Messiah: Verità O Precisione?

Una serie intitolata Messiah, appena lanciata su Netflix, sta facendo scorrere molto inchiostro al punto di essere vietato in Giordania e condannato dalle udienze musulmane (qui) : nel nostro blog la useremo come alibi per una riflessione più alleggerita di un mio commento del post precedente circa le nozioni non opposte, ma neanche sovrapponibili, di verità e di precisione. Ovviamente se non avete visto la serie, e non ne desiderate alcuna anticipazione, meglio vale non leggere, per ora, queste righe.

Questo nuovo “thriller” rassomiglia nei suoi tratti generali ad un’altra serie che ebbe molto successo a suo tempo, intitolata Homeland (qui): nei due casi abbiamo una persona che viene dal mondo musulmano e che si introduce negli Stati Uniti e dove lo spettatore è lasciato nel dubbio di sapere se essa è genuina oppure se è un pericoloso terrorista con motivazioni politico-religiose; nei due casi abbiamo una donna dalla psicologia problematica, membro dei servizi segreti, che è convinta che il personaggio sia un impostore ma è, al tempo stesso, come affascinata dallo stesso; nei due casi la cooperazione-competizione tra i servizi americani e israeliani giocano sempre un ruolo “chiaro” ed “intelligente”; nei due casi la prima stagione finisce lasciandoci nel dubbio.

Il personaggio principale si fa chiamare Al-Masih, il Messia, e sembra sorgere da nessuna parte ma è capace di attirare folle che lo seguono attraversando il deserto per entrare, letteralmente, nella Terra Promessa, Israele; ma egli è anche capace di apparire durante fenomeni naturali straordinari come un tornado che distrugge un villaggio americano intero oppure di camminare sull’acqua in un luogo pubblico davanti a migliaia di testimoni ; infine dopo un crash di aereo è capace di sopravvivere come se nulla fosse e di risuscitare dai morti proprio due dei suoi persecutori.

In controparte l’inchiesta della C.I.A. scopre che Al-Masih è figlio di padre ebreo e di madre cristiana, orfano abbastanza giovane, avendo vissuto assieme al fratello con uno zio prestidigitatore e imbroglione, in realtà molto intelligente e avente scritto un libro sul caos sociale come fonte di rinnovamento, già con antecedenti all’ospedale psichiatrico in quanto fin da più giovane si riteneva essere il messia ed, infine, con contatti con la (cattiva) Russia.

La capacità che al-Masih ha di citare il Corano in arabo, le Scritture in ebraico ed in inglese, girando i due testi religiosi per porsi lui stesso come il messia è stato percepito da molte comunità islamiche come blasfematorio ed è la causa di certe condanne come già citato più sopra.

Le domande che si pongono, spesso in modo confuso, gli spettatori sono possibilmente tre: è al-Masih il Messia che è tornato come promesso nelle Scritture? oppure è l’Anticristo ? oppure è un impostore con fini politici venuto per sovvertire l’ordine stabilito?

A favore della terza tesi ci sono gli antecedenti del personaggio, ma durante lo svolgimento della serie, anche se vi sono affermazioni del tipo che “si può far sembrare che qualcuno cammini sull’acqua“, concretamente non è mai mostrato come lo avrebbe fatto in quel contesto pubblico; oppure non si spiega come al-Masih sarebbe stato concretamente capace di così ben conoscere i suoi interlocutori dei servizi segreti americani o israeliani al punto di svelarne tutti i segreti personali; oppure non ci si dice come avrebbe potuto sopravvivere ad un crash aereo; e così via di seguito. Mai è mostrato come tali truffe ed inganni avrebbero potuto essere montati ma solo ci si limita a tentare di discreditare il personaggio in questione.

A contrario, quel che le immagini ci mostrano sono avvenimenti che hanno almeno l’apparenza di essere miracolosi, come quelli già citati qui sopra: è allora lui un messia o un anticristo, compie lui miracoli o prodigi? Come distinguere con gli elementi cinematografici della serie, per defizione manipolazioni di quel che dobbiamo e non dobbiamo sapere per i fini della tensione che ogni buon thriller ha da mantenere al costo di essere un fiasco risibile?

È vero che al-Masih è capace di metter in moto migliaia di palestinesi verso la Terra Promessa, Israele, attraverso il deserto, ad immagine di Mosé : ma mentre a Mosé non è stato dato di entravi per volontà di YHVH e questo fu concesso solo al suo popolo dopo la sua morte, all’opposto, in questo caso, al-Masih entra nella Terra Promessa ma lascia il “suo” popolo fuori, da solo, aldilà del filo spinato, popolo che in seguito, deluso dopo una lunga attesa, se ne ritorna nel deserto in preda di chi gli propone soluzioni violente.

È vero che, tale un Elia, egli appare in un tornado per, apparentemente, salvare una ragazza epilettica in un villaggio nel mezzo del nulla americano, ma in realtà tale cittadina è completamente distrutta e se i suoi seguaci, dopo un viaggio fino a Washington, lo vedono camminare sull’acqua, nessuna persona buona sofferente che gli chiede guarigioni è miracolata mentre , invece, tutte finiscono morendo per causa della loro malattia, oppure nella disperazione o nella vergogna.

Al contrario, al-Masih non esita a far risorgere dai morti, dopo il crash aereo da cui ne esce misteriosamente indenne, due criminali israeliti membri dei servizi segreti, ma non risuscita i membri dell’equipaggio ; in un altro episodio non esita ad ammazzare con un colpo di fucile un cane irrecuperabilmente ferito davanti ad un bambino; o, ancora, non esita a dare consigli ai suoi più prossimi seguaci tali che li condurranno verso estremi che essi non possono assumere con successo.

La dottrina di al-Masih insegna che tutte le religioni, in particolare quella islamica ed il cristianesimo, sono volute da Dio, mentre egli stesso non è mai visto in ginocchio a pregare o adorare, ma rimane sempre ritto, capace di stare per ore in una posizione da yoghi; al-Masih sembra non voler mai indicare una direzione futura ma solo pretende mettere in moto processi temporali che si sviluppano secondo le proprie loro stesse intrinseche dinamiche ma che gli permettono di occupare nuovi spazi e aumentare il proprio potere sulle persone : quella di al-Masih è quindi una specie di religione sincretista che si propone non senza qualche forma di teismo illuminista.

Che al-Masih non sia il Messia è quindi dato per definitivamente scontato alla fine della prima stagione: la questione che rimane aperta è sapere se lui è l’Anticristo o un manipolatore di genio come lo fu Nicholas Brody in Homeland. Vedremo come gli sceneggiatori ci rigireranno la frittata nelle prossime stagioni.

Quel che è interessante è notare, appunto, come questi sceneggiatori trattano della problematica del miracolo, del prodigio, dell’inganno in modo da coinvolgere credibilmente noi spettatori.

La serie in realtà riprende tanti miracoli della vita di Gesù che sarebbero come replicati in modo caricaturale da al-Masih e ne propone una messa in dubbio sistematica sia supponendo che essi siano pure coincidenze, sia che siano inefficaci a parte un effetto placebo immediato ma poi vanificato , sia che possano essere l’oggetto di prestigi e manipolazioni, sia che i testimoni dell’avvenimento presunto miracoloso non siano attendibili e sovrinterpretano in realtà quello al quale hanno assistito : in pratica però mai ci è mostrato come funziona concretamente l’inganno. Però il dubbio si installa con le rivelazioni sul passato di al-Masih che peraltro egli stesso non rinnega ma assume: la macchina del fango è proposta come strumento di discernimento.

In fin dei conti è con quel procedimento che gli ebrei, fin dai tempi stessi di Gesù, tentaroro di sminuire il vero Messia: non potendo andare contro la realtà di fatti miracolosi, apodittici per natura, si chiedevano se nulla di buono poteva mai venir fuori da Nazareth, oppure se quel che Gesù faceva era manipolazione e magia satanica senza, ovviamente, mai essere capaci di mostrarlo.

Perché qui risiede la questione: se è un miracolo, esso scampa ad un’analisi sottomessa alla precisione dei dati, in quanto intrinsecamente apodittico e non misurabile, mentre invece, se è truffa ed inganno, esso può essere messo al vaglio di una falsificazione basata appunto sulla misura e quindi la precisione.

Un miracolo è l’espressione di una realtà apodittica che lo spirito umano, illuminato dallo Spirito Santo, riconosce come vera, misteriosa quindi sempre da riscoprire più profondamente: ad esempio la Risurrezione, ma anche la transustanziazione delle Speci durante il Santo Sacrificio. Il S.S. Concilio di Trento ha voluto definire il momento preciso quando essa avviene cioè pronunciandone le parole, ed era nelle Sue competenze di farlo e ben ha fatto a farlo, ma, oggettivamente, di per sé non ci sarebbe alcun bisogno di definirlo in quanto la descrizione di quel che è necessario compiere è sufficiente anche senza entrare nella problematica del momento preciso, delle percentuali di vino e di acqua e delle posizioni astrali, o in altri dettagli del come e del percome: ad esempio presso i nostri fratelli ortodossi o di di rito orientale non c’è questa preoccupazione della precisione che è, in fin dei conti, molto rinascimentale.

La vita e la verità non hanno nessuna dipendenza dalla “precisione”: porsi domande dello stile di sapere se qualcuno che ha peccato dieci anni o dieci minuti o dieci millisecondi prima di morire possa essere salvato, è incongruo rispetto alla natura delle cose e che nulla ci dice sulla verità della salvezza dell’anima in questione.

Il prodigio o la truffa hanno invece bisogno di una “ricetta” , di un come e di un quando, e di un’estrema precisione per la loro messa in opera, in quanto essi devono esprimere non la realtà bensì l’inganno, sono i frutti dell’ingegno umano e, quindi, oggetto potenziale di discorso scientifico: per smontarli bisogna usare di ancor più precisione in quanto, dopottutto, chi di spada ferisce, di spada perisce.

In Pace



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20 replies

  1. Non ho visto la serie, ma questo spunto di attualità merita di essere taggato come si deve! Ci penso io ai metatag di wordpress, intanto grazie SImon. Dopo ti leggo!

  2. A me la serie è piaciuta.
    “Il confine,” dice al giudice, ” è un concetto inventato da coloro che sono fortunati per tenere fuori quelli che lo sono di meno”.

    E Trump muto. 🙂

  3. Premessa la seguente distinzione:
    https://www.amicidomenicani.it/qual-e-la-differenza-tra-miracoli-segni-e-prodigi/
    alla Transustanziazione io credo per atto di fede, ai segni conosciuti come « miracoli Eucaristici » io credo per analisi razionale delle spiegazioni possibili;
    alla Resurrezione io credo per fede nelle parole di coloro che, dopo aver visto Gesù morto, lo hanno visto vivo, alla formazione miracolosa della Sindone io credo perché, mentre la scienza ha specificato in cosa consista l’immagine, non riesce a spiegare come si sia formata.

  4. Solo oggi ho potuto mettere la mano alla correzione dei tantissimi i refusi: purtroppo avevo pubblicato per errore ma ieri esssendo stata una giornata campale non ho avuto il tempo di occuparmene.
    Vi prego di scusarmi.
    In Pace

  5. @Simon
    Letto a apprezzato il topic. Però c’è un punto che non mi è chiaro
    “La vita e la verità non hanno nessuna dipendenza dalla “precisione”: porsi domande dello stile di sapere se qualcuno che ha peccato dieci anni o dieci minuti o dieci millisecondi prima di morire possa essere salvato, è incongruo rispetto alla natura delle cose e che nulla ci dice sulla verità della salvezza dell’anima in questione.”
    Questo sarebbe vero se la Chiesa non avesse “precisamente” insegnato che chi muore in stato di peccato mortale va certamente all’inferno. Donde la necessità teologica (per chi è interessato) di capire se e come chi ha peccato un secondo prima della morte possa salvarsi, sapendo con altrettanta precisione (perché precisi sono gli insegnamenti dogmatici della Chiesa in materia) che:
    1. La teoria dell’opzione fondamentale (che “risolverebbe” quel problema) è eretica.
    2. La teoria di un possibile pentimento DOPO la morte (cosa diversa rispetto anche solo ai millisecondi prima che l’anima si separi dal corpo, opinione teologica questa temibile, e infatti la modalità di amministrazione dell’Ultimo Sacramento la dice lunga, vedere qui https://catholicnewslive.com/story/565130 ) è eretica.
    Quindi pur concordando con te sull’argomento generale faccio fatica a vedere come si applichi su questo punto a meno che, citando il link inglese di cui sopra
    “In Sabetti-Barrett I found [……..] In a nutshell, this says that if in most cases a person dies suddenly of natural causes then there is probably still some life remaining after the last breath. In the case of a slow death from illness it may remain for a few minutes maybe six or, according to some experts 30 minutes. (See how the authors are divided… auctores scinduntur.) In the case of a sudden death some life might remain longer, even perhaps to the point of putrefaction. If a priest finds the person and he is morally certain that he is there in the time that life could still be present to some extent he can and indeed ought to anoint, but conditionally. In the case of illness the author thinks that a half hour is the length of time that the priest has to get there after apparent death from illness and one hour in the case of sudden death. If, after that time but before corruption sets in, he can anoint. ”
    Non si ammetta che non possiamo essere “precisi” su questo argomento semplicemente perché la Chiesa non ha “precisamente” definito in quanto tempo la morte intesa come separazione dell’anima dal corpo avvenga.
    O sbaglio?

  6. Io non sono assolutamente in grado, ma sarebbe molto interessante se Simon, o qualcuno certamente più capace di me, facessero un intervento specifico sull’articolo 1033 del catechismo.
    In particolare affrontasse il tema del perchè la Chiesa sia arrivata alla determinazione che sia sufficiente un solo atto finale di peccato (mortale) non perdonato per andare all’inferno, dopo magari una intera vita virtuosa.
    Mentre infatti la bibbia ed i vangeli sono pieni della dimostrazione della misericordia di Dio a fronte dei peccati (A Sodoma sarebbe bastato un solo giusto, per salvare l’intera città di peccatori, nella vigna è sufficiente una sola ora di lavoro per guadagnare lo stesso salario di chi ha lavorato l’intero giorno, Dio lento all’ira che perdona 70 volte 7), non mi è personalmente chiaro da dove derivi questa « severità » verso chi ha un momento di follia in una vita di virtù.
    Lo dico perchè leggendo i vangeli non se ne trae questa conclusione, ed anche MT 25,31-46 parla del giudizio universale come una cosa generica, non entrando nel merito del quanto e quando.

    • Forse l’ultimo articolo scritto te ne da l’indicazione: bisognare entrare nello spazio sacro e restarci. Non è tanto una questione di peccato quanto di sacrificarsi per entrarvi.
      In Pace

  7. Proprio perchè non voglio arrivare alla conclusione che l’uomo sia per la legge, e non invece la legge per l’uomo, mi trovo un po in sconcerto leggendo il 1033.
    E’ evidente come la mia lettura sia troppo razionale e giustizialista, ma è anche evidente che essendo il CCC dedicato a tutto il popolo di Dio sarebbe opportuno che su un argomento così importante , laddove vi siano dei distinguo da fare, essi siano fatti in modo esplicito.
    Piuttosto che fare una regola sintatticamente ferrea, e poi perdere il tempo e le energie di migliaia di presbiteri per poterla meglio spiegare, forse era opportuno meglio argomentare (se l’interpretazione giusta non è quella strettamente letterale)
    Per questo non sarebbe male un approfondimento specifico solo su questo tema, così complesso ma in fondo così semplice.

    • Il 1033 in finis dice una sola: passa dall’impuro al puro, dal profano allo spazio sacro di Gesù (cioè convertiti e fai questo passo, finché sei in vita).
      Una volta morto non esisti più nel tempo e il tuo essere sarà, o non sarà nello spazio sacro della purezza che si raggiunge solo con il proprio sacrificio, la propria messa da parte di se stessi per Dio: equesto non è temporale ma è eviterno.
      Il buon ladrone fece questo passo prima di morire, Giuda se ne andò via dalla presenza di GssÙ come Adamo ed Eva da quella di YHVH, Marta era quella che più agiva ma è Maria che ha abbandonato il profano di Marta per mettersi ai piedi del Sacro.
      In Pace

    • @ML65

      Molto umilmente, un pensiero, se ti può essere di qualche aiuto al riguardo.

      Perché il peccato sia mortale (cioè tale da meritare l’inferno per chi lo compie, se non interviene pentimento) è necessario che ci sia materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.

      Ti domandi come possa finire all’inferno Tizio che dopo una vita virtuosa ha un momento di follia. Ma sei proprio sicuro che proprio quella “follia” non possa essere incompatibile con piena avvertenza e deliberato consenso, e perciò con il darsi di peccato mortale?

      Concretamente: come evitare l’inferno, come salvarsi?
      Chi vuole salvarsi deve scegliere qui e ora davvero per Dio (in questa vita, ogni scelta si compie solo qui e ora), e così facendo ha tutti i mezzi di grazia necessari alla salvezza (ossia per passare dal profano allo spazio sacro di Gesù).

      • Come in parte detto da Stanley, non è detto che si abbia il tempo di utilizzare il qui ed ora, e di prepararsi quindi alla morte rivalutando l’intera propria vita, o quanto meno l’ultimo peccato commesso.
        E’ d’altra parte fuor di dubbio che nella attuale società il concetto di materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso per alcuni peccati mortali sia decisamente sfumato.
        Chi si trovi per esempio nella situazione di rapporti prematrimoniali con la fidanzata/o ha la sensazione (sbagliata) che il suo peccato benchè grave non danneggi altro che eventualmente se stesso e la persona che volontariamente sta con lui.
        Se mentre prende coscienza del tutto, magari mentre si avvicina al matrimonio, ha un incidente stradale improvviso , a seguire il dettame del 1033 e della Verita Splendor sulla ” piena avvertenza e deliberato consenso”, egli sarebbe senza dubbio condannato. Pur magari avendo avuto una vita precedente caritatevole e piena di volontariato, o magari assistendo con amore infinito i propri genitori invalidi.
        In Veritas Splendor, infatti, GPII ci dice che per avere queste due caratteristiche non è necessario che il peccatore abbia la volontà esplicita e consapevole di offendere o fare qualcosa contro Dio, ma l’atto disordinato in se.
        Se cosi è , senza altri distinguo, l’inferno sarebbe pieno prevalentemente di persone che hanno perso il controllo , magari per seguire superficialmente il mondo senza esattamente comprendere fino in fondo la gravità dei propri atti (come a tutti può avvenire in certe fasi della vita) , per poi morire di morte improvvisa. Non entro neanche nel merito di quello che la mente, nei millisecondi che precedono la morte dopo un incidente, possa pensare o volontariamente esprimere, perchè sarebbe davvero una ingiustizia infinita far dipendere inferno o paradiso da una volontaria invocazione che dovrebbe esprimersi nel momento di oggettiva “pazzia” celebrale di un moribondo terrorizzato.
        Mi sembra un sistema troppo meccanicistico, come pure penso (sicuramente peccando) che queste regole rispondano sopratutto alla necessità umana di dare un senso ai propri atti ed alle possibili conseguenze, mentre la Grazia di Dio, proprio perchè infinita, non sia in qualche modo misurabile e riportabile a regola certa.
        Dio, che è l’autore della giustizia e delle grazia, non può che in qualche modo applicare giustizia e grazia , sbilanciandosi verso l’amore piuttosto che verso la punizione, che (ricordiamo) è “eterna”, quindi oggettivamente sproporzionata a singoli atti sopratutto quando gli stessi non coinvolgono fisicamente altri. Scorrendo infatti i peccati la cui materia è “sempre” grave si trovano , messi sullo stesso piano, azioni come il non andare a messa, la masturbazione o i rapporti prematrimoniali , e lo stupro e l’omicidio premeditato.
        Ora è possibile che Dio, l’autore della giustizia, ritenga questi atti come tutti uguali? Non è forse una forzatura insanabile, per l’intelletto umano, mettere sullo stesso piano atti che umanamente sono cosi diversi tra loro? Atti personali reversibili e con conseguenze facilmente limitabili, ed atti contro il prossimo , irreversibili o con conseguenze drammatiche, al punto che sono antropologicamente considerati reati in tutto il mondo ?
        Queste sono le semplici domande che tutti si fanno, inclusi coloro che (per mera ignoranza o sottovalutazione delle conseguenze), cercano comunque di condurre una vita generalmente retta.
        E , da essere umano, me le faccio anche io.

        • La Via è stretta, molti vi sono chiamati e pochi sono gli eletti: è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago.
          Comunque anche tu, coem Stanley, non azzecchi bene perché hai una visione distorta e moralizzatrice della Salvezza.
          Invece la Salvezza non ha davvero che ben poco a che fare con la morale: un comportamento peccaminoso mostra solo la conseguenza del non voler seguire il Cristo ma non è la causa del suo non voler seguirLo.
          Voler seguir il Cristo è voler entrare nel Suo Luogo Sacro, sacrificandoci.
          Se qualcun pecca lo fa quindi in quanto non segue il Cristo: è un effetto, non una causa. Se quindi uno muore in stato di peccato mortale (oggettivo: cioè solo Dio lo sà in quanto è del foro interno) ovviamente lo è in quanto ha voluto uscire dal Sacro per tornare al profano.
          Coloro che sono invitati alle nozze e non sono vestiti bene, cioè non vengono per il re, non fanno la scelta del re, sono buttati fuori lì dove ci sono grida e digrignar di denti.
          Il moralismo, e quindi il ridurre il Vangelo a moralismo (anche ecologico o atomico), non salva: solo condanna.
          Come la gnosi, la pretesa di accedere alla Salvezza per la via della Conoscenza non salva.
          Sola salva la scelta del proprio sacrificio, il proprio mettersi da parte lì dove è il Cristo.
          In Pace

          • Purtroppo la visione moralizzatrice ci è stata trasmessa , caro Simon.
            Il « questo si fa e questo non si fa » non è altro che una visione moralizzatrice, e penso sia inutile tirare fuori i mille documenti della Chiesa dove , in un modo o nell’altro, si indica in modo preciso cosa si fa , quanto si fa , quando si fa (come fare il pane per l’eucarestia, quanto tempo devo stare digiuno, quante volte devo andare a messa, cosa posso toccare o meno del corpo femminile, etc etc).
            Siamo stati formati alla morale, da qualcuno che deciso che fosse più semplice formarci cosi.
            E questo a volte ci condanna perché è impossibile aderire totalmente a tutto , sempre , ovunque , con pensieri parole opere ed omissioni. Questo peso , questa preoccupazione, per alcuni diventa talmente pesante che direttamente passano a contravvenire a tutto.
            Se infatti io percepisco che verrò punito sia se faccio 1 sia se faccio 100, è naturale che o vivo nella paura (invece che nella gioia) o che il demonio mi spinga a fare 100.
            Non ti sembra che anche tutta questa discussione sul celibato e sulla astinenza o verginità o continenza o castità sia , sotto sotto, anche un esercizio di moralismo, una incredulità sulla esistenza dello spirito ?
            Comunque ho capito che senza la misericordia di Dio non c’è scampo.
            Signore Gesù Cristo abbi pietà di me , che sono peccatore.

            • Il dire come si fa questo o quello rileva del piano del Rito che ci introduce nel Sacro ma non del piano della morale.

              Lo scivolone via dal sacro è quel che porta a fare morale dal sacro: eppure per la Salvezza non c’entra niente. Eppure questo scivolone dura da secoli e il giansenismo ne è l’eresia “madre”.

              La Buona Novella è davvero Buona in quanto ci libera sia dall’obbligo di una conoscenza nascosta riservata a pochi “iniziati”, sia dall’obbligo di un comportamento morale riservata a nessuno visto che anch ei giusti peccano almeno sette volte al giorno.

              La Buona Novella ci dice semplicemente. “mettiti dalla parte di Cristo, come Maria sorella di Marta, come Levi e Pietro, come il Buon Ladrone, come Simone di Cirene (quello vero), come il centurione, come , come , come ” : e questo non necessita nessuno sforzo intellettuale né l’esercizio di virtù straordinarie, necessita solo il Rito, quello del battesimo.

              La discussione sul celibato, astinenza e castità dovrebbe essere un dibattito sulla pertinenza o meno di questi elementi in quanto parte del rito di passaggio dal profano al Sacro: il rito è sempre uno solo, sacrificare (da “sacer”), cioè mettere da parte se stessi, per essere di Cristo. Il non essere casti è peccato: è quindi dell’ordine della morale che ci condanna; ma l’essere celibi o astinenti non è dell’ordine morale ma dell’ordine rituale, quel che ci salva.

              Se uno non è celibe o non è astinente, non si sacrifica per Cristo ma non compie nessun peccato, come non lo compì il giovane ricco: non si è peccatori perché sposati, o perché quando sposati, all’interno del matrimonio non siamo astinenti, un poco o molto o per niente; giusto non siamo sacrificati.

              In Pace

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