L’Immacolata Concezione di Maria

p030_1_01

Il giorno 8 dicembre del 1854, papa Pio IX definì il dogma dell’Immacolata Concezione nella lettera enciclica Ineffabilis Deus con queste parole: “dichiariamo, pronunziamo e definiamo: La dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli.”
La Rivelazione ci indica come, al fine di essere il recipiente più adatto per accogliere l’incarnazione della divina Persona del Verbo di Dio, Maria fu preservata dalla macchia del peccato originale.
Nel momento in cui Adamo cadde vittima del peccato, Dio predisse che il “nuovo Adamo” (Rm 5,12 – 21) avrebbe sconfitto il peccato in collaborazione con la “nuova Eva”. Dio disse al serpente:

“Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno.” (Gen 3,15)

Al fine di preparare sua madre ad affrontare questo grande conflitto, Dio l’ha creata priva da ogni forma di peccato. Se Maria fosse stata macchiata dal peccato originale, anche per un singolo istante, ciò avrebbe diminuito la perfezione della missione redentrice del Figlio.
Gesù si rivolge due volte a sua madre con l’appellativo di “donna”, quasi a volerla connettere con la succitata profezia di Gen 3,15. La prima volta al principio del suo assalto frontale al regno di Satana, quando Gesù chiama Maria “donna” prima di operare la trasmutazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana, il primo suo miracolo (Gv 2,4). La seconda volta mentre Maria si trova ai piedi della sua croce (Gv 19,25), nel momento in cui l’amore della madre è più radicalmente congiunto a quello del suo divino Figlio, proprio mentre questi sconfigge Satana arrendendosi alla supplizio della croce.

L’Antico Testamento ci fornisce alcuni esempi di donne che adombrano la vittoria di Maria e di suo Figlio contro il diavolo. Tutte le storie riguardanti queste donne contemplano lo schiacciamento di una testa. Giaele conficcò un picchetto nella tempia di Sisera (Gdc 4,21). La Bibbia ci dice lei: “Sia benedetta fra le donne Giaele” (Gdc 5,24). Piena di Spirito santo, Elisabetta echeggia queste parole dicendo di Maria “Benedetta tu tra tutte le donne” (Lc 1,42). Il libro di Giuditta ci dice che la protagonista dello stesso prese la spada di Oloferne mentre questo era addormentato e “con tutta la sua forza lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa.” (Gdt 13,8). Suo padre Ozia disse allora di lei: “Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra.” (Gdt 13,18)

Il Nuovo Testamento ci mostra come l’antica Arca dell’Alleanza non fosse che una prefigurazione di Maria, l’Arca della nuova Alleanza. La prima indicazione ci viene dall’angelo Gabriele, il quale dice a Maria: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra.” (Lc 1,35) Il termine greco che l’evangelista Luca mette in bocca all’angelo per indicare l’adombramento di Maria da parte dello Spirito santo (episkiazo) è il medesimo che nella Settanta viene utilizzato quando la nube di gloria scende sull’arca dell’alleanza.

Sempre l’evangelista Luca istituisce in modo assai sottile, ma assai significativo, un parallelismo tra la Visitazione di Maria ad Elisabetta e la storia di Davide che conduce l’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme, così come questa è narrata nel capitolo sesto di 2 Samuele. Quando Luca ci dice che Maria “si levò ed andò” verso le colline della Giudea per visitare la sua parente (Lc 1,39), si richiama al levarsi ed andare di Davide verso la medesima regione secoli prima per recuperare l’Arca (2 Sam 6,2). All’arrivo di Maria presso Elisabetta, quest’ultima è presa dal medesimo senso di sbalordimento e di indegnità al cospetto di costei (Lc 1,43) che Davide sentì al cospetto dell’Arca dell’Alleanza (2 Sam 6,9). Il parallelismo continua nella gioia che questo incontro causa nel nascituro Giovanni, tanto da farlo sobbalzare nel seno di sua madre (Lc 1,41), così come Davide saltò e danzò davanti all’Arca (2 Sam 6,16). Per finire, Luca ci dice che Maria stette nella casa di Zaccaria per tre mesi (Lc 1,40.56), richiamando il periodo di tre mesi in cui l’Arca dell’Alleanza rimase presso la casa di Obed-Edom (2 Sam 6,11). Presi tutti assieme, tali parallelismi vogliono indicarci proprio come Maria assuma il ruolo nella storia della Salvezza un tempo detenuto dall’Arca dell’Alleanza. Così come la suddetta cassa d’oro, questa è il sacro recipiente in cui la presenza del Signore si palesa al suo popolo.

Un’altra tradizione richiamata nel racconto lucano si trova nei Libri nelle Cronache. Ad esempio, il verbo greco utilizzato in Lc 1,42 per indicare l’esclamare (anaphoneo) di Elisabetta al cospetto di Maria è utilizzato solo in questo specifico passo in tutto il Nuovo Testamento ed è utilizzato solo cinque volte in tutta la versione greca dell’Antico Testamento (quella Settanta che fungeva come testo di riferimento per l’Evangelista). Ebbene, tutte le volte che questo verbo greco compare nell’Antico Testamento, ciò avviene in connessione con l’Arca dell’Alleanza. Viene utilizzato per indicare la voce esultante degli strumenti suonati dai leviti davanti all’Arca quando Davide la condusse in processione a Gerusalemme (1 Cron 15,28; 16,4-5) e quando Salomone trasferì l’Arca nel Tempio (2 Cron 5,13). Alludendo a questi episodi, Luca connette la medesima espressione alla melodica esultanza di una levita, l’anziana Elisabetta (Lc 1,5). Anche questa intona un canto liturgico, ma non al cospetto di una cassa dorata, bensì al cospetto di Maria.

Nel rivolgere il suo saluto alla Vergine Maria, l’angelo Gabriele la definisce come “piena di grazia” (Lc 1,28). L’uso di questo titolo davvero straordinario ci porta al cuore dello specialissimo privilegio riservato da Dio a Maria in ragione della sua impareggiabile partecipazione alla missione redentrice di Gesù. La parola rivolta dall’angelo a Maria in greco suona kecharitomene, che sta ad indicare la perfezione della grazia. Il verbo greco qui in gioco, charitoo, è estremamente raro ed è un verbo causativo, vale a dire che indica un’azione il cui effetto si ripercuote su qualcosa proprio dell’oggetto. Ora, come participio perfetto passivo, come utilizzato in Lc 1,28, questo verbo vuol dire “essere completamente e permanentemente arricchito con la grazia”. Così, rivolgendosi a Maria in questo modo, Gabriele attesta che questa ha ricevuto in dono la grazia in modo singolarissimo: questa gode della perfezione della grazia o della perfetta santità. Ciò significa che che la “pienezza della grazia” della Vergine deve essere intesa sia in senso intensivo che estensivo, nel senso che la grazia in Maria è assolutamente perfetta e che questa include tutta l’esistenza di Maria, a partire, quindi, dal suo stesso concepimento.

Una prima obiezione che i negatori del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria sono soliti addurre al medesimo consiste nella citazione di Lc 1,46 – 47: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.” Queste parole sarebbero in contrasto con l’idea che Maria sia stata libera dal peccato fin dal suo concepimento, in quanto, in tal caso, non avrebbe avuto bisogno di un Salvatore. Questa obiezione, però, non coglie il fulcro del dogma contro cui viene mossa. Tale dogma, infatti, non vuole che Maria non sia stata bisognosa di salvezza e, pertanto, di un Salvatore, ma che la sua sia stata una salvezza di tipo preventivo. Anche la salvezza di Maria non è che un frutto del merito infinito guadagnatoci da Cristo sulla croce.

Una seconda obiezione che molti protestanti sono soliti rivolgere al dogma dell’Immacolata Concezione si fonda su Rm 3,23 “Perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” e Rm 11,32 “Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!” Entrambi questi versetti biblici non sembrerebbero concedere la possibilità che un essere umano sia stato preservato dal peccato. Questa obiezione, però, non tiene nella dovuta considerazione il fatto che nel Nuovo Testamento il termine “tutti” spesso non viene utilizzato in senso universale, ma in senso generale. Chiaramente nei versetti indicati il termine suddetto non viene utilizzato in senso universale, poiché, se così fosse, anche Gesù, in quanto uomo, dovrebbe essere incluso nel numero dei peccatori.



Categories: Liturgia e Sacra scrittura

10 replies

  1. Grazie Trianello, sempre interessante.

  2. L’Immacolata Concezione come frutto preventivo del Dono del Cristo sulla Croce in Gloria al Padre e per la Redenzione è un magnifico insegnamento che ci concerne molto da vicino nella vita quotidiana.
    Ad esempio, oggi ci è possibile di pregare per qualcosa che è già avvenuto, ad esempio per chiedere la salvezza di una o più persone morte l’anno scorso, o per l’esame di una figlia che ha già avuto luogo e che ci eravamo dimenticati: da distinguere ovviamente dalla preghiera di ringraziamento per una grazia che si sa già ricevuta: questa capacità retroattiva della preghiera di domanda è un mistero che mette in rilievo l’eternità stessa di Dio e la Sua onnipotenza e come tutto ciò sia in connessione con il Sacrificio del Figlio.
    In Pace

  3. Bell’articolo. Aggiungerei anche, riguardo alla prefigurazione dell’Arca, che essa in origine conteneva le tavole della legge, la verga di Aronne e un vasetto di manna. Così era annunciato che la nuova Arca avrebbe portato la Parola di Dio, il vero Sommo Sacerdote e il Pane che dà vita.

  4. Grazie per il bell’articolo, Trianello. Che sia benedetta la nostra Mamma celeste.
    P.s: mi chiedo se verrà mai proclamato il dogma di Maria corredentrice. Fu Lei stessa a richiedere ciò, nelle apparizioni di Amsterdam riconosciute come autentiche dalla nostra Chiesa http://profezie3m.altervista.org/archivio/Quinto_dogma.htm

    • Non so. Non credo, a dire il vero. In compenso ho in cantiere un articolo anche su questo tema.

      • In effetti la cosa è ambigua, perché la nostra Chiesa ha riconosciuto come autentica l’apparizione di Amsterdam, pertanto ciò dovrebbe escludere che ci sia stata della “fantasia” umana nelle parole di Maria che richiedeva la formulazione del dogma che la vede come correredentrice. Se la Chiesa avesse pensato che quell’apparizione fosse corrotta dalla veggente Ida Peerdeman non l’avrebbe nemmneo autenticata, pertanto è strana la cosa.

        Che la Chiesa non voglia promulgare quel dogma per evitare derive mariolatriche?

        Comunque ho la sensazione che prima e poi quel dogma verrà promulgato, poi magari sbaglio.

      • Salve, scrivo nei commenti perché non so dove altro farlo.
        Anzitutto apprezzo il lavoro che fate su questo blog e per questo volevo chiedervi un favore: ho scritto un paio di cose che, col vostro assenso, vorrei pubblicare qui; uno di questi lambisce anche il concetto di Maria corredentrice. Se accettate, ve li faccio prima leggere in privato, mi dite cosa pensate e poi, se volete, li pubblicate qui.

        • Volentieri.
          Scrivici. Trovi l’indirizzo su “Contattaci”.
          A presto.
          In Pace

        • Mail ricevuta Mansueto!
          Li vaglieremo entro breve e ti faremo sapere, per ora ti ringraziamo per il tuo interessamento.

Scopri di più da Croce-Via

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading