I SACRAMENTI
I sacramenti sono dei segni e strumenti della grazia istituiti da Gesù Cristo per santificarci. La morale tratta dei sacramenti in quanto insegna in che modo riceverli degnamente e con frutto. Infatti la grazia che i sacramenti conferiscono è data in proporzione alle buone disposizioni di chi li riceve.
I sacramenti sono sette: Battesimo, Cresima, Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi, Ordine e Matrimonio.
I sacramenti di cui si occupa soprattutto la morale sono l’Eucaristia e la Penitenza, in quanto questi due sacramenti vengono ricevuti con frequenza e sono i mezzi privilegiati per progredire nella vita cristiana. Tuttavia è necessario conoscere qualcosa anche dell’aspetto morale degli altri sacramenti.
Il Battesimo.
Il Battesimo è il sacramento che ci fa nascere alla vita della grazia e ci rende cristiani. Esso ci conferisce anche un segno indelebile, detto “carattere”, che permette di poter ricevere validamente tutti gli altri sacramenti. Il Battesimo si conferisce versando dell’acqua sul capo del battezzando e pronunciando le parole: “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Normalmente chi battezza è il Presbitero o il Diacono. Tuttavia in caso di necessità chiunque, persino un non cristiano, può e deve battezzare, purché abbia l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Questi Battesimi di urgenza si verificano soprattutto nel caso di bambini in pericolo di morte. Un adulto che riceve il Battesimo deve avere l’intenzione di ricevere il sacramento, la fede e il pentimento, almeno imperfetto, dei propri peccati perché il suo Battesimo sia valido.
Quando i battezzati sono dei bambini, come accade il più delle volte, i genitori si assumono il compito di conferire loro un’educazione cristiana. Essi devono con la parola e con l’esempio contribuire alla crescita spirituale dei loro figli. La Chiesa non concede il Battesimo senza la garanzia di questo impegno, perché il Battesimo segna solo l’inizio della vita cristiana, la quale per sua natura deve crescere e svilupparsi. La Chiesa, inoltre, all’atto del Battesimo affianca ai genitori dei padrini, i quali è conferito il compito di aiutare i primi nel loro impegno di educazione cristiana.
La Cresima.
La Cresima, o Confermazione, è il sacramento, conferito dal Vescovo o da un suo delegato, che ci rende perfetti cristiani, cioè cristiani adulti nella fede e capaci di rendere pubblica testimonianza a Gesù Cristo, Nostro Dio e Signore morto e risorto per la nostra salvezza. E’ la forza dello Spirito Santo donata in questo sacramento che ci permette di testimoniare e diffondere la nostra fede superando ogni vergogna o timore.
Chi riceve la Cresima, oltre a essere in grazia di Dio, deve conoscere le principali verità della fede cristiana e accostarsi al sacramento con devozione. Il padrino, o la madrina, della Cresima deve con la parola e con l’esempio istruire e aiutare il cresimato nell’impegno della vita cristiana. Per sottolineare l’unità con il Battesimo è preferibile che il padrino o la madrina della Cresima siano gli stessi del Battesimo.
L’Eucaristia.
L’Eucaristia è il sacramento che sotto le specie o apparenze del pane e del vino contiene realmente il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo per il nutrimento spirituale delle anime. La Santissima Eucaristia conserva e accresce la grazia santificante, cancella i peccati veniali e preserva dai mortali, ci unisce sempre più a Gesù Cristo, capo del Corpo mistico, e alle sue membra, infonde consolazione spirituale, sostiene le nostre forze lungo il pellegrinaggio di questa vita, ci fa desiderare la vita eterna e già ci unisce alla Chiesa del Cielo, alla Beata Vergine Maria e a tutti i Santi.
Per fare degnamente la Santa Comunione si richiedono tre cose: essere in grazia di Dio, sapere e pensare Chi si va a ricevere, essere digiuni da almeno un’ora (eccezione fatta per l’acqua e le medicine e per i soggetti anziani o infermi). Chi è consapevole di essere in peccato mortale, per quanto sia pentito, deve confessarsi prima di ricevere l’Eucaristia, salvo casi eccezionali (grave motivo per accedere alla comunione unito all’impossibilità di confessarsi). Chi riceve l’Eucaristia in peccato mortale commette un grave sacrilegio, in quanto profana ciò che vi è di più sacro in mezzo a noi, cioè il Corpo santissimo di Cristo.
L’obbligo di ascoltare la Messa nei giorni festivi è però distinto da quello della comunione. Chi non è nelle condizioni di comunicarsi deve ascoltare comunque la Messa e rimandare la comunione.
La comunione è obbligatoria ogni anno nel periodo pasquale, e inoltre in pericolo di morte (viatico). Chi non si è comunicato entro il periodo pasquale deve farlo al più presto.
La Penitenza.
Il sacramento della Penitenza, o Riconciliazione, o Confessione, è il sacramento istituito da Nostro Signore Gesù Cristo per cancellare i peccati commessi dopo il Battesimo. E’ dunque il sacramento della nostra guarigione spirituale, chiamato anche sacramento della conversione, poiché realizza sacramentalmente il nostro ritorno fra le braccia del Padre dopo che ce ne siamo allontanati con il peccato. Dopo il Battesimo, non è possibile ottenere il perdono dei peccati mortali senza la Confessione, anche se è possibile anticipare il perdono con la contrizione perfetta accompagnata dal proposito di confessarsi.
Per fare una buona Confessione occorre: fare un accurato esame di coscienza, avere il dolore per i peccati commessi e il fermo proposito di non commetterli più in avvenire (contrizione o attrizione), manifestare i propri peccati al Presbitero (accusa o confessione), eseguire la penitenza (soddisfazione).
L’esame di coscienza è la diligente ricerca dei peccati commessi dopo l’ultima Confessione ben fatta. Dei peccati gravi o mortali bisogna ricercare anche il numero, perché ogni singolo peccato mortale va accusato nella Confessione.
Il dolore dei peccati è il sincero rammarico e la detestazione dei peccati commessi. Il dolore è di due tipi: dolore perfetto (o contrizione) e dolore imperfetto (o attrizione). Si ha il dolore perfetto o contrizione quando ci si pente dei propri peccati perché si è offeso Dio, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa, tradendo il suo amore: cioè quando il dolore nasce dall’amore disinteressato verso Dio, vale a dire dalla carità. Si ha il dolore imperfetto o attrizione quando il pentimento, per quanto sempre ispirato dalla fede, ha motivazioni meno nobili: p. es. quando nasce dalla considerazione del disordine causato dal peccato, o dal timore della dannazione eterna (Inferno) e delle altre pene che il peccatore vede incombere su di sé. Il dolore perfetto unito al proposito di confessarsi ottiene subito il perdono; il dolore imperfetto lo ottiene invece solo nella confessione sacramentale.
Per la validità della confessione è sufficiente pentirsi di tutti i peccati mortali, ma per il progresso spirituale è necessario pentirsi anche dei peccati veniali.
Il pentimento riguarda sostanzialmente il passato, ma implica necessariamente un impegno per il futuro con la ferma volontà di non commettere mai più il peccato. La previsione del peccato futuro non impedisce che vi sia il proposito sincero di non più commetterlo, perché il proposito dipende dalla volontà, mentre la previsione dipende solo dalla conoscenza che noi abbiamo della nostra debolezza.
L’accusa, o confessione, è la manifestazione umile e sincera dei propri peccati al sacerdote confessore. Siamo obbligati a confessare tutti i singoli peccati gravi, o mortali, commessi dopo l’ultima confessione ben fatta.
Le mancanze oggettivamente mortali più frequenti sono (seguendo l’ordine dei comandamenti): praticare in qualsiasi modo la magia; bestemmiare; perdere la Messa alla domenica o nelle feste di precetto senza un grave motivo; trattare male in maniera grave i propri genitori o superiori; uccidere o ferire gravemente una persona innocente; procurare direttamente l’aborto; cercare il piacere sessuale da soli o con altre persone che non siano il proprio coniuge; per i coniugi impedire il concepimento nell’atto coniugale; rubare una somma rilevante, anche sottraendosi al proprio lavoro; sparlare in modo grave del prossimo o calunniarlo; coltivare volontariamente pensieri o desideri impuri: mancare gravemente al proprio dovere; non accostarsi alla Santa Comunione nel periodo pasquale; accostarsi alla Santa Comunione in stato di peccato mortale; tacere volontariamente un peccato grave nella confessione.
Se uno dimentica di confessare un peccato mortale ottiene ugualmente il perdono, però nella Confessione seguente deve confessare il peccato dimenticato. Se uno, per vergogna o per altri motivi, tace un peccato mortale non solo non ottiene alcun perdono, ma commette un nuovo peccato di sacrilegio, cioè di profanazione di una realtà sacra.
La confessione dei peccati veniali non è necessaria, ma è molto utile per il progresso della vita cristiana.
Il confessore è sempre tenuto a dare l’assoluzione se il penitente è ben disposto, cioè è sinceramente pentito di tutti i suoi peccati mortali. Se invece il penitente non è ben disposto, non avendo il dolore o il proponimento, allora il confessore non può e non ve dare l’assoluzione.
Il penitente dopo l’assoluzione deve compiere la penitenza che gli è stata imposta e riparare i danni che i suoi peccati avessero eventualmente arrecato al prossimo (p. es. deve restituire la roba rubata).
Gli effetti del sacramento della Penitenza sono la riconciliazione con Dio e con la Chiesa, il recupero della grazia santificante, l’accrescimento delle forze spirituali per camminare verso la perfezione, la pace e la serenità della coscienza con una vivissima consolazione dello spirito.
Chi ha difficoltà a confessarsi deve considerare che il sacramento della Penitenza è un dono meraviglioso che il Signore ci ha fatto. Nel “tribunale” della Penitenza il colpevole non viene mai condannato, ma solo assolto. Chi si confessa poi non si incontra con un semplice uomo, ma con Gesù il quale, presente nel suo ministro, come fece un tempo con il lebbroso del Vangelo (Mc 1, 40 ss.) ancora oggi ci tocca e ci guarisce; e come fece con la fanciulla che giaceva morta ci prende per mano ripetendo quelle sue parole: “Talita kum, fanciulla, io ti dico, alzati!” (Mc 5, 41).
La Confessione è un mezzo straordinariamente efficace per progredire nella via della perfezione. Oltre infatti a darci la grazia “medicinale” propria del sacramento, essa ci fa esercitare le virtù fondamentali della nostra vita cristiana. L’umiltà innanzitutto, che è la base di tutto l’edificio spirituale, poi la fede in Gesù Salvatore e nei suoi meriti infiniti, la speranza del perdono e della vita eterna, l’amore verso Dio e verso il prossimo, l’apertura del nostro cuore alla riconciliazione con chi ci ha offeso. Infine la sincerità, il distacco dal peccato e il desiderio sincero di progredire spiritualmente.
L’Unzione degli infermi.
L’Unzione degli infermi, detta anche Olio santo, è il sacramento, amministrato dal Presbitero, che conferisce una grazia speciale al cristiano provato da qualche grave malattia o dalla vecchiaia.
Per ricevere degnamente l’Unzione degli infermi è necessario essere in stato di grazia, confidare nella virtù del sacramento e nella divina misericordia, e infine abbandonarsi alla volontà di Dio.
E’ sommamente raccomandabile ricevere l’Unzione degli infermi quando si è ancora nel pieno possesso delle proprie facoltà, perché questo sacramento, come tutti gli altri sacramenti, aumenta la grazia in proporzione alle buone disposizioni e al fervore di chi lo riceve. In chi la riceve con fede e devozione l’Unzione degli infermi produce l’unione con la passione di Gesù Cristo, per il bene del malato e di tutta la Chiesa, dona conforto e pace, dà il perdono dei peccati qualora il malato non avesse potuto ottenerlo col sacramento della Penitenza, conferisce anche la salute fisica se questa giova alla salvezza spirituale dell’infermo, prepara l’eventuale passaggio alla vita eterna.
La carità cristiana richiede che non si provveda soltanto al corpo, ma anche all’anima dei malati e degli anziani. Chi assiste i malati è quindi impegnato a far sì che non manchino i conforti della fede a coloro che si trovano vicini al momento che deciderà della loro salvezza eterna.
L’Ordine sacro.
L’Ordine sacro è il sacramento, amministrato dal Vescovo, che conferisce i tre gradi del ministero gerarchico della Chiesa, che cioè consacra i Vescovi, i Presbiteri e i Diaconi. E’ assolutamente necessario, per esplicita volontà del suo fondatore, che nella Chiesa vi siano dei ministri ordinati, attraverso i quali il Signore risorto continua a operare la salvezza in mezzo a noi. Se non ci fossero i Vescovi e i Presbiteri verrebbe a mancare il sacramento della Confessione e noi resteremmo nei nostri peccati, non verrebbe più celebrata la Santa Messa e non potremmo più ricevere l’Eucaristia. Verrebbe cioè compromessa tutta l’esistenza cristiana.
I cristiani devono ai loro ministri rispetto e ubbidienza, ricordando le parole di Gesù: “Chi ascolta voi, ascolta me, chi disprezza voi disprezza me” (Lc 10, 16). Inoltre devono cooperare con loro nelle opere di apostolato e impegnarsi nel promuovere le vocazioni. Chi si sente chiamato, poi, deve sempre ricordare che non vi è cosa più bella che consacrare la propria vita al Signore.
I cristiani devono provvedere, secondo le loro possibilità e seguendo le vie predisposte anche dalla legge civile, al sostentamento economico di coloro che si dedicano totalmente al nostro bene spirituale.
Il Matrimonio.
Il Matrimonio è il sacramento istituito da Gesù Cristo che stabilisce un’unione santa e indissolubile tra l’uomo e la donna, dando loro la grazia di amarsi fedelmente e di educare cristianamente i loro figli. Per contrarre validamente il Matrimonio è necessario essere liberi da eventuali impedimenti e prestare liberamente il proprio consenso dinanzi all’assistente designato (abitualmente un Presbitero) e a due testimoni. Occorre inoltre essere sufficientemente istruiti sulle verità della fede e della morale, in particolare su quelle che sono le proprietà essenziali del matrimonio.
Le proprietà essenziali del Matrimonio sono l’unità, che esclude la poligamia, l’indissolubilità, che esclude il divorzio, e l’apertura alla fecondità, che esclude la volontà di non generare. Questo significa che se uno non intende escludere la bigamia o la poligamia, oppure non è deciso a rimanere per sempre fedele al suo coniuge, escludendo cioè il divorzio, oppure se non vuole in alcun modo avere figli, non contrae validamente il Matrimonio.
Perché il matrimonio, oltre che valido, sia anche spiritualmente proficuo si richiede che i contraenti siano in stato di grazia e ricevano il sacramento con fede e devozione.
Per legge divina e naturale ogni unione di tipo sessuale è lecita soltanto nel matrimonio legittimo fra uomo e donna. Per i battezzati poi non esiste alcun matrimonio valido che non sia anche sacramento.
Categorie:Filosofia, teologia e apologetica