Intervista a Fulvio Di Blasi, direttore del TICenter – 02

Sempre in disputa!

Sempre in disputa!

Dopo la prima puntata, dedicata a scoprire il presente e il futuro dell’Università Online che sta fondando, continua oggi l’intervista al Presidente del Thomas International Center. In queste righe l’amico Fulvio di Blasi ci presenta una risposta al fulmicotone, da far rizzare i capelli in testa a chi ce li ha: parte col descrivere cosa è la “filosofia” tout cour e giunge quindi ad un giudizio secco sull’approccio analitico contemporaneo.
Una risposta che nasconde, credeteci, un coraggio da leoni a cui è obbligo rendere merito. Grazie Fulvio per questa lezione di coraggio! Buona lettura.

MINSTREL: Credo tu ritenga come noi che la contemporaneità possa uscire dalla spirale di contraddizioni in cui è rinchiusa riscoprendo l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino, ma in varie dispute web con altri filosofi tuoi colleghi capita di venir tacciati di archeologismo (o peggio) e a comprova di questa affermazione si dice che i tomisti in ambito accademico “sono pochi e gran poco contano”. Al di là che a noi invece ci pare d’assistere ad una rinascita di studi seri nei confronti dell’Aquinate (ad esempio con il tomismo analitico), ti chiedo: ti è mai capitato di assistere a fenomeni di chiusura simili a quelli descritti? E perché secondo te una “forma mentis” come quella tomista fa così “paura”?  Con una provocazione: che sia forse la verità stessa del reale a far paura?

FDB: Questa domanda è variegata e complessa. Vediamo un po’. Anzitutto, sì, sono convinto che San Tommaso possa restituire alla contemporaneità non poca serenità concettuale e un grande respiro sapienziale. Ma andiamo per ordine. Bisogna capire che la cultura umana è sempre impregnata di ideologia, e la filosofia non fa eccezione. L’ideologia è una sorta di religione del pensiero che vuole assolutamente credere in alcune cose ed è disposto a piegare qualsiasi logica e ragionamento pur di autoconvincersi che credere in quelle cose è una conclusione puramente razionale. Non essendo supportata dalla rivelazione di alcun Dio ma essendo mero frutto delle mode culturali, l’ideologia come tale è sempre irrazionale e sfocia sempre in qualche tipo di atteggiamento rivoluzionario e intollerante, spesso anche politico. La vera filosofia invece non è mai rivoluzionaria perché si bea semplicemente nella ricerca e nella contemplazione della verità. E siccome non serve alcun partito politico, è sempre onesta e disposta a rimettersi in discussione.

Se con una grossa pennellata (un po’ semplicistica) dovessi distinguere classicità e modernità, direi che la classicità è figlia della filosofia e la modernità dell’ideologia. La classicità osserva il mondo e l’animo umano e si chiede come stanno sul serio le cose. La modernità nasce arrabbiata fin dai suoi albori nell’umanesimo. Si nutre di pensatori arroganti e di termini il cui unico scopo è instillare concetti destabilizzanti per sconfiggere un qualche avversario cattivo. Termini come “medioevo” per esempio. Con un’altra pennellata, direi poi che la contemporaneità è un essere nato e cresciuto nella sofferenza e nella malattia causate da quelle ideologie rivoluzionarie da cui ha ricevuto il latte materno. L’apice di questa sofferenza sono state le guerre mondiali e il comunismo. Sotto questo profilo, la contemporaneità è finita nel 1989, con la caduta del muro della più grande ideologia e religione laica moderna. Sono tanti i “credenti” in questa religione che hanno perso la fede dopo il 1989. La perdita della fede però non ha cancellato le conseguenze sociali e culturali delle ideologie. Non vorrei però ridurre il discorso al comunismo e ai totalitarismi del novecento. A me personalmente tutto il percorso della modernità, pur frastagliato di spunti geniali, appare come un susseguirsi di eccessi ideologici che si autoesaltano e frustrano a vicenda. Si scaldano i motori con un rifiuto dogmatico religioso e rabbioso della filosofia classica, per impennare repentinamente la moto della ragione “onnipotente” e andare a sbattere poco dopo contro il muro di Kierkegaard, Pascal o Nietzsche. Si celebra la ragione dei lumi e ci si suicida col romanticismo di Werther. Si esaltano i diritti universali e si creano i più forti nazionalismi della storia. Si criticano le guerre di religione e, in nome della lotta alla religione, si compiono i più grandi massacri della storia e si creano religioni di stato come quella attuale francese. In nome della neutralità si negano i diritti di libertà e di espressione del pensiero. Il colonialismo moderno è per lo più sfruttamento di risorse economiche altrui e non ha nulla degli ideali della pace universale alessandrina o romana. I secoli d’oro della magia non coincidono col medioevo ma vanno dal XV al XVII, e Galileo ci credeva. Non c’è peggior secolo buio di quello che crede di avere la luce.

Bisogna capire che il referente semantico di una serie di cose che oggi si attribuiscono al buio medioevo è in realtà spesso caratteristica precipua del moderno e del contemporaneo. La magia è un esempio ma anche la schiavitù, come la intendiamo adesso, non esisteva quasi del tutto prima del mondo moderno. Oggi infatti pensiamo allo “schiavo” come a quell’essere di dignità inferiore che veniva commercializzato nelle Americhe, ma questa nozione di schiavo prima non c’era. La schiavitù degli antichi era per lo più una forma di organizzazione politica in cui chi vinceva le guerre aveva dei vantaggi giuridici sugli altri. Gli schiavi dell’antichità erano a volte i maggiori sapienti e i migliori consulenti dei re. Gli schiavi cristiani ricevevano i sacramenti. Nel diritto romano la condizione dello schiavo (alieni iuris) era identica a quella dei figli (anch’essi alieni iuris) perché l’unico soggetto sui iuris era il pater familias. La schiavitù come ideologia secondo cui alcuni uomini sono inferiori ad altri in dignità è soprattutto una caratteristica moderna ed è ancora dura a morire. Le donne hanno dovuto aspettare così tanto per avere parità politica (parliamo della metà del novecento) che è difficile attribuire l’eguaglianza politica tra i sessi alla modernità piuttosto che al lento sviluppo dell’intera civiltà cristiana occidentale.

A parte esempi specifici di miti e ideologie moderne però c’è una questione più sottile che a me appare con estrema chiarezza quando cerco di osservare dall’alto le varie epoche del pensiero umano. Mi riferisco al fatto che nei pensatori moderni e contemporanei è in generale più facile (e inescusabile) trovare note e spunti irrazionali, ideologici e destabilizzanti da cui originano facilmente rivoluzioni e intolleranze. Aristotele è così sottile che si può discutere molto sulla questione se lui pensasse che i servi avessero minore dignità rispetto ai liberi. Io credo non lo pensasse ma in ogni caso Aristotele ha vissuto quasi 2500 anni fa. Si può essere comprensivi con lui. San Tommaso ha delle frasi sulle donne che sono ovviamente figlie del suo tempo, ma anche con lui, che ha quasi 800 anni, possiamo essere comprensivi. Ma quando si leggono frasi sulla superiore razza tedesca in giuristi e studiosi come Weber o Savigny, entrambi tra l’ottocento e la prima parte del novecento, allora bisogna veramente chiedersi quale sia stato l’effettivo apporto culturale della “ragione” moderna. L’idea che gli ebrei fossero esseri inferiori è troppo recente e ha ricevuto troppa attenzione in Europa per essere sottovalutata al livello culturale. Ma certo che Hitler ha trovato facile ispirazione in Heidegger e Nietzsche. Questi pensatori non possono essere scusati né assolti. Se Hitler avesse lavorato di più su Aristotele, Platone e San Tommaso, magari sarebbe stato lo stesso Hitler ma con meno scuse intellettualoidi dietro cui nascondersi.

Mi sono un po’ dilungato ma è perché vorrei chiarire una cosa importante. La filosofia non può che fare i conti con l’ideologia e le debolezze dell’animo umano ma non può ridursi ad esse. Un vero filosofo cerca risposte in chiunque possa dargliele e non parla di altri pensatori in termini di “vecchiume” o “archeologismo”. Un vero filosofo non studia con i paraocchi di slogan rivoluzionari come “medioevo” o “secoli bui”. Un vero filosofo si toglie sempre il cappello di fronte ai grandi colleghi della storia e cerca di imparare da essi, ovunque abbiano vissuto e in qualunque epoca; e poi non fa sconti a nessuno, vuoi che abbia vissuto 2500 anni fa vuoi che sia ancora vivente. Io ne ho conosciuti di veri filosofi, anche atei e non tomisti naturalmente, e hanno sempre parlato di Tommaso non solo con rispetto ma anche con estremo interesse. L’unico dispiacere di un vero filosofo è di non avere il tempo di studiare approfonditamente tutti i più grandi pensatori della storia.

È vero però che la maggior parte dei contemporanei sono più ideologi che filosofi, e sono più presuntuosi che intelligenti. Anche di loro ne ho incontrati tanti, troppi, e quando ne sento uno canzonare un autore come Tommaso perché vecchio o inutile, non perdo neanche il mio tempo a rispondere perché questo sì che è inutile: parlare con chi non è abbastanza intelligente per capire e apprezzare.

Mi accenni al tomismo analitico. La filosofia analitica ormai non significa quasi più nulla e questo è il segno del suo declino. Era iniziata come la versione logica dell’empirismo moderno, passando dagli atomi delle sensazioni a quelli del linguaggio, e cercando di fuggire dall’idealismo assoluto. Con Moore, Russell, Wittgenstein e il Circolo di Vienna ha avuto fasi della sua vita molto prestigiose. Ma ormai si nutre solo di moda e per lo più indica meramente l’idea che bisogna fare molta attenzione alla logica con cui articoliamo le nostre argomentazioni razionali (e quindi linguistiche).

Ricordo che qualche anno fa, sul sito del dipartimento di filosofia di Harvard, c’era una strana pagina di presentazione in cui non c’era quasi menzione della filosofia antica e medievale, e neppure di quella moderna e continentale. L’attenzione era tutta per la filosofia analitica come se tutto il resto fosse roba vecchia e inutile. Lì era possibile ottenere un dottorato in filosofia senza avere mai studiato Aristotele o Platone, figuriamoci Agostino e Tommaso. È ovvio che in un contesto del genere, quando qualcuno per caso rinviene qualche scritto di Tommaso e scopre che è estremamente “logico” e ricco di argomentazioni, se ne possa uscire con l’affermazione del secolo: “Ma Tommaso era un analitico! Esiste un tomismo analitico!” No, esiste solo l’ignoranza di un contesto storico-culturale che pian piano ricomincia a leggere i classici e inizialmente li osserva dall’unico punto di vista che gli è familiare. Tomismo analitico, per quanto mi riguarda, è un’espressione che indica solamente e unicamente il fatto che alcuni contemporanei hanno scoperto che San Tommaso era intelligente e interessante, molto più di tanti dei loro colleghi. Indica però anche il fatto che queste stesse persone osservano Tommaso dal loro limitato punto di vista, ignaro della logica con cui si fa metafisica ed etica realista. Quindi il tomismo analitico è un fenomeno apprezzabile nella misura in cui fa rileggere Tommaso a persone che senza l’egida del termine “analitico” non sarebbero interessate a leggere nulla, ma è anche un fenomeno che genera letture riduttive e spesso profondamente erronee di Tommaso. Io personalmente considero la filosofia analitica una cosa superata, non nel senso che l’attenzione per essa sta per finire o che passerà presto di moda in posti come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, ma nel senso che le persone istruite e intelligenti hanno già tutti gli strumenti per vedere con distacco questa moda e passare avanti. Posso essere brutale? Considero una perdita di tempo perfino leggere i testi dei “tomisti analitici” e, dopo diverse ore trascorse a discutere con alcuni dei loro campioni in alcuni convegni, ho deciso che è il caso di impegnare il mio tempo in cose più produttive. Questa generazione di tomisti analitici ha fatto tutto quello che ha potuto: cioè, fare riprendere in mano i testi di Tommaso a persone che altrimenti non lo avrebbero mai fatto. Ora però bisogna aspettare i loro figli per capire che l’idea stessa del tomismo analitico è moda e ideologia più che verità e concetto.

La ripresa e riscoperta di Tommaso però c’è, solo che ciò non lo si deve al tomismo analitico. Negli ultimi vent’anni gli studi e gli studiosi seri di Tommaso si sono davvero risvegliati ed il livello delle pubblicazioni è cresciuto enormemente. Quando io ero studente si brancolava nel buio in confronto ad oggi. A Notre Dame con Ralph McInerny avevamo un convegno annuale sul tomismo a cui intervenivano fior di studiosi e studenti. Anche grazie a persone come Ralph, molti giovani capaci si sono appassionati e sono oggi ottimi studiosi. Qualche anno fa, due cari amici tomisti, Michael Dauphinais e Matthew Levering mi chiesero di aiutarli a lanciare la versione americana della rivista Nova et Vetera (http://www.nvjournal.net/index.php). Fui uno dei primi Associate Editors. Da allora (non grazie a me ma allo sforzo di tanti amici e colleghi) è cresciuta moltissimo ed è un ottimo esempio dell’attuale rinascita degli studi tomisti. È vero che a volte i migliori tomisti di oggi non sono i più conosciuti, ma sono sempre di più. La ripresa di Tommaso poi si intreccia con l’eccezionale rinascita di studi seri su Aristotele, il che aumenta l’influenza del tomismo in ambito accademico. Proprio la settimana scorsa ho avuto un interessantissimo scambio di pubblicazioni con due noti studiosi di Aristotele che erano seriamente interessanti ad approfondire i legami tra lo Stagirita e il Dottore Angelico. È vero, molti servitori delle ideologie contemporanee cercano di ignorare Tommaso in molti dipartimenti di filosofia sia in Europa che in America, ma i filosofi seri non sottovalutano l’importanza del tomismo, oggi più che mai.

Mi chiedi se l’Aquinate fa paura. In parte ti ho già risposto. Egli non fa paura a nessun vero filosofo e studioso perché l’idea stessa di aver paura di un pensatore è contraria ai concetti di filosofia e di cultura. La verità non può fare paura per definizione a chi la cerca con onestà e sincerità. La verità poi si nutre del dibattito con le opinioni altrui. In un noto passo del De Perfectione Spiritualis Vitae (cap. 26) Tommaso dichiara di essere contentissimo delle critiche perché non c’è modo migliore di avvicinarsi alla verità che nel dibattito con le opinioni contrarie.

Però Tommaso fa paura agli ideologi, e sono tanti. Molti sono cattolici che vorrebbero vedere la Chiesa cambiare alcune delle sue verità fondamentali di fede e di morale. Queste persone vedono Tommaso come il più grande nemico dei loro piani destabilizzanti e si rodono ogni volta che vedono il dibattito su Tommaso dominare alcune discussioni pubbliche. La mia esperienza è che i nemici più insidiosi di Tommaso sono dentro la Chiesa, dove si crea tensione tra la fede di alcuni e quella di altri. In questi luoghi il dibattito non è più filosofico e veritativo ma ideologico e politico. La Chiesa come tale invece non è mai stata così chiara sull’importanza di Tommaso come negli ultimi quaranta o cinquant’anni. I documenti chiave del Magistero sono profondamente tomisti e non potrebbe essere altrimenti. In ambito filosofico e teologico, Tommaso è e resterà il principale punto di riferimento della dottrina cattolica. Devo riconoscere quindi a quegli ideologi che hanno ragione ad aver paura, ma che i loro tentativi destabilizzanti resteranno frustrati. Fuori della Chiesa, invece, Tommaso fa infuriare tutti quegli pseudo intellettuali che odiano il cattolicesimo e che (anche loro a ragione) vedono in Tommaso il punto di maggiore forza del pensiero cattolico. Per la stessa ragione per cui vorrebbero vedere la Chiesa cattolica scomparire, queste persone rosicano ogni volta che qualcuno cita o dà importanza a Tommaso. Ho presente uno di questi ideologi che è riuscito a scrivere un intero manuale di storia della filosofia dedicando solo poche righe di una sola pagina a Tommaso. Paccottiglia! Con questa gente non vale la pena discutere perché non sono intellettuali onesti e non cercano la verità, cercano solo di portare avanti una qualche agenda politico ideologica e sono disposti a qualunque menzogna e travisamento pur di farlo.



Categories: Filosofia, teologia e apologetica

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , ,

7 replies

  1. L’ha ribloggato su Blog di Salvow.

  2. Non capisco questo giudizio cosi’ ingeneroso verso personaggi tipo Haldane, Strump, Feser etc (per citare alcuni tomisti analitici) , verso il tomismo analitico e la filosofia analitica in genere; Io mi ritengo un filosofo analitico, e filosofia analitica, per quanto mi riguarda, e’ un modo di fare filosofia che si oppone all’ermeneutica e allo storicismo continentali; e’ fare filosofia occupandosi di problemi (cos’e’ il bene-la conoscenza- etc) opposto all’interpretazione dell’interpretazione dell’interpretazione di un autore X o Y, e’ chiarezza,( o tentativo di) e sintesi opposta a oscuri libroni di migliaia di pagine piene di nulla, etc etc. In questo Tommaso , e qualsiasi filosofo degno di questo nome, e’ a mio avviso analitico, e puo[‘ dare alla filosofia analitica stimoli e spunti interessantissimi, anche solo per mostrare la pochezza di alcuni problemi ‘classici’ della filosofia contemporanea. Il Tomismo analitico cerca appunto di mostrare come ‘studiare Tommaso’ non significhi perdersi nelle eterne diatribe tra varie scuole interpretative ma utilizzare gli strumenti concettuali aristotelico tomisti per rispondere a problematiche attuali e a cui le altre tradizioni filosofiche, semplicemente, non sanno rispondere adeguatamente. cosa c’e’ di male in tutto cio’?

    • Claudio, carissimo, innanzitutto bentrovato e… auguri! 😀
      Ti copio incollo la risposta che Fulvio mi ha fatto pervenire da poche ore via mail, si scusa di non intervenire direttamente, ma è impegnato con una serie di pubblicazioni che vanno da essere finite. 🙂

      “Grazie del commento Claudio Salvatore. Credo che le sue affermazioni confermino quello che volevo dire io: cioè, che ormai molti fanno filosofia analitica intendendola meramente come applicazione di una logica rigorosa ai vari argomenti della filosofia. Benissimo, io apprezzo e celebro chiunque faccia filosofia in questo modo e sono d’accordo che è conforme sia ad Aristotele che a Tommaso. In questo senso sono anche io un filosofo analitico. Questo è però anche il motivo della decadenza del concetto di filosofia analitica che era invece nata e cresciuta in un contesto neo empirista logico che nulla ha a che vedere con la filosofia classica. Si pensi, ad esempio, che uno dei dogmi della (vera) filosofia analitica è la legge di Hume – cioè, l’impossibilità logica di passare dai fatti ai valori –, che rispetto alla filosofia classica aristotelico tomista implica un’enorme confusione tra i concetti di fatto e di essere, nonché una visione del mondo in cui esistono solo le sensazioni o gli atomi linguistici. Un vero filosofo analitico, anche oggi, non rinuncerà mai alla legge di Hume e non capirà mai Aristotele e San Tommaso. Credo di poter dire che alcuni tomisti di oggi (più o meno consapevolmente) usano l’espressione filosofia analitica come elemento di marketing. D’altronde nella maggior parte delle università americane non si può essere assunti se non si fa filosofia analitica (e io ho conosciuto più di un dottorando che ha dovuto abbandonare gli studi classici del tomismo per poter trovare lavoro). In questa categoria metterei per esempio John Haldane. Di Edwad Feser ho scritto uno dei giudizi che appaiono nel retro di copertina del suo primo libro introduttivo a Tommaso, che non giudicherei mai un testo di “filosofia analitica”. Eleonore Stump è invece più analitica nel senso vero del termine, cioè in quel senso che rende difficile capire sul serio la metafisica e l’etica di Tommaso. Lei è una di quelle autrici che io non consiglio a chi voglia sul serio capire il Dottore Angelico.
      Fulvio di Blasi”

      • Il fraintendimento credo sia nato dal fatto che lui parla di filosofia analitica ‘in senso stretto’ (quindi Russell Moore Wittgenstein del Tractatus, etc, piu’ il padre nobile di questa tradizione che e’ appunto Hume, positivisti logici , Quine…) io in senso lato (chiunque non faccia storia della filosofia o ermeneutiche varie per me e’ analitico).Feser stesso viene da quella tradizione li, l’ha contestata grazie agli strumenti offerti dal tomismo ma anche vari analitici (come Searle) cercano (con scarsi risultati) di rifiutare la is-ought distinction . Comunque, ringrazia il prof. da parte mia !

    • Ecco la tagline di Fulvio sul libro Aquinas di Feser: “A useful and easy to read introduction. Students and scholars will find [this] highly beneficial.” — Fulvio di Blasi, President, Thomas International

      🙂

  3. Personalmente debbo dire che mi ritrovo totalmente nella risposta di Fulvio: condivido l’essenza delle sue analisi e sono contentissimo di vedere questa collaborazione tra lui e Croce-Via svilupparsi.

    È tempo di creare un ambiente, un sottobosco culturale sano in particolare sulla rete e questo vuol dire creare una comunità di “filosofi” e non di ideologhi che non hanno paura della verità e che non si lasciano abbindolare dalle ideologie: e questo è il progetto stesso di Croce Via e con piacere vedo, ad un altro livello , quello del TIC dell’amico Fulvio.

    Vorrei sottolineare un punto e cioè che l’essere aristotelici e tomisti è uno stato d’animo: è la capacità di guardare al di fuori d sé stessi, al Reale, con stupore, è lasciarsi guidare dal concreto ed è essere modesti di fronte al factum , è ammettere che la verità è nell’atto di sottomissione dell’idea al dato e non il contrario.

    L’aristotelico-tomista è intrinsecamente intellettualmente umile, non ha un’agenda personale da difendere ma desidera incontrare quel che è per quel che è in quel che è : per un blog cattolico come il nostro è il solo atteggiamento che sposa la richiesta di decentramento da noi stessi sull’altro, che sia Dio o il prossimo, che ci ordina il Logos e al quale ci spinge l’Agapé.

    Detto ciò di per sua natura, di per il fatto che l’AT sposa naturalmente il reale, egli è chiamato ad agire su questo reale, non contro di esso, ma assieme ad esso: per questo è importante che l’AT rimanga forza propositiva e non di sola analisi.

    Con questo voglio dire che bisogna studiare Tommaso e Aristotele ma senza per forza lasciarsi rinchiudere nel linguaggio, ma essere capaci di interfacciare con il mondo attuale mandando avanti lo spirito e le scoperte di questi due giganti usando di un vocabolario rinnovato e non per forza specialistico nel nostro sottobosco anche se sempre necessario in ambito accademico.

    Grazie
    In Pace

  4. Da cattolico, non posso che complimentarmi.
    Mi limito a sottoporre alcune questioni che, per quanto non particolarmente tecnico in materia di filosofia, mi sembrano di rilievo, soprattutto in questo frangente ecclesiale.
    Il tomismo “essenziale”, vale a dire la “filosofia dell’essere” (aldilà delle differenze tra singoli studiosi) è sottoposto oggi a diverse (malevoli) critiche di fondo.
    Per esempio (magari in nome del “primato della realtà sull’idea” e “primato del tempo sullo spazio”), il tomismo ortodosso viene accusato di rendere impossibile o difficilissimo rapportare la prospettiva della “oggettività essere” e con quella della “soggettività del tempo” (cfr. le attuali implicazioni di ordine teologico, filosofico, morale…: il tomista sarebbe – cito da un noto intellettuale dell’establishment – preda di un sofisma e di «un “non-pensiero”. Il “non-pensiero”, che ha attraversato da un secolo la nostra Chiesa cattolica, si è nascosto di fronte alla realtà che cambiava e si è rifugiato in questa “ontologia statica, senza alcun divenire”. L’essere è, il non essere non è…»).
    In pratica, un modo di pensare “oggettivante”, “sinonimo di autoreferenziale”, senza relazione con la realtà, una “forzatura ontologica della realtà”: il che – credo – sarebbe davvero un brutto paradosso per qualunque filosofo dell’essere.
    In sottofondo, vi è il presupposto che la prospettiva “classica” (ergo, il tomismo) sarebbe “essenzialista” e “oggettivista”, quindi strutturalmente incapace di pensare la condizione esistenziale post-moderna, dove il “significante” prevale sul “significato”, dove l’ “interpretazione” prevale sul “fatto bruto”, il “fenomeno” prevale sul “fondamento”…
    Ciò, fino al punto da modificare – ad libitum e in qualsivoglia modo – “significati” e “fatti” e “fondamenti”(nell’ulteriore prospettiva che ogni “significante”, “interpretazione”, “fenomeno” diventi domani “significato”, “fatto bruto”, “fondamento” per successivi “significanti”, “interpretazioni”, “fenomeni” all’infinito…).
    Io credo, sempre da non tecnico di filosofia, che ogni filosofia dell’essere, realista per eccellenza, debba attrezzarsi per combattere, anche e soprattutto, questa battaglia, perché è la realtà che ce lo impone.

Scopri di più da Croce-Via

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading