Il Pio: Vero Santo Moderno (II)

La vita coniugale in quanto crogiuolo della Pietas

Il luogo umano scelto da Dio stesso per sviluppare la Pietas da Lui tanto amata è la famiglia e l’esempio il più luminoso è quello della Santa Famiglia.

Contemplate: quando la Santa Vergine chiede un servizio a Gesù come di andare a comprare datteri al mercato, in realtà ella compie una supplica a Dio stesso; oppure quando si rivolgeva a lui per aiutare qualcun altro come a Cana ella compieva una preghiera di intercessione come Abrahamo a Dio stesso; quando San Giuseppe lodava Gesù per un lavoro ben fatto alla falegnameria, egli compieva una preghiera di lode a Dio stesso; quando San Giuseppe benediceva la tavola tutta la famiglia pregava collettivamente. Ogni atto concreto di San Giuseppe era, di fatto, una devozione; ogni richiesta anche la più terra a terra fatta a Gesù era una preghiera di supplica al divino; ogni atto liturgico familiare era preghiera collettiva e Gesù era tra di loro. Quando San Giuseppe andava a pagare le tasse, dando così a Cesare quel che è di Cesare, per permettere l’inserzione sociale e politica (nella polis) della sua famiglia egli mostrava il rispetto per lo stato che ogni uomo pio ha, e quando, in famiglia, saliva a Gerusalemme, tutta la Santa Famiglia compieva le sue devozioni religiose con esattezza.

San Giuseppe e la Santissima Vergine Maria, tutto ricevevano da Dio e tutto lasciavano riprendere da Dio, a cominciare dalla loro stessa discendenza: Maria non aspettava niente, ma accettò la Volontà dello Spirito Santo e così anche Giuseppe, e alla fine tutto fu loro tolto, affinché non la propria volontà ma solo quella del Padre si compiesse, come Gesù stesso accettò in Getsemani.

Nella famiglia vi sono tutte, senza alcuna assenza, le componenti di una vera vita di Pietas, eroica, cioè radicale, senza andare a cercare di morire di fame apposta o di autoflagellarsi morbosamente: una vita di Pietas adulta, seria, senza nulla di eccezionale, che mette in evidenza la normalità ontologica dell’esercizio delle virtù, senza dover far niente di straordinario e lasciando la priorità delle decisioni a Dio solo. E la Santa Famiglia ne è un esempio concretissimo e luminosissimo.

Nel suo insegnamento del 4 agosto 2018 all’abbazia di Kergonan sul tema del camino di santità che propone Humanae Vitae di San Paolo VI, nel cinquantesimo anniversario della sua profetica pubblicazione, (Qui dove acquistare il testo, qui la video di un’ora e mezzo della stessa conferenza) il Cardinale Robert Sarah esplicita in modo luminoso il legame intimo tra uno stile di vita coniugale secondo natura, la Pietas cristiana e la santità alla quale siamo tutti chiamati con grande semplicità dal Signore.

Molti, troppi, sono convinti che essere un uomo genuinamente pio all’immagine di Cristo Gesù, necessiti uno sforzo sovraumano impossibile da compiere dalla maggioranza dei mortali: questa concezione pelagiana o gnostica, asseconda la colorazione della radice di tale erroneo convincimento, non trova nessun riscontro nella realtà ed è condannata esplicitamente dal S.S. Concilio di Trento. Essere un uomo pio, in verità, è la cosa la più soprannaturalmente naturale che sia.

Ritroviamo nella relazione tra vita coniugale quale ce la ricorda Humanae Vitae e una vita di cristiana Pietas, una forma di aporia simile a quella del dialogo tra Eutifrone e Socrate ricordato precedentemente.

Solo un vero povero può vivere piamente secondo la volontà di Dio la propria situazione di sposo e genitore lasciando sempre Dio stesso prendere l’iniziativa in ogni cosa, educandosi così a diventare sempre più povero e, quindi, pio come all’immagine di Gesù

Niente di più facile in linea di principio che di restare le mani aperte davanti al Signore e rimettersi a Lui in tutto: questo fa la coppia che lascia a Dio stesso l’iniziativa di generare, oppure no. Quest’atteggiamento eminentemente spirituale è, in verità, completamente incarnato, in quanto il lasciar fare il Creatore implica la necessità di trovare nuove fonti per nutrirsi, educare, abitare e spostarsi: coloro che vivono la propria sessualità con l’atteggiamento di Maria e Giuseppe e ben descritto in Humanae Vitae sanno che solo Dio li può vestire e nutrire come egli fa con i gigli nei campi e gli uccelli nel cielo.

Coloro che incominciano a “contare” quanto hanno in tasca e cosa “rischiano” e quanto e cosa rimarrà loro, sono, in realtà, simili all’accattone del cucchiaio precedentemente citato: sono troppo ricchi per rimettersi veramente, sulla propria pelle, nelle mani del Signore, sono degli empi.

I metodi detti “naturali” “non creano di per sé questa libertà interiore del dono [proprio dell’uomo pio, NdR] che è di natura esplicitamente spirituale e dipende dal grado di maturità dell’uomo interiore” (S. Giovanni Paolo il Grande, Udienza Generale del 7 novembre 1984): come ricorda il Card. Sarah, questi metodi vanno da essere vissuti in un contesto di virtù.

Sola la Pietas ci permette di “tutto ricevere da Dio come da un Padre, con rispetto e riconoscenza” (Sarah, idib.): ciò inizia con adorare con riconoscenza il disegno creatore di Dio “Il rispetto per l’opera di Dio contribuisce a far sì che l’atto coniugale non venga sminuito e privato d’interiorità nell’insieme della convivenza coniugale – che non divenga “abitudine” – e che in esso si esprima un’adeguata pienezza di contenuti personali ed etici, e anche di contenuti religiosi, cioè la venerazione alla maestà del Creatore, unico e ultimo depositario della sorgente della vita, e all’amore sponsale del Redentore. Tutto ciò crea e allarga, per così dire, lo spazio interiore della mutua libertà del dono, in cui si manifesta pienamente il significato sponsale della mascolinità e femminilità.” (S. Giovanni Paolo il Grande, 21 novembre 1984).

Agire secondo gli insegnamenti Humanae Vitae è dunque essere radicalmente, semplicemente, naturalmente, devoti, amanti e rispettosi di Dio Padre come Cristo Gesù, la Vergine Santa e San Giuseppe stesso: è essere pii nel modo il più ordinario che sia.

Nel suo discorso del 12 novembre 1988, San Giovanni Paolo il Grande insegna che con Humanae Vitae Si tocca qui un punto centrale della dottrina cristiana riguardante Dio e l’uomo. A ben guardare ciò che è messo in questione, rifiutando quell’insegnamento, è l’idea stessa della santità di Dio. Predestinandoci ad essere santi e immacolati al suo cospetto, egli ci ha creati “in Cristo Gesù per le opere buone che . . . ha predisposto perché noi le praticassimo” (Ef 2, 10): quelle norme morali sono semplicemente l’esigenza, dalla quale nessuna circostanza storica può dispensare, della santità di Dio che si partecipa in concreto, non già in astratto, alla singola persona umana.”

La situazione di crisi nella quale versano la struttura ecclesiastica cattolica contemporanea, le società e economie attuali, soprattutto europee e le culture imbecillite (nel senso etimologico del termine)non vanno da essere studiate con uno sguardo storicicista alla ricerca di fattori scatenanti in un passato che non esiste più, o il S.S. Concilio Vaticano II come vorrebbero alcuni “fissati”, e sul quale non c’è azione possibile, ma nella radice ontologica che ha fatto che l’uomo ha deciso di essere un empio, un ricco, sia sul piano spirituale che materiale: ogni famiglia, ogni chierico, che ha rifiutato e tuttora rifiuta di lasciare a Dio quel che è di Dio, ha radicalmente voltato le spalle alla richiesta di Cristo stesso, di tutto lasciare e abbandonare per Lui ed entrare nel Suo Spazio Sacro, quello della Santità di Dio.

E la soluzione non è da ricercarsi verso buon selvaggi “rousseauisti” che ci dovrebbero indicare come vivere la Parola del Vangelo, secondo la pretesa di alcuni, né nel mettere in moto processi temporali che solo agiscono, nel miglior dei casi, su cause accidentali, ma solamente nella conversione, oggi e adesso, di ognuno di noi al soffio stesso dello Spirito nelle nostre vite che ci chiede di vivere virtuosamente, essere naturalmente, quindi radicalmente, pii, senza ripensamenti da ricchi, da pseudo-possedenti di ricchezze per giunta oggettivamente ridicole in dimensioni e quantità.

Certo, essere pii vuol dire amare e seguire la Croce e non averne paura: sposarsi è voler incontrare la Croce assieme con il coniuge e, sempre assieme, portarLa chiedendo allo Spirito che Essa finisca con portarci, come Essa fece con Gesù alla fine della Sua salita al Calvario: la famiglia può, anzi dovrebbe, essere una Croce che porta e non è più una fatica quando vissuta nella Speranza anche se è pur sempre sofferenza e non è per forza sempre conduttrice di mondano ottimismo.

Tutti i genitori sanno che la vita famigliare, nelle sue dimensioni coniugali, paterne, professionali, patrimoniali, non è come un lungo e largo fiume tranquillo, ma che è un luogo dove preoccupazioni finanziarie, di salute, di educazione, di alloggio e di lavoro si intrecciano: sola la Pietas, dono dello Spirito Santo e fondata sulle virtù cardinali e teologali, permette di renderli sacri, di sacrificarli, nella naturale normalità di quel che è un umano nella sua vocazione la più essenziale: essere un uomo pio.

In Pace

(Continua qui)

(Inizio)



Categories: Filosofia, teologia e apologetica, For Men Only, Simon de Cyrène

2 replies

  1. Non credo che la famiglia sia il luogo “privilegiato”dove si possa sviluppare la pietas se per famiglia si intende lo stato coniugale. Sarà che stanno soffiando venti amazzonici che tendono a giustificare se non magnificare l’abolizione del celibato dei preti, ma mi pare che al giorno d’oggi sia negato il valore della verginità consacrata a DIO. quindi direi che la famiglia, il matrimonio è UNO degli stati in cui si può sviluppare la pietas e quindi aderire alla volontà divina e divenire santi, ma l’altro stato è quello della castità, o della verginità consacrata a Dio. Il celibato dei sacerdoti e il voto di castità dei monaci, dei frati e delle suore , dei consacrati laici, nulla tolgono alla pietas. Anzi. Non per fare il panegirico della verginità, ma da sempre la Chiesa ha venerato e rispettato lo stato di verginità per amore di Cristo. Oggi direi piuttosto poco stimato, tanto che anche i più ferventi cattolici dei vari movimenti che oggi vanno per la maggiore, neocatecumenali,focolarini, ciellini, spingono tutti per la famiglia e poco per la consacrazione della verginità .

    • @Giampiero, direi che non sei del tutto ben informato, almento riguardo i neocatecumenali…

      Le chiamate « vocazionali » si sucedono continuamente e danno frutti abbondanti,
      A oggi i seminari « Redemptoris Mater », diretta espressione di questo « movimento », sono tra i più diffusi al mondo (se collegati alla comune « origine ») e soprattutto tra i più « affollati ».

      Sono pure ricche le vocazioni feminili, che portano ai monasteri di clausura e qundi un po’ meno « visibili » risoetto strutture quali i seminari.

      Giusto per « dare a Cesare… », ma soprattutto gloria a Dio.

      Per il resto, per quanto corretto e condivisibile il tuo commneto in senso generale, non credo che Simon volesse indicare la Famiglia come « unicum », ma evidenziare come questa sia il « luogo umano » per eccellenza scelto da Dio.

      Da dove nascono i figli/e che sceglieranno eventualmente la Consacrazione?

      Se oggi le vocazioni alla Consacrazione sono in crisi, non è anche a causa della (generica) « crisi della Famiglia » e di crisi anche in famiglie cattoliche, che non riescono più né a prospettare ai propri figli/e questa possibilità come uno dei percorsi per la pienezza di vita di un Uomo o di una Donna, né addirittura a portarli al Matrimonio (ben che vada è una convivenza…) che abbia avuto alla base appunto il valore della Verginità e della Castità.

Scopri di più da Croce-Via

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading