Finalmente! Nuovi Prefazi E Santorale Aggiornati Per La Forma Extra-Ordinaria

Sacerdote che rappesenta il Cristo, a ginocchio a destra il diacono che rappresenta il Nuovo Testamento e a ginocchio ancora più indietro il sottodiacono che rapprenta l’Antico Testamento

Già nell’ormai lontano 31 agosto 2013 avevamo espresso in questo stesso blog il nostro carissimo desiderio che l’Autorità ecclesiastica si adoperasse per fare evolvere la forma straordinaria nella direzione che la Sacrosantum Concilium ha desiderato …. : vuol dire, oggi come oggi, … modificare temporale e santorale del messale del 1962 allineandolo su quello della forma ordinaria, cosicché il problema principale dello iato tra i praticanti delle due forme sia superato e si permetta un sentire cum Ecclesia facilitato“.

Da ieri, 25 marzo 2020, una parte importante di questa nostra speranza si è finalmente realizzata.

Due decreti sono stati emessi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede: il Quo Magis che introduce l’uso possibile di sette addizionali prefazi facoltativi, di cui quattro provenienti dal missale della forma ordinaria dell’unico rito romano con origini liturgiche antiche mentre le altre tre erano usate già prima dell’ultima riforma liturgica in Francia e Belgio; il Cum Sanctissimaper adempiere il mandato dato da Papa Benedetto XVI di facilitare la celebrazione, nella forma extraordinaria del Rito Romano, dei santi più recentemente canonizzati. Infatti, essendo il santorale della forma extraordinaria determinato dai libri liturgici vigenti nell’anno 1962, i santi canonizzati dopo quell’anno ne erano esclusi.” (estratto dalla nota esplicativa che l’accompagna)

Con estrema saggezza in quest’ultimo decreto “…. è parso opportuno non occuparsi di taluno o talaltro dei santi più recenti, bensì porre un principio generale che consente la possibilità di celebrare, nel quadro normativo d’insieme della forma extraordinaria, e quando il giorno liturgico lo permette, anche qualsiasi santo canonizzato dagli anni sessanta in poi, nel giorno della propria ricorrenza liturgica.”

Intendo rigraziare pubblicamente S.S. il Papa Francesco (come avevo già fatto nel 2017 per il suo Magnum Principium) per aver permesso questa evoluzione necessaria e profetica: nella versione francese di VaticanNews (ma non appare in quella italiana qui) vi è scritto chiaramente che “Le pape Benoît XVI avait de nouveau largement autorisé la célébration du rite pré-conciliaire avec son Motu Proprio Summorum Pontificum de 2007. La liturgie selon les livres de 1962 – avec quelques mises à jour – a depuis lors été appelée “forme extraordinaire du rite romain” et elle est préférée par un nombre minoritaire mais croissant de fidèles catholiques liés par la tradition. E cioè che la liturgia secondo i libri del 1962 è preferita da un numero minoritario ma crescente di fedeli cattolici legati alla Tradizione.

Questa realtà ecclesiale, di cui considero fare parte, amante la forma extra-ordinaria dell’unico Rito Romano in obbedienza ed in unione con i Vescovi in unione con il Papa (ed è mia sincera convinzione e anche odierna constatazione, ma che si vuole, da parte, mia assolutamente non polemica) è il virgulto per eccellenza dalla quale ri-scaturirà una Chiesa rinvigorita, dottrinalmente sicura, fonte delle vocazioni sacerdotali e religiose di oggi e di domani di cui le nostre comunità ecclesiali hanno ed avranno sempre più bisogno.

Questo è un giorno di festa per la Chiesa Cattolica e rendiamone, riconoscenti, grazia allo Spirito Santo che rinnova in Lui tutte le cose.

In Pace



Categories: Attualità cattolica, Liturgia e Sacra scrittura, Simon de Cyrène

2 replies

    • L’articolo è interessante in quanto illustra la complessità e la delicatezza delle decisioni in questo campo.

      Sul fondo non concordo con le sue legittime opinioni ad esempio quando afferma : ” io mi dichiaro, e mi sono sempre dichiarato, assolutamente favorevole, anzi, sostenitore della necessità di una riforma del rito antico, nel senso letterale della parola, per ricondurre cioè il rito alle sue forme più pure, snellendolo dagli interventi non del tutto felici degli ultimi secoli, e ripristinando la varietà rituale tradizionale omologatasi spesso per eccessivo zelo non desiderato certo da Pio V nei decenni immediatamente a lui successivi. “

      Infatti non vedo proprio preché si debba ricondurre un rito alle sue forme “le più pure” come petizione di principio, per poi dover ammettere nella frase seguente che è meglio soprassedere a questa riforma visto i tempi che corrono.

      La liturgia essendo, proprio anche etimologicamente, un’attività popolare al servizio pubblico niente mi pare obblighi ad un ritorno a presunte forme “più pure“, che, a parte l’Ultima Cena stessa, non hanno mai esistito di per sé: la nozione stessa di purezza in questo contesto mi sembra solo essere materia ad opinione ed ideologia nella sue varie definizioni.

      Il mio parere è che la liturgia è il modo stesso che ha il popolo di rendere grazie a Dio e nel caso che ci interessa della messa cattolica, il modo proprio con il quale Cristo Stesso rende grazie a Dio: non c’è quindi tanto una nozione di purezza quanto di visibilità nel senso di leggibilità. Più la liturgia esprime la perfezione di questo Sacrificio più compie il suo ruolo “popolare”. Non c’è dubbio alcuno che la riforma paolina, nella pratica della sua applicazione, nasconde in parte il Sacrificio a profitto di una malintesa azione comunitaria da parte del clero da 50 anni in qua.

      L’approccio sano è di ricominciare dalla forma del rito romano che meglio, oggi come oggi, esprime questa realtà sacrificale, che la Chiesa riconosce e che gli permettere di evolvere organicamente lì dove la Chiesa, cioè le comunità concrete che la celebrano con amore e fedeltà, desidera che evolva.

      Direi quindi che il “segreto” della qualità di una liturgia sia un’evoluzione organica oggettiva. e non nozioni di purezza alquanto soggettive. Tanto, se un sacrificio non è in soave odore a Dio, la comunità che la pratica è condannata alla sterilità e alla sparizione dalla storia: non abbiamo di che proccuparcene oltre misura.

      In Pace

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