Don Martino e la Divina Provvidenza

inondazione

OHT-Office for a Human Theatre, Curon-Graun. Storia di un villaggio affogato. Teatro Sociale, Trento 2018. Photo Michele Purin

Alcuni commenti dedicati allo Spirito Santo e al suo operare nella realtà apparsi nell’articolo precedente, mi hanno fatto venire in mente una barzelletta forse fin troppo famosa dedicata alla Divina Provvidenza, sempre godibile per l’aiuto che ci dà nel riflettere sull’agire di Dio, l’agire dell’uomo e la sua libertà. La propongo sulla scorta di quell’umorismo che risulta necessario nei momenti bui, come dichiara Don Ariel.

Buona (è il caso di dirlo) risata a tutti!

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Don Martino sta preparando l’omelia della domenica seguente dedicata alla Divina Provvidenza quando ecco che, a causa delle piogge torrenziali, il fiume rompe gli argini e comincia ad inondare il paese intero.

Passa una prima barca e trova Don Martino circondato dall’acqua, intento a scrivere sopra il suo tavolo di legno. “Don Martino, lasci tutto e venga con noi, è pericoloso!” e Don Martino: “No! Io mi fido della Provvidenza, la Provvidenza mi salverà!”

L’acqua continua a salire e Don Martino è costretto a salire sul tetto mentre, ispiratissimo, si ostina a scrivere la sua omelia.

Passa una seconda barca e gli uomini urlano a gran voce: “Don Martino, venga con noi, lasci tutto, è davvero pericoloso!” e Don Martino: “NO! Ho detto che mi fido della Provvidenza, la Provvidenza mi salverà!”.

L’acqua non si ferma, sale sale sale fino al culmine del campanile.

Passa una terza barca: “Don Martino, non c’è più tempo, venga sulla barca altrimenti morirà!” e Don Martino, ostinato, aggrappato ad una campana: “NO! Io mi fido della Provvidenza, la Provvidenza mi salverà!”.

Oh, si è salvato tutto il paese, tranne Don Martino…

Il quale, buono come era, sale in Paradiso e chiede subito udienza a Gesù.

“Signore” dice lui “io mi fidavo, perché non hai fatto niente?”
e Gesù: “Ma Don Martino, in realtà io… ti ho mandato tre barche!”



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14 replies

  1. “Aiutati, che Dio ti aiuta.”
    Quale profonda intuizione teologica è sottesa ad un detto in apparenza tanto banale!

  2. Ottima storiella. Alcuni vorrebbero un un agire magico dello Spirito Santo, quello che che don Ariel chiama “alla mago merlino”
    Nella storiella suddetta non una prosaica barca anzi tre barche che sono guidate prosaicamente da uomini , ma un intervento divino “diretto” come un angelo che viene a salvare Don Martino e a sollevarlo in aria portandolo all’asciutto.
    E’ una della tre tentazione di Cristo.” Buttati da questo pinnacolo perchè sta’ scritto che Dio ti salvera’ e darà ordine ai suoi angeli di farti posare dolcemente a terra ”
    Al giorno d’oggi cedono a questa tentazione tutti quelli che credono che la situazione disastrata della Chiesa sarà risanata “miracolosamente ” da un intervento dello Spirito Santo , senza rendersi conto che lo Spirito Santo agisce negli uomini concreti, e con gli uomini, non loro malgrado.
    Quelli che non prestano attenzione agli interventi dello Spirito Santo sotto forma di barche di salvataggio perchè troppo prosaiche. eppure di scialuppe di salvataggio ce ne sono state! Una di queste , l’elezione di Benedetto XVI , non solo non è stata vissuta per quel che era cioè un’ occasione enorme per la salvezza della Chiesa e il repulisti dalla corruzione dei prelati indegni, , ma è stata sprecata malamente e ostacolata in tutti i modi portando alle dimissioni precoci di un pontefice che molto poteva ancora fare per il bene della Chiesa e che forse ci era stato mandato proprio per questo. Abbiamo sprecato l’occasione. ci saranno altre scialuppe di salvataggio , ma saremo in grado di riconoscerle?

  3. Io la conoscevo con un finale più caustico, prosaico e alla “milanes”…

    San Pietro all’arrivo di Don Martino, si precipita dal Padreterno: “Signore, Signore è arrivato Don Martino che ha una rimostranza…”
    “Chi è? Il “pirla” a cui ho mandato tre barche?!” 😀

  4. “Non serve la contabilità delle nostre virtù, né un programma di ascesi, una palestra di sforzi personali o una dieta che si rinnova da un lunedì all’altro, come se la santità fosse frutto della sola volontà. La sorgente della santità è la grazia di accostarci alla gioia del Vangelo e lasciare che sia questa a invadere la nostra vita, in modo tale che non si potrà più vivere diversamente”
    Alla luce della morale della storiella narrata da minstrel, cosa si dovrebbe pensare di quanto sopra virgolettato?

    • Che come al solito è tutto un cammino fatto di buona e cattiva testimonianza tua, altrui e di buoni e cattivi tentativi tuoi e altrui. È che quando cammini veloce o in ambienti mortali e sudi tanto hai poco tempo e poca voglia di parlare, di farti invadere o di contare i passi, giusti o sbagliati che siano. Cammini. E poi a volte riposi pensando a contare, o a pensare alla tua volontà, o altre volte alla tua o altrui testimonianza e altre ancora sosti e non ci pensi, cogliendo solo dopo quel che hai donato.
      Quel che penso è che colui che ha scritto o detto queste righe in quel momento semplicemente era in sosta. Leggo, apprezzo quel che posso o voglio, colgo se ha senso per me ora e procedo.
      Sono in un momento in cui ho bisogno di più fatti e meno parole ben scritte. 😉

      • Cosa si intende per essere in sosta?

        • Mentre leggo ora quelle cose non mi dicono nulla se non un “solito concetto carino espresso con l’ascolta si fa sera”. E io ne ho piene le balle della teologia poetica dell “ascolta si fa sera”. O mi fai teologia seria da paura oppure stai zitto e mi fai testimonianza.

          • ” O mi fai teologia seria da paura oppure stai zitto e mi fai testimonianza.”

            Ho lo stesso sentimento.

    • Del virgolettato (del virgolettato) penso che all’inizio si riferisca a qualcosa che non esiste. Non esiste la “contabilità delle nostre virtù”. Esiste la virtù che come la luce ha in sè tutte le virtù. Penso che per accostarsi alla Gioia del Vangelo sia necessaria la virtù, così come per fare entrare la luce (o dare corso alla Provvidenza) si devono alzare gli scuri.

      • Scusa @t3ophilius, non comprendo bene quale virtù sia necessaria per “accostarsi alla Gioia del Vangelo”, se con questa frase intendiamo il ricevere e accettare l’Annuncio, il Kerigma, la Buona Notizia.

        E’ un Annuncio che ti può “colprie come un maglio”, piuttosto che scendere nel tuo cuore come balsamo sulle ferite.
        Spesso (grazie a Dio) raggiunge cuori che paioni sprovvisti di qualsivoglia “virtù” (come era un tempo il mio) o che posseggono virtù umane certamente non perfette.

        Potremmo dire “fu virtù non chiudere l’orecchio all’ascolto”? Non saprei, non mi sentirei di definire così la capacità di ascolto.
        Quanto appartiene alla nostra volontà e quanto ad una grazia preveniente?

        Non dimentichiamo che la Scrittura ci insegna che Dio induriva taluni cuori per Sua precisa Volontà, così anche Suo Figlio parlava perché taluni comprendessero (mai appieno, vedi i Discepoli) o non compredessero affatto.

        Ciò che è certo è che il Vangelo – e per Vangelo intendo l’Annuncio delle Buona Notizia – è azione di Dio che si compie, una azione in creatrice che tasforma e sempre impone una scelta più o meno consapevole: le tenebre o la luce.

        Una volta “introdotti alle Scritture”, e quindi anche al Vangelo inteso come parte della Bibbia, per mia esperienza, più che una qualsivoglia virtù (certo un po’ di umiltà non guasta), prevale direi la meraviglia, la gioia di una scoperta e il prendere atto, nel tempo, che la Parola è Verità e che dialoga con la tua vita (ciò vale ovviamente per tutta la Scrittura).

        • Se l’azione dipende da me ritengo che senza la virtù dell’umiltà non c’è ascolto. L’azione della Provvidenza è altra faccenda, ovviamente. Dunque i casi sono due: o non seguo la virtù e attendo che la Provvidenza provveda, o cerco la virtù e quindi inevitabilmente non potrò che accostarmi alla fonte.

          • Forme parliamo di due “tempi di ascolto” diversi…

            Piccola nota a margine: “così come per fare entrare la luce (o dare corso alla Provvidenza) si devono alzare gli scuri.”
            Alzare o abbassare gli scudi? 😉

            Perché alzarli e segno di difesa, abbassarli è segno di resa.

            • “Gli scuri” se la memoria non mi inganna sono qualcosa di analogo alle mondane “persiane” o “infissi”. Parliamo di due tempi diversi? Forse si, forse no. Io non parlo dell’ascolto ma di cosa penso sia necessario affinchè avvenga, e perduri, l’ascolto. Potrei forse accennare ad un parallelo con la parabola del seminatore e quindi con “virtù” indico il terreno che accoglie e fa mettere radici al seme.

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