Il Pio: Vero Santo Moderno (I)

La Pietas: Dono da chiedere allo Spirito Santo con pervicacia

Tutti conosciamo a memoria fin dai tempi del nostro catechismo infantile, quando ci preparavamo alla ricezione della Santa Cresima, i Sette Doni che lo Spirito Santo ci elargisce quando ci lasciamo animare da Lui per via dell’esercizio delle nostre virtù cardinali et teologali (CCC 1831) e che “sono disposizioni permanenti che rendono l’uomo docile a seguire le mozioni dello Spirito Santo” (CCC 1830): il dono del Consiglio che ci assicura di poter consigliare altri da una parte ma anche di discernere tra i consigli ricevuti quelli da accogliere; il dono della Fortezza, che ci assicura coraggio e perseveranza nell’esercizio di tutte le virtù; il dono dell’Intelletto che ci permette di andare alla comprensione profonda delle cose evitando la superficialità mondana; il dono della Sapienza che ci dà il gusto naturale e soprannaturale di conoscere sempre meglio il mondo creato e le sue leggi alfine di amarne il Creatore; il dono di Scienza che ci dà concretamente questa amorevole conoscenza del Creatore e dei suoi piani, perché solo nell’amore si conosce in Verità; il dono del timore di Dio che è la paura di perdere l’amicizia che Dio ha per noi e sempre ci offre, questo dono ci fa misurare la radicale distanza ontologica tra Lui e noi, e genera in noi genuino rispetto e spirito di obbedienza.

Tutti sappiamo anche che all’offerta di YHVH, il re Salomone chiese in particolare il dono della Sapienza e che fu, per questo benedetto nelle sue opere e progetti.

Ma noi, fedeli cattolici dell’A.D. 2019, se dovessimo chiedere un solo dono, ma averlo di sicuro, al Nostro Signore quale dovrebbe essere, in questo periodo di profonda crisi della struttura ecclesiale attuale e in questi tempi di disgregazione culturale, etica e umana?

Ne vedo uno solo che abbia tutte le urgenze per esserci offerto dallo Spirito Santo e che possa essere come il prologo alla ricezione degli altri sei qui sopra menzionati: il dono della Pietas.

La Pietas è quell’atteggiamento di riverenza che chi vive dello Spirito Santo ha verso Dio in primis, verso i genitori in seguito e verso gli altri : è la fonte della religiosità, dell’adempimento ai doveri che si ha verso Dio, i genitori, la famiglia, la città, degli esseri umani in generale, con essa, infatti, “veneriamo ed amiamo Dio, e i Santi, e conserviamo un animo pio e benevolo verso il prossimo per amor di Dio” ci ricorda concisamente il Catechismo di San Pio X.

È un dono magnifico che risponde direttamente all’esercizio della virtù cardinale della giustizia e a quella teologale della carità: ingloba in un solo atto il nostro modo di essere cristiano nella nostra relazione personale con Dio, con i genitori e cogli altri esseri umani che frequentiamo da vicino o da lontano, nella famiglia o nella polis. Se lo ricevessimo dallo Spirito Santo, questo dono ci permetterebbe di vivere questo periodo di crisi nella Chiesa cattolica e nella nostra società con lo sguardo stesso di Dio e ne otterremmo i frutti (CCC 1832) che “sono perfezioni che lo Spirito Santo plasma in noi come primizie della gloria eterna. La Tradizione della Chiesa ne enumera dodici: “amore, gioia, pace, pazienza, longanimità, bontà, benevolenza, mitezza, fedeltà, modestia, continenza, castità” (Gal 5,22-23).

Parlare di Pietas nel 2019 può sembrare astruso, una referenza a concetti antiquati, specialmente nella nostra società che ha invertito i valori antropologici dando all’empietà, all’irreligiosità, all’irriverenza inverso i genitori e gli anziani, uno statuto di osceni oggetti di desiderio.  Pochi si rimemorano della Pietas incarnata dal virgiliano Enea, sempre devoto alla sua stirpe in suo padre Anchise, portato sulle sue spalle, e alla sua discendenza in suo figlio Ascanio e agli dèi che egli onora con onestà e coraggio in ogni circostanza.

Ma non si può parlare bene della Pietas senza riferirsi alla magnifica aporia del dialogo tra Eutifrone e Socrate che noi tutti abbiamo letto alla scuola elementare nel tempo che fu: ricordiamocene i grandi tratti.

Alla domanda di Socrate circa la natura dell’uomo pio, Eutifrone risponde in un primo tempo dando esempi concreti di comportamenti pii, come quelli che soddisfano la giustizia, in un secondo tempo la trova nel fare quel che gli dèi vogliano sia fatto. Continuando il ragionamento, sempre spinto dal Maieuta, Eutifrone definisce poi la Pietas in tappe susseguenti come il prendersi cura degli dèi, poi il rendere servizio agli dèi eppoi come l’arte e la scienza del pregare e del sacrificare agli stessi dèi. Il dialogo termina con un’ultima stretta di Socrate, che conduce all’aporia, quando, cercando di definire esattamente cosa sia il giovamento degli dèi in questo pregare e sacrificare loro, Eutifrone risponde, come all’inizio, che, in fin dei conti, la Pietas è fare quel che gli dèi vogliano sia fatto.

Il dialogo mette però in evidenza la potenza del concetto di Pietas nelle sue varie sfaccettature e ci rivela perché i Romani ne fecero addirittura una divinità in sé con tanto di tempio: è nell’esercizio stesso della Pietas che si realizza l’intima relazione tra l’essere amati dalla divinità e l’essere devoto nella preghiera e nel sacrificio, come anche tra l’essere un uomo giusto, virtù sociale per eccellenza, e l’essere religioso. L’empietà rompe il nesso tra queste realtà ed è il preludio della fine dei legami sociali, familiari, statali e religiosi: che questo non sia solo un’ipotesi di lavoro, ben lo vediamo oggi nella nostra cultura occidentale europea dove l’empietà è eretta a deità e dove l’individualismo asociale impera, le famiglie si disgregano, gli stati non difendono valori antropologici, e dove la religione, lì dove ancora, timidamente, sussiste, è trasformata in un discorso umanista che si è scordata degli dèi nella pratica.

Tutta questa empietà che ci circonda e ci influenza, ci rende egoisti, tristi, ansiosi, intolleranti, cattivi, malvolenti, inclementi, infedeli, vanitosi, intemperanti, lascivi: ed è in questo calderone apocalittico che dobbiamo salvarci e salvare il nostro prossimo con l’aiuto di Dio.

Per i cristiani che siamo, l’aporia socratica non ne è una, ma descrive la dinamica misteriosa e mistica che lega l’uomo pio a Dio: l’uomo deve essere pio perché ciò piace a Dio che è il Pio per antonomasia e che vuole la Pietas per sé.

Il dono della Pietas è quello che ci introduce in pratica nello Spazio Sacro della Santità di Dio: praticando questo dono ci si santifica e si producono i frutti dello Spirito Santo.

La relazione tra virtù cardinali e teologali, doni e frutti dello Spirito può essere illustrata analogicamente nel modo seguente: studiando a scuola o all’università con dovizia sviluppiamo le capacità (le virtù) intellettuali o manuali nel campo del nostro interesse, queste ci permettono di usare degli strumenti propri (i doni) allo scibile dello stesso, e, conseguentemente, siamo capaci di risolvere nuovi problemi e, oppure, inventare nuove metodologie e proporre soluzioni e risultati pratici (i frutti).

Il dono dello Spirito Santo che è la Pietas è quindi lo strumento che ci permette, ad opera dello Spirito Santo, di “produrre” santità: le devozioni e i sacrifici che offriamo al nostro Dio, il rispetto dei genitori e della propria stirpe, il senso del dovere civile impastato di giustizia, la cura del prossimo e la compassione che l’accompagna, caratterizzano l’uomo pio e danno nascita a quello spazio sacro nel quale si sviluppa la santità di una persona, di una famiglia, di un popolo, di tutta l’umanità.

 E l’aporia socratica prende così anche un’altra luce: se ci occupiamo dello sviluppo delle nostre virtù la nostra pietas aumenta, e se ci concentriamo a sviluppare la nostra pietas allora le nostre virtù cresceranno.

Concentrandoci, quindi, sulla Pietas possiamo mettere in evidenza un cammino di santità pratico e alla portata di chiunque in qualunque stato, e soprattutto se laico e sposato, anche nella compagine ecclesiastica, culturale e politica contemporanea ed è l’ambizione di queste nostre righe di darne qualche esposizione e offrire spunti di riflessione e di applicazione pratiche.

Pietas e Povertà

L’uomo pio è l’uomo che sa che tutto quello che riceve lo deve a Dio e questo è il nocciolo della sua religiosità: le sue devozioni ed i suoi sacrifici sono radicati nel profondo senso di gratitudine che egli sperimenta verso la divinità. Egli sa che in realtà non ha nulla e che quel che ha in usufrutto non proviene da un diritto personale ma dalla sola generosità del Signore, il Quale dà e toglie nella Sua imprescrittibile libertà. L’uomo pio si concepisce come non possedente ed è sempre meravigliato dalla capacità di Dio di vestire i fiori dei campi e di nutrire gli uccelli che volano e di accudirsi di lui e dei suoi in qualunque circostanza e ne rende sempre grazia a Dio.

L’uomo pio non ammassa perché, essendo povero, sa che tutto può essergli tolto in un istante ma questo non lo preoccupa più di tanto visto che non è il proprietario di tali beni. L’uomo pio prega Dio compiendo le devozioni che lo Spirito Santo gli ispira nella coscienza secondo quel che la Chiesa istruisce, mentre offre il proprio lavoro, le proprie pene, le proprie speranze in sacrificio a Dio, cioè mettendoli nello Spazio Sacro di Dio che vi accudirà, in quanto sacrificio non significa distruzione o rinuncia ma vuol dire rendere sacro.

Ego sum pauper
Nihil habeo
Me ipsum dabo

Il povero, non avendo nulla, non ha niente da perdere e può dare ad altrui quel che è di Dio, cioè tutti i beni di cui ha avuto l’usufrutto: anzi, dando ad altrui questo usufrutto, egli lo sacralizza, lo rende spazio sacro per lui ormai inaccessibile, visto che è ad un altro. Solo il povero può essere veramente generoso, solo chi sa che tutto è a Dio, può offrirne ad altri l’usufrutto senza remore alcuna.

A questo proposito, per ben chiarire cosa sia la vera povertà, vale la pena rammentare a mo’ di illustrazione un aneddoto sentito qualche decennio fa: San Josemaria Escrivà de Balaguer si trovava con il suo segretario di allora, il Beato Alvaro del Portillo, in un rifugio per senzatetto per aiutare alla mensa, quando uno dei barboni presenti al momento di mangiare uscì un cucchiaio dalla sua bisaccia, lo guardò con tenerezza, lo usò per mangiare, e, dopo aver terminato, lo ripose gelosamente nella sua bisaccia non dopo aver mancato di guardarlo con una certa luce di concupiscenza; al che il Santo commentò che il senzatetto in questione era un ricco, anche se ricco solo di quel cucchiaio; in altre occasioni lo stesso Santo non mancò mai di lodare una certa agiatissima persona della nobiltà spagnola di allora, la quale viveva privatamente come una povera, ma non per tirchieria, bensì per esercitare più liberamente una esemplare e santificante generosità.

La povertà dell’uomo pio lo porta naturalmente ad amare e a partecipare alla Sacra Liturgia e alle devozioni proposte dalla Chiesa con dedizione e precisione. Non avendo egli stesso niente, può solo offrire che quello che lo Spirito Santo gli dà e cioè il Sacrificio stesso di Nostro Signore Gesù Cristo e la preghiera della Chiesa tutta: l’uomo pio è alquanto virile e, nella sua povera semplicità, non ha per vocazione a perdersi in riflessioni a rischio di essere autocompiacenti del proprio vuoto e che alcuni scambiano per contemplazione meditativa, ma usa delle parole dello Spirito Santo stesso per rivolgersi a Dio, nelle preghiere della Liturgia stessa, nei Salmi, dando voce hic et nunc al Cristo, il Solo veramente degno di pronunciarle sotto l’impulso dello Spirito Santo. Il Salterio ed il Rosario esprimono la sua povertà e il sacrificio che l’uomo pio compie in modo perfetto agli occhi di Dio, come anche la Santa Messa al cui Sacrificio egli si associa, non per virtù propria, ma per via dell’Obbedienza al Padre del solo Pio.

Ed è vero che i poveri sono come la carne di Cristo: le persone pie, che sono i veri poveri, sanno che non hanno niente e che tutto è concesso o tolto loro solo ad opera della giusta, misericordiosa e lungimirante opera santificante di Dio, come un’icona o una teofania del Cristo Gesù; esse sanno che tocca loro essere sempre prone a sacrificare quel che usufruiscono. Chiaramente il povero non è quello che appella a diritti che avrebbe, il che è già avere l’anima di un ricco, ma è colui che si rimette alla grazia di Dio, compiendo i propri doveri, lavorando e rispettando il bene comune.

In Pace

(Continua qui)



Categories: Filosofia, teologia e apologetica, For Men Only, Simon de Cyrène

22 replies

  1. Grazie Simon per la condivisione di questo tuo piccolo saggio. DA un lato vi ritrovo molte delle discussioni che in queste settimane abbiamo fatto privatamente, dall’altro ne godo come rilancio di quel che si sta pensando di fare.
    In attesa della seconda parte del contributo, ti segnalo un piccolo libretto che potrebbe fungere da volano per la descrizione “poetica” e simbolica di un pio, virile e povero, come qui da te descritto. Nella sua storia, seppur inventata, potresti trovare degli ottimi spunti di volo con i quali poi tentare di scalare ancora più in alto nella riflessione. O forse, più semplicemente, potrebbe farti passare una bella mezzora a leggere (o rileggere in caso -secondo me possibilissimo – tu lo conosca già) una bella vicenda.
    Venendo al dunque: Jean Giono, L’homme qui plantait des arbres.
    Qui trovi il pdf dell’originale francese (chi meglio di te può goderne): https://beq.ebooksgratuits.com/classiques/Giono-arbres.pdf
    Qui un pdf dell’ottima traduzione italiana:
    http://www.giuliotortello.it/uomo/uomo.pdf
    Ed infine segnalo, per la gioia di occhi e orecchie di tutti, il corto d’animazione di Frédérick Back, Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione nel 1988, reperibile integralmente su youtube
    https://www.youtube.com/watch?v=YIFDlYqtXDA

    LEggendoti ho subito pensato a Elzéard Bouffier. Capisco possa suonare triste che non abbia pensato a dei Santi veri, esistenti o che siano esistiti. Ma a quel film animato nessuno rimane indifferente, prova che tutti abbiamo bisogno di esempi di pii Santi e che oggi nessuno ne parla e, se se ne parla, se ne parla in modo erroneo, quasi a incolpare gli altri di non essere cosi.
    Elzéard Bouffier non chiede di seguirlo, non obbliga e non impone la sua visione. Egli fa e lascia liberi gli altri, eventualmente, di guardarlo fare. Abbiamo bisogno anche di saper narrare i SAnti di oggi (che ci sono) in questo modo. E che Dio ci dia la grazia di incontrarne alcuni sulla nostra strada.
    Buona visione!

    PS: noi ci sentiamo presto, SImon!

    • Carissimo: grazie! Hai tradotto perfettamente questo post e esprimendone le intenzioni profonde.
      Magnifico Jean Giono e, sì, Elzéard è il “pio” da imitare per fare crescere il bene in questa desolazione.
      Dopodomani, la continuazione.
      In Pace

  2. Bellissimo elogio della pietas , e bello anche il racconto di Jean Giono, dal quale si deduce che per essere pii bisogna anche possedere gli altri doni dello Spirito Santo soprattutto la fortezza.
    Tout se tient, tutto si tiene , l’ uomo pio e’ silenzioso e forte, forte e perseverante nella semplicita’ , e’ il vero Santo, come San Serafino di Sarov che abito’ per trenta anni come eremita nella foresta russa , parlando solo con gli animali selvatici e con Dio, sopravvivendo con le sue sole forze ai terribili inverni russi,
    e poi tornato fra gli uomini irraggiava una tale luce d’ amore e di soprannaturale dolcezza e mitezza dal suo solo sguardo , da convertire i cuori piu’ duri , senza bisogno di parole.

  3. il post mi piace ma ho qualche difficoltà a capire l’aneddoto su Josemaria Escrivà, e gli aneddoti enucleati dal contesto corrono il rischio di perdere del vero significato di fondo.
    La povertà di beni, quella vera che costringe alla fame ed al non saper dove dormire, non è una teoria: è una esperienza, e se non la si fa non la si può capire.

    Non a caso Gesù nel vangelo di Matteo dice :

    “16 Un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che devo fare di buono per avere la vita eterna?» 17 Gesù gli rispose: «Perché m’interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». 18 «Quali?» gli chiese. E Gesù rispose: «Questi: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso. 19 Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso». 20 E il giovane a lui: «Tutte queste cose le ho osservate; che mi manca ancora?» 21 Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi». 22 Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni.”

    Se il giovane osservava tutte queste cose poteva essere esteriormente considerato un pio. Cosa gli mancava ? Semplice : l’esperienza diretta dello stare senza beni. Dell’essere VERAMENTE , e non a parole , nelle mani di Dio.

    Ora è facile per chi mangia parlare di come si starebbe senza cibo. E’ facile per chi è ricco rinunciare ai lussi, mantenendo però il conto in banca.

    “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi».”

    Buon pomeriggio.

    • Infatti, il giovane ricco non era pio: lo fosse stato avrebbe venduto tutto e seguito Gesù.
      Il fatto che fosse un empio rattristò, infatti, Gesù.
      Grazie.
      In Pace

      • E allora non era tanto pia neppure la “agiatissima persona della nobiltà spagnola di allora, la quale viveva privatamente come una povera, ma non per tirchieria, bensì per esercitare più liberamente una esemplare e santificante generosità”
        Se era ancora agiatissima, aveva fatto come il giovane ricco.

    • Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. (Mt 19.29)
      Sei proprio sicuro di aver capito tutte le sfaccettature della povertà evangelica o consideri poveri solo gli accattoni morti di fame?

      • Di certo non considero poveri quelli che mantengono le loro sicurezze , ed allo stesso tempo fanno finta di essere disponibili a cederle dall’oggi al domani.
        E i soldi sono la più grande delle sicurezze.
        Penso che sia tu a non aver capito il senso del vangelo.
        Li dove sono le tue sicurezze su questa terra , li sta il tuo cuore.
        E se non metti mai alla prova questa parola di MT 19,29 come fai a dire che è vera ?
        È che la parola del Signore viene presa sul serio solo quando dice di fare qualcosa che ci sembra possibile fare o quando dice qualcosa che devono fare gli altri. Quando dice qualcosa che ci sembra IMPOSSIBILE allora viene interpretata.
        Il mondo ci mette davanti tante persone bisognose , e che magari non hanno fatto nulla per esserlo (basta pensare ai bambini che nascono in zone di malnutrizione . Che colpa ne hanno loro?).
        Lo sappiamo benissimo , ma voltiamo la testa. Deve forse venire Gesù in persona a dirci cosa sarebbe giusto fare ? Ma siamo TERRORIZZATI dalla paura di perdere tutti i soldi e tutte le sicurezze. Questa è la realtà caro Lorenzo.
        Bisogna cercare di guardare con gli occhi di Dio , non con i nostri sempre pieni di scuse.
        Per questo l unica preghiera incessantemente è:  » Signore Gesù Cristo abbi pietà di me che sono peccatore ». Solo questa , invece di cercare tanti voli pindarici che sono soltanto delle autoassoluzioni.

        • Forse « i soldi sono la più grande delle sicurezze » per te, ma non certamente per chi ritiene che l’unica nostra sicurezza è in Dio e che il più grande bene è l’ Amore.

          • Certamente i soldi, i beni E gli affetti sono una grande sicurezza per me. Io infatti sono un peccatore e non ho difficoltà ad ammetterlo.
            Se tu invece pensi di essere libero da questi vincoli , evidentemente non ti conosci. E come diceva Guccini : « È difficile spiegare è difficile capire, se non hai capito già  » . Se non hai capito ancora , non insisto oltre perche evidentemente non vuoi capire.

            • Empietà crogiolante di sconcezza. Com’è l’empietà vera.
              In Pace

              • Simon , confesso di non aver capito il senso del tuo intervento: a chi o a cosa si riferisca.

            • Quando anche tu, come me, avrai provato cosa significa rovistare nella spazzatura per mangiare, forse capirai che la vera povertà non è la mancanza di beni ma la mancanza di Amore.

              • Lorenzo, sinceramente mi trovo in difficoltà a seguire la tua logica.
                Quando tu parli di mancanza di Amore, parli della mancanza di Amore degli altri nei tuoi confronti. Cioè del fatto che mentre pativi la fame pativi anche la solitudine e l’abbandono ?
                Scusa ma si fa tanta confusione senza arrivare al punto :
                1) E’ difficile per tutti rinunciare ai beni essenziali (non al superfluo) . Se non fosse difficile Gesù non lo avrebbe ripetuto più volte in più occasioni. Ovviamente di parla di una Rinuncia a beni fatta per amore di Cristo, non per sport o per volontà masochiste. Non a caso Cristo non chiede semplicemente di rinunciare ai beni, ma opportunamente dice : “dateli ai poveri”.
                2) E’ difficile anche rinunciare agli affetti, per amore di Cristo . Se tua madre, tuo padre, tua moglie etc etc ti mettono i bastoni tra le ruote , facendoti sentire in colpa perchè magari li lasci soli per andare ad un pellegrinaggio, o per offrirti volontario per una opera buona, è complicato litigarci.
                3) Il Signore ci invita a metterci alla prova con queste rinunce (beni e affetti) perchè vuole darci il centuplo. Ma il centuplo è per chi rinuncia ai beni per lui! Non per chi diventa povero perchè ha investito nell’affare sbagliato, o ha giocato alla roulette e ha perso. Il centuplo è per chi ha dato i propri beni agli altri, senza pensare a se stesso. E questo vale anche per gli affetti . Il centuplo è per chi accetta il contrasto con la mamma per partire volontario o andare in seminario, non per chi ci litiga per andare a Gardaland!
                4) Il centuplo è accompagnato da persecuzioni. Perchè nessun cristiano vero può esserlo senza essere passato per la porta stretta delle prese in giro, degli sberleffi, delle incomprensioni, dell’essere considerato un fesso , un idiota, etc etc. Il cristiano non è un vincente, non è uno fico. E’ uno che segue Cristo, che è un tale che morto sulla croce come un pezzente, scartato da tutti, nonostante potesse evitarlo con lo schiocco delle dita. Se oggi il Cristianesimo è in apparente crisi è perchè ci si è totalmente dimenticati della precarietà e del disagio dei primi cristiani. Non a caso le comunità cristiane più credenti e fedeli sono quelle che vivono dove la Chiesa è perseguitata e disagiata, dove bisogna fare 100 km per una messa e magari manco tutte le settimane, dove c’è un prete ogni 50.000 persone, dove lo stato non aiuta la Chiesa, etc etc. Noi in occidente siamo diventati pigri e borghesi. Per questo ci lamentiamo.

                Per il resto la tua esperienza di bisogno (fame) spero che ti aiuti ad aprire il cuore verso quelli che oggi si trovano nella medesima condizione, invece di giudicarli pretendendo che in quella situazione si dimostrino super-santi. Se non ti è servita a questo, allora sarà stata inutile.
                Salve

                • E’ solo l’Amore che ci si porta dentro che fa di noi un ricco o un povero, non l’amore che gli altri hanno per noi.

                  1) Il superfluo?
                  « Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?
                  Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
                  Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
                  Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena. » (Mt 6.31-34)
                  2) Chi lascia soli la madre, il padre, la moglie etc etc », che hanno bisogno di lui, per andare ad un pellegrinaggio, o per offrirsi volontario per una opera buona, forse deve rileggersi il Vangelo.
                  3) Non ho mai fatto le esperienze da te indicate.
                  4) « Il centuplo è accompagnato da persecuzioni » e « nessun cristiano vero può esserlo senza essere passato per la porta stretta?
                  « Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
                  Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
                  Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». » (Mt 11.28-30)

                • Continuo ad aver difficoltà nel capirti….
                  Ripetere il vangelo è bello , ma tu mi stai forse dicendo che nella tua vita di tutti i giorni aderisci integralmente al vangelo ?
                  P.S. per il punto 2) è ovvio che non li riferisco allo stato di bisogno reale dei genitori, ma a quei tipici piccoli ricatti affettivi che vengono messi in atto da chi non vuole rinunciare a noi neppure per poco.

                • Io aderire integralmente al Vangelo?
                  Magari: vorrebbe dire che sono una persona veramente libera;
                  purtroppo sono ancora vincolato da lacci e lacciuoli…

                • Lorenzo e allora perchè riporti il vangelo e ne parli come se lo rispettassi alla lettera?
                  Quello che c’è scritto è chiaro, come è pure chiaro che rispettarlo è una grazia che parte da una fede adulta , concreta e provata, e non dalla sola conoscenza teorica.
                  Quindi non capisco perchè, se ammetti di avere lacci e lacciuoli (come tutti), ribatti ai miei commenti che dicono appunto che TUTTI ,in realtà, hanno paura di rispettare certi precetti, soprattutto quelli legati al rapporto coi beni , i soldi e gli affetti malati?
                  Buona Domenica.

  4. E’ vero che la poverta’ materiale, la miseria, la fame e’ una esperienza che chi non la vive in prima persona non puo’ capirla. Ma davvero quello che Gesu’ chiede e’ la poverta’ materiale, la fame, una vita di stenti ? Se cosi’ fosse tutti i poveri di beni, indipendentemente dalla loro vita interiore, sarebbero ipso fatto dei santi. Cosi’ non e’ : tanti sono i poveri, i miserabili e gli affamati che non sono ne’ buoni ne’ pii, che sono egoisti, corrotti e attaccati al loro poco esattamente come i ricchi al loro tanto. Quello che Gesu’ chiede al giovane ricco ed ad ognuno di noi e’ il DISTACCO dai beni materiali. Ci chiede di non essere materialisti. Ci chiede di porre lo Spirito sopra la carne. Quello che lo stesso San Paolo dice : se anche dessi tutti i miei beni ai poveri e persino la mia vita ma non ho l’ Amore sono un cembalo che tintinna. Ben lo compresero i santi eremiti del deserto, alcuni dei quali ammisero che il vivere nel deserto e spogliati di tutto non valeva nulla e meglio avrebbero fatto a rimanere nel mondo, se il loro cuore continuava ad essere interiormente attaccato ai beni materiali. Lo stesso insegno’ San Francesco ai suoi frati. Lo stesso vissero grandi santi che si fecero si’ poveri ma soprattutto che erano distaccati da tutto per amore di Dio . “ Cerco Dio solo”
    Ed e’ vero dunque che e’ difficile fare l’esperienza della poverta’ estrema di beni, ma ben piu’ difficile e’ fare l’ esperienza del DISTACCO cioe dell’ estinzione dell’ attaccamento per i beni materiali, che non sono solo i soldi ma tante altre cose. Chi di noi piuo’ dire di aver fatto questa esperienza? Io non sono ancora giunto a tale perfezione e non perche’ ’ sia ricco, ma perche’ mi e’ difficile rinunciare al mio Io e alle cose per Dio.

    • Ottimo commento sopratutto le due ultime righe . « mi e’ difficile rinunciare al mio Io e alle cose per Dio. »
      Questo è il sunto della nostra povertà di spirito. Ma bisogna chiedere a Dio che ci strappi dal nostro attaccamento , perché è proprio quello che ci impedisce di capire l’amore di Dio. È una strada stretta, ma forse il Signore ce l ha nascosta? Non c è un solo santo che sia diventato santo senza passare attraverso l’esperienza del bisogno e della precarieta fisica.
      Ecco perché la nostra fede è spesso superficiale : non abbiamo verificato con mano l’esistenza della provvidenza. E così facendo abbiamo fatto 2 danni :
      1) non abbiamo provato l’amore di Dio , quello vero , che ti da la certezza della sua esistenza
      2) non siamo stati strumento di provvidenza per gli altri ! Perché altri potessero fare questa esperienza.
      Buona sera

  5. Bellissimo post. Perfetto anche l’aneddoto su San Escrivà. Tutti i cattolici dovrebbero rileggere con attenzione la Familiaris Consortio, dove San Giovannipaolo II il Grande fissa in modo definitivo come dev’essere la vita famigliare cristiana.

Scopri di più da Croce-Via

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading