Silvana de Mari – non bisogna uccidere, ma consolare!

Immagine4“Mai successo. tutte le volte che prendo in carico un paziente terminale, lui mi chiede se ci penso io nel caso non ce la faccia più e io gli giuro che lo farò. Non me l’hanno mai chiesto [di morire]. Ormai siamo i grado di controllare il dolore, e quello non è un problema. Quando un paziente dice voglio morire in realtà vuol dire, per favore aiutatemi, aiutatemi di più, consolatemi, piuttosto che vivere così voglio morire. Non bisogna ucciderlo, bisogna consolarlo.”

Silvana de Mari, medico e scrittrice. Da un commento su facebook, 13 luglio 2016 https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1732181853696295&id=100007134907008



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5 replies

  1. “Ormai siamo in grado di controllare il dolore, e quello non è un problema”. Può darsi, ma i dati in possesso dell’OMS dimostrano come oggigiorno, nei paesi economicamente sviluppati, il 50-80% dei malati di cancro patisca per dolori che non vengono correttamente trattati.

    • Benvenuto Alex.
      Non ho presente la statistica che citi, ma questa mi pare denunci una carenza di competenza dei sanitari, non l’impossibilità scientifica di un controllo del dolore, giusto?
      Di nuovo benvenuto!

      • grazie minstrel! Si certo, c’è una carenza di attenzione di alcuni sanitari a questo enorme problema. Purtroppo la realtà è assai diversa da quella che dipinge quella frase. Tanti malati terminale non ricevono un’assistenza adeguata ai dolori oncologici, e purtroppo parlo per esperienza diretta.
        Non so se la scienza medica possa davvero eliminare sempre tali atroci dolori, un amico medico mi assicura che in alcuni casi è davvero impossibile, ma ci vorrebbe una maggiore sensibilità dei medici su questo tema.

        • Anche io ho avuto purtroppo esperienza diretta, ma al contrario mi è sembrato che i medici abbiano fatto un buon lavoro. C’è da dire però che colui che riceveva le cure palliative è sempre stato un uomo tutto d’un pezzo che anche durante i momenti duri della malattia non si è mai lasciato sfuggire un “ahia” in presenza di qualcuno…

  2. si, hai ragione, il carattere spesso fa la differenza… come anche il tipo di tumore e la diffusione delle metastasi. Due anni fa sono stato ricoverato per un ascesso, e nel letto a fianco c’era un povero signore con un tumore esteso al polmone. Letteralmente soffocava, ogni tanto gli aspiravano il liquido e gli davano ossigeno, ma soffriva terribilmente, mi faceva una pena immensa. Spesso si parla del dolore, ma purtroppo c’è tanto altro… insomma, si resta davvero disarmati e senza parole, davanti a certe croci che capitano all’uomo. Io non riesco a credere purtroppo, mi piacerebbe tanto avere la fede che possa dare un senso a tutto, a volte prego comunque, e sono sempre alla ricerca… ma per ora la chiamata non arriva 🙁

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