Lutero e il successo della sua Riforma

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Lutero è indubbiamente una figura cardine della storia dell’Europa, al punto che molti storici pongono la sua Riforma, che per la storiografia tradizionale prese l’avvio con l’affissione delle 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittemberg nel 1517, come l’inizio dell’era moderna. Questo perché, e forse a ragione, la sua iniziativa, che molto probabilmente travalicò le reali intenzioni del monaco agostiniano, innescò una reazione a catena di sconvolgimenti dell’ordine costituito ed una rivoluzione nei rapporti tra lo Stato e l’autorità religiosa che portarono ad una nuova visione della società.

Questa figura è stata anche enormemente mitizzata, basta pensare che per tutto il XIX secolo in Germania la retorica di stampo illuminista ha trasformato la vicenda di Lutero in un vero e proprio mito storiografico: l’Ercole germanico, ribelle contro l’oscurantismo romano, che ha portato la libertà al popolo tedesco. Ma oltre a questo gran parte della storiografia protestante, apertamente anticattolica, prendendo spunto dalla situazione di estrema corruzione in cui versava la Chiesa cattolica è arrivata persino a considerare la figura di Lutero come un modello universale di moralità e giustizia.

Il tradizionale peccato originale della Chiesa cattolica, che avrebbe costituito la fatidica goccia che fece traboccare il vaso, fu il traffico e la vendita delle indulgenze. Una pratica nata all’alba del secondo millennio dell’era cristiana, nell’ambito della particolare spiritualità del pellegrinaggio armato in Terrasanta delle crociate, che si protrasse a lungo non senza indubitabili degenerazioni ed esagerazioni. Ma nel XVI secolo tale pratica aveva ancora una sua grande e riconosciuta importanza e costituiva un elemento fondamentale per il popolo che vi vedeva una possibilità concreta di ottenere quella salvezza e quella vita eterna come uniche ricchezze in una vita disgraziata caratterizzata solo da povertà e vessazioni. Infatti la lotta contro le indulgenze è stato un elemento ingigantito dalla propaganda protestante, in realtà a Lutero non interessava tanto la corruzione legata a tale traffico, ma il fatto che il sistema delle indulgenze, in quanto opere buone compiute allo scopo di abbreviare la permanenza in Purgatorio, cozzava con la sua teologia basata sulla sola Grazia di Dio come salvezza per l’uomo (F. Agnoli, “Indagine sul Cristianesimo” Piemme, Milano, 2010, pag.235).

Ma, allora, il successo della Riforma luterana a cosa è stato dovuto? Fu davvero causata dalla moralità del messaggio e dalla forza della nuova teologia luterana? Da un’analisi appena più attenta dei fatti si rileva subito che Lutero non fu quel celebrato moralizzatore che le varie propagande di parte hanno voluto presentarci, bensì un riformatore, o meglio un rivoluzionario, della dottrina cristiana. La sua lotta non fu affatto indirizzata contro la corruzione, anche perché sarebbe un controsenso lottare per le opere buone in cui Lutero non vedeva alcuna santità. Egli, infatti, soleva dire: “pecca fortiter, sed crede fortius” (Pecca fortemente, ma credi ancor più fortemente). Molto più realisticamente, quella della lotta alla corruzione fu un pretesto per dar forza alle sue argomentazioni che rimangono essenzialmente dottrinarie, una teologia rivoluzionaria che, con le assurdità sulla predestinazione ed il servo arbitrio, non ebbe alcun appeal presso la classe colta del tempo.

Per spiegare come sia stata possibile l’affermazione e diffusione della Riforma occorre, quindi, cercare altrove e porsi innanzitutto una domanda: come mai il messaggio di Lutero attecchì solo in Germania e non negli altri Stati europei come la Francia o la Spagna? Per rispondere a questa domanda occorre dare uno sguardo alla situazione politica e sociale dell’Europa, e specialmente della Germania, del XVI secolo. Diversamente da quanto avvenne nelle grandi monarchie europee occidentali, l’Impero di Carlo V non raggiunse mai, in Germania, la stessa compattezza e solidità. Il particolarismo dei principi e delle città libere aveva impedito che si formasse un solido potere monarchico centrale capace di controllare efficacemente l’influenza della Chiesa, la quale manteneva le sue prerogative sulle nomine ecclesiastiche e l’attività dei suoi tribunali. Nei grandi e compatti Stati nazionali dell’Europa occidentale i rapporti con la Chiesa erano regolati da concordati, cioè accordi diretti tra Stato e Chiesa, che avevano assicurato ai vari sovrani il diritto di intervenire nell’assegnazione dei benefici ecclesiastici e l’ottenimento di vasti poteri d’esazione fiscale sui beni della Chiesa. Nulla di tutto questo in Germania, dove l’imperatore mancava di un potere forte che fosse in grado di opporsi all’indipendenza della politica papale, così come testimoniato dalle continue lagnanze contro le pretese romane che i principi, con i “Gravamina nationis Germanicae“, sottoponevano all’imperatore. E’ evidente che questa situazione costituì un ambiente favorevole per l’accoglimento delle tesi di Lutero che spingevano verso la distruzione della legittimazione della Chiesa di Roma e ciò provocò una loro rapida diffusione anche al di fuori degli ambienti conventuali ed universitari.

Molto probabilmente Lutero, agli inizi, non pensava di dover causare una frattura del mondo cristiano, ma solo di riformare dall’interno la dottrina della Chiesa che secondo lui aveva smarrito la missione assegnatale da Cristo. Ma capì ben presto che le sue argomentazioni non erano sufficienti a determinare gli effetti desiderati e per evitare di veder fallire la sua Riforma maturò la ferma intenzione di cercare la protezione della nobiltà tedesca. Quando nel gennaio del 1520 con la bolla papale Exurge Domine fu minacciato di scomunica, Lutero ruppe ogni indugio e contraddicendo il suo ideale di libertà ed indipendenza della dimensione religiosa, scrisse una lunga lettera: “Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca” con la quale si rivolse alle autorità civili affinché si facessero esecutrici del suo disegno di riforma religiosa. Oltre che ai principi territoriali Lutero invitò tutta la piccola nobiltà della Germania, inquieta e turbolenta, alla lotta contro la Chiesa di Roma ed ad attaccare il papa, definito come l’Anticristo in persona. Dal princìpio originario dell’eliminazione di qualsiasi Chiesa mediatrice tra Dio e gli uomini, era stato compiuto quel passo fondamentale per la formazione di una nuova Chiesa alleata dei principi e totalmente sottomessa allo Stato. I nobili, ovviamente, diedero volentieri il loro appoggio in quanto, lungi dall’essere convinti dalle tesi religiose di Lutero, intravidero la possibilità di staccarsi dalla Chiesa, per poi sequestrarne i beni, e dall’imperatore. Così, quando nel 1521 Lutero si presentò alla dieta di Worms presieduta dal ventenne imperatore Carlo V per rispondere del suo operato, non era più un oscuro frate ribelle alla mercé degli accusatori, ma una personaggio divenuto importante e rappresentante delle istanze politico-religiose contro Roma di molti principi tedeschi. Lo stesso potente duca di Sassonia, Federico il saggio, lo prese sotto la sua ala protettrice.

Anche se ai più la rivoluzione teologica luterana rimaneva una speculazione incomprensibile, diverso effetto fecero l’incitamento al libero esame e all’autodeterminazione. Negi anni venti del XVI secolo tali incitamenti s’intrecciarono con le tensioni sociali e politiche latenti dell’impero e ciò determinò le condizioni per lo scoppio della disastrosa rivolta dei contadini del 1524 capeggiata dal teologo Thomas Muentzer, allievo di Lutero, solo che in questo caso il potere da combattere non era quello della Chiesa di Roma, ma quello dei principi. Lutero non ebbe alcun dubbio e nel 1525 pubblicò l’Esortazione alla pace a proposito dei dodici articoli dei contadini di Svevia, uno scritto con cui dimostrava di aver scelto ormai definitivamente l’alleanza coi principi tedeschi, egli prese le distanze dal movimento contadino, ed esortò la nobiltà tedesca alla soppressione delle “bande brigantesche ed assassine dei contadini” (A. Giardina – G. Sabatucci – V. Vidotto. Il Manuale dal 1350 al 1650, Bari, 2002; p. 224). Lutero si rese finalmente conto di quali sovvertimenti dell’ordine sociale poteva portare la libera ed incontrollata interpretazione della Parola di Dio e il pericoloso vuoto di potere creato dalla dissoluzione degli ordinamenti ecclesiastici. La sua riforma divenne sempre più una “Riforma dei Principi” e negli Stati territoriali tedeschi si formò un nuovo apparato amministrativo controllato dai sovrani che si appropriarono delle competenze che prima erano dei vescovi.

Nel 1531 venne costituita a Smalcalda, una città della regione tedesca della Turingia, da Filippo I d’Assia e Giovanni Federico, elettore di Sassonia, una lega dei principi, ormai divenuti protestanti, che giurarono di difendersi reciprocamente se i loro territori fossero stati attaccati dall’imperatore Carlo V. La lega confiscò i terreni della Chiesa, espulse i vescovi e i principi cattolici e aiutò a diffondere la Riforma nella Germania settentrionale. Si era così compiuto l’abbraccio definitivo della Protestantesimo con il potere politico. Diventare protestanti significò, così, poter abolire la Chiesa cattolica dalle proprie terre, incamerarne i beni, fondare una propria Chiesa “nazionale” ed acquisire sia il potere temporale e quello spirituale. Ben presto, non solo i principi tedeschi, ma anche i re di Danimarca, Svezia e Inghilterra sfruttarono questa possibilità e il Protestantesimo si diffuse in tutta Europa.

 

Bibliografia:

  1. Lortz, E. Iserloh, “Storia della Riforma” Il Mulino, Bologna 1974;
  2. Alberigo, “La Riforma protestante” Garzanti, Milano, 1959;
  3. Febvre, “Martin Lutero” Laterza, Bari, 1969;
  4. Terranova, “La Riforma come origine della modernità” Il Cerchio, Rimini 2000;
  5. Hermann Pesch, Martin Lutero. Introduzione storica e teologica (Biblioteca di teologia contemporanea 135), Brescia, Queriniana, 2007;
  6. Agnoli, “Indagine sul Cristianesimo” Piemme, Milano, 2010;


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17 replies

  1. Grazie carissimo per questa pubblicazione che avviene in contemporanea qui e da te (http://luis-apologeticon.blogspot.it/2015/12/lutero-e-il-successo-della-sua-riforma.html), per rispondere ad un quesito di Vincenzo nato in seno a questo articolo (qui: http://pellegrininellaverita.com/2015/12/06/chiesa-colonna-della-verita-03/#comment-17972).

    Non ci crederai, ma avevo già adocchiato e letto questo tuo articolo apparso per primo sulle colonne di Apologeticon ed era diventato l’imprescindibile del nuovo blog dei blogs che stavo scrivendo in queste ultime ore. Mi hai fregato con questa pubblicazione! Ahahahah 😀
    Dovrò cambiare “l’imprescindibile” della puntata a questo punto, nel frattempo ricopio qui quello che avevo scritto al riguardo. 🙂

    L’IMPRESCINDIBILE
    Apologeticon
    Luis ha mantenuto la promessa di scrivere un articolo su Lutero e la sua riforma. Fa notare la mitizzazione operata fin da subito dalla retorica di stampo illuminista, arrivata persino “a considerare la figura di Lutero come un modello universale di moralità e giustizia”. Con due rapide pennellate ci aiuta a comprendere quali potrebbero essere i motivi del successo della riforma luterana, successi ovviamente in termini numerici poiché non può essere considerato un successo le migliaia di piccole settucole che sono nate in alveo protestante.
    Queste a mio avviso dimostrano nella realtà la problematica contraddizione insanabile di cui sono tutte schiave: quella sorta di egoismo fideistico irrazionale che porta a crearsi una fede a propria misura, personale, soggettiva. Ovvio che in un mondo dove si cerca di relegale la fede in una dimensione non solo privatissima, cioè nascosta, della propria sfera, ma da nascondere al grande pubblico, per non offendere altrui sensibilità (ridete pure), una soggettivazione della Verità è ampiamente ben vista dal politically correct. Per questo è necessaria una apologetica su più fronti: teologica (che continui a far notare la contraddizione insanabile propria della sola scrittura), storica (con articoli come quelli di luis) e filosofica (facendo notare come un protestantesimo vissuto è un tassello verso un relativismo cretidiota).

    Un abbraccio e grazie ancora della solerzia con la quale hai mantenuto questa promessa!

  2. Ti ringrazio caro Luis per quest’eccellente riassunto degli inizi della Riforma in quanto legata a Lutero: forse l’inizio di un percorso di riflessione su Croce-via che dovrebbe continuarsi fino al 2017 proponendo riflessioni non ideologiche, che siano progressiste o tradi-protestanti, ma fattuali proponendo analisi dal punto di vista cattolico, come hai ben esposto qui.
    In Pace

    • Grazie a Luis per questo interessantissimo post e grazie a Simon per la sua proposta di approfondimento dell’argomento fino al 2017. Sarebbe molto utile, dato che della figura di Lutero circolano tante leggende, nere, bianche e di varie sfumature di grigio. Ringrazio in anticipo per eventuali contributi.

  3. Grazie per i vostri apprezzamenti. Se c’è da parlare di storia, provo a dare il mio contributo.
    Un saluto.

  4. Piccola curiosità: io vorrei sapere se è vero oppure è un mito il fatto che Lutero abbia realmente inchiodato le sue tesi sul portone del duomo.

    • In effetti sembra proprio che quella dell’affissione delle 95 tesi sul portone della cattedrale di Wittemberg sia una leggenda. C’è chi parla che in realtà il portone fosse della chiesa del castello di Wittemberg, altri affermano che le 95 tesi non furono affatto affisse, ma inviate il 31 ottobre 1517 ai vescovi interessati e che furono diffuse solo dopo la loro mancata risposta. Fatto sta che non esistono testimonianze dirette di quella famosa affissione.

      Comunque, c’è da notare che in quel fatidico 31 ottobre del 1517, giorno in cui ci sarebbe stata l’affissione, Lutero non si era ancora distaccato dalla Chiesa cattolica. Lo testimonia una lettera, le «Resolutiones disputationum de indulgentiarum virtute» scritta in quel periodo ed indirizzata al papa Leone X, in cui si dichiara cattolico e sottomesso all’autorità papale. Solo nel 1520, certo dell’appoggio dei nobili, ci fu la definitiva rottura, quando Lutero bruciò davanti agli studenti dell’università di Wittemberg la bolla papale, il codice di diritto canonico e la Summa Theologiae di San Tommaso. Atto che gli valse la scomunica l’anno dopo.

      • Ha bruciato la Somma?!? COSA HA FATTO???!!! La scomunica gli valse per quello spero!

        • La teologia di Lutero si fonda su una epistemologia di tipo prettamente nominalista. La sua interpretazione della Lettera ai Romani, per esempio, sarebbe impensabile senza il concetto di “libero arbitrio” quale libertas indifferentiae, completamente estraneo alla filosofica aristotelico-tomista. Se Lutero ha bruciato la Somma Teologica (pur essendo stato un avido lettore delle opere di Lutero in passato e pur avendo approfondito la sua biografia, non avevo mai letto di questa cosa), in compenso, a Trento questa era tenuta esposta sull’altare assieme alla Bibbia per essere di ispirazione ai Padri conciliari.

          • Veramente anch’io non sapevo di questo fatto della distruzione della Summa di Tommaso, ma durante le mie ultime letture mi sono imbattuto due volte in questa notizia e l’ho riportata.
            I riferimenti sono:
            “Ragione e fede: le origini: l’enciclica Fides et ratio” Di Stefano Angeloni, note a pag 83
            G.K. Chesterton, San Tommaso d’Aquino, Verona, Fede & Cultura, 2008, pp. 104-10

  5. Condivido la lettura “politica” che si dà alla Riforma: se non si fossero intromessi i principi tedeschi, quella di Lutero sarebbe rimasta una disputa tra teologi, senza degenerare nella drammatica frattura della Cristianità occidentale.
    A ben vedere, una delle cose che distinguono i cattolici dai non cattolici (protestanti e orientali) è proprio il rapporto con la politica. Per quanto nel corso dei secoli i prelati cattolici si siano interessati eccome alla politica temporale, tuttavia non hanno mai concepito la Chiesa come strumento dello Stato, semmai il contrario. Questo non accade tra i luterani e gli orientali, dove alla fine dei conti si concepisce una Chiesa che non può vivere senza lo Stato, e pertanto gli è sottomessa.
    Personalmente, sono convinto che il Papa Re abbia provvidenzialmente preservato la libertas Ecclesiae dalle pretese dei Re Papi (Enrico VIII Tudor è un ottimo esempio di Re Papa).

  6. Grazia Luis per la risposta che con i dati storici degli avvenimenti e riferimenti dei personaggi integra la sostanza del mio post che giunge alle sue stesse conclusioni. Spero sia solo l’inizio per un approfondimento più articolato e sostanzioso. Sul piano sociale, politico e dottrinale. Va messa in evidenza la capitale importanza del Nominalismo, molto diffuso e mai condannato da una Chiesa preoccupata di ben altri e più miseri problemi. Fino ad arrivare alla dichiarazione congiunta tra Chiesa e Luterani che non soddisfa nessuno. Ricordo che già alla sua uscita il Teologo Ricca ed altri vi videro solo una conferma delle loro tesi. Accordo? A me è sembrato semplicemente una testimonianza di buona volontà reciproca senza alcuna vera chiarezza dottrinale

  7. Mi sembra che Lutero arrivò con il tempo all’articolata sua dottrina mal congeniata e poi allargata dai suoi seguaci. In primo tempo Egli contestò convinto il valore delle Indulgenze per l’avidità e l’eccessivo valore spirituale condizionato da una grande avidità monetaria. Iniziata la contestazione dovette poi per forza contestare pure i vari sacramenti per togliere potere alla Chiesa. Vi fu un momento in cui andò in crisi e tentò una conciliazione. Poi , spinto dal favore popolare e sopratutto dai Principi, passò il Rubicone. Qui entra in gioco il suo carattere: focoso,incostante dominato dalle passioni unita ad una profonda crisi spirituale. E’ notorio come amasse darsi ai grandi bagordi e poi pentito darsi a grandi penitenze. Insomma un personaggio senza molto equilibrio comportamentale e interiore, ma deciso e trascinatore di masse.

  8. Rimane comunque il fatto che la prima questione affrontata da Lutero fu la dottrina delle indulgenze, e annesso Purgatorio. Una dottrina che è comunque un unicum della Catholica, non essendo condivisa neppure dagli ortodossi orientali. In questo senso condivido quello che una volta scrisse daouda su queste pagine, ossia che Trento alla fine dei conti altro non fu che il CVII del XVI secolo, con buona pace dei lefebvriani.

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