Coscienza errata Dannazione certa

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Strano il concetto che sembrano sottintendere certi commenti qui e lì: se qualcuno prende liberamente e in coscienza una decisione allora questa sarebbe automaticamente moralmente buona.

È vero che una decisione moralmente buona è sempre presa liberamente ed in coscienza, ma è vero il contrario?

Una decisione ha una portata morale solamente se è libera: chiaramente qualcuno a cui si obbliga di compiere un atto buono o cattivo sotto la minaccia o la costrizione non compie un atto che si qualifica di morale in quanto l’assenza di libertà implica un’assenza di responsabilità personale circa l’atto stesso e le sue conseguenze. Quindi certo per poter dire che un azione personale qualifica per essere considerata eticamente buona o cattiva, sempre si premette la libertà dell’agente.

Quindi il fatto di poter scegliere liberamente dà ad una mia azione la possibilità di ricevere una qualifica morale, ma non la definisce. Se sono libero di rubare oppure no, questo garantisce che sono solo responsabile di tale atto e del fatto che quando avrò deciso  compierò un’azione moralmente buona o moralmente cattiva.

Diremo che la libertà è la conditio sine qua non che permette in coscienza di prendere una decisione valida eticamente: prendere una decisione vuol dire commettere un giudizio, vuol dire esercitare un atto di volontà. La coscienza di cui parliamo ovviamente non è l’autocoscienza ma:

CCC 1778 La coscienza morale è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l’uomo ha il dovere di seguire fedelmente ciò che sa essere giusto e retto. È attraverso il giudizio della propria coscienza che l’uomo percepisce e riconosce i precetti della Legge divina

Alcuni pretendono che se prendono una decisione secondo la loro coscienza allora essa è sempre moralmente buona: questo non è purtroppo sempre vero. Infatti, essendo la coscienza un giudizio è un obbligo morale della persona che ne usa di formare la propria coscienza. Infatti l’obbligo è nel fare quel che si sa essere giusto e retto: quando non si fa quel che la coscienza ci dice essere giusto e retto ovviamente commettiamo soggettivamente un un atto moralmente cattivo.

Ma quid se abbiamo tralasciato e non abbiamo coltivato la nostra coscienza a conoscere, considerare ed amare ciò che è giusto e retto?

1783 La coscienza deve essere educata e il giudizio morale illuminato. Una coscienza ben formata è retta e veritiera. Essa formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore. L’educazione della coscienza è indispensabile per esseri umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi.

1784 L’educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni essa dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un’educazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall’egoismo e dall’orgoglio, dai sensi di colpa e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L’educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore.

1785 Nella formazione della coscienza la Parola di Dio è la luce sul nostro cammino; la dobbiamo assimilare nella fede e nella preghiera e mettere in pratica. Dobbiamo anche esaminare la nostra coscienza rapportandoci alla croce del Signore. Siamo sorretti dai doni dello Spirito Santo, aiutati dalla testimonianza o dai consigli altrui, e guidati dall’insegnamento certo della Chiesa.

Il non voler seguire l’insegnamento certo della Chiesa conduce quindi ad avere una coscienza  deformata e questa stessa decisione porta in sé la responsabilità di tutti i peccati che si saranno compiuti per aver seguito la propria coscienza volontariamente resa inetta a giudicare rettamente di ciò che è buono e giusto.

Allora certo, la responsabilità nel peccato susseguente è diminuita visto che lo strumento del giudizio è falsato: ma in realtà questo aggrava ancora di più la decisione di non voler formare con onestà la propria coscienza nella virtù e guidati con fiducia dall’insegnamento certo della Chiesa.

 

1859 Perché il peccato sia mortale deve anche essere commesso con piena consapevolezza e pieno consenso. Presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell’atto, della sua opposizione alla Legge di Dio. Implica inoltre un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale. L’ignoranza simulata e la durezza del cuore non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono.

1860 L’ignoranza involontaria può attenuare se non annullare l’imputabilità di una colpa grave. Si presume però che nessuno ignori i principi della legge morale che sono iscritti nella coscienza di ogni uomo. Gli impulsi della sensibilità, le passioni possono ugualmente attenuare il carattere volontario e libero della colpa; come pure le pressioni esterne o le turbe patologiche. Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave.

La piena avvertenza dell’intelletto è sapere che l’azione che si compie è peccaminosa, ovvero contraria alla legge di Dio: non è una questione di convinzione personale.
Infatti per sapere che un’azione è contraria alla legge di Dio basta conoscere quel che la Chiesa insegna al proposito.

In Pace



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116 replies

  1. Del tutto vero quello che scrive Simon , lui però pone l’accento soprattutto sulla “coscienza errata”.
    io penso che bisogna porre l’accento anche su un’altra componente : la debolezza umana, o la tendenza a peccare e l’aiuto che viene dalla GRAZIA.

    Spesso l’uomo quando deve prendere una decisione sa benissimo quale è il bene, ma per debolezza o per interesse immediato sceglie il male. Persino san Paolo afferma: so quale è il bene e faccio il male.
    faccio un esempio: ci sono due persone nella stessa situazione : quella di dover rubare per non morire di fame.
    ci sarà quello che ruba per non morire di fame e ci sarà quello che piuttosto che rubare morirà di fame.
    la persona che ruba potrebbe dire all’altro: sciocco, fa’ come me! piuttosto che morire di fame ti conviene rubare.
    l’altro gli risponderebbe: preferisco morire di fame, perchè so che rubare è un male e non voglio commettere un male.
    il primo antepone l’interesse immediato e materiale all’ideale: meglio star vivi anche se si deve commettere un atto che si sa essere malvagio. Il secondo antepone l’ideale all’interesse immediato, perchè per lui l’ideale, il bene , ha più valore dell’interesse immediato.
    Si potrebbe anche fare l’esempio di una donna cristiana lasciata dal marito con dei figli che si unisce con un secondo compagno, anche se sa ed è convinta in coscienza che il suo matrimonio è valido ed indissolubile, ma lo fa per far avere ai figli una vita più agiata, per aver compagnia , cioè in termini materiali per interesse.
    Ci sarà sempre invece anche una seconda donna che piuttosto che vivere in adulterio preferisce vivere povera, lei e i figli, stimando la povertà meno importante che mantenersi virtuosa.
    Perchè differiscono le nostre scelte? Perchè pur sapendo cosa è il bene e cosa è il male, spesso scegliamo di fare il male? lo stesso San Paolo dice che non sa perchè fa il male che non vuole e non fa il bene che vuole.
    qui oltre alla coscienza umana c’è quello che che in passato veniva insegnato così: il cuore umano è debole e tende naturalmente a fare il male, ma la grazia di Dio lo aiuta e lo sostiene nella scelta del bene. SEMPRE.
    la Grazia di Dio non viene mai meno. Dio non chiede di fare cose al dila’ delle nostre possibilità.
    Adesso questo non si insegna più. la morale cristiana ha perso la sua dimensione trascendente per rimanere nel campo orizzontale della pura psicologia .
    Per prendere una decisione occorre una coscienza retta sì, ma occorre anche la grazia divina che viene in soccorso della nostra debolezza. Senza la grazia divina ciascuno di noi opterebbe quasi sempre per il proprio interesse immediato, con la grazia divina sono possibili atti che noi definiamo “santi”: cioè rinunciare al proprio interesse immediato, a volte a anche sacrificare la vita. senza la grazia divina nessuno avrebbe in se’ la forza di compiere questi atti.

    • Infatti, Giacomo, metti in evidenza due poli che non ho, volutamente, trattato in questo: la naturale tendenza dell’uomo a scegliere il male da un lato e, dall’altro, l’aiuto che lo Spriito Santo non manca di concedere e che è come una controbilancia al primo; il famoso discorso tra diavolo che ci induuce in tentazione e angelo custode che ci spinge a fare una scelta secondo la giustizia e la rettitudine.

      Il punto che desidero sottolineare nel post è che non è il fatto di aver deciso in coscienza che rende il nostro atto moralmente buono sul piano della nostra responsabilità, ma che questa coscienza giudichi della rettitudine e giustizia di tale scelta!

      Non condivido tanto il tuo primo esempio nell’astrattezza della sua formulazione: qualcuno che preferisce lasciarsi morire di fame piuttosto che rubare è qualcuno che va contro la virtù della giustizia, infatti non c’è paragone tra il dovere che ognuno ha di sopravvivere e il dolo di beni materiali, questi ultimi essendo sempre strumentali al primo.

      Allo stesso modo non c’è paragone possibile tra il dovere di rimane unito a Cristo e il rimanere in vita, questa seconda essendo strumentale al primo: in questo caso è ovvio che il dare la propria vita per testimoniare il Cristo è cosa buona.

      Grazie
      In Pace

      • è ovvio che il dare la propria vita per testimoniare il Cristo è cosa buona

        …e che non farlo è cosa cattiva…

      • Quindi chi dovesse essere costretto a negare Gesù , pur di rimanere in vita (per esempio un ostaggio dell’ dell’ISIS a cui minacciassero di tagliare la testa) , e poi venisse comunque ucciso senza potersi confessare, andrebbe all’inferno ?

        • Senza poter ripentirsi (confessarsi è un lusso…)! Certo che va in inferno, anzi; piuttosto, vi rimane…
          In Pace

          • Se per pentirsi si intende fare un pensiero di pentimento , che preveda che in una situazione simile tale atto non venga ripetuto, non credo lo stesso lo farebbe, perchè ricadrebbe nella stessa situazione .
            Mi piacerebbe raccogliere il parere di altri teologi sul tema….. L’eroicità è una via per la santità, ma non credo sia un obbligo.
            Tutti POSSIAMO essere santi, ma non tutti DOBBIAMO essere santi.
            Infatti se si lasciasse uccidere piuttosto che contraddire Gesù, sarebbe considerato Martire e probabilmente fatto Beato.
            Non è possibile che invece al contrario si vada all’inferno. Ci deve essere una via intermedia, o la libertà viene alterata e aver incontrato la religione cattolica diventa una condanna invece che una grazia.

            • Quello che ti manca Mentelibera è il fatto, che è dogma cattolico, che Dio non lascerà la Sua pecorella sola: l’eroicità della Santità è un OBBLIGO per ogni cattolico in quanto lo Spirito Santo è lì proprio per aiutare in questi frangenti ad affermare il Cristo a costo della propria vita.

              Non c’è via di “mezzo”: sia segui l’ispirazione onnipotente dello Spirito Santo, sia rifiuti di farlo e, liberamente e con responsabilità assumi … chi sei.

              In Pace

              • Non dubito della tua conoscenza teologca, ma dubito che tutti i Cardinali, Teologi e Vescovi del mondo darebbero la stessa interpretazione.
                E’ un caso teorico ma non poi tanto, visto i tempi che viviamo.
                Se accadesse a te, saresti pronto a morire per non contraddire Gesù ? Quanta certezza hai di questo ?

                • Ho la la sicurezza di non avere le forze per fare questa testimonianza.
                  Ho la certezza che lo Spirito Santo mi darà la Sua forza in tali circostanze.
                  Ho la convinzione che sarò pienamente libero di decidere.
                  In Pace

                  P.S.: Ci sono Cardinali la cui dottrina personale non è cattolica; in particolare quelli che non credono nell’azione dello Spirito Santo; alcuni di loro non credono che lo Spirito Santo aiuti ogni persona nel frangente specifico della loro vita; altri cardinali, solitamente seduti dirimpetto ai primi, non credono che lo Spirito Santo aiuta la Chiesa in un frangente specifico della Sua vita.

              • In tutta la tua interpretazione manca totalmente la fiducia nella Misericordia di Dio.
                Non basta dire : “ti ho dato lo spirito, se non ne approfitti è colpa tua”. Questa è una mentalità giustizialista, fondamentalmente pagana.
                Dio è quello che da lo stesso salario a chi lavora tutta la giornata o solo mezz’ora.
                Non è possibile che chi ha lavorato tutta la giornata meno un minuto, e questo minuto sia collocato all’ultimo momento della giornata, invece che al primo , venga considerato meno di chi ha lavorato mezz’ora.
                Dio sa benissimo che noi portiamo questo tesoro in vasi di creta, e che la nostra carne è il nostro limite.
                E’ vero che la parola dice se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo;
                se lo rinneghiamo, anch’egli ci rinnegherà;
                , ma rinnegare Dio sotto la minaccia della vita non è una rinnegazione libera e consapevole, ma semmai una perdita di fede nella possibilità di Dio di salvarti, davanti ad una paura terribile.
                E la parola che si applica quindi è quella che segue : se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso

                • Tenti di sviare il discorso con intervento piagnucolante.
                  Ben è stato detto che se si ripente, poco prima di morire, della sua abiura, egli si salva e sul piano della misericordia non c’è dubbio che lo Spirito Santo farà di tutto nel rispetto della libertà della persona coinvolta di spingerla al pentimento. Poi il foro interno lasciamolo a Dio stesso.

                  La Misericordia di Dio si esprime concedendo l’aiuto dello Spirito Santo al momento dato: il Signore è stato chiarissimo al soggetto. Siamo aldilà di ogni legalismo: Dio stesso ci seduce al massimo che può affinché compiamo la nostra scelta di amore per Lui.

                  D’altro canto, colui che abiura lo fa anche perché, oltre al fatto di ricevere l’aiuto totale dello Spirito Santo in quel frangente, non ha sviluppato lungo la sua vita le virtù cardinali come il coraggio e quelle teologali come la fede, la Speranza e la Carità. Quindi non è davvero nella maggioranza dei casi quel che succede a chi si è sempre sforzato di vivere virtualmente con l’aiuto della Grazia di Dio lungo tutta la Sua vita.
                  In Pace

              • Simon .
                Non capisco perchè ogni volta che qualcuno ti obietta qualcosa di logico (magari sbagliato, ma logico) il tuo livello di insopportazione si innalza e non riesci a resitere dal dare definizioni gratuite. Che significa “intervento piagnucolante” ? serve solo a innalzare lo scontro personale
                La misericordia di Dio non è solo quella che dici tu, ma è soprattuto il perdono , e non un perdono qualunque ma un perdono senza logica, 70 volte 7 (prego leggere parabola in zona MT 18, 21-35). Sei tu che ti giri la parola come ti pare, per forzare i significati che più ti fanno comodo.
                Tra l’altro non fai che dire che la Chiesa non può sbagliare, e poi sostieni che molti Cardinali (che la Chiesa ha ordinato) non saprebbero interpretare correttamente un caso come quello da me indicato.
                Inoltre vorrei proprio sapere che grado di consapevolezza teologica può avere uno a cui stanno per tagliare la testa.
                Ripeto, sarei molto curioso di sapere come altri teologi interpretano questo caso, che è molto meno banale di quello che Simon ci vuol far credere.
                Scusate se io parlo sempre di casi concreti, perchè è li che escono fuori le contraddizioni di certe interpretazioni rigide.

                • Si la Chiesa non può sbagliare, ma gli individui possono avere opinioni errate: può capitare a me, a te, ad un sacerdote, ad un vescovo, ad un cardinale ad un papa. Siamo sicuri di non sbagliare quando insegniamo condiviamo quel che la Chiesa insegna cioè quel che il Papa ed i Vescovi in unione con lui (“in corpore”) insegnano (in materie legate alla Fede e alla Morale, ovviamente). Se un Papa si esprime fuori da questo contesto; o un cardinale, o un vescovo o chicchessia è possibile che si sbagli,; se poi tale insegnamento è in opposizione a quel che la Chiesa insegna allora di sicuro è in errore.

                  Un cardinale che dicesse che non tutti i cristiani sono chiamati (vocati) all’eroismo della santità sarebbe un cardinale eretico, in quanto metterebbe limiti all’azione dello Spirito Santo stesso; oppure un altro che dicesse che un documento magisteriale ordinario o straordinario contiene errori in materia di dottrina e di morale; sarebbe anch’esso eretico in quanto metterebbe in dubbio l’assistenza dello Spirito alla Chiesa garantita da Gesù stesso. Un Papa che affermasse a titolo personale che ci si può comunicare in stato di peccato mortale sarebbe anch’esso affermando una proposizione eretica in quanto non terrebbe conto delle parole stesse di Gesù e dell’insegnamento di San Paolo.

                  Riguardi al perdono: non c’è dubbio che Dio perdona in modo irragionevole, ma sempre nel sommo rispetto della libertà umana. Se uno non chiede perdono, non c’è proprio verso di obbligarlo ad essere perdonato: quel che fa la sua essenza di essere umano, la libertà grazie alla quale l’amore è possibile, semplicemente non potrebbe sussistere.

                  Quanto al caso di chi abiura, il caso è stato contemplato nei primi secoli: chi abiura è tagliato fuori dal Corpo di Cristo. Certo che si deve pentire eppoi ci sono le considerazioni di foro interno che lasciamo volentieri a Dio. Ma qualcuno che ha vissuto tiepidamente il suo cristianesimo tutta la sua vita è “normale” che abiuri: in fin dei conti riceve il salario che si è guadagnato. Vivere tiepidamente è una abiura a fuoco lento.
                  In Pace

          • Domanda: quindi in caso sia impossibile confessarsi per motivi svariati (che non siano ovviamente la non voglia o la vergogna o la mancanza di tempo di fare due metri e andare a trovare il don ecc), potrebbe bastare per il magistero della Chiesa un pentimento interiore?

            • Certo, ma, almeno, in teoria dovrebbe essere un pentimento “perfetto” che esprime un distacco vero e totale dal male. Nella confessione tale “perfezione” nell’atto di pentimento non è richiesto e il vantaggio che se ne ritrae vanno aldilà del perdono stesso; vi sono grazie particolari in particolare nella virtù della perseveranza, ma non unicamente, che sono “garantite” nella confessione.
              In Pace

        • Mentelibera:
          La Chiesa saggiamente non parla e non si pronuncia sulla dannazione di nessuno, non conoscendo la misura della Misericordia di Dio.
          Pietro rinnegò Cristo, gli apostoli terrorizzati si nascondevano, Tommaso non credette. E sono tutti In Cielo tra i Santi. Si pentirono certo.

          • Mi sembra invece che Simon lo dia per spacciato…:-) Sei stato avvertito ? Non vuoi accettare di morire nella gloria degli angeli celesti, e preferisci vivere questa vita grama ed insulsa ? Inferno! Senza pessare per il via e prendere i 20 euro (ex dollari) .

            • Quel che ti sembra è errato.
              In Pace

            • mah… mi sembra che nel Vangelo sentenze sui singoli peccatori non vengano emesse, di dannazione non abbiamo certezze nemmeno su Giuda, quindi… (anche se una frase di Cristo non è troppo rassicurante sul suo destino finale)

  2. Ho un dubbio su questa parte, Simon:

    “Una decisione ha una portata morale solamente se è libera: chiaramente qualcuno a cui si obbliga di compiere un atto buono o cattivo sotto la minaccia o la costrizione non compie un atto che si qualifica di morale in quanto l’assenza di libertà implica un’assenza di responsabilità personale circa l’atto stesso e le sue conseguenze. Quindi certo per poter dire che un azione personale qualifica per essere considerata eticamente buona o cattiva, sempre si premette la libertà dell’agente.”

    Come si concilia questa frase con la considerazione dei lapsi, cioè di coloro che sotto minaccia sacrificarono all’imperatore nei primi secoli?
    Porto questo caso perché è noto che la Chiesa, aldilà dello spettro di posizioni più o meno rigoriste, imponeva loro di ricevere l’assoluzione, ritenendoli quindi responsabili delle loro azioni?

    • E inoltre: “minaccia” e “costrizione” e costrizione sono determinazioni generiche, e dunque suscettibili di indebite espansioni e attribuzioni (un po’ come, per ricondurci al thread precedente, il termine “rifugiati”, che propriamente dovrebbe indicare coloro che si sottraggono a una guerra, ma il cui uso è stato poi indebitamente allargato prima a chi si sottrae alla povertà, poi a chi si sottrae a condizioni economiche meno favorevoli). I moti overtoniani sono sempre in agguato.

    • Con i lapsi quest’affermazione si concilia con il fatto che vi sono diversi livelli di esercitare la libertà e vi sono differenze di qualità tra i valori morali.

      Nel mio dialogo con Giacomo ho messo in evidenza che i beni materiali sono strumentali alla vita umana e che questa è strumentale alla propria salvezza eterna: una coscienza ben formata alla rettitudine e alla giustizia da pane al pane e vino al vino.

      Se bisogna scegliere tra vivere e rubare non vi è dubbio che bisogna vivere et se bisogna scegliere tra vivere e essere uniti a Cristo bisogna scegliere Cristo.

      Qualcuno che minacciasse/ ti impedisse di prendere i tuoi beni se vuoi continuare a vivere (non ridere: è quel che vi sta preparando il Pensiero Unico, ad esempio già in Olanda spiegano ai vecchietti che più vivono più mangiano i beni della loro famiglia e quelli che la società tramite pensioni varie mette loro a disposizione mentre decidere un’eutanasia è una bella soluzione che non fa soffrire nessuno) anche se hai perso la libertà di decidere rispetto ai tuoi beni rimane sempre libero di decidere di vivere.

      Qualcuno che minaccia la tua vita non può agire sulla tua libertà ad un livello più alto di accedere ad un bene più alto che è la tua fedeltà a Cristo.

      Quindi i lapsi non avevano perso nessuna libertà quanto alla scelta del bene più grande cha è la vita eterna: il libro dei maccabei ben illustra questo punto di vista, tra altri.

      Eppure questi lapsi avevano avuto tutto l’aiuto necessario dello Spirito Santo malgrado, o a causa di, la situazione nella quale si trovavano.

      In Pace

      • Comprendo quello che dici sulla gerarchia dei beni.
        Sui due casi di esempio su cui stiamo discutendo in effetti non ho dubbi nel concordare con la tua “soluzione”.

        Supponiamo invece che dietro minaccia della vita mi venga intimato da un sadico di uccidere un’altra persona: come mi dovrei comportare in questo caso?
        E se invece di ucciderla mi chiedesse di torturarla, sempre dietro minaccia della vita?

        • La vita e l’integrità altrui è sempre più importante che la propria: infatti la nostra vita è strumentale alla vita e alla salvezza altrui.
          Questo è proprio il nocciolo del Nuovo Comandamento.
          In Pace

          • Sono d’accordo. Altrimenti sarebbe giustificato un Priebke, che disse di aver solo obbedito ad ordini a cui non poteva rifiutarsi, pena la morte.
            O tanti torturatori che obbedivano servilmente a dei tiranni.
            Oltretutto sono situazioni limite…. perchè se capitano nella realtà, vuol dire che si è deciso liberamente di aderire ad un sistema o ad un regime malvagio.

          • La vita e l’integrità altrui è sempre più importante che la propria.

            Mica vero. Prendiamo il caso della legittima difesa, nel quale la salvezza propria viene premessa a quella dell’aggressore.

            • Certo, ma esercitare la legittima difesa evita al criminale di commettere il suo crimine e di peccare ancora più gravemente contro Dio.
              Uccidendo chi ti vuole uccidere, magari lo salvi.
              In Pace

              • Perfetto. Ma tenevo che tu lo precisassi, perché da questa considerazione possono discendere molte conclusioni interessanti. Anche il concetto di legittima difesa, infatti, è sufficientemente elastico (aggiungiamoci subito, ad esempio, il tirannicidio o la pena di morte, che, come ho sempre sostenuto, è un atto di pietà nei confronti del reo).

                • Secondo me (opinione molto personale) è un atto di pietà più sicuro che l’ergastolo…
                  Comunque la dottrina della Chiesa lo accetta come moralmente possibile nelle giuste circostanze.
                  In Pace

  3. Ci sono molte cose strane in questo articolo.

    Se fosse vero quello che scrive Simon, allora GPII, pubblicando questo vademecum http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344740 , avrebbe condannato il 90% e oltre di cattolici alla dannazione.

    Li infatti si dice che il Confessore rispetterà la scelta di coscienza dei coniugi, e che possono esserci casi in cui la coscienza diverge incolpevolmente dall’insegnamento della Chiesa.

    Ma se fosse vero ciò che dice Simon, ovvero che

    “Il non voler seguire l’insegnamento certo della Chiesa conduce quindi ad avere una coscienza deformata e questa stessa decisione porta in sé la responsabilità di tutti i peccati che si saranno compiuti per aver seguito la propria coscienza volontariamente resa inetta a giudicare rettamente di ciò che è buono e giusto”

    Tutti quelle persone sarebbero assolte dal loro peccato attuale ma condannate per il peccato che le ha portate ad avere una coscienza divergente dal Magistero su alcune questioni, ergo sarebbero condannate, ergo quel Vademecum invece che di assoluzione sarebbe una sentenza di condanna.

    Allo stesso modo in Amoris Laetitia 301, dove il Papa scrive

    “Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo. La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[339] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa.”

    Mettendo tra i fattori attenuanti la coscienza personale della persona coinvolta (cf “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale”), seguendo ciò che dice Simon in realtà quelle persone sarebbero addirittira destinate a dannazione certa, perché incolpevoli del loro peccato “odierno” ma pienamente colpevoli di ciò che le ha portate a quella situazione, e in quindi inassolvibili.

    Pensaci Simon, perché stando al tuo ragionamento andrebbe rigettato in toto sia il Vademecum sulla contraccezione sia Amoris Laetitia, perché, sempre stando al tuo ragionamento, quelle persone mai potrebbero essere assolte.

    • C’è un’informazione che ti manca, volutamente o no, ed è il fatto di sapere che quando una persona in perfetta buona fede va a confessarsi con spirito penitente e si dimentica involontariamente di qualche peccato, essa eppure riceve l’assoluzione per TUTTI i suoi peccati: non c’è scrupolo che tenga, questa persona è davvero in stato grazia a tutti gli effetti.

      Quando, qualche tempo più tardi, la sua vita spirituale affinandosi o la sua memoria ricoverata scopre un peccato più antico non confessato ha sempre modo di pentirsene più o meno perfettamente e all’occasione di confessarlo: le anime avanzate; quelle cioè che già non commettono pi`peccati mortali; spesso confessano antichi peccati alfine di dare la materia perché il sacramento della confessione possa essere dato.

      Tutti questi testi che citi vanno da essere capiti in quest’ottica!

      Se una persona in buona fede si confessa di tutti i peccati che ha spiegandone le cause attenuanti; il giudice che è il sacerdote può (ovviamente non deve, ciò dipende da ogni caso) dare l’assoluzione anche se si rende conto che il problema di fondo di queste persone è che non hanno una coscienza formata alla rettitudine e alla giustizia: per questo in tutti questi documenti si sottolinea sempre il percorso che questi penitenti devono seguire per ri-formare la loro coscienza nella preghiera e nell’ascolto del Magistero della Chiesa.

      Poteri tentare di sintetizzare il rpocesso in queste tappe:
      (1) Un penitente si accosta al sacramento della penitenza, è onesto ma ha una coscienza deformata; asseconda dei casi il sacerdote può aiutarlo ad approfondire la sua situazione oppure dargli l’assoluzione con l’obbligo di formarsi
      (2) Il penitente riceve l’assoluzione per TUTTI i suoi peccati anche quelli non esplicitamente dichiarati tali
      (3) Il penitente avanza nella sua vita spirituale e, un giorno, scopre quale era il peccato o il vizio che gli aveva intorbidito la mente per tanti anni, prendendo il fermo proposito di lottare contro questo vizio/peccato se lo va a confessare e riceve assoluzione e la sua conversione diventa sempre più radicale e profonda

      Di questo parlano questi testi e di questo parla il Cap VIII di AL

      In Pace

      • Ho capito, in effetti non può essere altrimenti.

        Io stesso ho un Confessore piuttosto benigno proprio per queste ragioni.

        Del resto non si può dire che non mi impegni, perché gli sforzi di conformare la mia coscienza al Magistero (laddove diverge, perché ad esempio su questioni come l’aborto la pensavo come il Magistero, esattamente allo stesso modo, anche quando ero ateo) li sto facendo, ma su certe questioni non è facile (per me come per il 90% dei cattolici).

      • Ad ogni modo è anche vero che la coscienza erronea, per quanto sia erronea, obbliga.

        Prendiamo ad esempio i tradizionalisti che ritengono che col CVII la Chiesa abbia apostatato, o che Papa Francesco sia un antipapa, ebbene se la loro coscienza è irremovibilmente convinta di ciò sono costretti a seguirla, perché in caso contrario peccherebbero (San Tommaso D’Aquino addirittura diceva che bisognava farsi scomunicare, piuttosto che andare contro la propria coscienza, perché andare contro la propria coscienza condanna).

        Nè ho già parlato l’altro giorno, ma questo è un vero paradosso che spiega quanto sia importante la coscienza. Difendere la Chiesa e il Papa è OGGETTIVAMENTE una cosa buona e giusta, però se il tradizionalista fa ciò andando contro la sua coscienza pecca nonostante l’atto in se sia oggettivamente buono.

        Sbaglio?

        Cito da qui http://www.timesofmalta.com/articles/view/20101014/opinion/on-obeying-an-erring-conscience.331231

        “In Aquinas’s own words: “Anyone upon whom the ecclesiastical authorities, in ignorance of the true facts, impose a demand that offends against his clear conscience, should perish in excommunication, rather than violate his conscience.”
        Given such a view of conscience, Aquinas’s commitment to its integrity and inviolability is not surprising, even in the rare or extreme case when following one’s sure and certain conscience would place oneself formally outside the Church. This supremacy is reiterated fully in Gaudium Et Spes, yet, without acknowledging the crucial background, a story the Catechism seeks to rectify, sure enough.
        It is important to note that nowhere in Vatican II does the phrase “freedom of conscience” occur. What, then, of an erring conscience? Is one who conforms to conscience when it is mistaken nevertheless sometimes morally guilty of the wrong choice? The answer is yes. One must follow one’s conscience because it is one’s last and best judgment as to what one should choose. But the error in judgment can be one’s own fault, as Aquinas observes. If this is the case, “one’s choice in accord with an erring conscience is not blameless”.

        Ma in questo caso, ad esempio, il tradizionalista che segue la sua coscienza (e non può fare altrimenti) andando contro la Chiesa, può essere perdonato? Io penso (e spero) di si, se agisce per amore della Chiesa.

        • Mi chiedo se leggi e capisci quel che si scrive … Le risposte le hai già. debbo farti un disegnino?

          (a) Sei obbligato di seguire quel che la tua coscienza ti indica come RETTO e GIUSTO (cf. il post con le citazioni relative al CCC)
          (b) Se la tua coscienza chiama storto retto e retto storto, ingiusto giusto e giusto ingiusto è chiaro che hai circostanze attenuanti quanto agli atti che commetti in quest’ottica sballata
          (c) Se però sei responsabile ( esercizio di vizi; etc) della stortura del tuo pensiero, allora non hai circostanze attenuanti quanto al fatto che che pensi storto: al più presto rieduchi la tua coscienza assimilando l’insegnamento di Cristo tramite il Magistero della Chiesa e l’esercizio delle virtù il meglio sarà (e il comprendonio del perché della legge non c’entra niente, c’entra solo il comprendonio che tale legge è insegnata dalla Chiesa)

          Quindi un tradi-protestante (un tradizionalista può anche rispettare il Magistero) che crede poter interpretare il Magistero al posto del Magistero anche se è in buona fede rispetto alla sua coscienza deformata è però sempre responsabile di fronte a Dio di coltivare questa coscienza deformata: e se ha molte circostanze attenuanti nella scelta delle sue prese di posizione contro il Magistero della Chiesa dovute alla sua convinzione erronea, egli è però sempre responsabile di tale convinzione erronea ed è dovere dei suoi confessori di farlo progredire nell’amore della Chiesa e nel dovuto ossequio dell’intelligenza e della volontà verso il Magistero. Quindi certamente si condanna, salvo fatte le circostanze proprie al foro interno che sole sono di Dio.

          In Pace

          • “Quindi certamente si condanna, salvo fatte le circostanze proprie al foro interno che sole sono di Dio.”

            Non capisco questo passaggio. Hai scritto nel post precedente che se è vero che uno è colpevole della situazione iniziale ignota (attualmente) che l’ha portato ad avere le sue prese di posizioni attuali, può essere perdonato di questo peccato tramite la Confessione.

            Giusto? Perciò il tradizionalista è già perdonato di quel peccato commesso chissà quanto tempo fa che l’ha fatto deviare in coscienza, e se ora è in uno stato di coscienza erronea deve seguirla e non è condannato.

            Cosa mi sono perso?

            • Ti perdi che la Chiesa continua ad insegnare la Verità e che lo Spirito Santo è sempre li presente per spingerli a riconoscerLa.
              In Pace

              • Ok, questo l’ho capito, ma penso che la questione sia più complessa, perché altrimenti non esisterebbero persone con una coscienza erronea. Insomma, penso che se sono davvero in buona Fede non pecchino mortalmente.

                Anche perché pensaci: paradossalmente, se un tradizionalista decidesse di mettersi a difendere la Chiesa post CVII e Papa Francesco andando contro la propria coscienza PECCHEREBBE MORTALMENTE pur compiendo un atto oggettivamente buono, perché andare contro la propria coscienza condanna.

                Insomma, è davvero molto complessa la questione.

                Se io ad esempio in un bosco sparo ad un cervo credendo che fosse un uomo, con l’intento di uccidere un essere umano per futili motivi, agli occhi del mondo non sono colpevole, ma davanti a Dio è come se avessi commesso un omicidio, in coscienza.

                • Andare contro la propria coscienza non ben formata NON condanna se è per applicare quel che la Chiesa e Dio comanda, ma SALVA: in questo atto in effetti si esercita la grandissima virtù della Santa Obbedienza che è quella che ci ha valso la redenzione stessa e la virtù correlata dell’umiltà.

                  Ripeto Non è il fatto di seguire la propria coscienza che salva ma di seguire la decisione della propria coscienza ben formata: noi non siamo la sorgente del bene e del male, questa è in Dio.
                  In Pace

              • “Andare contro la propria coscienza non ben formata NON condanna se è per applicare quel che la Chiesa e Dio comanda, ma SALVA”

                Eppure San Tommaso sostiene che uno è obbligato a seguire la propria coscienza anche quando erronea, se è invincibilmente erronea.

                Perciò perlomeno il tradizionalista che segue la sua coscienza, se è in buona Fede, non è condannato, poiché la sua coscienza attenua la gravità del suo atto (e, come abbiamo detto, può essere perdonato in Confessione del fatto di aver lasciato oscurare la sua coscienza a tal punto).

                È un po’ come la storia dei divorziati risposati e della contraccezione.

                E a questo punto la domanda interessante è: una persona che non ha MAI ritenuto immorale un secondo matrimonio o la contraccezione non abortiva, ha una coscienza invincibilmente erronea?

                Io credo di si, nel senso che in questo caso non solo non c’è il peccato attuale (cioè quello commesso nell’oggi, perché la sua coscienza erronea na riduce la colpevolezza personale) ma non c’è nemmeno stato il peccato di aver lasciato intorpidire la propria coscienza.

                Tu nell’articolo scrivevi

                “Il non voler seguire l’insegnamento certo della Chiesa conduce quindi ad avere una coscienza deformata e questa stessa decisione porta in sé la responsabilità di tutti i peccati che si saranno compiuti per aver seguito la propria coscienza volontariamente resa inetta a giudicare rettamente di ciò che è buono e giusto”

                Ma in questo caso abbiamo una persona che non ha MAI ritenuto immorali certe cose e quindi non ha nemmeno quella colpa originale. Diverso il caso di chi, ad esempio cresciuto in una famiglia cattolicissima ed educato fin da piccolissimo in tutti i fondamenti, dovesse lasciar intorpidire la propria coscienza.

                • “se essa è invincibilmente erronea” è questo invincibilmente che è la chiave di tutto e non è ad ognuno se decidere se è invincibile oppure no, perché, a parte la situazione di chi è affetto da gravi malattie mentali, o il non aver mai incontrato un cristiano che glielo ha spiegato, i casi di vera invincibilità non ne vedo tanti per la semplice ragione che il tradi-protestante che segue le proprie idee conosce il Catechismo e lo Spirito Santo in continuo spinge la sua storta coscienza a non porsi al di sopra del Magistero e quindi pecca costantemente tanto più quanto è a conoscenza della dottrina; l’atteggiamento del cattolico che lo Spirito Santo ci spinge ad avere è sempre e solo quello del dovuto osseqio dell’intelligenza e della volontà a scanso del fatto di capire oppure no di essere d’accordo oppure no.

                  Quanto alla tua domanda “interessante” di certo si può dire che la sua coscienza è erronea e che; quindi, meglio farebbe seguire quel che la Chiesa insegna perché quel che insegna è certo. Che sia invincibile oppure no immagino dipenda se viva in Amazonia in pieno isolamento senza mai incontrare un cristiano o un sacerdote e senza mai leggere quel che la Chiesa insegna perché analfabeta. Non vedo questo come essendo invincibile: penso che tutti coloro ch esi sono sposati in Chiesa una volta sanno cosa la Chiesa insegna in materia di matrimonio e indissolubilità, non credi?

                  La ragione per la quale uno ha la coscienza intorpidita può essere diversa: se, ad esempio Lefebvre e i seguaci della prima ora hanno senza dubbio volontariamente lasciato intorbidire la loro coscienza e hanno piena responsabilità personale nell’annebbiamento delle proprie coscienze è sicuro che le generazioni seguente sono meno responsabili del proprio annebbiamento: rende questo più invincibile? No, perché sempre ricevono l’annuncio della Chiesa cattolica e sempre ricevono la costante suggestione dello Spirito Santo di lasciar perdere le loro arroganti pretese circa il Magistero e di sottomettersi con umiltà alla Chiesa docente; al Papa ed ai vescovi uniti a lui.

                  Se una persona non ritiene immorali quel che la Chiesa ritiene immorale allora è certo al 100% che la coscienza di tale persona non è ne retta né giusta: sia tale persona non è cosciente (invincibilità) che la Chiesa insegna altro moralmente, sia lo è. Se non lo è ha circostanze attenuanti. Se lo è ha ha scelta da fare in coscienza/ (a) in pieno paradosso logico per un cattolico tenere le proprie idee per più rette e giuste che quel che la Chiesa insegna e andare contro l’espressa suggestione dello Spirito Santo nella sua anima (per questo peccare contro lo Spirito non può mai essere perdonato), oppure (b) seguire l’ispirazione che c’è sempre da parte dello Spirito che è di seguire quel che la Chiesa insegna anche se non si capisce o anche se non si è d’accordo.

                  In Pace

              • Mah, a me sembra che a forza di voler provocare tu affermi una cosa in un commento per poi smsntirla in quello successivo.

                Precedentemente, quando in questo post https://pellegrininellaverita.com/2016/09/29/coscienza-errata-dannazione-certa/comment-page-1/#comment-26643 ho fatto notare che sia secondo GPII che secondo Papa Francesco si può non essere d’accordo con la Chiesa sotto certe questioni o seguire alla lettera tutti i precetti senza per questo peccare mortalmente, mi hai risposto (qui https://pellegrininellaverita.com/2016/09/29/coscienza-errata-dannazione-certa/comment-page-1/#comment-26653 ) che quelle persone sono colpevoli solo di aver fatto intorpidire la loro coscienza (peccato che viene perdonato in Confessione, dove vengono perdonati anche i peccati che non si ricordano più) ma che ora, per i loro peccati odierni, hanno delle attenuanti che li riducono in molti casi da mortali a veniali (che poi è tutta la tesi di Amoris Laetitia), ora invece parli addirittura del fatto che chiunque conosca l’insegnamento della Chiesa e non sia d’accordo su certi punti peccherebbe contro lo Spirito Santo (!!!!).

                Sinceramente parlare con te è come giocare a carte con un prestigiatore. In un commento affermi che determinate persone non sono in stato di peccato mortale, in quello dopo attribuisci loro addirittura il peccato contro lo Spirito Santo. Dimmi te se si può dialogare in queste condizioni.

                • Quel che tu fai finta di non vedere è che stiamo parlando a due livelli: eppur te lo ho spiegato una decina di volte in questo thread: te lo spiego per l’ultima volta poi ti blocco se torni sulle stesse domande perché hai già abbastanza materia e stiamo facendo girotondo.

                  Cerco di farlo partendo da un altro punto di partenza.

                  (a) Il peccato il più grave che si possa immaginare è l’intorbidire la propria coscienza perché la si impedisce di riconoscere quello che è oggettivamente retto e giusto e che è quello che insegna la Chiesa Cattolica che non può errare né in materia di dottrina né in materia di morale, né può in indurre in errore.

                  (b) La responsabilità personale nell’aver intorbidito la propria coscienza varia ovviamente da persona a persona e ci sono circostanze più o meno attenuanti per ogni caso

                  (c) Lo Spirito Santo fa di tutto e al massimo assoluto possibile per richiamare alla coscienza l’obbligo che ha di conoscere l’insegnamento della Chiesa in materia di dottrina e di morale. Lo fa con il CCC, lo fa attraverso altri cristiani, lo fa con gli insegnamenti del Magistero ordinario e straordinario in queste materie. Oggi nel 2016 non esistono praticamente casi di invincibilità assoluta per conoscere quel che la Chiesa insegna in queste materie: visto ch el’accesso a questi insegnamenti è ormai possibile dappertutto.

                  (d) Chiunque ascoltando quel che la Chiesa insegna lo rigetta lo fa per forza contro l’ispirazione dello Spirito Santo che si mette in quattro, costantemente, per influenzare tale coscienza ad accettare il resto e giusto insegnamento che è sempre quello della Chiesa compie e reitera un peccato mortale (proprio un vizio); (1)c’è chi lo fa cosciente di non seguire l’insegnamento della Chiesa; (2)c’è chi lo fa non cosciente di non seguire l’insegnamento della Chiesa.

                  (e) Le azioni prodotte dal non voler voluto ascoltare la propria coscienza di seguire quel che la Chiesa insegna conducono a peccati oggettivi: nel caso (1) non ha attenuanti; nel caso (2) ha attenuanti

                  (f) Andandosi a confessare con onestà delle azioni prodotte in (e) e se riconosce e si pente di essere stato nel caso (1) allora riceve piena assoluzione

                  (g) Andandosi a confessare con onestà delle azioni prodotte in (e) ma trovandosi nel caso (2) di non piena coscienza di non fare quel che la Chiesa vuole sia fatto a causa dell’annebbiamento della sua coscienza, conviene che prima di ricevere l’assoluzione compia un percorso di riflessione e penitenziale durante il quale avrà la possibilità di conoscere quel che la Chiesa davvero insegna: alla fine di questo percorso ci si ritrova idealmente nel caso (f). Ma può avvenire ch eil confessore giudichi che il cammino per passare dalla situazione (2) alla situazione (1) non sia conveniente per qualsiasi ragione valida da lui considerata, egli può allora dargli l’assoluzione

                  (h) Dandogli l’assoluzione di cui alla fine di (g) tutti i peccati gli sono rimessi senza eccezione. Senonché gli rimane l’obbligo di raddrizzare la sua coscienza lungo un percorso penitenziale adattato. Durante questo percorso lo Spirito Santo farà, come sempre di tutto, per aprire le orecchie della coscienza della persona in questione e fargli conoscere quel che la Chiesa insegna così che la sua coscienza ricominci ad operare correttamente e che le sue decisioni prese in coscienza non lo dannino ma lo salvino.

                  Ecco, per quanto ti concerne, de hoc satis su questo soggetto specifico.

                  In Pace

              • La chiave è questa

                “(f) Andandosi a confessare con onestà delle azioni prodotte in (e) e se riconosce e si pente di essere stato nel caso (1) allora riceve piena assoluzione”

                Per l’aappunto ricevono l’assoluzione dal peccato di aver fatto intorpidire la propria coscienza non ascoltando la Chiesa in passato, ma per determinati peccati attuali si può dire che non siano in stato di peccato mortale (perché la loro coscienza ne diminuisce la responsabilità).

                Perciò vengono perdonati dal peccato mortale (passato) e attualmente, nonostante la materia grave, sono in peccato veniale.

                Questa è anche la ragione per la quale sono usciti Vademecum come quello di GPII sulla contraccezione e Al. Quelle persone a cui sono rivolti quei documenti può essere che attualmente pecchino “solo” venialmente a causa della loro coscienza nonostante la colpa senza attenuanti (perdonata con la Confessione) di aver fatto ottundere la propria coscienza.

                Penso che così le cose siano chiare.

                Gradirei che pubblicassi questo ultimo commento solo per dirmi se ci ho visto giusto.

                • Si. Ma l’obbligo rimane di formare la propria coscienza: se non fatto può essere causa di peccato nuovo.
                  In Pace

                  Update: No è il punto (g) il nocciolo

              • “Si. Ma l’obbligo rimane di formare la propria coscienza: se non fatto può essere causa di peccato nuovo.”

                Questo è chiaro. Ma è altrettanto chiaro che è un processo lungo per certe cose. Normalmente ad esempio è facile che un 60enne pensi in maniera molto diversa da un 30enne, su molte questioni (come è normale che sia).

                Perciò quello che dici è vero, ma temo che in molti casi sia un lavoro lungo.

                Il punto G (LOL 😀 ) è importante ma il punto F lo è ancora di più secondo me, è per quello che l’ho citato. E difatti come hai visto è tornato utile al mio ragionamento col quale hai infine concordato.

                Sono almeno contento che si sia fatta chiarezza, però.

              • Ritengo, Simon, che questo commento di Trianello (che è laureato in teologia, tra l’altro) riassuma bene la nostra discussione, non credi?

                Lo cito

                https://pellegrininellaverita.com/2016/04/01/lineamenti-di-teologia-cattolica-07-i-sacramenti/#comment-20840

                “L’elemento chiave qui credo sia “si confessano dei peccati che, sebbene si prenda atto che siano considerati tali”. Si sa che la Chiesa li considera tali, ma non si riesce a pentirsene. Ora, tralasciando la distinzione tra contrizione perfetta e contrizione imperfetta (in forza della quale riceve il perdono dei propri peccati anche chi non ne comprende l’intrinseca cattiveria ma se ne pente per timore del giudizio divino), un peccato per essere mortale deve essere avvertito come tale. Se mettiamo io ho commesso un peccato che la Chiesa considera gravissimo, ma non ne realizzo la gravità o l’intrinseca peccaminosità, allora c’è un margine perché la misericordia di Dio possa lavorare e perché io mi possa ugualmente salvare. Se io, in buona fede, non mi pento dei miei peccati è perché non riesco a considerarli tali, perché non riesco, in fondo, a scorgerne la peccaminosità, per cui si può dire che non ho piena avvertenza dei medesimi che, oggettivamente, sono peccati, ma, soggettivamente, non mi appaiono come tali.”

                • Non credo che queto di Trianello si riferisca al nostro topic il quale guarda alla situazione peccaminosa oggettiva.
                  In questo testo di Trianello è abbordata, mi pare ma se ci legge potrà correggermi, un’altra dimensione che è la nozione di contrizione il quale è un atteggiamento specifico dal quale dipende poi la capacità per ognuno di noi di beneficiare pienamente delle grazie legate all’assoluzione.
                  Infatti se la contrizione è necessaria essa è spesso solo parziale e vicina all’inesistente in alcuni: in realtà una contrizione perfetta è come un assegno bancario che ti firmi. L’assoluzione ricevuto ti da come l’accesso ad un conto bancario con montante infinito, ma la tua contrizione imperfetta di darà accesso solo ad un ammontare limitato.

                  Certo se uno non capisce che il suo peccato è gravissimo ne consegue che la contrizione sarà minima e l’accesso alla grazia ridotto (N.B.: tutte queste sono immagini): se mio figlio non capisce che mi ha offeso è chiaro che il suo rammarico sarà sempre un po’ formale e anche se lo ho perdonato di certo non gode dell’attività ludica con me allo stesso grado che suo fratello che invece si davvero pentito di una sua offesa.

                  Quindi tutta questa discussione è al piano di sotto di quello della problematica della peccaminosità di una coscienza che non si educa ad essere retta e giusta seguendo l’insegnamento della Chiesa.

                  In Pace

              • Quel discorso di Trianello è legato all’imputabilità soggettiva del peccato. In pratica lui sostiene (che poi è ciò che ho sempre sostenuto io, ma ovviamente se lo dice lui che è laureato in teologia ha un altro peso, come è giusto che sia) che chi non riesce a pentirsi di determinati atti nonostante sappia che per la Chiesa sono peccaminosi, in qualche modo manca della totale avvertenza della mente, la quale non percepisce la peccaminosità dell’atto, e quindi tale atto non è sufficiente a separare la persona da Dio ma si riduce a peccato veniale.

                Quando Trianello scrive “Se io, in buona fede, non mi pento dei miei peccati è perché non riesco a considerarli tali, perché non riesco, in fondo, a scorgerne la peccaminosità, per cui si può dire che non ho piena avvertenza dei medesimi che, oggettivamente, sono peccati, ma, soggettivamente, non mi appaiono come tali” dice esattamente questo.

                È la stessa cosa che disse a suo tempo Buttiglione, tra l’altro (lo cito perché tu stesso lo avevi citato qui sul blog perché avevi apprezzato la sua uscita)

                “Tenteremo di leggere – continua Buttiglione – la parte più controversa di Amoris laetitia con gli occhi di un bambino. La parte più controversa è quella in cui il Papa dice che, a certe condizioni e in certe circostanze, alcuni divorziati risposati possono ricevere l’eucaristia. Quando ero bambino ho studiato il catechismo per fare la prima comunione. Era il catechismo di un Papa sicuramente antimodernista: san Pio X. Ricordo che spiegava che per ricevere l’eucaristia bisogna che l’anima sia libera dal peccato mortale. E spiegava anche cosa è un peccato mortale. Perché ci sia un peccato mortale sono necessarie tre condizioni. Ci deve essere una azione cattiva, gravemente contraria alla legge morale: una materia grave. Rapporti sessuali al di fuori del matrimonio sono senza dubbio gravemente contrari alla legge morale. Era così prima di Amoris laetitia, continua a essere così in Amoris laetitia e naturalmente anche dopo Amoris laetitia. Il Papa non ha cambiato la dottrina della Chiesa.
                San Pio X ci dice però anche altro. Per un peccato mortale – annota il professore – altre due condizioni sono necessarie, oltre la materia grave. È necessario che vi sia piena avvertenza della malvagità dell’atto che si commette. Piena avvertenza significa che il soggetto dev’essere convinto in coscienza della malvagità dell’atto. Se è convinto in coscienza che l’atto non è (gravemente) malvagio l’azione sarà materialmente cattiva ma non potrà essere imputata come un peccato mortale. Inoltre il soggetto deve dare all’azione malvagia il suo deliberato consenso. Questo significa che il peccatore è libero di agire o non agire: è libero di agire in un modo oppure in un altro e non si trova in una condizione di soggezione o di timore che lo obbliga a fare qualcosa che preferirebbe non fare”

                • La piena avvertenza dell’intelletto è sapere che l’azione che si compie è peccaminosa, ovvero contraria alla legge di Dio: non una questione di convinzione personale.
                  Infatti per sapere che un’azione è contraria alla legge di Dio basta conoscere quel che la Chiesa insegna al proposito.
                  Puoi rilegare però la contrizione alla convinzione.
                  In Pace

                • Dal CCC

                  1859 Perché il peccato sia mortale deve anche essere commesso con piena consapevolezza e pieno consenso. Presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell’atto, della sua opposizione alla Legge di Dio. Implica inoltre un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale. L’ignoranza simulata e la durezza del cuore non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono.

                  1860 L’ignoranza involontaria può attenuare se non annullare l’imputabilità di una colpa grave. Si presume però che nessuno ignori i principi della legge morale che sono iscritti nella coscienza di ogni uomo. Gli impulsi della sensibilità, le passioni possono ugualmente attenuare il carattere volontario e libero della colpa; come pure le pressioni esterne o le turbe patologiche. Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave.

                  In Pace

              • Quindi questo conferma che nel famoso esempio , della persona costretta ad abiurare o rinnegare Gesù sotto la minaccia delle armi, tale persona non sarebbe stata in peccato mortale :

                “1859 Perché il peccato sia mortale deve anche essere commesso con piena consapevolezza e pieno consenso. Presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell’atto, della sua opposizione alla Legge di Dio. Implica inoltre un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale L’ignoranza simulata e la durezza del cuore non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono”

                Non mi sembra che la minaccia delle armi costituisca un contesto “sufficentemente libero”. Quindi si può fare a meno di farsi ammazzare….

              • Cito San Tommaso

                1274 A.D. – St. Thomas Aquinas – “[It] is not imputed as a sin to man, if he fails to know what he is unable to know. Consequently ignorance of such like things is called ‘invincible,’ because it cannot be overcome by study. For this reason such like ignorance, not being voluntary, since it is not in our power to be rid of it, is not a sin: wherefore it is evident that no invincible ignorance is a sin.” (Summa Theologica I-II Question 76 Article 2)

                Come vedi qui lui parla esplictamente di cattolici che sono incapaci di superare la loro ignoranza su un determinato argomento, e non sta certo parlando di ritardati mentali.

                Perciò la limitazione che facevi tu dell’ignoranza invincibile come se fosse possibile solo per i selvaggi della Papuasia o per gli infermi di mente non corrisponde al pensiero di Tommaso nè, io credo, al pensiero della Chiesa.

                Se uno nonostante abbia studiato certe materie non riesce proprio a concordare con certe posizioni penso si possa dire che sia “invincibilmente ignorante” in merito.

                *** CENSURATO DALLA REDAZIONE PER CAUSA DI DISCORSI OSSESSIONALI***

                Dimmi dove sbaglio.

                Dopotutto ho citato San Tommaso, non esattamente un Derrida qualunque.

                • Ti offro la mia ultima risposta su quest’argomento in quanto sono pieno di carità anche se te lo ho già spiegato in tutti i modi umanamente possibili su un blog:

                  Ignoranza si riferisce al fatto di non sapere qualcosa non di non essere convinti da quella cosa.

                  Ignoranza invincibile, e puoi andare a vedere il CCC già citato più sopra, si riferisce al fatto di non poter in alcun modo sapere cosa la Chiesa insegna.

                  E il tuo consenso dell’intelligenza e della volontà lo dai a quel che la Chiesa ti insegna: nessuno ti chiede di essere convinto ma di aderirvi. Come potresti essere convinto (e da che?) che Dio è Trino, che si è incarnato? Non c’è nulla da capire del perché e del percome: c’è da conoscere quel che la Chiesa insegna, convinti o no….

                  E così ne va in campo morale: tu sai che la Chiesa è guidata dallo stesso Spirito Santo che vive; te; che la Chiesa a causa di ciò non erra e non può farti errare: quindi ti basta capire cosa la Chiesa ti dice (questo signfica avvertenza) ma non hai bisogno di esserne convinto, tanto sai che la Mamma non vuole il tuo male e anche se non capisci obbedisci: questo è essere come bambini figli di Dio.

                  E de hoc satis;

                  In Pace

      • Simon, ho scritto “penso e spero che sia così” riguardo ai tradi perché li conosco bene e so che la maggioranza di loro, seppur ovviamente in errore, ama la Chiesa e il Signore.

        Tu sai come la penso su Papa Francesco (e quindi puoi immaginare che coi tradizionalisti di certo non sono minimamente d’accordo) e il CVII, ma per quello che ho avuto modo di vedere loro, pur sbagliando, agiscono per quello che ritengono essere il bene della Chiesa.

        • Non importa quel che loro irtengono soggettivamente, importa solo quanto volontariamente sono in quelll’errore e vogliono rimanerci nonostante tutti gli ammonimenti che la Chiesa fa loro come Madre e Maestra attraverso scpmuniche, sospensioni a dvinis; documenti magisteriali validi, e adesso addirittura l’assoluzione resa valida durante l’Anno Santo per via del motu proprio papale e che ha senso nell’ottica di cui abbiamo discusso.
          In Pace

      • Altra domanda: se i peccati dimenticati per sbaglio (e quindi già assolti) vengono ricordati successivamente, ha senso confessarli? O si farebbe giusto per avere delle indicazioni di vita spirituale dal confessore?

        • È cosa buona confessarsi di antichi peccati già assolti se questo non è fatto con spirito di scrupolo che può essere segno di qualche debolezza psichica, morale o sprituale altro.

          Infatti il sacramento della confessione elargisce grazie particolari per la semplice ragione che in quel sacramento si incontra Cristo: per essere valido ci vuole materia e la materia è proprio la confessione di peccati.

          Per giunta, da un punto di vista ascetico, quando non si commettono più peccati mortali, e che il veniale non sia sicuro di essere un peccato; il ricordare tali peccati e confessarli di nuovo permette; oltre dare la materia; di restare molto umili…

          In Pace

  4. Non ci avevo mai pensato, ma la confessione generale, consigliata specialmente ai moribondi, ricade in quest’ottica di esercizio di umiltà?

    • Certo, ma anche perché la tua comprensione del peccato e il pentimento ed il rammarico per averlo compiuto possono perfezionarsi e quindi il sacramento può dispensare meglio tutte le sue grazie più agevolmente nell’anima meglio disposta.
      È comunque pratica consigliata dai Santi e dalla Chiesa.
      In Pace

  5. Non sono d’accordo con l’opinione di Simon che meglio rubare, in caso di necessità, che morir di fame.
    la dignità umana , e la grandezza della scelta morale, si vedono proprio nelle situazioni in cui l’animo umano è messo sotto “torchio” dalla necessità di una scelta. come diceva Kierkegaard AUT- AUT.
    questo è la base della moralità. La scelta. “Qui si parrà la tua nobilitate”.
    Questo si vede bene, più che con le dimostrazioni logiche e con le discussioni, con le indimenticabili immagini di certi romanzi i come per esempio “Lord Jim ” di Joseph Conrad dove per tutta la vita un ufficiale di marina inglese porta il rimorso di essersi salvato a scapito dei passeggeri della nave naufragata, o nelle immagini di film come “l’Isola” già citato su questo sito, dove un soldato sovietico che poi si ritira in un monastero , per tutta la vita porta il rimorso di aver sparato, sotto costrizione dei nazisti , al suo superiore. Ha sparato, costretto, , ma poteva, avrebbe potuto non sparare. La sua anima ne rimane ferita per sempre, e passa il resto della sua vita a chieder perdono a Dio. Gesù Cristo signore abbi pietà di me peccatore….
    Anche il film “Ladri di biciclette” è un commovente ritratto del “rubare costretti dalla fame”. Alla fine il protagonista, vittima del furto della sua bicicletta, ruba un’altra bicicletta. ruba per costrizione, perchè dopo averle provate tutte non sa più dove sbattere la testa. ma prima di rubare la bicicletta manda via suo figlio, non vuole che lo veda. poi naturalmente è subito scoperto e il film finisce con la straziante scena della cocente vergogna del bambino per il padre che è stato scoperto a rubare.
    Insomma quello che voglio dire è che proprio in situazioni di necessità c’è sempre la libertà della scelta morale , c’è sempre un AUT-AUT. E la capacità di affrontare anche con la pistola puntata la scelta morale è quella che rende l’uomo così nobile ( oppure così ignobile)
    se parliamo di casi limite proviamo ad immaginare un caso -limite in cui un terrorista dell’ISIS ti punta la pistola alla tempia e ti ingiunge di tagliar la testa ad una bambino o di stuprarlo .
    credo che nessuno di noi possa neppure pensare che sarebbe capace di una scelta così ignobile come di tagliar la testa al bambino per salvare la propria vita! Almeno cerchiamo di pensare che non lo faremo mai!
    poi è ovvio se in quel momento la forza e il coraggio ci viene meno, se ci dimostreremo dei vigliacchi, possiamo sempre chiedere perdono a Dio, e se siamo pentiti Dio ci perdonerà.
    Però almeno cerchiamo di pensare che non ci comporteremo da vigliacchi di fronte all’AUT-AUT che prima o poi la vita ci metterà davanti , come si è comportato il Comandante Schettino della Costa Concordia!
    Io sono un medico: non si sa se nel futuro mi verrà imposto di fare azioni contro la mia fede ( aborto, eutanasia) oppure venire licenziato in tronco . Speriamo non accada ma se accadesse spero che Dio mi dia la grazia necessauia di non scegliere per interesse personale invocando poi le solite “attenuanti”: tengo famiglia.., mi hanno costretto, non potevo scegliere, avevo la pistola puntato, non sapevo , non credevo ecc. ecc.

    • La tua, caro Giacomo, è una morale di stampo deontologico con chiara radice Kantiana e protestante.

      In questo blog siamo cattolici e la nostra morale è di stampo aristotelico-tomista quale l’insegna la Chiesa cattolica: da dove la differenza tra i nostri punti di vista.

      Tutto qui!

      In Pace

      • “chiara radice Kantiana”

        This.

        È la stessa radice che noto in quasi tutti i blogs tradizionalisti italiani e americani (dico italiani e americani perché sono quelli che seguo, ma credo che sia lo stesso anche in quelli spagnoli e francesi, perché il mindset tradizionalista è quello).

      • Non sono d’accordo con l’opinione di Simon che meglio rubare, in caso di necessità, che morir di fame.

        Neanche io. Né giova ad alcunché il fatto che Simon bolli la posizione come morale di estrazione kantiana e protestante. La conclusione cattolici ergo aristotelico-tomisti non tiene, ed è anzi un pericoloso (e presuntuoso) avvitamento. Anche solo dal punto di vista storico e fattuale: il cattolicesimo ha vissuto oltre metà della sua storia senza Tommaso (Aristotele cristianizzato), seguendo piuttosto un’etica di estrazione platonica (Agostino, ma non solo). Dunque non è affatto tutto lì.

        Aggiungo che questo licenziare censurabili – o meglio censurandi – comportamenti non è che un cedimento rispetto a fermi e saldi principi etici. I comandamenti parla chiaro e non prevedono escamotaggi di sorta. Le migliaia di bimbi che stanno morendo di fame in Nigeria proprio in questi mesi non rubano proprio niente a nessuno e sono, a modo loro, dei piccoli santi; al contrario di certa teppaglia che per mettere insieme il pranzo con la cena si intrufola nelle case altrui e arraffa valori da rivendere (in qualche caso mettendo in seria difficoltà il prossimo, fino a insidiarne la sussistenza stessa: forse in Svizzera non ci sono anziani poveri che subiscono furti da parte di zingari e banditi dell’est europeo, ma in Italia sì).

        Kant non c’entra proprio nulla. Gli argomenti di giacomo sono a posto, in piena linea con la dottrina della Chiesa e la vita reale.

        • “Neanche io. Né giova ad alcunché il fatto che Simon bolli la posizione come morale di estrazione kantiana e protestante. La conclusione cattolici ergo aristotelico-tomisti non tiene, ed è anzi un pericoloso (e presuntuoso) avvitamento.”

          Pochi giorni fa, Navigare, hai citato Padre Amorth che diceva “Quando ero ragazzino il mio vecchio parroco mi insegnava che i sacramenti sono otto: l’ottavo è l’ignoranza. E l’ottavo sacramento ne salva più degli altri sette sommati assieme.”

          È questo è vero, ma se ci pensi è un grande paradosso.

          Facciamo una long story short:

          1) il peccato è come una malattia;

          2) l’ignoranza è come un vaccino naturale che impedisce alla malattia di portare la morte;

          3) tale vaccino viene rimosso con la conoscenza della dottrina e la predicazione della Chiesa, mettendo di fatto molte persone in stato di peccato consapevole (cosa che non sarebbe, con una morale più lassa o senza la predicazione della dottrina).

          Da ciò ne consegue, secondo ciò che dice Giacomo, che l’esistenza stessa della Chiesa Cattolica e della sua predicazione sarebbe una condanna per il mondo, perché rimuoverebbe il “vaccino” contro il peccato di cui sopra.

          Certo, ti da i Sacramenti e quant’altro, ma è un po’ come togliere la protezione ad una persona che ha il vaccino naturale contro la peste (il peccato) offrendosi poi però di curarla ogni volta che si ammala (coi Sacramenti), già peccato però che se non gli fosse stato tolto il vaccino (l’ignoranza) non si sarebbe mai ammalata!

          L’etica di Simon, invece, tra le altre cose, permette di risolvere questo paradosso, evitando di rendere la conoscenza della dottrina cattolica e la propria Fede Cattolica una autocondanna. Ne abbiamo parlato qui https://pellegrininellaverita.com/2016/09/29/coscienza-errata-dannazione-certa/comment-page-1/#comment-26698

          Sembrano sottigliezze ma non lo sono affatto, Navigare. Senza l’importanza che il tomismo riconosce alla coscienza individuale DI FATTO la Chiesa, con la sua stessa predicazione, firmerebbe la condanna di innumerevoli persone che altrimenti si sarebbero salvate.

          Il tomismo permette di raggiungere, per così dire, il “centro” tra il precetto assoluto e la condizione soggettiva.

        • E se vogliamo, Navigare, il primo fu proprio Cristo quando disse “il Sabato è per l’uomo e non l’uomo per il Sabato”.

          La morale non è un imperativo categorico che schiaccia l’uomo, ma è a protezione dello stesso.

          • ne consegue, secondo ciò che dice Giacomo, che l’esistenza stessa della Chiesa Cattolica e della sua predicazione sarebbe una condanna per il mondo, perché rimuoverebbe il “vaccino” contro il peccato di cui sopra

            No, non è così meccanico. Fra l’altro l’impianto etico che propone giacomo non contraddice affatto il principio di retta (e formata) coscienza cui fa g i u s t a m e n t e riferimento Simone. L’oggetto del contendere riguarda una questione specifica, che è la deroga dai sommi principi morali (i comandamenti). Deroga che non si può ammettere, anche se si possono considerare, questo sì, le eventuali attenuanti. Giacomo non propone nulla di kantiano, perché non argomenta in favore di un primato formale del principio morale in quanto tale, ma argomenta per il rispetto di norme morali legate a precisi contenuti (la base, la Legge, sono ancora una volta i comandamenti mosaici) e molto opportunamente chiarisce che sottrarsi al rispetto di tali principi (che è altra cosa dal kantiano dovere per il dovere) costituisce una gravissima violazione del volere di Dio. Sul primato della coscienza io, e penso anche giacomo, conveniamo con Simone. E con papa Ratzinger, che mandò su tutte le furie certi eretici tradiprotestanti quando asserì di brindare prima alla coscienza e poi al papa. Si tratta di intendere cosa significhi esattamente “coscienza”, cosa che l’elaborazione morale del Cristianesimo (e non solo, ma qui ci occupiano del Cristianesimo, e specificamente di quello cattolico) ha indicato fin dai primordi, molto, ma moooolto tempo prima di Tommaso (il quale, aggiungo e riaggiungo e ririaggiungo, fu un genio filosofico e teologico straordinario).

            P.S. Persino Kant, peraltro, avverte la nesessità di dare al suo formalismo una veste meno astratta, trascrivendolo nella chiave di un indirizzo squisitamente pratico basato sulla reciprocità (e riconducibile, infine, all’evangelico: fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te).

            • Navigare, ho risposto a queste questioni che hai posto sotto, a Simon. Ti dico così perché penso, in quella risposta, di aver risposto anche a ciò che hai scritto in questo topic.

              P.s: il discorso sulla coscienza in realtà in ambito tradizionalista è molto mal compreso, spesso, perché ad esempio loro confondono l’epikeia (vedi la questione dei divorziati risposati) con la Legge, come se il dire che una persona, per via delle sue circostanze personali, possa essere in Grazia di Dio pur essendo in una situazione che contraddice l’indissolubilità del matrimonio significasse negare l’indissolubilità stessa (parlo di questo perchè è ciò su cui tradizionalisti si scagliano negli ultimi mesi).

              Di fatto quello che leggo da loro è che non riconoscono alcuna autonomia alla coscienza, la quale sarebbe legata al precetto senza se e senza ma al punto che non potrebbe mai darsi il caso di persone che siano in Grazia di Dio pur conoscendo la norma e vivendo in una situazione che la contraddice (e se le cose stessero così, allora facendo conoscere la dottrina cattolica si condannerebbero le persone, e a questo paradosso nessun tradizionalista ha mai saputo rispondermi).

              Certo è che poi, dall’altro lato, quello progressista, sembra che si voglia negare la Legge per dire che, in buona sostanza, l’unica Legge è quella che decidiamo noi circostanza per circostanza, senza nessun riferimento oggettivo.

              Ecco, secondo me la morale tomista, per quello che ho visto, si colloca al centro tra questi due estremi, e infatti l’epikeia è proprio questo: il centro tra assolutismo e relativismo.

              I tradizionalisti tendono ad essere assolutisti (e infatti accusano demenzialmente Papa Francesco di appoggiare una specie di etica della situazione in salsa cattolica), ed è il motivo per cui non capiscono certe scelte pastorali, a mio giudizio.

        • La butto lì, quindi la si prenda per quello che è dato che non ci ho riflettuto sopra gran che (anzi, proprio poco poco).

          Si parta da dove si è in accordo: i Comandamenti sono inderogabili (degli assoluti morali, si direbbe) e non ci sono escamotaggi che tengano. Concedo. Nel caso specifico, rubare è sempre un male etico (attenuanti o meno).

          Ora però si potrebbe dare il caso che circoscritte e precise situazioni possano mutare la natura degli atti umani, motivo per cui ciò che in ALTRE circostanze costitusice furto in talaltre no. Esempio: se rubare è appropriarsi di ciò su cui non si vantano diritti (es. di proprietà) e tuttavia – in virtù della natura umana – il nutrirsi rientra nei diritti naturali, si potrebbe provare a sostenere che nella circostanza in cui un uomo si ritrovi a morir di fame e nessuno voglia aiutarlo, quell’uomo possa vantare dei diritti su del cibo che normalmente non gli spetterebbe.

          E del resto, se ci pensate, storicamente lo “spigolare” dei poveri era una pratica lecita e su cui si espresse Benedetto XIV (ne “La parte dei poveri”, scritto di dottrina sociale), affermando che la proprietà non è assoluta e ha dei limiti che vanno rispettati.

          I miei due centesimi bucati.

        • Navigare :
          E’ curioso che l’unica forma di furto che ti venga in mente è quella degli zingari e banditi dell’est, Come se fossero stati loro ad inventare il furto (ed in questo caso si attesterebbe che i Rom sono la popolazione più antica della terra!).
          Il furto effettuato , per esempio, dai dirigenti Parmalat, anni fa, ai danni di migliaia di risparmiatori quello invece, essendo un’opera d’ingegno fatta da gente elegante e raffinata, è un peccato minore…
          In ogni caso Simon è stato chiaro : “chi ruba per salvare la vita”.
          Quindi questo esclude Rom, Tanzi e banditi dell’est, che di sicuro non si muoiono di fame.
          E’ corretto, ma ovviamente mal posto , l’esempio dei bambini nigeriani , i quali :
          – Di solito sono neonati o nei primi anni di età, e quindi è improbabile che possano rubare qualcosa a qualcuno. Quindi vanno di certo in paradiso, ma non di certo perchè hanno fatto qualche gesto eroico ma semmai come vittime innocenti.
          – Di solito sono nella mani di genitori poverissimi, ai limiti essi stessi della sopravvivenza.
          Domanda : Se questi genitori avessero la possibilità di rubare del cibo per salvare i propri figli da morte certa (ed è certa, perchè infatti poi muoiono) , secondo te non lo farebbero ? Si farebbero frenare dal “peccato mortale” . Io dico che se ci poniamo su una scala “impossibile/improbabile/probabile/certo” , siamo più sul certo. Ma ti lascio il probabile. Tu invece sinceramente pensi che se fossero cattolici convinti lascerebbero morire i figli, e che questo comportamento sia certamente quello voluto da Gesù (prima è stato correttamente riportato l’episodio delle spigolature).
          E in questo caso, secondo te, questi genitori “ladri”, non potendo neanche pentirsi in quanto nella stessa situazione probabilmente ripeterebbero lo stesso atto, andrebbero dritti all’inferno. E questo sarebbe, secondo te, la corretta Dottrina Cattolica.
          Allora ti faccio ulteriori domande : Posto che le regole siano effettivamente quelle che dici tu (ma non lo sono, come ha ben spiegato Simon, ma andiamo avanti) ,
          – Se tu fossi Dio faresti le stesse regole? O le faresti in modo tale che il piccolo furto di chi ruba veramente per fame, a chi ha invece molto, non sia considerato furto e quindi peccato mortale? Cosa ti dice la tua coscienza ?
          – Che cosa stiamo facendo io e te per salvare i piccoli Nigeriani , a cui magari basterebbero 100 euro ognuno per campare 2 mesi ? Stiamo dando tutto quello che abbiamo tranne quello che ci serve per sopravvivere per loro ? io non lo sto facendo, e ipocritamente te ne parlo. Ma almeno me ne rendo conto!
          E’ facile dare giudizi sulla pelle degli altri.
          Per quanto riguarda poi tutte le parole che ho letto sulla “legittima proprietà”,”leggi dello stato” etc etc, ti ricordo (sommessamente) che la proprietà legittima è appunto quella definita per legge, ma non significa proprietà giusta.
          Esempio :
          1) DI chi era la terra chiamata ora “California”, prima che arrivassero gli europei in america ? Dei nativi “indiani”. Erano quindi i legittimi possessori del tempo. Ne detenevano la legittima proprietà, seppur collettiva.
          2) E come sono entrati in possesso gli europei , ora detti “americani” , del territorio ora chiamato “California” ? Con la forza, agendo in modo ingiusto contro i legittimi proprietari. Si sa che la storia è tutta piena di queste cose. Sono arrivati i “nostri” e addio indiani.
          3) Dopo di che che cosa è successo ? Che gli Stati Uniti d’America hanno fatto una bella legge, dividendo la California tra migliaia di coloni , che ne sono diventati…guarda un po….i legittimi proprietari! Dopo di che il colono John Smith ha venduto a Simon Brown che a venduto a Paul Black, fino a quando non ha comprato Donald Trump e ci ha fatto sopra un grattacielo di cui è , ovviamente davanti al mondo, il legittimo proprietario!

          Ora non voglio fare l’idealista, ma la realtà della proprietà di tutti noi è che nasce da un gesto violento iniziale, nel quale qualcuno ha preso possesso surrettiziamente di qualcosa che era di tutti.

          Quindi il dovere morale , umano oltre che cristiano, è che chi ha molto restituisca qualcosa a chi ha poco. Anche perchè , e finisco, tu , come tutti noi, non hai nessun merito per essere nato da famiglia borghese in paese occidentale, ed invece non essere nato in nigeria al posto di quegli angioletti che , se potessero, farebbero molto volentieri a meno di diventare angioletti con un ottantina di anni di anticipo.

          Buona Domenica

    • Però almeno cerchiamo di pensare che non ci comporteremo da vigliacchi di fronte all’AUT-AUT

      Oltre che una questione di giustizia e rettitudine è anche una questione di onore, parola ormai desueta ma concetto sempre aureo. Trovare vie di fuga e giustificazioni a comportamenti moralmente indegni – come la fuga dello Schettino, ma anche il furtarello, la raccomandazione, o magari l’avventura extraconiugale (“eh, sai, ha detto che se non andavo a letto con lei, si ammazzava!”) – è molto “romano”, ma non certo cattolico e apostolico.

    • Per Giacomo

      “Non sono d’accordo con l’opinione di Simon che meglio rubare, in caso di necessità, che morir di fame.”

      Ti rispondo col Vangelo

      Matteo 12,1-14

      “In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
      Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga; ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.”

      Ora dimmi, Giacomo, secondo te vale di più il bene della vita o il bene del denaro?

      Esiste una gerarchia tra i valori e i beni, eh.

      Gli altri esempi che hai fatto secondo me non reggono, perché è ovvio che, ad esempio, nella scelta tra compiere un aborto o venire licenziato sia meglio accettare di essere licenziati piuttosto che compiere un aborto, ma morire di fame per non rubare direi proprio di no, poichè la vita è un bene molto più importante.

  6. Il problema principale delle etiche basate su principi assoluti è che, in realtà, a ben guardare sono una forma di relativismo;
    Ovviamente il relativista dirà che non c’è regola generale e che ogni situazione ha una sua propria regola etica indipendente.

    C’è una seconda forma di relativismo ben più perniciosa ed è quella che afferma che ci sono sì regole etiche ma che nessuna è superiore all’altra e,, quindi, colui che decide in realtà è come al supermercato delle regole etiche: sceglie quella che gli conviene di più per risolvere un dilemma etico.

    Nell’esempio che abbiamo dato, cioè quello dell’uomo che mette a pericolo la propria se non ruba per mangiare, il relativista dirà asseconda delle sue opinioni che è bene che l’uomo muoia; oppure che è bene rubare; oppure che bisogna calcolare il beneficio totale per il corpo sociale se c’è il furto e l’uomo vive e paragonarlo a se non c’è furto e che l’uomo muoia; etc etc

    Colui che appiattisce tutte le regole rendendole assolute si ritrova in una situazione analoga: non rubare è un assoluto e non lasciarsi morire di fame è un altro assoluto e il dilemma posto diventa non risolvibile se non introducendo altre considerazioni meta-etiche un po’ secondo i propri gusti: uno dirà che è importante che non si lasci fare nessun furto a rischio di dare cattive idee ed esempi ad altri mentre un altro dirà che lasciarsi morire di fame va contro i diritti umani riconosciuti dall’ONU. Come vediamo un approccio assolutista è un approccio anch’esso intimamente relativista.

    Mi si permetta un’analogia: il relativista è analogo a qualcuno che direbbe che non ci sono leggi della fisica nella natura ma solo occasionali concorsi di circostanze, mentre l’assolutista dirà che le leggi della fisica sono assolute ma resterà disimparato notando che non si verificano mai con assolutezza nel mondo reale.

    L’eleganza e la grandezza del pensiero aristotelico-tomista va ben più in la : esso afferma che le leggi della natura sono la natura stessa e che il reale vada da essere considerato in quanto tale, rinviando lo scettico relativista nel suo discorso senza senso e l’assolutista a rompersi la testa del perché del divario tra il reale ed la teoria.

    In campo questo si traduce nell’osservazione che ci sono leggi etiche insite nel reale, conoscibili dall’intelletto in modo astratto, la che il modo di operare di queste regole tra di loro è molto più complesso che una somma di leggi assolute: esse sono tutte rilegate tra di loro attraverso la trama umana che li considera.

    In particolare si rende conto che c’è sempre una strutture tra le regole etiche: che nessuna è assoluta di per se stessa ma sempre in relazione alle altre, che ve ne sono di più importanti di altre ma non ce ne sono mai due esattamente allo stesso livello.

    La seconda considerazione che fa il realista è che più una persona è virtuosa più è atta a risolvere dilemmi etici concreti, in quanto , ovviamente, chi è prudente, temperante, coraggioso e giusto sa cogliere nel reale gli elementi determinanti per risolvere qualunque nodo gordiano etico nel miglio modo possibile, in quale non è che raramente quello assolutamente possibile.

    Anche i dieci comandamenti hanno una struttura d’ordine che ne indicano il profondo realismo: prima vengono i comandamenti verso Dio nostro creatore, in seguito verso chi è stato la nostra causa materiale, verso gli altri, verso se stessi ed in seguito verso i beni : i 10 comandamenti esprimono intellettualmente una legge che sorpassa il regno della parola ma esprime profonde realtà ontologiche che solo il virtuoso saprà scrutare in pienezza nelle circostanze particolari valutandole con riflessione grazie alla sua prudenza, senza eccessi grazie alla sua temperanza; con positività grazie al coraggio e con equità per tutte le parti coinvolte grazie alla sua giustizia.

    In Pace

    • “Nell’esempio che abbiamo dato, cioè quello dell’uomo che mette a pericolo la propria se non ruba per mangiare, il relativista dirà asseconda delle sue opinioni che è bene che l’uomo muoia; oppure che è bene rubare; oppure che bisogna calcolare il beneficio totale per il corpo sociale se c’è il furto e l’uomo vive e paragonarlo a se non c’è furto e che l’uomo muoia; etc etc

      Colui che appiattisce tutte le regole rendendole assolute si ritrova in una situazione analoga: non rubare è un assoluto e non lasciarsi morire di fame è un altro assoluto e il dilemma posto diventa non risolvibile se non introducendo altre considerazioni meta-etiche un po’ secondo i propri gusti: uno dirà che è importante che non si lasci fare nessun furto a rischio di dare cattive idee ed esempi ad altri mentre un altro dirà che lasciarsi morire di fame va contro i diritti umani riconosciuti dall’ONU. Come vediamo un approccio assolutista è un approccio anch’esso intimamente relativista.”

      Come ho detto in questo commento https://pellegrininellaverita.com/2016/09/29/coscienza-errata-dannazione-certa/comment-page-1/#comment-26724 , direi che qui si capisce cosa è meglio fare facendo una considerazione, per l’appunto, sulla gerarchia dei beni e dei valori, come ha fatto Cristo nel passo citato che disse ai farisei “Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? Ora, un uomo vale ben più di una pecora!” .

      Per gli ebrei la proibizione di fare qualcosa di Sabato era così assoluta che erano arrivati a mettere a morte chi faceva qualcosa di Sabato. Gesù rivoluziona tutto insegnando che il Sabato è per l’uomo e non l’uomo per il Sabato.

      Perciò se è vero che i comandamenti sono degli assoluti, per il cristiano vanno considerati secondo quell’ottica, tenendo presente che non tutti i precetti hanno la medesima importanza.

      Aggiungo una cosa

      “Come vediamo un approccio assolutista è un approccio anch’esso intimamente relativista.”

      Questo è verissimo, infatti magari chi dice che uno dovrebbe morire di fame piuttosto che rubare poi non sarebbe mai disposto a negare il diritto alla legittima difesa.

      Eppure il concetto di legittima difesa è la dimostrazione che anche il comandamento “non uccidere” non è assoluto (ma non per questo relativo). Se infatti io uccido qualcuno per non essere ucciso o per impedire che un altro venga ucciso, non è che il comandamento venga abolito, ma viene perfezionato, visto che proteggere la vita dell’innocente è ancora più importante che preservare la vita del suo assassino.

      Allo stesso modo, nel caso del precetto “non rubare” se uno sta morendo di fame si fa un discorso analogo.

    • Prendo spunto dalle tue considerazioni sulle leggi di Natura… non sono un fisico, e quindi parlo da ignorante, ma per fare un esempio, ho sempre immaginato la legge di gravitazione universale come un fantasma mentale… nel senso, esiste in Natura un determinato fenomeno, a cui non tentiamo di dare una cornice matematica. Ma questa descrizione formale non riuscirà mai ad inquadrare totalmente questo fenomeno. Sono solo approssimazioni, con tutti i limiti umani.
      Ho sempre pensato che ontologicamente la Natura sia al di là della capacità umana di comprenderla totalmente.
      Scusate l’OT.

      • Dipende cosa sottintendi per approssimazione: se con questo vuoi esprimere il fatto che la realtà non è “davvero” conosciuta allora non concordo; se invece intendi che la si può intendere sempre meglio ma che ogni tappa è “vera” conoscenza allora ci incontriamo.

        La matematica è un invenzione dello spirito umano e nella sua essenza la più profonda è semplicemente un linguaggio con la sua grammatica, sintassi, regole oratorie, principi letterari addirittura licenze poetiche.

        Come il poeta descrive con giustezza l’esperienza qualitativa del suo incontro con il reale usando del linguaggio usuale, cosi fa il fisico con giustezza nel quadro della sua esperienza quantitativa usando del linguaggio matematico.

        Se dico poeticamente che la legge della gravitazione tra gli oggetti materiali è come l’amore che tutto attrae ed unisce ho detto qualcosa che mi permette di comprendere totalmente la legge della gravitazione, è vera conoscenza; se enuncio le relazioni di distanza e di accelerazione tra due oggetti di massa affermando che due corpi si attraggono con tanta più forza che sono più massivi e che sono sempre più vicini, ho una vera conoscenza che non contraddice la prima; se lo affermo presentando l’equazione gravitazionale espressa in termini di relatività generale userò di un linguaggio tecnico ancora più preciso e farò un’affermazione che mi permette sempre di comprendere la Natura.

        Ma non è che la prima proposta non comprendeva totalmente la natura della gravitazione, semplicemente il linguaggio utilizzato pur esprimendone pienamente la mirifica sostanza non esaurisce tutti i linguaggi possibili nel quale esprimere questa totale comprensione della Natura.

        In Pace

  7. Scusa Simon, sono fra’ Centanni, perchè non posso più intervenire?

    • Non accetto su questo blog un anti-cattolicesimo primario che si permette di trattare il Magistero di “famigerato” e Amoris Laetita è Magistero ordinario e pastorale.
      Ecco tutto
      In Pace

      • Be’, anche se a differenza di Giancarlo reputo l’AL documento magisteriale con tutti i crisimi, credo che sia giunto per me il tempo di togliere gli ormeggi, lasciare questo porto, issare la vela e riprendere la navigazione tra i perigli del mare burrascoso. Non senza prima avere ringraziato i diversi interlocutori, e in particolare il padrone di casa, Simone, cui devo alcuni interessanti punti di vista, e minstrel, che si è distinto per cortesia e mitezza. Ah, sì, e Fra’ Centanni, con cui a volte sono entrato in contrasto, ma che quando, dopo un discreto periodo di assenza, mi ha visto ricomparire ha avuto (per la verità unico fra tutti) l’umana cortesia di salutarmi con un bentornato. A tutti i portuali, dagli scaricatori alla capitaneria, buon proseguimento della vita pulsante di questo vivace centro, e grazie per l’ospitalità.

        Un saluto cordiale

        Navigare necesse est (vivere non necesse) =^-^=

        • Buon vento, caro Navigare: è stato un vero piacere disquisire con te!!!
          In Pace

        • Sebbene alcune volte discordi, Navigare (e sebbene non condividendo alcuni atteggiamenti nei confronti di Mentelibera), mi ha fatto piacere leggerti e parlare con te. Se un giorno vorrai tornare a postare ne sarò contento. 🙂

          Nel frattempo, che Nostro Signore ti assista lungo la navigazione. 🙂

        • Ti devo delle scuse, caro Navigare. In un primo momento mi ero fatto una pessima idea di te. In realtà, con il tempo, mi sono dovuto accorgere che, non solo sei una persona colta (a differenza di me) ed intelligente, ma che, soprattutto, le nostre posizioni sono molto più vicine di quello che pensavo. Ciao, e ricordiamoci nella preghiera almeno una volta.

        • una voce che viene a mancare è sempre un fatto negativo. il meccanismo dei Blog consente maggiori sincerità espressive anche aspre , dietro la protezione di un PC, ma allo stesso tempo ha ovviamente tutti i limiti che vengono da un colloquio virtuale e asincrono tra persone che non condividono vita ed esperienze reali .
          Quindi senza alcun rancore , buona navigazione! Partire è importante , per conoscere altri porti , e magari imparare anche una piccola cosa in più . Anche se a volte restare è più difficile ….:-)

        • Peccato! Lo dico di cuore, perché hai sempre portato profondità e una buona dose di ironia ad ogni dialogo. Speriamo che prima o poi il vento giri e ti trascini di nuovo su queste spiagge.

        • Mi unisco al commiato, che ritengo doveroso perché, se non ricordo male, il primo intervento dell’utente Navigare sul blog è stato in risposta ad un mio quesito. D’altro canto, non credo che la decisione di abbandonare un blog sia poi così irreversibile: non è impossibile che si torni a leggere qualche suo commento su queste pagine, in futuro! 🙂

        • Arrivo solo ora dopo un WE di fuoco e leggo questa brutta news.
          Che dire… buona navigazione carissimo!
          Sappi che il nostro porto sarà sempre aperto e il faro sempre acceso per le tue belle vele candide.
          Una preghiera di montagna e un canto che ti accompagni:

        • Ma si..d’altra parte questo è un crocevia…prima o poi ci si deve ripassare.. 🙂

        • Ciao NNE, abbiamo interloquito praticamente nulla, ma io ti ho letto molto e con gusto e spero di poter avere nuovamente questo piacere.

          Arrivederci.

      • Caro Simon, le parole hanno un significato. La parola “famigerato” significa che gode di cattiva fama. E non è forse vero che AL gode di cattiva fama? Non è vero che vanno moltiplicandosi nel mondo le interpretazioni più opposte che si possa immaginare? Non è vero che vanno moltiplicandosi studiosi ed intellettuali di grande calibro che esprimono pesanti riserve sul documento? E tutto questo, giusto o sbagliato che sia, non determina forse una cattiva fama?

        • Da quando in qua il Magistero potrebbe avere “cattiva fama” tra i cattolici? “Chi ascolta voi ascolta Me” disse Gesù: sarebbe la Parola di Gesù famigerata tra i cattolici?
          Uno che usa del termine famigerato, per giunta associandovisi!!! è un ipocrita quando afferma che è cattolico (e cristiano).

          Le interpretazioni di AL che sono altre che quelle comprensibili con il CCC sono del Divisore e chi le propone, poco importa chi egli sia nella Chiesa istituzionale, si separa dal Cristo per quanto riguarda la sua vita spirituale e di chi lo ascolta.

          Dei seminatori di zizzania non sappiamo che farcene nella Chiesa per formare la nostra volontà al dovusto ossequioi dell’intelligenza e della volontà al Magistero, siano essi di destra od di sinistra, semplici laici o cardinaloni.
          In Pace

          • Per Simon

            “Le interpretazioni di AL che sono altre che quelle comprensibili con il CCC sono del Divisore e chi le propone, poco importa chi egli sia nella Chiesa istituzionale, si separa dal Cristo per quanto riguarda la sua vita spirituale e di chi lo ascolta”

            Lo sai, Simon, che io ho difeso, difendo e difenderò Al, e con grande facilità da parte mia, perché oltre ad essere Magistero autentico trovo che sia un documento bello e innovativo per tanti motivi. Perciò figurati se sono d’accordo con chi definisce il Magistero di Papa Francesco come “famigerato” o chi attacca tale documento dicendo che sia eretico.

            Però, ecco, secondo me bisogna fare attenzione a non dare giudizi avventati.

            Ad esempio, qui hai scritto che chi attacca Al “si separa dal Cristo per quanto riguarda la sua vita spirituale”, come a dire che è in stato di peccato mortale.

            Secondo me è un giudizio avventato, poichè, come scrivevo anche nei post sopra, molti tradizionalisti fanno ciò che fanno convinti di fare il bene della Chiesa e convinti di servire Cristo. L’altro giorno ho letto di un critico dell’Al in America, un giornalista famoso, che ha scritto che anche se fosse assassinato per questo non può tacere.

            Penso che molti di questi critici siano in buona Fede e che quindi possano essere in Grazia di Dio, nonostante la loro visione ultra conservatrice li porti a giudizi sbagliati su Al e il Papa.

            Diverso sarebbe il caso di chi, ad esempio, dovesse criticare Al e il Papa pur non essendo convinto, magari per qualche tornaconto di qualche tipo, ma in assenza di ciò trovo avventato dare giudizi sulla separazione di queste anime da Dio.

            E tutto questo lo dice uno che la vede in maniera estremamente diversa da queste persone, come sapete tutti.

            • Certo che è in stato di peccato mortale: in quanto cardinale, vescovo, sacerdote, teologo, catechizzato sa benissimo (1) che peccare contro il Magistero è peccare contro lo Spirito Santo, (2) che il Magistero non erra e non pù indurre in tentazione, (3) che dobbiamo fare opera di chiarificazione e non di divisione.

              Per giunta il fatto che ne siano “convinti”, in realtà che si chiudono allo SPirito Santo che parla loro, è un’aggravante e non una circostanza attenuante, in quanto la durezza di cuore è sempre considerata circostanza aggravante.

              In Pace

              • “Per giunta il fatto che ne siano “convinti”, in realtà che si chiudono allo SPirito Santo che parla loro, è un’aggravante e non una circostanza attenuante, in quanto la durezza di cuore è sempre considerata aggravante”.

                In realtà più sopra avevi concordato sul fatto che i tradizionalisti che sono irremovibilmente convinti in coscienza di stare facendo la cosa giusta hanno molte attenuanti riguardo ai loro atti attuali di disobbedienza e talvolta contrasto al Magistero. Non ne hanno per il fatto di aver deformato la loro coscienza, che è peccato mortale, ma in Confessione vengono perdonati anche i peccati mortali di cui non ci si ricorda più, ivi compreso il peccato di aver fatto deformare la propria coscienza.

                Rimane quindi il peccato attuale di diffamare la Chiesa e Papa Francesco, ma alla luce di quanto detto sopra, se queste persone agiscono secondo coscienza, per quanto sbaglino non peccano mortalmente.

                Come ho detto molti di loro amano sinceramente Dio, e sebbene sbaglino lo stanno facendo in buona Fede. Sarebbe una cosa del tutto diversa, ad esempio, se uno non fosse convinto di ciò e nonostante tutto andasse contro il Papa per motivi di convenienza, ad esempio.

                E per quanto riguarda il “chiudersi allo Spirito Santo” ci andrei piano, perché tale accusa potrebbe essere fatta contro chiunque. Per lo stesso motivo, visto che oggi i missionari cattolici sono arrivati in tutto il mondo, si potrebbe dire che chiunque non si converte all’annuncio del Vangelo è perché si chiude allo Spirito Santo, ma sarebbe una analisi frettolosa, che non tiene conto di innumerevoli fattori (ad esempio, nel caso degli islamici, del fatto che vengono educati a credere nel Corano come verità assoluta).

                Lo stesso vale per quelle persone, perciò parlare di peccati contro lo Spirito Santo (!!) e di peccati mortali mi sembra avventato.

                • Leggi troppo in fretta e ciò ti fa spesso giungere a conclusioni sballate e ad ipotizzare cose mai dette per giustificarle, Vincent.

                  (a) La materia è grave: se questi cardinali e altri teologi sono stati deformati nel loro modo di pensare al seminario or cinque minuti fa, non penso che sia l’affare nostro discuterne: intanto essi sono pubblicamente in una situazione oggettiva di peccato mortale.

                  (b) Ti dimentichi sempre espressamente che sempre subiscono l’influenza dello Spirito Santo e che non c’è nessuna meccanicità nel loro peccato: basta lasciarsi guidare la coscienza dalla Spirito. Non farlo è avere il cuore indurito. Mai siamo tentati al di là delle proprie forze e sempre la proposta di conversione è offerta dal Signore.

                  (c) Non stiamo parlando di papuasi o di selvaggi del fondo dell’Amazzonia ma di gente ben formata.

                  In Pace

              • Per Simon

                “Leggi troppo in fretta e ciò ti fa spesso giungere a conclusioni sballate e ad ipotizzare cose mai dette per giustificarle, Vincent.”

                No no, non è questo il caso.

                “(a) La materia è grave: se questi cardinali e altri teologi sono stati deformati nel loro modo di pensare al seminario or cinque minuti fa, non penso che sia l’affare nostro discuterne: intanto essi sono pubblicamente in una situazione oggettiva di peccato mortale.”

                Ma su questo non c’è dubbio. Ma da lì a dire che siano in peccato mortale anche soggettivamente penso che ce ne passa.

                ” (b) Ti dimentichi sempre espressamente che sempre subiscono l’influenza dello Spirito Santo e che non c’è nessuna meccanicità nel loro peccato: basta lasciarsi guidare la coscienza dalla Spirito. Non farlo è avere il cuore indurito. Mai siamo tentati al di là delle proprie forze e sempre la proposta di conversione è offerta dal Signore.”

                Non metto in dubbio questo, tuttavia non c’è nessuna meccanicità nemmeno nell’influsso dello Spirito Santo, altrimenti per esempio ogni cristiano ortodosso che non si converte al cattolicesimo starebbe peccando contro lo Spirito Santo (come vedi non stavo parlando dei selvaggi della Papuasia).

                Perciò insomma, entrate a piedi pari in foro interno come “chi fa questo si separa da Cristo per quanto riguarda la sua vita spirituale” mi sembrano eccessive, nonostante io la pensi al contrario di loro.

                Purtroppo agli uomini capita di sbagliare. Di certo uscite come quella di Spaemann che ho riportato sotto che confondo l’epikeia con l’etica della situazione e l’applicazione dell’epikeia al soggetto (che è ciò che viene fatto) con l’applicazione dell’epikeia al precetto mi lasciano molto perplesso.

                • (a) Ripeto per l’ultima volta: leggi quello che ho scritto e non inventarti tue altre conclusioni: ho detto che sono oggettivamente in una situazione di peccato mortale in quanto pubblicamente la materia espressa è grave; che lo siano soggettivamente, se la vedono con il loro confessore; restano intanto pubblici peccatori.

                  (b) C’è meccanicità dell’azione dello Spirito Santo in ogni anima in quanto Dio non può lasciare intentata ogni possibile suggestione per spingere ogni peccatore a convertirsi. E infatti, ogni singolo ortodosso che non si converte al cattolicesimo quando è in contatto con questo lo fa per durezza di cuore: ma quanto ne sia responsabile di questa durezza è del foro interno; ma di certo, in quanto scismatico ed in finis eretico, si trova in una situazione oggettiva di peccato mortale in quanto la materia è grave.

                  (c) Quindi nessuno entra mai nel foro interno , o allora dimostralo quando mai lo avrei scritto!!!

                  (d) Infatti Spaemann di cui per altro ammiro certi scritti mi ha deluso per questa incapacità, da te ben sottolineata, e che compartisce con altri nomi conosciuti, nel non vedere il suo/loro errore che confonde l’epikeia che si applica all’analisi della situazione secondo le leggi morali (e non a scanso di esse) con un’etica della situazione dove la legge morale cambierebbe in funzione: tale assenza di finezza nel pensiero a questo livello di persone mi lascia, a dir poco, basito.

                  In Pace

              • Simon, ho risposto a questo tuo post, perché non è stato pubblicato?

                • (1) perché solo oggi stasera ho avuto il tempo di venire il linea: se vuoi essere pubblicato subito ti consiglio di non essere moderato.

                  (2) non lo faccio passare perché ripeti le solite cose senza tener conto di quel che ti si è detto

                  (3) torni sempre sulle tue soliti ossessioni

                  (4) per il tuo bene deve imparare a volte di accettare non avere sempre l’ultima parola.

                  Buona serata

                  In Pace

          • Va bene ….però mi sembra che Fra Cent’anni sia disponibile a volte anche a rivedere le proprie posizioni …….ed in ogni caso ha usato il termine “famigerato” in maniera discorsiva, direi giornalistica, non certo in maniera letterale e dispregiativa.
            Spero assolutamente che resti fra noi…e spero pure di non averlo danneggiato ulteriormente…vista la mia fama…. 🙂

        • Per Frà centanni

          “Non è vero che vanno moltiplicandosi studiosi ed intellettuali di grande calibro che esprimono pesanti riserve sul documento?”

          Maccerto, peccato che la stragrande maggioranza di quelle critiche siano infondate, quando non di una idiozia maiuscola.

          Che dire ad esempio di Spaemann che confonde l’etica della situazione con l’epikeia, accusando Amoris Laetitia di caldeggiare, per l’appunto, l’etica situazionale? http://www.iltimone.org/34621,News.html

          Quel post che ho linkato è davvero incredibile, oltre alle accuse di etica situazionale rivolte ad Al, dove Spaemann dice “Il vero problema, però, è un’influente corrente di teologia morale, già presente tra i gesuiti nel secolo XVII, che sostiene una mera etica situazionale. Le citazioni di Tommaso d’Aquino prodotte dal papa nella “Amoris lætitia” sembrano sostenere questo indirizzo di pensiero”

          Voglio segnalare questa chicca imperdibile

          “se si tratta di relazioni sessuali che contraddicono oggettivamente l’ordinamento di vita cristiano, allora vorrei davvero sapere dal papa dopo quanto tempo e in quali circostanze una condotta oggettivamente peccaminosa si muta in una condotta gradita a Dio.”

          Qua Spaemann fa una confusione grossolana tra la condotta e la persona che la mette in atto, dicendo praticamente che si afferma che chi vive in situazione irregolare può essere in grazia di Dio allora la sua condotta diviene buona in se!

          Ma questa è una idiozia. Spaemann confonde materia grave con peccato mortale, come del resto mostra anche quando dice

          “Qui, però, si trascura il fatto che Tommaso d’Aquino conosce atti oggettivamente peccaminosi, per i quali non ammette alcuna eccezione legata alle situazioni. Tra queste rientrano anche le condotte sessuali disordinate. Come già aveva fatto negli anni Cinquanta con il gesuita Karl Rahner, in un suo intervento che contiene tutti gli argomenti essenziali, ancor oggi validi, Giovanni Paolo II ha ricusato l’etica della situazione e l’ha condannata nella sua enciclica “Veritatis Splendor”

          mostrando di non aver capito un accidenti dell’epikeia, che non si applica al precetto ma alla persona.

          E il tenore delle critiche che leggo nei confronti di Al in America non è diverso da questa di Spaemann, anzi spesso è notevolmente più basso!

          Ritengo che ad essere famigerati, più che Al siano i suoi critici, caro Frà centanni, che a parte straw men a profusione non sono riusciti a produrre.
          Queste persone purtroppo scambiano la Chiesa per un partito conservatore, nel quale ogni documento che non si presta a questa lettura (pur essendo dottrinalmente ineccepibile) andrebbe rigettato.

          Quando la Fede diventa politica.

          • Caro Vincent vabbè che anche io non dovrei più scrivere su questo blog visto che Simon mi ha definito un eretico kantiano e protestante. Ma vorrei sapere: quando si afferma che si si può per esempio rubare in caso di fame non si fa dell'”etica della situazione” , condannata da Giovanni Paolo II?
            esiste un’etica: non rubare. esiste una situazione contingente : la fame .
            se diciamo che la situazione contingente è un attenuante OK, ma se diciamo che per fame uno può in coscienza rubare facciamo dell’etica della situazione.
            un altro caso molto simile potrebbe essere : una povera donna con già tre figli che rimane incinta del quarto e decide di abortire.
            l’abortoè un male. Ma la povera donna si trova in una situazione in cui mettere al mondo un altro figlio sarebbe morire di fame.
            Sempre etica della situazione. In questi casi la dottrina cattolica insegna che la legge morale RIMANE e che nessuna circaostanza per quanto penosa la può cambiare ( dunque io non posso rubare per fame, abortire per povertà. dire falsa testimoninza in tribunale perchè altrimenti la mafia mi aspetta fuori e mi ammazza, desiderare la donna d’altri perchè si da’ la situazione che mia moglie invecchiando sia diventata inguardabile ecc. ecc. )
            se mai queste sono ATTENUANTI, se io comunque compio una azione che va contro la morale , ma non possono in alcun modo GIUSTIFICARE la mia azione e trasformarla in azione morale.
            Questa sarebbe 2etica della situzione” cioè una legge morale relativista chhe cambia a seconda della situazione e che la Chiesa cattolica condanna.
            Siamo d’accordo su questo? penso di sì!
            Invece che cosa sarebbe invece l’epikeia? Spiegamelo con parole semplci e concrete? Cosa fa’ sì che una persona che ha compiuto una azione immorale ( lasciare la propria leggittima moglie/marito e sposarne un’altra) e non se ne pente perchè continua avivere così grazie all’epikeia non siadefinibile “adultera” e fuori dalla comunione con la Chiesa?
            cosa è l’epikeia una bacchetta magica che trasforma una coscienza nera in bianca?
            e tutto questo distinguere fra “foro interno 2 e “foro esterno”. le azioni cattive si sono sempre giudicate dai loro effetti ESTERNI e valutabili da tutti: il divorzio in particolare , checchè ne pensi il divorziato in “foro interno” provova in altri , ad esempio i figli, sofferenze OGGETTIVE.
            dunque perchè distinguire? un peccato è un peccato,qualunque sia la situazione (che po’ al massimo essere un attenuante ma mai una giustificazione) ed è un peccatto perchè causa male e sofferenza OGGETTIVAMENTE. la religione cattolica ( alla quale appartengo checchè ne dica Simon) è una religione dell’oggettività e della realtà non del soggettivismo e delle opinioni personali.
            Ripeto forse io , come Spaemann , non sono all’altezza dell’intelligenza di Vincent, di Simon, e dell’AL
            ma mi pare che il discorso di GPII che condanna l’etica della situazione sia chiaro e limpido e cattolico , quello dell’AL un po’ più confuso

            • Giacomo,
              Vedo che non hai capito una mazza e fai come Vincent: rimetti la compressa ripetendo un concetto errato credendo che lo farai diventare giusto.
              Ma visto che non hai capito il nocciolo (eppure facile) del problema continui a fare lo stesso errore.

              Vedi non è che ci sia una situazione contingente : avere fame. Nel caso discusso c’è una scelta tra due imperativi: non rubare da una parte e non attentare alla vita umana dall’altra, la tua in particolare. La soluzione a questo apparente dilemma è di rendersi conto che non rubare non è un imperativo morale assoluto in sé ma che relativamente a non uccidere esso è meno importante e ciò è sempre vero. Quindi sei virtuoso rubando e mangiando per salvare la tua vita.

              Nel caso della donna incinta che mette al mondo il quarto siamo invece si in una situazione contingente: la signora in questione può sempre andare a rubare una volta partorito per nutrirsi e nutrire i pargoli: quindi,sì, il tuo esempio è una gran baggianata.

              Mentre nel primo caso chi ruba per sopravvivere compie un atto virtuoso, la donna che abortisce non ha nessuna circostanza attenuante e compie solo un atto malvagio in quanto la vita del bambino che è un umano ha valore assoluto mentre il morire di fame è solo circostanziale, come lo hai tu stesso evidenziato.

              Quanto alle tue domande sull’epikeia vatti a leggere tutti gli articoli su Croce-Via al soggetto e comincia da li invece di porre domande che esprimono, in foro esterno, un vera malafede da parte tua.

              In Pace

            • Simon

              “Vedo che non hai capito una mazza e fai come Vincent: rimetti la compressa ripetendo un concetto errato credendo che lo farai diventare giusto.”

              Mi pare che i discorsi che ho fatto sull’epikeia in quest post https://pellegrininellaverita.com/2016/09/29/coscienza-errata-dannazione-certa/comment-page-1/#comment-26758 e in questo https://pellegrininellaverita.com/2016/09/29/coscienza-errata-dannazione-certa/comment-page-1/#comment-26727 siano giusti, dopotutto mi hai messo anche il like.

              Probabilmente ti stavi riferendo ad altri miei discorsi.

              Ora rispondo a Giacomo

              ” e tutto questo distinguere fra “foro interno 2 e “foro esterno”. le azioni cattive si sono sempre giudicate dai loro effetti ESTERNI e valutabili da tutti: il divorzio in particolare , checchè ne pensi il divorziato in “foro interno” provova in altri , ad esempio i figli, sofferenze OGGETTIVE.”

              Giacomo, mi spiace ma la questione non è così bianco/nero come la fai tu.

              Ad esempio un figlio, arrivato a 16 anni, i cui genitori sono rimasti insieme fino a quel punto solo per non farlo soffrire (perché da piccolo non avrebbe capito) può ben essere felice a vedere i genitori che si separano, visto che non facevano altro che litigare e il loro matrimonio era divenuto un vero e proprio ergastolo (con la differenza che tra indulti e altro magari dall’ergastolo la scampi, dal matrimonio no perchè è indissolubile).

              Lo stesso figlio, successivamente, vedendo che i propri genitori sono come “rinati” dopo la separazione, può ben dire che è stata una cosa positiva per la vita dei propri genitori.

              Perciò come vedi le situazioni sono molto variegate, e capire perché una non dovrebbe essere in Grazia di Dio solo perché si è sottratta ad un matrimonio che era un ergastolo per tutti e fonte, quello si, di sofferenza per i figli, non è affatto facile.

              Sono questi casi che rendono incomprensibile alla ragione la legge dell’indissolubilità assoluta “no matter what”, persino tra persone coi figli cresciuti o che non hanno figli e che vogliono separarsi consensualmente.

              Ancora più difficile è per queste persone sentirsi adultere nei confronti di un matrimonio che vedono finito a tutti gli effetti.

              Da lì, ad esempio, il discernimento che propone Al, perché i casi della vita sono complessi, con buona pace degli assolutisti che dividono il mondo in buoni e cattivi.

              E nota, quello che ho scritto sopra deriva dalla mia esperienza personale, non da un caso ipotetico.

              Ripeto: capisco perfettamente che tagliare tutto con l’accetta sia molto più facile, ma la Chiesa mi pare si occupi di salvezza delle anime, non mi pare che sia un club kantiano per stoici dell’ultima ora.

              • Scusatemi cari Vincent e Simon, ma ogni volta che vi leggo mi viene in mente questo versetto del Vangelo : Grazie o Padre che hai voluto rivelare queste cose ai semplici e agli ignoranti e hai voluto nasconderle ai dotti e ai saggi”
                Sì perchè nonostante tuttto il vostro prolisso argomentare , tutta la vostra intelligenza, il vostro San Tommaso, mi pare vi sfugga l’essenziale , quell’essenziale che fa sapere a un BAMBINO DI CINQUE ANNI cosa è ben e cosa è male, e che rubare è male, sempre, anche senza aver letto tomi e tomi .
                Più elucubrazioni si fanno sulla scelta morale più ci si allontana da quella semplicità di spirito e direi da quella bellezza gratuita che richiede il Vangelo e si cade negli aridi manuali di “casistica2 di molinina memoria .
                Anche io come Navigare necesse est prendo il largo da questo sito. Sono stanco di aride elucubrazioni e sottili “distinguo”. sarete bravi a spaccare un capello in quattro ma
                .la vostra cultura e “saggezza” mi ricorda la pianta di fico “secca” che il Signore annientò.

                perchè lo Spirito è vivo e non è una formula matematica

                • La semplicità di spirito ti fa capire che la vita umana è più importante dei beni materiali, Giacomo.
                  In Pace

              • “quell’essenziale che fa sapere a un BAMBINO DI CINQUE ANNI cosa è ben e cosa è male, e che rubare è male, sempre”

                Certamente. Tuttavia, ad esempio, anche a cinque anni ho sempre saputo che, per quanto rubare sia male, morire di fame è ancora peggio. Ergo non mi è mai venuto in mente che una persona farebbe meglio a morire di fame piuttosto che rubare.

                Esattamente come, ora, non penso che sarebbe giusto, nè per me nè per nessun altro, sparare ad un povero nero che entrasse in casa mia per rubare (e lo dice uno che possiede il porto d’armi, come ho già detto altre volte). In un caso del genere lo sfamerei io stesso.

                Tutt’altro discorso, invece, se venisse in casa mia per farmi del male o in casa dei miei genitori per far del male ai miei cari. In quel caso avrei non solo il diritto, ma il dovere di usare violenza per fermarlo, poiché proteggere l’innocente è un bene superiore alla protezione dell’incolumità dell’aggressore, esattamente come il non morire di fame è un bene superiore al rispetto della mia proprietà privata.

                Non capisco cosa non ti torni, francamente.

              • Per Giacomo

                “Più elucubrazioni si fanno sulla scelta morale più ci si allontana da quella semplicità di spirito e direi da quella bellezza gratuita che richiede il Vangelo e si cade negli aridi manuali di “casistica2 di molinina memoria”.

                Giacomo, io sono sincero, non ti capisco.

                Quando Cristo, in questo passo

                Matteo 12,1-14

                “In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
                Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga; ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.”

                Insegnava all’uomo che il bene dell’uomo concreto è più importante dell’assolutezza del precetto astratto, stava forse facendo un manuale di casistica? Oppure stava insegnandoci la realtà, visto che la realtà Cristo la conosceva, essendone il Creatore?

                Non so se ti ricordi, ma gli ebrei uccidevano chi trasgrediva il Sabato. Per loro l’uomo era per la legge. Cristo invece ci insegna che
                “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”

                Mc 2,27-28

                Il tuo modo di ragionare non ti sembra terribilmente simile a quegli ebrei che Gesù criticava per aver messo invertito l’ordine di gerarchia sul Sabato e l’uomo?

                Pensaci un attimo e rispondi sinceramente.

              • Giacomo , mi dispiace che tu vada, ed in parte concordo con i tuoi discorsi.
                Ma non puoi riportare tutto ad una visione semplice, senza rischiare di scadere alla fine in una visione semplicistica o addirittura banale.
                Rubare è un male, certo, ma è un male minore rispetto ad altri. Ci sono mali peggiori.
                Se tu nella vita ti trovassi effettivamente e non solo teoricamente di fronte ad una scelta seria tra rubare e morire,o addirittura tra rubare o far morire altri, sapresti quale decisione prendere senza neppure pensarci.
                Perchè con una unica scelta prederesti due decisioni, e dovresti decidere quale delle due è più consona al vangelo. Lasciarsi morire per fame non significa morire per la gloria di Dio, non è un “martirio”.
                Martirio significa essere uccisi in quanto Cristiani. Lasciarsi morire per fame è di fatto uccidersi. Nessuna gloria! Quindi tranquillo che è un peccato molto maggiore rispetto a rubare. Certo..a meno che il tuo furto di cibo sia fatto ad una altra persona che sta morendo di fame essa stessa.
                Questi non sono sofismi , si tratta solo di applicare la legge secondo l’intenzione reale di Dio, che ovviamente non poteva dare regole e regolette dettagliate, ma che ha dato delle priorità.
                D’altra parte la creatura di Dio è l’uomo, mica la legge. La legge è stata creata per la salvezza dell’uomo, è un mezzo non uno scopo. Lo scopo è la salvezza. A Dio importa salvare l’uomo da se stesso, non che venga astrattamente rispettata una legge.
                Un Dio che ha creato un universo così incredibile, così complesso, così sofisticato, dal camaleonte agli anelli di saturno, come potrebbe permettere che poi i giudizi per la vita eterna siano dati in modo semplicistico, senza tener conto di tutto un complesso di cose ?
                E come potrebbe mettere la sua creatura prediletta in condizione di non aver scelta e sottomettere la vita di un uomo, unica e preziosa, ai soldi o cibo sottratti , come se questi secondi siano più importanti della prima ? Non avrebbe senso.

                Buona Giornata
                Salve ! 🙂

  8. “O tu del ciel, perché mi privi?

    Tu te ne porti di costui l’etterno
    per una lagrimetta che ‘l mi toglie;

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