Edward Feser – Il gioco materialista delle tre campanelle

Rien ne va plus, les jeux sont faits!

Rien ne va plus, les jeux sont faits!

Il cosidetto “gioco delle tre campanelle” consiste nel disporre tre campanelli (o scatolette, tazze, conchiglie o gusti di noci) su un tavolo e nel nascondere sotto uno di essi un oggetto come una biglia o un pisello. Con un rapidissimo movimento delle mani si spostano poi i campanelli e quindi l’oggetto nascosto sotto uno di essi, invitando quindi il giocatore a individuare sotto quale di essi si trovi l’oggetto. Il gioco è analogo a quello delle tre carte, come è analoga la truffa che vi si cela. Cosa centra questra frode con il materialismo? Feser vuol forse esplicitare che il pensiero materialista è una frode intellettuale? Bingo!
Buona lettura, qui l’articolo originale.

Il gioco materialista delle tre campanelle

I materialisti a volte sostengono che la mente è destinata a soccombere alla spiegazione naturalistica, come è successo a tutto il resto. Come potrebbe essere l’unica a resistere? Ho sostenuto in diversi scritti (il più di recente e lungo è The Last Superstition), lungi dall’aver inferto il colpo decisivo, che l’argomentazione materialista mostra in realtà come questo pensiero sia molto molto superficiale e storicamente male informato. Esplicitamente o implicitamente, il materialismo è impregnato della concezione meccanicistica di “materia” ereditata da primi pensatori moderni come Galileo, Cartesio, Hobbes, Boyle, e Locke, dove il nucleo di questa concezione – o solo, in ogni caso, la parte di esso che è sopravvissuto nel corso i secoli – è l’idea che né esista una direzionalità o una causalità finale, né esistano nel mondo oggettivo le qualità sensoriali come il colore, odore, sapore, suono e altro, come noi li sperimentiamo, questi ultimi esistono solo nella mente di chi li percepisce. Questo significa che la materia seconda questa prospettiva viene semplicemente definita in modo tale che (a) le proprietà mentali non siano materiali per paradigma, e (b) alcune caratteristiche che il buon senso e la tradizione scolastica aveva considerato inerenti alla materia vengono ri- definite come mentali. Entrambi i punti facilitano le “spiegazioni naturalistiche” – dal momento che tutto ciò che non si adatterebbe al modello esplicativo meccanicistico naturalistico viene qui semplicemente definito come una mera proiezione mentale, non facente parte cioè del mondo materiale – e nel contempo garantiscono che la mente resista allo stesso tipo di procedura esplicativa. La mente diviene il tappeto sotto il quale si può spazzare tutto ciò che non si adatterebbe al modello naturalistico. Per definizione, per così dire, questa stessa “spazzata” non può essere applicata alla mente stessa.

Victor Reppert richiama l’attenzione dei suoi lettori sul passaggio presente nel mio libro Filosofia della mente dove ho fatto notare proprio questo punto. Punto che non è così originale. Reppert cita anche un passaggio di Richard Swinburne di L’evoluzione dell’anima dove tratta lo stesso punto. Lo stesso fa il famoso articolo di Thomas Nagel “Cosa si prova a essere un pipistrello?”. (La maggior parte dei lettori di questo articolo a torto si concentrano sull’esempio del pipistrello in sé e cavillano sulle analogie fra l’esperienza umana accoppiata alle conoscenze neuroscientifiche e quello che potrebbe consentire di dedurre sull’essere un pipistrello. Ma così facendo si perdono il punto più profondo e più devastante di Nagel il quale dimostra come il modo “oggettivo” con il quale i filosofi contemporanei tendono a concepire la materia – non solo le esperienze coscienti dei pipistrelli, ma qualsiasi stato mentale cosciente “soggettivo” – rende impossibile in linea di principio una spiegazione naturalistica della mente).

Infatti, il punto è antico quanto la filosofia moderna stessa. E ‘stato fondamentale per il pensiero del platonico di Cambridge Ralph Cudworth (1617-1689) e il cartesiano Nicolas Malebranche (1638-1715): entrambi i quali hanno infatti sottolineato che la “filosofia meccanicistica” implica necessariamente il dualismo. Il punto è inoltre quanto meno implicito in Descartes e Locke. Se avete intenzione di insistere sul fatto che la materia è incolore, inodore, insapore, composta da particelle senza suono prive di qualsiasi significato intrinseco o obiettivi di direzionalità, poi, naturalmente, qualia e intenzionalità divengono in automatico immateriali, e il colore, l’odore, gusto, suono, ecc, intese come caratteristiche oggettive della natura sarebbero semplicemente ri-definite (in termini di modelli di moto in particelle, o qualsiasi altra cosa). Da qui la ragione per cui così pochi filosofi moderni, fino a poco tempo fa, seguirono Hobbes nel suo materialismo, non è perché avevano paura di seguire le implicazioni della scienza moderna, ma proprio perché hanno seguito le sue implicazioni (questo nonostante la scienza moderna tenda ad assumere una concezione “meccanicistica” della materia dandola per scontato). A mio avviso la ragione per cui così tanti filosofi recenti hanno seguito Hobbes è che hanno dimenticato la storia e contemporaneamente non hanno riflettuto attentamente sulla concezione della materia che si sono implicitamente impegnati ad utilizzare. Quando un filosofo contemporaneo della mente con simpatie naturalistiche non riflette attentamente su questa concezione tende a questo: o a dubitare che i modelli naturalistici della mente possano davvero avere successo (come ad esempio Fodor, McGinn, e Levine fanno in modi diversi), o a suggerire che è solo attraverso lo sviluppo di una concezione radicalmente nuova della materia che il naturalismo può essere difeso (come ad esempio Nagel e Galen Strawson fanno in modi diversi), o ad adottare una qualche forma “naturalistica” di dualismo (come ad esempio Chalmers fa in modo esplicito e Searle fa implicitamente, nonostante i suoi sforzi per evitarlo).

Il risultato è che il motto materialista “tutto il resto è stato spiegato naturalisticamente” non è altro che un gioco delle tre campanelle . “Tutto il resto” è “spiegato” solo nascondendo le caratteristiche che non si spiegano, come il pisello, sotto il  guscio della mente. L’illusione funziona solo proprio perché c’è un guscio che nasconde le caratteristiche scomode e quindi richiede il dualismo. Assumere altrimenti è come assumere che questa truffa potrebbe essere effettuata nascondendo non solo i piselli, ma anche ogni guscio in un guscio (come le forme riduzioniste di materialismo effettivamente fanno in quanto presuppongono che la stessa strategia applicata per spiegare calore, colore, suono, ecc – che è il “nascondere” l’elemento soggettivo e ri-definire il fenomeno in termini meccanicistici – può essere applicato agli stati mentali stessi) o eliminando direttamente i gusci  (come eliminativismo fa in modo efficace). Nemmeno il più audace scammer da marciapiede potrebbe tentare tale follia. Per arrivare a tanto serve un intellettuale stretto nella morsa delle sue teorie…



Categories: Filosofia, teologia e apologetica

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3 replies

  1. Sempre interessante il Feser, però l’articolo fa venire l’acquolina in bocca fermandosi sul più bello 🙂
    Mi fa sorgere una domanda: siamo certi che il dualismo gnoseologico sia “errato”?
    Atto/Potenza, Materiale/Immateriale, Essere/Esistenza, Esistenza/Essenza, Forma/Sostanza, Mente/Corpo; non presentano una “dualità”?
    La stessa differenza ontologica non pone una dualità?

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