Il nichilismo come causa della crisi economica – 3° parte

“Veniamo ora all’ultima parte del nostro discorso nella quale illustrerò come il nichilismo abbia squilibrato anche l’uomo da un punto di vista economico. Questo ci permetterà di chiarire quale sia a mio avviso l’unico modo per uscire da questa situazione.

Un appunto: semplificherò il discorso che segue per renderlo chiaro a questo consesso che non è né accademico né di esperti, ma se ci pensate bene quello che andrò a dire contiene una buona dose di verità.

L’uomo sotto il profilo economico ha tre dimensioni. Tre dimensioni dicevo: l’uomo produttore che lavora, l’uomo consumatore che acquista e infine l’uomo risparmiatore che investe. 30 anni fa l’uomo economico aveva le sue tre dimensioni fra di loro omogenee e coerenti. Adesso le tre dimensioni sono in conflitto e ve lo illustro con uno stupido esempio che chiarisce: 30 anni fa l’operaio della FIAT lavorava in FIAT, comperava con il suo stipendio la FIAT ed investiva i suoi risparmi nel titolo FIAT. Oggi, se lavora, lavora per la FIAT (ricordo che parla nel 2012 ndr), compera la Toyota perché gli costa meno e investe in titoli Toyota perché sono quelli che rendono di più. La FIAT non vende più la macchina al suo operaio e nemmeno riceve i suoi risparmi come investimento in borsa, fallisce e l’operaio si ritrova a piedi, non consuma più e nemmeno risparmia.

Nel mondo globale se le tre dimensioni entrano in conflitto, cioè lavoro qui, ma compero da altre parti e o investo da un’altra parte, si spacca tutto il sistema. Ed è questo quello che abbiamo creato. Noi in Italia ancora ce la caviamo perché si lavora per il 60% in imprese protette del mercato domestico, vale a dire che il 45% dei lavoratori italiani lavorano in qualche modo direttamente o indirettamente per la pubblica amministrazione, per le municipalità o per lo stato. Questo finché non arriverà la vera spending review.

L’unica cosa da fare è ricostituire l’unitarietà del lavoro dell’uomo. Questo non significa vietare alle persone di investire nella Toyota o nella Cola, bensì rendere competitivo il lavoro e l’investimento qui. E per farlo dovremmo come minimo rifare una riforma del lavoro e quindi andare a rinegoziare il patto di stabilità e il fiscal compact, cioè il fatto che dal 2015 l’Italia è tenuta a restituire all’Europa 50 miliardi all’anno per 20 anni. E dove li va a prendere? E questo l’ha firmato il signor Monti. Questo come minimo. Poi bisognerebbe risparmiare di più e consumare di meno e se possibile consumare per quanto si può solo cose prodotte dal nostro paese. Che è una cosa brutta da farsi, ma siamo in emergenza. Ma questo è un discorso che esula da tutto, lasciamo perdere.

Torniamo a bomba al punto: non fare figli produce l’impossibilità futura di fare figli, cioè l’impossibilità di mantenerli. Non solo, ma non fare figli significa anche la fine di un cultura. E questo è un punto fondamentale.

Con la delocalizzazione abbiamo portato la produzione “fuori” e con essa anche la ricchezza del lavoro produttivo legato ad essa. Abbiamo investito in altri paesi in risorse, capacità, tecnologia, risorse umane e così via. Quindi abbiamo spaccato il mondo in due: noi che siamo consumatori e non più produttori, l’Asia che è produttore, ma non ancora consumatore. Questo per tenere alto il PIL di paesi in cui la natalità decresceva. La delocalizzazione ha creato ricchezza in Asia e povertà in Occidente, ma la ricchezza creata là ora sta tornando qui sotto forma di acquisti di industrie, banche e altro. Ve lo dico perché ho avuto anche mansioni di carattere istituzionale: cinesi, indiani e arabi stanno comprando tutto quello che può essere comperato in Europa. Se voi mettete in vendita qualcosa di ingente, gli unici che si fanno avanti solo loro perché sono quelli che hanno i soldi. Fra un pò quindi avranno una presenza economica fondamentale nell’Occidente.

Voi pensate che si limiteranno ad entrare economicamente in un paese senza esportare la loro cultura? Ma è ovvio: se io compro un negozio, lo arredo come voglio io! Compero un sistema economico? Voglio che quel sistema abbia la mia visione delle cose. E dato che la visione “là” è dominata da quella che noi chiamiamo “pragmatismo asiatico”, cioè quella evoluzione del taoismo, confucianesimo, buddismo, che vede l’uomo al massimo come animale intelligente, non certo uomo come figlio di Dio con una dignità altissima, la prima cosa che salterà o tenteranno di far saltare sarà la religione cattolica. E queste cose le sanno chi studia questi fenomeni, anche all’interno della gerarchia romana. Per questo sono più preoccupato per la cultura nichilista asiatica che islamica.

E’ vero che noi in quanto cattolici abbiamo la certezza del non prevalebunt, ma sono certezze che vogliono la nostra partecipazione. Non è certo la prima volta che si attentano ai valori cattolici. Ad esempio nella seconda metà dell’Ottocento sembrava che la massoneria fosse riuscita a distruggerli uno ad uno. In quei momenti prolificano le apparizioni, che infondono coraggio nelle anime e nulla è successo. O meglio, non sono riusciti in questa opera. Hanno riprovato, continuano e continueranno. Ma finora non sono riusciti. Non dobbiamo certo perdere la speranza, però ricordiamoci che quando le cose vanno male, non è colpa degli strumenti, ma è colpa degli uomini che li usano.

Ma come fare? Come si cambia l’uomo? Eccoci alla conclusione di Caritas in veritate: l’uomo deve ritrovare la Verità. E chi aiutarlo? La Chiesa, la quale deve tornare ad insegnare il Magistero, a pregare e a vivere i Sacramenti, Battesimo ed Eucarestia soprattutto. Questo lo dice in Lumen Fidei Papa Benedetto, anche se la firma finale è di Papa Francesco. E nelle ultime due righe dice: “confidiamo in nostra madre Vergine Maria, che non ci abbandonerà mai”. Ed è lei il nostro grande esempio di vita, di fiducia e di speranza. E di fede. Grazie a tutti.”

Per leggere la prima parte
Per leggere la seconda parte

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Concludo questo ciclo di articoli con un ringraziamento ai lettori che l’hanno seguito e spesso commentato appassionatamente. Gotti Tedeschi sul finire risponde ad alcune domande interessanti in modo molto chiaro, se qualcuno è interessato potremmo pensare ad un quarto appuntamento a mò d’addendum.

Lasciatemi per ora concludere qui, citando la preghiera finale dell’enciclica richiamata sul finale da Gotti Tedeschi quale ringraziamento personale al Papa che più di altri mi ha insegnato a ripensare l’oggi e a tratteggiarne i limiti, i difetti, le caratteristiche, le virtù, le speranze: il grande Benedetto XVI.

Dio lo benedica.

Aiuta, o Madre, la nostra fede!
Apri il nostro ascolto alla Parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.
Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi, uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.
Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore, perché possiamo toccarlo con la fede.
Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui, a credere nel suo amore, soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce, quando la nostra fede è chiamata a maturare.
Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.
Ricordaci che chi crede non è mai solo.
Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché Egli sia luce sul nostro cammino. E che questa luce della fede cresca sempre in noi, finché arrivi quel giorno senza tramonto, che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!



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14 replies

  1. Molto interessante è, soprattutto, il passaggio finale che recita: “Non fare figli significa anche la fine di un[a] cultura”. È, questo, un punto essenziale. A lungo andare una vertigine di denatalità com’è quella di Italia, Germania e Giappone porta all’estinzione delle rispettive culture. Permettetemi, incidentalmente, di segnalare un fatto curioso. Italia, Germania e Giappone sono nel mondo i tre grandi paesi con il più elevato indice di denatalità. Sarà soltanto un caso che si tratti delle tre ex potenze dell’Asse, cioè dei tre paesi che sono entrati nel nuovo ordine mondiale postbellico da grandi sconfitti. Qualcuno (sarà divertente indicare poi chi) ha osservato come la Seconda guerra mondiale si sia, a ben vedere, conclusa con la vittoria di due potenze non propriamente europee (e certamente non nipponiche), la Russia staliniana e gli Stati Uniti d’America, e come il dopoguerra abbia segnato l’affermarsi in Europa di culture profondamente esogene, con l’americanizzazione o la sovietizzazione dei vari paesi. Che il calo delle nascite in Italia, Germania e Giappone abbia in fondo a che fare con questo dato storico?

  2. Non direi…la denatalità Italiana e tedesca (non so quella giapponese) è molto più recente rispetto alla fine della 2^ guerra mondiale.
    L’italia fino agli anni 60/70 faceva molti figli, anche avendo perso la guerra……
    Penso che il tuo rilievo sia una semplice coincidenza.

  3. Può darsi che si tratti di una semplice coincidenza, ma forse vale la pena di esplorare l’ipotesi più a fondo. Bisogna ad esempio tenere presente che non stiamo parlando di processi istantanei. I mutamenti culturali, le alterazioni della mente collettiva, sono processi relativamente lenti. Le prime generazioni interamente postbelliche, cresciute cioè da persone (genitori, maestri, insegnanti, ecc.) formatesi nel milieu del dopoguerra, si sono affacciate nella società europea, come in quella nipponica, solo in tempi recenti.

  4. Naturalmente, si sarà già capito, il riferimento all’idea che la guerra è stata vinta (e il nuovo ordine instaurato) da potenze extraeuropee riguarda Louis Salleron, uno che fra l’altro sul malthusianesimo ebbe non poche cose da dire.

  5. Caro Minstrel,
    onestamente non sono convinto dal nesso logico tra le prime due parti della conferenza di EGT e questo finale.

    Mentre egli ha perfettamente ben stabilito il nesso tra decrescita geografica e la conseguente implacabile decrescita economica malgrado i vari giochetti utilizzati (erosione del risparmio, espatrio della produzione, accrescimenti del debito, …) per nascondere il fatto ai cittadini-elettori, egli viene in questa ultima parte con zero soluzioni se non la proposta di consumare localmente di più con il fine di invertire la bilancia tra importi ed esporti, il che mi appare come un altro giochetto delllo stesso stampo dei primi tre e che non va alla radice de problema che è, per l’appunto, la denatalità.

    Fatto sta che è ormai fattualmente impossibile per l’Europa in generale e per l’Italia, che qui ci interessa in particolare, risolvere questo probema di denatalità: i dadi sono tratti, con meno di 1.5 bambini per donna per la terza generazone di seguito, per poter “resistere” alla crescita della popolazione africana e asiatica durante lo stesso periodo, bisognerebbe da oggi in poi che ogni donna generasse 7.8 bambini in media. Questo non avverrà e, personalmente non ho dubbi che questo secolo non passerà senza aver visto la fine demografica, economica e culturale dell’Europa nichilista che impera dagli anni anni ’60 in qua.

    Non c’è soluzione economica, gli assi decisionali, finanziari, demografici sono già spostati sotto altri cieli: il PIL reale è destinato a diminuire drasticamente se non si accetta un’immigrazione massiva, capace di rimpiazzare la differenza di popolazione mancante tra i bambini che avrebbero dovuto nascere dalla fine degli anni sessanta ad oggi e che la criminale apostasi europea ha impedito di apparire.

    L’intelligenza vorrebbe qui che lo sforzo nazionale si porti sulla scelta dei “buoni” migranti, la loro perfetta integrazione, a medio e lungo termine, sociale, culturale (e religiosa?) ed economica: questa è la sola soluzione razionale a corto termine e mi dispiace che EGT non la percepisca. Un’altra, più drastica, proposta da Jacques Attali e i sui compagnucci di loggia, sarebbe di eutanizzare tutte le persone anziane senza capitale sufficiente o lavoro, sistematicamente, permettendo così un raddrizzamento “dinamico” della piramide delle età.

    A queste conclusioni, ci hanno condotto tutti coloro che hanno propagandato e adottato la mentalità contraccettiva: e quando pensiamo che tanti collaborazionisti a questa ideologia si ritrovano anche nella gerarchia della Chiesa c’è di che farci accamponire la pelle, e non solo…

    A livello planetario poi il problema è molto più grave: come ben esposto da EGT, “non fare figli produce l’impossibilità futura di fare figli” , orbene già oggi sappiamo quanti ottagenari, nonagenari e centenari ci saranno nel 2100 sul pianeta terra, già oggi sappiamo che la popolazione mondiale arriverà ad un massimo di 9.5-10 miliardi circa nel 2050 e che una decrescita è già previdibile per ritrovarsi nel 2100 con circa la stessa popoazione odierna, cioè 7.5 miliardi, di cui tantissimi vecchi. Altro che il problema di come nutrire 1000 mliiardi di umani sul nostro pianeta: in realtà non saremo più in grado di sostenere questi 7.5 miliardi, e non potendo accogliere migranti marziani e di Alpha Centauri 32B, andremo ineluttabilmente verso la fine del genere umano, il che avverrà, secondo alcune proiezioni, negli anni 2300-2350.

    E pensare che qualche anno fa, un capo della Chiesa cattolica ben poco ispirato dallo Spirito Santo osò parlare con sprezzante dispregio dei conigli …

    In Pace

    • In un’altra conferenza dice una cosa tipo: “altro che ci pagheranno le pensioni, se dovessimo ripristinare il gap l’immigrazione dovrebbe essere di solo laureati da subito occupare nell’ordine dei 25 milioni di persone…”
      Unico commento possibile? Sti cazzi.

      • Mah, infatti, caro Minstrel a volte nella vita bisogna riconoscere che non c’è via di uscita e questa problematica demografica è per sua natura un’onda lunga che involve tre a quattro generazioni successive: per risoverla bisogna essere capaci di uscire dai modi di pensare usuali.

        Se però guardiamo bene a quel che stiamo “perdendo” non è il messaggio cristiano nè la possibiità di Salvezza che ci offre la Croce, ma il nostro stile di vita e di pensare europeo: restiamo però oggettivi, quanti tra i nostri compatrioti vivono della cultura europea “vera”, cioè quella impregnata di greco, latino, filosofia realista, cristianesimo? Quasi nessuno. Gi stili di vita che hanno fatto l’Europa e l’Italia sono già tutti scomparsi e quel che invece esiste in concreto è un’Europa atea, anti-cristiana, anti-filosofica, anti-culturale, anti-cultuale, anti-morale, anti-naturale.

        Non sbagliamoci di ottica: quel che sparisce sotto nostri occhi è questa Europa miope, egoista e sterile, che è un aborto della grande storia europea. Personalmente dico: macchissenefrega? Questa Europa è nata nel sangue dei sui figli prima durante le guerre mondiali, poi negli aborti e eutanasie e nella sua propria autocastrazione contraccettiva.

        Guardiamo più in là che è molto più interessante: creiamo comunità con le nostre famiglie, amici e anche stranieri dove ci impegnamo per davvero a vivere valori culturali densi e portanti, una vita sprituale intorno a Cristo, un’economia di parsimonia generosa, con il fine di essere come i chicchi di uva nel gigantesco panettone dell’umanità.

        In Pace

  6. Avanzare previsioni in termini di secoli, almeno per quel che concerne i fenomeni legati all’uomo e ai suoi comportamenti, è piuttosto azzardato. Questo perché le dinamiche umane non sono affatto lineari, né inquadrabili in schemi d’analisi di carattere prevalentemente o esclusivamente quantitativo. Non a caso uno dei più efficaci rilievi mossi contro le tesi demografiche malthusiane già poco dopo la loro formulazione era che le previsioni di Malthus non tenevano conto della creatività umana, della capacità dell’uomo di escogitare soluzioni atte a scongiurare sia l’erosione sia l’esaurimento delle risorse disponibili all’uomo.

    La questione demografica, d’altra parte, è molto delicata e tocca a fondo la nostra sensibilità, inducendo in qualche caso a confondere l’analisi con il giudizio (condanna o esaltazione che sia) e la previsione con l’auspicio (maledizione o buonaugurio che sia).

    Senza dubbio una ragionevole acquisizione di immigrati da parte dei paesi in crisi di natalità, magari nell’attesa che questi stessi paesi si decidano, una buona volta, a varare politiche di incentivo alla natalità autoctona, rappresenta una valida strategia. Si tratta, naturalmente, di scegliere chi lasciar entrare (già, perché di questo si tratta: entrare in uno spazio sociale, culturale, economico e territoriale; del resto l’acronimo PIL, che di cui stiamo usando e abusando a volontà, non significa forse Prodotto Interno Lordo?). Il vero punto, quindi, non è bloccare totalmente i flussi migratori, bensì governarli, contingentarli, filtrarli, modularli.

    P.S. Credo che l’allusione ai conigli intendesse, se il contesto è quello che ricordo io, marcare la differenza fra la proliferazione ragionata e responsabile che dovrebbe appartenere a un essere razionale com’è l’uomo e la proliferazione istintiva e irriflessa propria degli animali, in particolare di quelle specie che tendono a moltiplicarsi in modo, per così dire, infestante (nel caso dei mammiferi, topi, conigli e altri roditori).

  7. Quella che leggiamo sopra è un’idea non priva di un suo fondamento. Ha anche una sua lodevole ascendenza tradizionale: lasciare che il mondo corrotto si perda nella sua autodistruttiva corruzione e stingersi in piccole comunità capaci di portare avanti e, se possibile anche fuori, la civiltà ricevuta dai secoli passati. È già accaduto nella storia europea, anche se i monaci rinserrati negli scriptoria in cui si cercava di preservare l’umanismo della classicità curavano di trasmettere alle generazioni future la cultura umanistica senza particolari filtri di sottogenere (ci hanno trasmesso Eraclito come Parmenide, Aristotele, come Platone, Alessandro di Afrodisia come Plotino, Aristofane come Euripide, Virgilio come Lucrezio, Persio come Catullo…: la filosofia, il teatro, la poesia, la storiografia, un intero sistema di civiltà, percepito come tale e come tale custodito, senza specificazioni sottogeneriche del tipo: “poesia sacra”, “filosofia realista”, “teatro edificante”, ecc.). E certo i bravi monaci di quei secoli lontani non si occupavano di prodotti interni lordi (si occupavano, in compenso, di invasioni, dalle quali avevano buona cura di proteggersi costruendo i loro monasteri in luoghi non troppo facilmente accessibili).

    Il fatto è che la barbarie dei nostri giorni ha una capacità d’azione molto più ampia, profonda e capillare della barbarie di oltre un millennio fa. Siamo così sicuri che una scrollatina di spalle, un macchisenefrega consentano poi al nostro campo di sopravvivere, prosperare, riaffermarsi? L’atto responsabilità cui oggi i cittadini di buona volontà degli Stati europei sono chiamati dev’essere più alto, più serio, più impegnativo di un facile, sterile: “Alla malora!”.

    • I monaci hanno traghettato la morente società pagana fino a noi. Anzi è dall’incontro tra questa grande cultura morente le popolazioni barbariche e il cristianesimo che è nata una nuova società e la stessa Europa.
      Potrebbe succede di nuovo. Certo i momenti di passaggio sono duri soprattutto per le persone più fragili, però nel tempo…..

      • È così. Il compito principale di chi è cosciente della grande civiltà europea (e in particolare di quella italiana, che ne è il faro e la punta di diamante) ha oggi il compito di custodire e tramandare, fosse anche a pochi. Credo che lo si possa e lo si debba fare senza bisogno di giocare allo sfascio o di lanciare vacui, spietati e sprezzanti anatemi sui propri concittadini. Più che puntare a svolgere il ruolo dell’uva di Corinto incistata nella compagine dolciastra di un dolce mediocre, credo che l’equivalente moderno del monaco debba proporsi di svolgere la funzione della pasta madre, quel frammento di pasta lavorata e lievitata che, preservandosi, consente la felice lievitazione degli impasti futuri.

        • Al riguardo stiamo entrando in pieno nella disputa tutta contemporanea della cosiddetta “opzione benedetto” sulla quale sto preparando un articolo sempre legato ad una conferenza. A breve su queste colonne, stay tuned! 😉

  8. OK, Miinstrel. Lo leggerò con interesse.

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