere, tra tutte le potenze nelle quali il nostro essere si può attuare, quella che ci permetterà di essere “re filosofi” di noi stessi e delle nostre famiglie e delle nostre comunità, cioè sviluppando le nostre virtù di temperanza (che si oppone direttamente al pendìo sensualistico-bonista), di prudenza, di coraggio e di giustizia (che si oppongono al moralismo “timico” e alla violenza tirannica) . E farlo fin da adesso, senza piagnucolare.

    È tempo per i “buoni” di aiutarsi a vicenda su questo cammino al più presto: il più si tarderà e anche gli “eletti” potrebbero andare perduti, se questo fosse possibile (Christus docet).

    In Pace

  2. Un altro aspetto interessante è applicare questo sguardo che va direttamente all’essenza delle realtà sociali alla Chiesa stessa in quanto comunità umana: e questo ci aiuterà a capire cosa succede.

    Anche la Chiesa è composta, alla stessa stregua che gli esseri umani di cui è composta, e delle società umane di cui è un elemento, da queste potenze e le attualizza in funzione della santità dei Suoi membri.

    Ad esempio, lo scisma e l’eresia protestante è l’espressione della dimensione “timica” dove la morale diventa come la “ragione” la più alta per essere un cristiano: questa deviazione penetrò nel corpo stesso ecclesiastico tramite il giansenismo e vi permane tuttora. Ancora oggi, dai scranni i pù alti per essere salvati dobbiamo agire bene, eticamente, ecologicamente: in modo apodittico tipicamente kantiano, in quanto valore in sé.

    La “Grande Apostasia” dell’occidente cattolico è avvenuta formalmente alla fine degli anni sessanta, inizi degli anni settanta, e perdura finora: il rigetto della cooperazione all’opera creatrice di Dio, accettando contraccezione (divorzio, ed in seguito aborto, eutanasia, manipolazioni genetiche, confusione sessuale, etc). Lì la Chiesa occidentale, in quanto istituzione umana, ha insegnato nei fatti, che tutto si vale, che peccare o non peccare non importa, Dio è bbbbuono, che tutto va sempre bene, che tutti si salvano, che bisogna ricercare prima di tutto il benessere individuale e sociale anche a costo di compiere nessun apostolato, di non convertire nessuno, di sottomettersi al “Woke” piedi e mani legati, e questo fino all’ultimo fuoco di Paglia sulla pandemia pubblicato una settimana fa e che non contiene assolutamente nessuna sostanza.

    La tirannia violenta contro chi cerca di vivere come la Chiesa cattolica (quella Corpo di Cristo, non la mera realtà umana gerarchica) comanda è sotto gli occhi di tutti specialemente in questi ultimi tempi : è una gerarchia in maggioranza omossessualista nella sua ideologia, senza verticalità e spiritualità ma che impone sfacciatamente al popolo della Chiesa, già smidollato dalla propria apostasia e dalla sua sottomissione alle idee mondane, comportamenti e nuove abitudini che lo condurrà senza falla alla dannazione eterna che già vivono, incapaci come sono di vedere nelle prove della vita, malattia, ingiustizie ed infortuni, compresa la morte, la carezza amorosa di un Dio che li chiama a sceglierLo per davvero (e non solo in quanto leoni da tastiera).

    La Chiesa cattolica ha un vantaggio sulle altre società umane e cioè che non sarà mai distrutta completamente, anche se il SIgnore si pone la domanda se ci sarà una sola persona avente ancora la Fede al Suo ritorno. Però in quanto realtà umana, Essa può subire trasformazioni esogene potentissime come lo constatiamo adesso o quando pensiamo alla fine che ha fatto l’Anatolia, un tempo centro del cristianesimo mondiale.

    La forza della Chiesa risiede nella Sua capacità endogena, in quanto fondata sul Cristo stesso, a germogliare anche quando il tronco sembra tagliato: anzi soprattutto quando sembra segato via. Ed i germogli possiamo essere noi, già da adesso, e possiamo essere potentissimi in quanto più vicini alle radici e alla linfa che queste producono: e queste radici sono, ovviamente, sul piano umano le quattro virtù cardinali e su quello divino le tre virtù teologali.

    In Pace

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