Amoris Laetitia: Nuovo Paradigma Cattolico

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Ho riletto queste ultime ore quanto da noi pubblicato sui Sinodi della famiglia fin dal lontano 7 novembre 2013 e lo ho paragonato con quanto insegnato inerrabilmente nella Amoris Laetitia del Santo Padre Francesco e devo riconoscere che questo documento magisteriale ha risposto positivamente a tutte le nostre aspettative su ogni punto e in particolare alla nostra reiterata richiesta di tirare spiritualmente verso l’alto la dottrina ufficiale della Chiesa sul matrimonio ben aldilà di quanto già fatto finora: in particolare avevamo chiesto più volte di finalmente caratterizzare il matrimonio in quanto cammino vocazionale specifico di santità.

E in cosa consiste questo cammino vocazionale è illustrato ad esempio nel punto 316: Una comunione familiare vissuta bene è un vero cammino di santificazione nella vita ordinaria e di crescita mistica, un mezzo per l’unione intima con Dio. Infatti i bisogni fraterni e comunitari della vita familiare sono un’occasione per aprire sempre più il cuore, e questo rende possibile un incontro con il Signore sempre più pieno. La Parola di Dio dice che « chi odia il suo fratello cammina nelle tenebre » (1 Gv 2,11), « rimane nella morte » (1 Gv 3,14) e « non ha conosciuto Dio » (1 Gv 4,8). “

Il fatto di indicare ormai il Santo Matrimonio come vocazione, implica tre cose ormai intimamente connesse da un punto di vista pastorale: la prima che il Matrimonio è una chiamata vocazionale personale specifica di Cristo a tale stato di vita, la seconda che è una chiamata alla Croce, la terza che è un servizio, ormai alla stessa stregua che le altre vocazioni e dello stesso calibro che il sacerdozio stesso visto che coronato, come questi, da un sacramento.

Chiamata vocazionale personale specifica:

Finora la dicitura che il matrimonio è una vocazione era utilizzato solo in termini lati e analogici nella pastorale quotidiana di parrocchia: ormai abbiamo il punto 72 della Amoris Laetitia che ci dice senza errore che  ” Il sacramento del matrimonio non è una convenzione sociale, un rito vuoto o il mero segno esterno di un impegno. Il sacramento è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché « la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi ». Il matrimonio è una vocazione, in quanto è una risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa. Pertanto, la decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev’essere frutto di un discernimento vocazionale ” (sottolineature e grassetti miei).

Non siamo più nella considerazione della vocazione al matrimonio in quanto “vocazione per difetto”  ma essa diventa una vocazione in senso stretto (specifica!) e lo sposarsi è oramai frutto addirittura di discernimento vocazionale: questo ha come prima conseguenza pratica , a lungo termine, che l’atto di divorziare e qualunque forma di adulterio aumentano addirittura di gravità, in quanto non solo sono manifestazione di rottura dal Cristo che si dona definitivamente alla Sua Chiesa, ma adesso è messo ancor più in evidenza  che vi è anche l’aggravante del tradimento alla propria, specifica, chiamata vocazionale. L’elevazione del concetto mette ancora più in evidenza la gravità dell’infedeltà ad esso.

Chiamata alla Croce:

Quel che contraddistingue l’appello di Cristo al matrimonio è la chiamata alla Croce ormai specificamente rivolta a chi desidera sposarsi e, al proposito, il punto 19 della AL è significativo quando afferma che “L’idillio presentato dal Salmo 128 non nega una realtà amara che segna tutte le Sacre Scritture. È la presenza del dolore, del male, della violenza che lacerano la vita della famiglia e la sua intima comunione di vita e di amore. Non per nulla il discorso di Cristo sul matrimonio (cfr Mt 19,3-9) è inserito all’interno di una disputa sul divorzio. La Parola di Dio è testimone costante di questa dimensione oscura che si apre già all’inizio quando, con il peccato, la relazione d’amore e di purezza tra l’uomo e la donna si trasforma in un dominio: « Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà » (Gen 3,16).”

Chiamata al servizio:

In quanto servizio, illuminante è meditare sul punto 324: “Sotto l’impulso dello Spirito, il nucleo familiare non solo accoglie la vita generandola nel proprio seno, ma si apre, esce da sé per riversare il proprio bene sugli altri, per prendersene cura e cercare la loro felicità. Questa apertura si esprime particolarmente nell’ospitalità, incoraggiata dalla Parola di Dio in modo suggestivo: « Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli » (Eb 13,2). Quando la famiglia accoglie, e va incontro agli altri, specialmente ai poveri e agli abbandonati, è « simbolo, testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa ». L’amore sociale, riflesso della Trinità, è in realtà ciò che unifica il senso spirituale della famiglia e la sua missione all’esterno di sé stessa, perché rende presente il kerygma con tutte le sue esigenze comunitarie. La famiglia vive la sua spiritualità peculiare essendo, nello stesso tempo, una Chiesa domestica e una cellula vitale per trasformare il mondo. “

E ancora nel punto 183 Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo,205 affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello: « Uno sguardo attento alla vita quotidiana degli uomini e delle donne di oggi mostra immediatamente il bisogno che c’è ovunque di una robusta iniezione di spirito famigliare. […] Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado ». Invece le famiglie aperte e solidali fanno spazio ai poveri, sono capaci di tessere un’amicizia con quelli che stanno peggio di loro. Se realmente hanno a cuore il Vangelo, non possono dimenticare quello che dice Gesù: « Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me » (Mt 25,40). In definitiva, vivono quello che ci viene chiesto in modo tanto eloquente in questo testo: « Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato » (Lc 14,12-14). Sarai beato! Ecco qui il segreto di una famiglia felice” 

E per finire il punto 184: Con la testimonianza, e anche con la parola, le famiglie parlano di Gesù agli altri, trasmettono la fede, risvegliano il desiderio di Dio, e mostrano la bellezza del angelo e dello stile di vita che ci propone. Così i coniugi cristiani dipingono il grigio dello spazio pubblico riempiendolo con i colori della fraternità, della sensibilità sociale, della difesa delle persone fragili, della fede luminosa, della speranza attiva. La loro fecondità si allarga e si traduce in mille modi di rendere presente l’amore di Dio nella società.”

Cambiamento di paradigma ecclesiale

Ma questo insegnamento di Amoris Laetitia è reso possibile solo se, oramai, la concezione soggettiva stessa del fatto di essere un cattolico è radicalmente cambiata in sé: l’appartenenza alla Chiesa cattolica non è più un lasciapassare alla salvezza, una garanzia di tranquilla salvezza a prescindere, una benedizione di far parte dei salvati per difetto. No, ormai essere cattolico vuol dire occuparsi della salvezza altrui e questo non è più la sola specialità dei sacerdoti, monaci, religiosi e altri missionari ma diventa in modo abbagliante con Papa Francesco  il modo d’essere ordinario di tutti coloro che sono chiamati da Cristo a agire nel mondo in quanto Suo Corpo. Come ricorda il punto 201. “« Per questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missionaria: è necessario non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone ». La pastorale familiare « deve far sperimentare che il  Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità … »”

È un ritorno radicale della Chiesa stessa alla propria coscienza di essere lievito e non tutto il pane, di non essere un traguardo ma un cammino: solo la Chiesa salva, ma non è più l’essere nella Chiesa che salva, ma di fare quel che la Chiesa vuole sia fatto che salva, sia questo fatto in modo esplicito o implicito.

Da dove la messa in evidenza nel testo della nozione di legge della gradualità che esce oramai dal cerchio relativamente ristretto degli specialisti in etica e morale per essere offerto alla meditazione e all’applicazione di tutto il popolo di Dio nel punto 295: “In questa linea, san Giovanni Paolo II proponeva la cosiddetta “legge della gradualità”, nella consapevolezza che l’essere umano « conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita ». Non è una gradualità della legge”, ma una gradualità nell’esercizio prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge. Perché anche la legge è dono di Dio che indica la stradadono per tutti senza eccezione che si può vivere con la forza della grazia, anche se ogni essere umano « avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio e delle esigenze del suo amore definitivo ed assoluto nell’intera vita personale e sociale dell’uomo ».”

Questa ispirazione dello Spirito Santo tramite Amoris Laetitia introduce ormai la Chiesa cattolica in un’altra vera rappresentazione del Dono di Dio all’umanità, il Deposito della fede consegnatoci da Cristo Gesù alla Sua Chiesa.

Amoris Laetitia, ancora più che la meno dottrinale Laudato Sì, offre al mondo intero una rappresentazione del Deposito della Fede che sta cambiando radicalmente la Pastorale, cioè la rappresentazione attualizzata nel concreto, della Buona Novella di N.S. Gesù Cristo. La Chiesa rifà il Concilio di Gersualemme, versione XXI secolo: non più rimanere centrata sulla salvezza dei propri membri, ma lanciare tutti i cattolici all’assalto della salvezza materiale e spirituale di tutta l’umanità indipendentemente da ogni razza e religione. E questa chiamata alle armi è ormai specificamente rivolta ad ogni coppia chiamata da Cristo a vivere la propria vocazione nel Santo Sacramento del Matrimonio.

In Pace

 



Categories: Ermeneutica della continuità, Filosofia, teologia e apologetica, Magistero, Sinodi della famiglia

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7 replies

  1. questo documento magisteriale ha risposto positivamente a tutte le nostre aspettative su ogni punto

    Perché esageri? Perdi credibilitá. Cosa dice di tutto quello che si é parlato di preparazione al matrimonio?

    non più rimanere centrata sulla salvezza dei propri membri, ma lanciare tutti i cattolici all’assalto della salvezza materiale e spirituale di tutta l’umanità indipendentemente da ogni razza e religione.

    Peccato che l´orientamento pastorale di questo papato dia l´impressione che vuole salvare l ´umanitá cosi come é, senza conversione. Non solo il cattolicesimo non é piú un passaporto alla salvezza, non é necessario alla salvezza.

    • Non capisco il tuo primo commento: se tu potesi essere più preciso, potremmo, forse, avere una discussione costruttiva.

      Quanto al tuo secondo commento, lo trovo un’eccellente sparata alla cavolona da fare al bar dello sport all’angolo di strada sotto casa tua, ma non è che porti argomenti razionali interessanti da discutere in questa sede.

      In Pace

  2. ” Il fatto di indicare ormai il Santo Matrimonio come vocazione, implica tre cose ormai intimamente connesse da un punto di vista pastorale: la prima che il Matrimonio è una chiamata vocazionale personale specifica di Cristo a tale stato di vita, la seconda che è una chiamata alla Croce, la terza che è un servizio, ormai alla stessa stregua che le altre vocazioni e dello stesso calibro che il sacerdozio stesso visto che coronato, come questi, da un sacramento.”

    Ormai? che il matrimonio sia una vocazione specifica del cristiano non l’ha certo scoperto la AL, ne’ è una mirabolante trovata di papa Francesco, ma è sempre stato insegnato dalla Chiesa. Non c’è nessun bisogno di dire “ormai” per una cosa che è sempre stata : quando ho fatto il corso prematrimoniale, venticinque anni fa, il prete ci disse proprio così: il matrimonio è una vocazione.

    permettimi di dissentire poi dalla seconda e terza considerazione::

    Che il matrimonio sia una “chiamata alla Croce” (anche se in effetti piuttosto realistico, vedendo le facce e il carattere di certe mogli o di certi mariti… 🙂 ) non mi sembra molto attraente per i giovani fidanzati e non la metterei come prima definizione del matrimonio . I moderni “single”, un tempo chiamati scapoli e zitelle, non mi paiono in genere essere tanto più felici degli sposati, Ognuno è chiamato alla sua Croce indipendentemente se sposato o no. In generale più uno ha sbagliato vocazione e più la croce è pesante.

    Quanto al matrimonio come “servizio” è un modo di parlare veramente noioso e poco.. romantico! Fa tanto volontariato, Caritas e lavaggio dei piedi agli immigrati.
    Mi fa venire in mente il marito che la moglie non sopporta ma che è sempre lì servizievole per non dire servile ( e quasi sempre cornuto) cara ti porto questo ,cara hai freddo? hai caldo? ti porto lo scialle..

    il matrimonio è certo una vocazione, non l’ha scoperto l’Amoris laetitia, questa vocazione è l’amore sponsale che richiama all’amore di Cristo e della sua Sposa la Santa Chiesa. Forte come la morte è l’Amore.Nel vecchio “Cantico dei cantici “c’è già tutto.
    se rileggessimo quello invece di perder tempo col Nuovo Paradigma Cattolico.

    • Scrive giacomo:

      (A) ” Non c’è nessun bisogno di dire “ormai” per una cosa che è sempre stata : quando ho fatto il corso prematrimoniale, venticinque anni fa, il prete ci disse proprio così: il matrimonio è una vocazione.”: ti ringrazio di confermare così la mia affermazione “Finora la dicitura che il matrimonio è una vocazione era utilizzato solo in termini lati e analogici nella pastorale quotidiana di parrocchia…”

      (B)“Che il matrimonio sia una “chiamata alla Croce” … non mi sembra molto attraente per i giovani fidanzati e non la metterei come prima definizione del matrimonio” : essere cristiano è essere chiamato alla Croce, il cristiano non ha paura della Croce e la porta per se stesso e per gli altri. Se tu fossi stato attento alla dottrina della Chiesa tradizionale sul matrimonio avresti imparato che il matrimonio si fonda sul Dono del Cristo alla Chiesa, dono che ha avuto luogo sulla Croce per l’appunto: in questo Amoris Laetitia è meravigliosa non solo ricorda questa dottrina fondamentale ma ha il coraggio di metterla in evidenza nero su bianco quando scrive “Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi
      Personalmente direi che sarebbe segno di non vocazione al matrimonio qualcuno che rifiuterebbe la Croce insita nel matrimonio stesso a priori: esaminare se un cammino vocazionale è genuino oppure no consiste ad esaminare questa disponibilità totale al sacrificio di sè.

      (C) Certo che è noioso e poco romantico di considerare il matrimonio come un servizio: come noioso e poco romantico è andare a pulire il sedere del bambino, fargli la pappa quotidianamente, sorbirsi il marito pelandrone che se la gioca da padrone mentre non è manco capace di lavorare degnamente per guadagnarsi soldi, eccetera eccetera; certo che noioso andare ad ascoltare i piagnistei dei vicini, aiutare alla mensa della Caritas occuparsi dell’educazione degli immigranti, eccetera eccetera. Ma questa è la vocazione di chi si sposa : bisogna essere chiamati a ciò, mica tutti ce la fanno e sempre ci vuole la Grazia di Dio per riuscire

      Per concludere al tuo intervento: e meno male che c’è stata Amoris Laetitia! Ma ti immagini? Tu ancora crederesti che il matrimonio è una realtà nella quale la Croce è accidentale e da rifuggire mentre è sostanziale e da amare: senza Papa Francesco quanti anni avresti ancora dovuto aspettare per arrivarci?

      In Pace

  3. “non più rimanere centrata sulla salvezza dei propri membri, ma lanciare tutti i cattolici all’assalto della salvezza materiale e spirituale di tutta l’umanità indipendentemente da ogni razza e religione. E questa chiamata alle armi è ormai specificamente rivolta ad ogni coppia chiamata da Cristo a vivere la propria vocazione nel Santo Sacramento del Matrimonio.”
    Grazie Simon, queste sono le parole più illuminanti, più sensate, più cristiane, più cattoliche che mi è capitato di leggere in tutti i blog e discussioni sulla Amoris Laetitia. Un programma di vita da condividere pienamente.

  4. Mi pare che Simon dimentica che la missione per la salvezza universale è già nell’universalismo de La Catholica… appunto, che le appartiene fin dall’inizio.
    Non l’ha inventata AL

    • No, no figuriamoci!

      Amoris Laetitia NON deve inventare niente! Essa deve riproporre il Deposito della Fede in modo rinnovato, non proporre cose nuove e slegate!

      Quando parliamo di nuovo paradigma, sottolineiamo che il paradigma è nuovo dal punto di vista della sua impostazione pastorale, di certo non dal punto di vista della Dottrina.

      Ottima riflessione. Grazie

      In Pace

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