Complessità e Informazione: una riflessione aristotelica – 6 bis

Minibonsai

Leggi della fisica e cause finali

 Anche se non era l’intenzione esplicita dei padri della fisica moderna che essi siano Galileo o Newton, nella testa di alcuni ideologi ateisti vi è la necessità di eliminare dal discorso scientifico la nozione stessa di causa finale e di tentare di ridurre il discorso scientifico ad una pura ricerca di cause efficienti. Questa concezione meta-scientifica appare in più modi, ad esempio nelle prese di posizione di certi evoluzionisti impregnati di ideologia darwinista che si rifiutano di voler trovare le leggi universali sottostanti ai processi evolutivi, ma anche, in modo più subdolo, nell’insegnamento anche universitario della fisica dove sono spesso  privilegiate le equazioni di moto temporali a scapito di quelle atemporali dove le traiettorie ottimali finali nei loro corrispettivi spazi di fase si deducono dall’insieme del sistema fisico considerato senza dare l’impressione soggettiva (oggettivamente sono equivalenti) che sia il passato a produrre il futuro senza che questi sia già definito.

Eppure se continuiamo ad utilizzare l’analogia simmetria-potenza come nei precedenti paragrafi, vediamo che il pensiero aristotelico ci indica che l’essenza delle cose non risiede né nella simmetria iniziale né nel caos finale ma nella rottura stessa della prima, cioè è una nozione dinamica: in Aristotele l’essenza di un ente risiede nel movimento stesso per diventare quel che sarà a simmetria rotta.

L’essenza di un ente non è quindi da cercarsi solamente nella sua causa formale, o nella sua causa materiale, e ancora meno nella sua causa efficiente, ma il più importante è nella ragione stessa della dinamica che porta a tali rotture di simmetrie: ad esempio, abbiamo visto più volte che l’aumento del volume e il conseguente abbassamento della temperatura dell’universo è quel che soddisfa il Secondo Principio della termodinamica ed questo Principio che è la Causa Finale (immanente) che permea tutto il discorso, o mito, della Storia del nostro Universo fino all’apparire degli ominidi.  Il Secondo Principio della termodinamica. esprime il fine che persegue il Creato dall’istante iniziale del Big Bang alla sua fine caotica.

Quando andiamo a guardare le leggi fisiche che descrivono il moto di un sistema fisico, la loro invarianza sotto l’azione di certe simmetrie  esprime la conservazione di certe grandezze (teorema di Noether): ad esempio invarianza di tali leggi quando si compire una traslazione ci dà la conservazione della quantità di moto, o l’invarianza nel tempo la conservazione dell’energia, o l’invarianza alla rotazione la conservazione del momento angolare, l’invarianza nel cambiamento di segno del tempo indicherebbe che non si può distinguere il passato dal futuro, le invarianze alle simmetrie di gauge la conservazione della corrente elettrica e così via.

Triplequark

Qui abbiamo un modello a tre quarks che esprime le varie simmetrie lungo certe quantità conservate, ad esempio qui rispetto alla carica elettrica Q vediamo simmetricamente che Protone e Sigma+ non sono distinguibili, Neutrone e Ksi 0,  Sigma –  e Ksi-, i Sigma 0 e Lambda.   Rispetto ad un’altra carica chiamata S(trange) invece sono in neutrone e il protone a non essere distinguibili e così via con la carica detta di Isospin. Ovviamente è nella rottura di queste simmetrie che troviamo la realtà di queste particelle.

La stragrande maggioranza delle equazioni di moto della fisica,  siano esse in meccanica classica o quantistica, in elettrodinamica o in relatività generale , sono derivate da un principio unico chiamato il principio di minima azione, inizialmente formulata da Montpertuis nel 1744 che dopo aver definito l’Azione come il prodotto della quantità di moto per la distanza percorsa (l’azione di un mobile di un kilogrammo che si sposta a 1 kilometro l’ora su cento metri è più piccola dell’azione di un mobile pesante 10 kilogrammi, spostandosi a10 km all’ora su un kilometro) ha affermato che in qualunque cambiamento nella Natura, la quantità d’azione impiegata è la minima possibile.

Questa legge è apodittica ed è un fatto, ma è anch’essa una legge che rompe la simmetria di un sistema fisico alla stessa stregua che il Secondo Principio della termodinamica: tra tutte le possibili traiettorie che un mobile potrebbe seguire (simmetria) solo quella che minimizzerà la quantità d’azione necessaria sarà scelta (rottura di simmetria).

Anche qui vediamo sorgere l’analogia con l’entropia se la consideriamo come una misura dell’informazione persa: tra tutti i cammini possibili, ormai solo uno è percorribile, alle particelle del vapore acqueo che potevano raggiungere qualunque punto del volume a disposizione, ormai solo le configurazioni spaziali corrispondenti ai cristalli di ghiaccio sono accessibili. Se il mobile considerato può scegliere tra un percorso lungo e uno breve per andare da un punto ad un altro sceglierà quello breve, tra un pendio ripido e corto e uno dolce ma lungo sceglierà il primo.

Ancora una volta vediamo che esiste sempre una causa finale che descrive il meccanismo di una rottura di simmetria.

In realtà ogni qualvolta il fisico emette una legge che è la ragione delle rotture di simmetria, cioè del passaggio dalla potenza all’atto di un sistema in realtà esprime la causa finale del sistema considerato. Non c’è Scienza, cioè non c’è vera comprensione dei meccanismi, se non si è capaci di formulare la causa finale di un sistema dato: finché si rimane all’interno di una simmetria non vi è bisogno di causa finale.

Questo è il nocciolo epistemico del lavoro scientifico quand’anche da più di un secolo in qua si faccia finta, per ragioni ideologiche, di voler affermare che la ricerca scientifica ha come solo fine lo studio delle cause efficienti: ma questo va contro l’evidenza stessa della natura dei vari oggetti considerati i quali sempre straripano dai contorni delle loro simmetrie.

Ma probabilmente la colpa di questa incomprensione viene da una “platonizzazione” dell’Aristotelismo (e del Tomismo) dovuto all’accento sempre portato sulle nozioni di forma in quanto consimili a quelle delle idee, mentre in realtà Aristotele si interessava alla spiegazione del cambiamento in quanto tale: non è interessante il punto di partenza A né quello di arrivo B, ma proprio il come si vada da A a B: lì proprio nell’andarci, risiede tutta la bellezza del pensiero dello Stagirita e che lo rende sempre moderno, perché è solo nel processo dell’andare che si stabilisce la Realtà.

Descrivere le equazioni di moto che conservano certe quantità è interessante, ma non ci danno l’essenza del sistema considerato che, appunto perché “conserva”, non cambia: la natura delle cose è invece capita in quanto cambiano e, quando cambiano, solo in funzione del loro proprio fine. È lo studio delle quattro cause, e in particolare della causa finale, che scopre la loro ragione d’essere alla causa materiale, formale e efficiente, e che conduce alla conoscenza del Reale.

Ma, ancora una volta, e ricordando articoli precedenti in questo blog, ricordiamoci che nel quadro della fisica aristotelica, l’esistenza di cause non implica per forza predizione deterministica del futuro, come invece nell’accezione newtoniana.

Caos e evoluzione

Abbiamo visto che data una simmetria iniziale, essa si può rompere in sotto simmetrie in esse contenuta, ad esempio abbiamo visto che un dodecagono si può rompere in due esagoni, poi uno dei due esagoni si può rompere in due triangoli, oppure il dodecagono si può ridurre a tre quadrati. Ma queste simmetrie di rotazioni che seguono in questo esempio le più piccole possibili senza che non ci sia perdita totale di simmetria hanno un ruolo importante, in quanto sono le ultime entità che contengono ancora informazione ridondante e in qualche modo certa: sono simmetrie primitive. Aldilà di esse il caos dell’assenza di qualunque informazione certa e dello scetticismo cognitivo.

Una struttura composta di simmetrie, primitive o no, per quanto dissimmetriche tra di loro ma altamente ordinate, sono l’espressione di una situazione complessa, che contiene informazione: se una di queste finisce per rompersi, ogni forma di informazione ad essa relativa scompare, e la struttura complessa composto da un suo elemento cessa di essere quella che è cioè per il cui fine è causata. Più una struttura è complessa più la sua essenza dipenderà dalle simmetrie primitive che lo costituiscono e in maggior pericolo di rottura, asseconda della causa finale alla quale sono sottomesse.

Vi è quindi come una finissima linea tra una struttura estremamente complessa, al massimo della sua possibile asimmetria eppure ancora ridondante nelle rimanenti informazioni che significa, e il caos dove, invece, ogni significato e ridondanza sono persi per sempre.

Tutto il processo evolutivo dal Big Bang ad oggi è la storia del raggiungimento della complessità la più dissimmetrica possibile prima della caduta nel caos è il raggiungimento di questa finissima linea all’orlo del baratro caotico che, comunque, tale un buco nero di sicuro finirà per fagocitare il tutto: per usare un’analogia cosmologica, così come c’è un orizzonte di eventi al bordo di un buco nero, così anche noi umani siamo come sul filo del baratro caotico dell’evoluzione con il nostro altissimo livello di complessità ottenuto in 14 miliardi di anni di rotture di simmetrie e di perdita di informazioni.

Ancora una volta emerge chiaramente quanto sia vana ed inconsistente la pretesa di certi evoluzionisti di matrice ideologica darwiniana e ateista, di voler far discendere l’apparire della vita e dell’intelligenza dal caos cioè dall’assenza di informazione: altrettanto chiedere ad un morto di risuscitare. Un non senso epistemico che va contro tutte le leggi della natura conosciute.

In Pace

-Fine-



Categories: Cortile dei Gentili, Filosofia, teologia e apologetica

2 replies

  1. Noi crediamo in una Persona che ha comandato ad un morto di resuscitare. Dici che sotto sotto anche loro…

    • Può far sorridere, ma chi crede che dal caos può sorgere tutto il nostro universo, ha la convinizione che un morto può risuscitare di per virtù propria.

      Forse, su un piano mistico, possiamo dire che, eppure, tale miracolo DIo lo può fare: da un universo che si muore nel caos Dio può risuscitare cieli nuovi e una terra nuova.

      In Pace

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