Il Pio: Vero Santo Moderno (IV)

L’uomo pio non è un buon samaritano…

… ma è un viandante percosso lasciato sul bordo della strada.

Se c’è una parabola che è stata discussa ed analizzata durante gli ultimi due millenni è proprio quella detta del “Buon Samaritano”( Lc 10, 25-37): secondo i Padri che la commentano con maggior senso spirituale e contemplativo il Viandante, il Buon Samaritano e l’Alberghiere sono tutte rappresentazioni del Cristo Gesù, oppure la storia stessa dell’umanità dove il Viandante è Adamo, i ladroni Satana ed i suoi varî accoliti, il Buon Pastore Cristo Gesù che lo salva e l’Alberghiere la Santa Chiesa, animata dallo Spirito Santo, che accoglie e cura. Le interpretazioni più povere spiritualmente sono quelle che non si danno la pena di capire le varie sfaccettature della parabola stessa e la limitano ad un sermone moralizzante sul dovere che tutti hanno di fare del bene ad altri, attivamente cercando di “diventarne” il loro prossimo.

L’uomo pio vive la parabola nella sua carne senza neanche rendersene conto ma non come alberghiere o buon samaritano, ma proprio come il viandante derubato e ferito: già abbiamo visto che l’uomo pio è radicalmente povero e la sua identificazione al viandante percosso e maltrattato è immediata e naturale.

Ma ritorniamo alla parabola stessa: essa non è stata raccontata come una storiella noiosamente moralizzante, come certuni vogliono farcela ingoiare, ma è stata data come “business case” molto pratico da un Gesù che usa della maieutica secondo la cultura rabbinica dell’epoca e con ragione, visto che, come San Tommaso ce lo ricorda nel Prologo della Secunda Secundae della sua Summa Theologica , i discorsi morali che si vogliono universali sono meno utili che le azioni descritte nei casi particolari (“Sermones enim morales universales minus sunt utiles eo quod actiones in particulari sunt”).

Il contesto immediato è importantissimo: vi è un dottore della legge che, volendo mettere alla prova Gesù, Gli chiede cosa fare praticamente per ottenere la vita eterna, al che Gesù gli domanda di rammentarsi lo Shemà Israel e il Levitico 19,18 eppoi gli conferma la giustezza della sua risposta; al che il dottore della legge, non davvero soddisfatto, e volendo incastrare Gesù, Gli chiede chi sia il suo prossimo. Bisogna ricordarsi che nella concezione ebraica dell’epoca il prossimo era identificato con quello della propria nazione, ecco perché Gesù gli prepara una narrazione dove coloro della stessa nazione del dottore della legge non possono essere riconosciuti dal viandante come suoi prossimi ma, bensì, il samaritano, cioè l’eretico dell’epoca per antonomasia, non facente parte dello stesso popolo eletto.

E Gesù alla fine risponde con la domanda seguente “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?. Da notare che Gesù non chiede “Chi di questi tre ha visto il proprio prossimo in colui che è caduto nelle mani dei tre briganti?”

Sottolineare questo punto è primordiale, in quanto l’assoluta maggioranza delle glosse che udiamo o leggiamo a volte anche dai più altri scranni, vogliono rispondere a questa domanda che Gesù non fece mai, immaginando, a torto, che essere il prossimo di qualcuno abbia un effetto automaticamente riflessivo: “se io mi faccio prossimo di qualcuno, allora sarò il prossimo di costui”; ma nulla è meno certo e più improbabile nella realtà concreta, come tutte le persone che hanno un’esperienza minima della vita hanno già comprovato.

L’uomo pio, nella sua indigenza, sa che non può essere il prossimo di nessuno ma sa riconoscere il proprio prossimo in colui che si prende cura di lui, per primo il Cristo Gesù stesso, in colui che lo fa accudire spiritualmente dalla Chiesa animata dallo Spirito Santo e , infine, in ogni essere umano che lo accompagna lungo le strade perigliose di questa prova che è la vita concreta.

E l’uomo pio, con la Grazia di Dio, sa riconoscere questo prossimo anche tra chi non è della propria nazione, religione, cultura e lo amerà come sé stesso.

La problematica dell’uomo pio non è di scimmiottarsi come “prossimo” di altrui disperdendosi in attività che non lo faranno forse mai essere visto come proprio prossimo da chicchessia, se non nella propria hybris, ma è di vedere in ogni persona che la vita gli fa incontrare un proprio prossimo, cioè qualcuno che si prende, coscientemente o no, cura di lui in un modo o nell’altro.

Il sommo esempio ci è dato dal Cristo Gesù stesso morente sulla Croce dove, chiedendo a Dio “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), riconosce i Suoi stessi accusatori come Suoi prossimi: e infatti anche costoro, benché nemici, assassini, traditori, disonesti e menzogneri, lo hanno accudito, anche se negativamente, permettendoGli di fare la Scelta di Dio con la Sua Vita. Quella generazione malvagia non ha chiesto di essere il prossimo Gesù, come non lo hanno chiesto San Giuseppe o la Santissima Vergine o i Suoi discepoli e seguaci, ma è Lui che ha visto in tutti costoro i Suoi prossimi.

Così anche fece Santo Stefano quando perdonò i suoi persecutori poco prima di essere lapidato, gridando: “Signore, non imputare loro questo peccato” (At 7,60)

L’uomo pio sa di essere un viandante che la vita non cessa di percuotere nella sua salute, nella sua cultura, nella sua vita spirituale, familiare, nel lavoro e nella carriera, nella sua religione (si anche i dottori della legge e i leviti non facendo, al meglio, niente rendono le ferite ancora più dolorose e pericolose rischiando di incancrenirle) e guardando intorno a lui sa riconoscere chi è il suo vero prossimo, dalla moglie ai genitori, dai figli agli amici, dai colleghi ai compagni di partito, dai sacerdoti ai religiosi, dai connazionali agli stranieri, da chi mostra volergli bene a chi gli fa del male senza saperlo e, riconoscendoli, li ama ognuno come se stesso , personalizzandoli e non considerandoli in astratto.

L’uomo pio, quindi, non corre dietro attività caritative per farsi il prossimo di altrui, per obbedire ad un imperativo categorico moraleggiante e colpevolizzante ma, unendosi a Gesù Cristo lungo tutta la Via Crucis nella propria vita, riconosce il suo prossimo esattamente come lo fece il viandante ferito e lasciato da parte che, da pietra di costruzione scartata, diventò quella pietra angolare che trasformò il buon samaritano nel suo prossimo reale da amare come sé stesso.

L’uomo pio non cerca di diventare il prossimo di nessuno agendo così da pelagiano, vano ed arrogante.

L’uomo pio, invece ed in verità, sa riconoscere chi è il suo vero prossimo per amarlo come sé stesso per la Grazia dello Spirito Santo.

In Pace

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Categories: Filosofia, teologia e apologetica, For Men Only, Simon de Cyrène

23 replies

  1. Chi è il mio prossimo?
    Mio prossimo è colui che è vicino a me nei momenti di bisogno.
    Non sono cioè io che decido di essere prossimo ad altre persone, sono invece io che, in base al comportamento altrui nei miei confronti, prendo atto di chi mi è prossimo.

    • Su questa base e su ispirazione e Grazia dello Spirito Santo che mi fa individuare chi sia il mio prossimo: Colui da amare come me stesso perchè in Lui vi è il Cristo.
      In Pace

      • Bene hai fatto a rilevare « su ispirazione e Grazia dello Spirito Santo » nell’individuare chi sia il mio prossimo e cosa io possa fare per lui, perché altrimenti rischio, se giudico in base al mio punto di vista, di non fare il vero interesse altrui ma solo quello io ritengo sia l’interesse altrui: aborto, eutanasia e supporto ai trafficanti degli esseri umani ne sono alcuni esempi.

        • Riguardo inoltre alla misericordia da usare per farsi prossimo, si va oggi diffondendo, purtroppo sponsorizzata anche da uomini di Chiesa, la subdola e satanica « usanza » di dire ai peccatori che Dio li ama così come sono, tralasciando però di precisare che se non hanno l’intenzione di abbandonare la scelta preferenziale per il peccato, sono destinati all’inferno.

  2. Grazie Simon. Quanto bisogno abbiamo i battezzati di essere ri-catechizzati.

  3. Secondo me l’uomo pio, per essere pio, deve interpretare il prossimo come indicato in questo breve scritto di Chiara Lubich , che di amore si intendeva :

    http://www.centrochiaralubich.org/it/documenti/scritti/4-scritto-it/128-amerai-il-prossimo-tuo-come-te-stesso.html

    Altrimenti c’è il rischio che da uomo Pio in senso cristiano divenga uomo pio in senso romano (uomo prendo).

    • (A) Secondo me l’uomo pio, per essere pio, deve intepretare il prossimo come indicato da Gesù nella parabola del Buon Pubblicano.

      Se lo scritto da te linkato (che non ho letto) dà una definizione del “prossimo” differente, o più restrittiva o più generale, di quella di Gesù stesso in risposta alla richiesta del dottore della legge, allora permettimi di preferire a priori quella di Gesù.

      Infatti, se tu pretendessi che il tuo prossimo sia anche chi non si cura di te in modo concreto, cioè anche qualcuno con cui non hai nessuna interazione reale ma solo ideale, allora vorrebbe dire che il levita e il dottore della legge della parabola sarebbero pure il prossimo del viandante, il che è stato esplicitamente escluso da Gesù stesso. Invece se ognuno di noi seguisse il consiglio evangelico di amare il proprio prossimo nel senso che gli dà Gesù come se stesso, ti posso assicurare che il mondo sarebbe un posto davvero migliore. Ma è molto più “facile” e soddisfacente per il proprio ego lamentarsi per come i migranti che non incontreremo mai siano maltrattati, magari poi elargendo risorse altrui a buon costo, che occuparsi concretamente dei poveri, migranti o no, che sono nel proprio comune e parrocchia , sotto casa e con i quali interagiamo: lasciamo a questi ultimi la possibilità di prendersi un po’ cura di noi? Lasciamo il mendicante almeno parlarci e darci un po’ di lui? O l’avo o l’ava nella famiglia che adesso sono malati? O il bambino che uno non si aspettava, gli lasciamo il tempo di nascere e di permettergli di prendersi cura di noi?

      (B) Se tu avessi letto il primo post di questa serie sul tema della Pietas avresti visto che la Pietas cristiana si costruisce solo se c’è una, umanamente parlando, solida Pietas “romana”, cosiccome le virtù teologali possono svilupparsi soltanto in un terreno umano che già vive delle quattro virtù cardinali.

      In Pace

      • Ritengo Simon che tu sia troppo sofisticato nell’analizzare il messaggio di Gesù, fino al punto di modificarne il significato profondo che è invece molto semplice: ama senza egoismo. Chi ha amato cosi (San Francesco, Madre Teresa , ma anche tanti altri ) ha costruito la Chiesa. Gli altri hanno fatto numero.
        Ma Io sono solo un goffo cristiano , non ho gli strumenti per controbattere a logiche teologiche cosi profonde. Ma per me parlano tanti Santi e tanti Papi , anche l’ultimo.
        Devo dire però che mai mi era capitato di leggere qualcuno che arrivasse a teorizzare che la “selezione” del prossimo da amare fosse una cosa cristiana. Sono certo però che il samaritano non ha selezionato il viandante ne sia stato dal viandante selezionato. Il Signore li ha messi sulla stessa strada , ed uno è diventato il prossimo dell’altro. Il problema è che del prossimo bisogna accorgersi , che bisogna sconfiggere la paura di perdere qualcosa. Quella che San Paolo chiama la paura della morte. Ma un conto è sentirsi inadeguati rispetto a questa missione , che è l’atteggiamento del peccatore che sa di essere peccatore. Un conto invece utilizzare i propri mezzi intellettuali per giustificare teologicamente le proprie idee, ed , in conseguenza , ritenersi non peccatori.
        Se poi troverai il tempo di leggere il breve scritto della Lubich vedrai che le cose sono semplici. Semplici ma impossibili da realizzare senza Cristo.

        • (1) Qualunque significato profondo non può mai essere in opposizione al significato primo: qualunque riflessione deve per forza partire da quest’ultimo e rimanere nei suoi paletti espliciti. Se cosi non fosse si potrebbe far dire a Gesù tutto ed il suo contrario.

          (2) Non vedo da nessuna parte che io abbia detto che bisogna amare con egoismo: certo che, se leggendomi è quel che capisci, figuriamoci quel che capisci dei Vangeli che non hai visibilmente mai letti e conosci solo per sentito dire

          (3) Non conosco Santi e Santi Papi che abbiano affermato l’opposto di quel che dice Gesù: ma anche nell’ipotesi implausibile che ce ne fosse uno, allora scelgo la Parola di Gesù a qualunque costruzione cervellotica che voglia fare dire altro al testo che quel che dice in realtà

          (4) Le nozioni di preferenza, di predilezione, di elezione impregnano l’integralità dell’Antico e del Nuovo testamento ed è normale che sia così in quanto Dio stesso non è un macchinario impassibile, o una divintà astratta nel Suo Olimpo, ma una persona concreta, come te e me, che apprezza chi Gli obbedisce nella carità, chi si fa vicino a Lui, chi Lo adora, chi proclama il Suo Vangelo e che, quindi ha anche le Sue preferenze, come ben attestato nelle Scritture e dalla Tradizione.

          (5) Che l’amore sia strutturato gerarchicamente è una necessità che discende dalla Giustizia: non puoi trattare sullo stesso piano tua moglie o la tua secretaria; tuo figlio o il migrante; puoi sempre trattare altrui meglio che te stesso ma è un peccato grave contro la giustizia e quindi contro la misericordia ledere a chi ti è più vicino a favore di chi è più lontano.

          (6) Nessuno qui si considera non peccatore, salvo, forse, te visto come sei pronto a giudicare altrui; ma non posso fare illazioni quindi chiudo qui e lascio il resto alla tua riflessione

          In Pace

          In Pace

        • Come ritieni si possa « selezionare » il prossimo da amare se usi misericordia prioritariamente verso coloro che ti sono prossimi? Non ritieni che tra « prossimo » e « lontano » ci sia qualche differenza?
          Trovi giusto assicurare vitto e alloggio ad un ospite e non assicurarlo a qualcuno della tua casa?
          Non mi dirai che anche tu sei di quelli che prendono « il pane ai figli per darlo ai cagnolini »?

    • Dottore della legge: «E chi è il mio prossimo?»
      Chiara Lubich: «Prossimo… è ogni essere umano, uomo o donna, amico o nemico, al quale si deve rispetto, considerazione, stima. L’amore del prossimo è universale e personale al tempo stesso. Abbraccia tutta l’umanità e si concreta in colui-che-ti-sta-vicino… .Non come l’amore che viviamo noi tante volte, semplicemente umano, che ha un raggio ristretto: la famiglia, gli amici, i vicini…»
      Gesù (Lc 10.25-37), spiega chiaramente che il nostro cuore non deve farsi « prossimo » ad ogni essere umano, seppur bisognoso, ma prioritariamente a coloro che incontriamo ogni giorno nel nostro cammino di vita: chi, ad esempio, antepone la misericordia nei confronti dei lontani a discapito de « la famiglia, gli amici, i vicini… » ne dovrà rendere conto.

      • Non ho letto e non ho tempo per leggere questo testo: comunqe il passo da te così citato, Lorenzo, dà i brividi lungo la schiena, talmente siamo lontani dall’amore incarnato che Gesù ha voluto che vivessimo.
        Siamo in piena ideologia.
        In Pace

        • E’ un testo di appena 40 righe: fa un po’ di confusione tra « prossimo » inteso come colui che mi è vicino e « prossimo » inteso come la totalità degli esseri umani altri da me.

  4. Vorrei, se possibile, svolgere un ragionamento perché ai miei occhi appare un punto che ritengo un po’ stridente. Nella speranza di ricevere lumi. Lungi da me qualsiasi intento o tono polemico ovviamente.

    – Il mio prossimo è colui che si prende cura di me.
    – Colui che primariamente si prende cura di me è Dio.
    – Dovendo amare il prossimo come me stesso ne risulta che devo amare Dio come me stesso. Primariamente poiché Egli il prossimo più prossimo di tutti (poi gli altri gerarchicamente a seguire).

    Non ho problemi a seguire e concordare con tutto ciò.
    Il (mio) problema sorge quando leggo che nel Primo comandamento che Gesù fa recitare al dottore della legge (Lc 10, 25-37) c’è GIÀ scritto che bisogna primariamente amare Dio (con tutto il cuore, anima forza e mente) e poi “… il prossimo tuo come te stesso”.
    Se opero una sostituzione equivalente di significati con “Dio” e “prossimo” ottengo una ripetizione, una ridondanza.
    Ne deduco che nel Primo comandamento il senso di “prossimo” non sia “Dio”.
    Cosa non coglie la mia mente bacata?

    PS
    Il sottolineare e portare alla coscienza e all’intelletto il capovolgimento che Gesù fa con la fatidica domanda finale è opera meritoria di cui ti ringrazio gentile Simon. Che poi è il senso originale, il capovolgimento vero e fraudolento è venuto dopo da parte di molti clericalbuonisti.
    “Il mio prossimo è chi si prende cura di me, cioè Gesù.” Bellissimo.

    PPS
    Anche quest’ultima frase però, fatta la tara al “sentimento” che genera, la trovo un po’, come dire, problematica… insomma… “[…] non fanno così anche i pagani?”

    Aiutatemi a fare pace col mio cervello così la smetto 🙂

    • Certamente c’è ridondanza ma solo fino a un certo punto e cioè amare Dio con tutto il cuore, anima, forza e mente non è esattamente equivalente ad amarLo come sé stesso: infatti presso l’ebreo YHVH è incommensurabilmente altro e certamente non un prossimo nel senso del Levitico citato nel post. Noi possiamo risolvere l’equazione solamente perché sappiamo Chi è Gesù.

      Detto questo, in tutto quest’episodio appare chiaramente che Gesù stia “facendo la corte” al dottore della Legge.
      Mi spiego: il dottore in questione, che, in realtà, vuole incastrarLo, Gli chiede chi sia il suo prossimo e Gesù gli risponde praticamente così: “mettiti nei panni di un viandante percosso e vedrai che il tuo prossimo è il Samaritano, tuo nemico razziale e tu mi vedi come un nemico eppure sono qui per aiutarti, allora ecco, Io sono il tuo prossimo, che fai, perché non mi segui invece?”

      Questa parabola è eminentemente cristica cioè veramente si concentra sulla relazione tra Cristo e chi Lui salva e ciò include i pagani che Lui viene a salvare: la differenza tra noi e i pagani è che noi Lo riconosciamo per la Grazia dello Spirito Santo, mentre loro no a causa della loro dura cervice.

      Nella pratica missionaria vuol dire che dobbiamo portare al pagano il Cristo Gesù, perché Lui è il solo vero Prossimo e non credere di diventare prossimi di altri per via del nostro agire per quanto eccellenti siano le nostre intenzioni.

      In Pace

      • Riscrivo per chiarezza e correzioni praticamente tutto il commento precedente anche perché una parte del testo è sparita perché ho usato caratteri inadeguati.

        A riguardo invece dei pagani, da me evocati, era per dire che la problematicità che riscontravo nella frase (del mio secondo P.S.) “Il mio prossimo è chi si prende cura di me, cioè Gesù.” era questa e userò un discorrere ipotetico per spiegarla:
        – Ok amare il prossimo vuol dire amare prima i “vicini”, chi si prende cura di me, moglie figli genitori parenti amici etc. Insomma coloro che mi vogliono bene a loro volta. –

        Ecco… Non fanno così, amarsi tra “amati”, anche i pagani? Che merito ne avremo? In questo altro passo evangelico mi pare Gesù metta l’accento sull’amore all’estraneo, anzi proprio al nemico, no?
        che a rigor di logica non è propriamente colui che si prende cura di me e dunque non dovrei identificarlo come il mio prossimo.. eppure il Signore mi comanda di amarlo. Addirittura, sembrerebbe, più di coloro che che già mi amano perché per l’appunto fanno così anche “gli altri”. Della serie non pensate di vincere facile, amate i vostri nemici!
        Per cui, tra l’identificazione del prossimo proposta in questo articolo e altri passi evangelici, notavo una certa (molto probabilmente falsa) discrepanza. Dovuta alla mia incapacità di comprendere sicuramente.

        Per la spiegazione del confronto tra Gesù e il dottore della legge in Lc 10, 25-37 ti ringrazio ancora.

        • Difficilissimo per me spiegarmi scrivendo.

          Vorrei fare ulteriori precisazioni ma mi limito , per evitare grande tedio, a questa:
          Togliere “cioè Gesù” dalla frase e renderla più generale.
          “Il mio prossimo è chi si prende cura di me”.

          Basta ho terminato anche se insufficientemente, scusate lo sfinimento

        • Capisco quel che intendi: ma, secondo me, ti riferisci di più alle Beatitudini, che necessitano un altro discorso.
          In realtà Gesù non è mai stato il « prossimo » di persone che non sono entrate in contatto con Lui: per interagire con Lui bisognava come « toccarLo », sia come l’emoroissa, sia come la pagana delle briciole di pane, sia come la samaritana, sia come il centurione: solo nella relazione personale e concreta Egli si proponeva come Prossimo. Egli sempre cercava che l’oggetto della Sua carità facesse un passo, primo o secondo, ma pur sempre un passetto concreto ad un certo punto. In questo senso, non c’è « gratuità ».
          Grazie per i tuoi interventi.
          In Pace

          • Spero di essere meno caotico le prossime volte.
            Piuttosto, grazie a te per le delucidazioni.

        • Ma Simon no ha escluso i nemici come nostri prossimo. Sempre si prendono cura di noi.

          • In un certo qual modo…
            Il dottore della legge avrebbe allora dovuto aggiungere nella sua risposta alla domanda finale di Gesù: « … e pure i briganti che l’hanno malmenato »
            🙂

            • Nota bene che la parabola non dice che non si debba amare il dottore della legge e il levita, ma ricorda il Levitico e cioè che si deve amare il prossimo come se stesso e spiega chi è questo prossimo.
              Il più è sempre possibile
              In Pace

  5. “La problematica dell’uomo pio non è di scimmiottarsi come “prossimo” di altrui disperdendosi in attività che non lo faranno forse mai essere visto come proprio prossimo da chicchessia, se non nella propria hybris, ma è di vedere in ogni persona che la vita gli fa incontrare un proprio prossimo, cioè qualcuno che si prende, coscientemente o no, cura di lui in un modo o nell’altro.”

    Grandioso!

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