Chiesa, colonna della Verità (04)

notte

Domenica 13 dicembre 2015, Santa Lucia

 

LO SCOPO DELLA NOSTRA VITA

Il vecchio catechismo domandava “Perché Dio ci ha creato?”, e rispondeva “Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra in paradiso.” In queste poche parole è racchiusa l’intera ragione della nostra esistenza. Gesù rispose a questa domanda anche più brevemente: “sono venuto affinché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza.” (Gv 10,10)
Il progetto che Dio ha per noi è semplice. Il nostro amorevole Padre ci vuole dare tutte le cose buone – specialmente la vita eterna. Gesù è morto sulla croce per salvare noi tutti dal peccato e dall’eterna separazione da Dio di cui il peccato sarebbe stato causa (CCC 599-623). Quando ci ha salvati, egli ci ha reso membra del suo Corpo, che è la Chiesa (1 Cor 12,27-30). Così noi siamo diventati una sola cosa con lui e con tutti i Cristiani in terra, in paradiso e nel purgatorio.

Che cosa dobbiamo fare per essere salvati.
La cosa più bella è che la vita eterna che ci è stata promessa è un dono, liberamente offerto a tutti noi da Dio (CCC 1727). Il nostro perdono e la nostra giustificazione non sono cose che ci possiamo “guadagnare” in qualche modo (CCC 2010). Gesù è quel Mediatore che ha gettato un ponte sull’abisso che ci separa da Dio (1 Tim 2,5), un ponte costruito al costo della sua morte sulla croce. Egli ha scelto di renderci partecipi nel piano della salvezza (1 Cor 3,9).
La Chiesa Cattolica insegna ciò che insegnarono gli apostoli e ciò che insegna la Bibbia: Siamo salvi per sola grazia, ma non per sola fede (Gc 2,24).
Quando ci avviciniamo a Dio e siamo da Lui giustificati (quando, cioè, entriamo in una corretta relazione con Dio), nulla può aver preceduto la nostra giustificazione che ce la possa aver fatta “guadagnare” in qualche modo. È Dio che pianta il suo amore nei nostri cuori, e noi dobbiamo vivere la nostra fede tramite le nostre opere d’amore (Gal 6,2).
Anche se solo la grazia di Dio ci mette in grado di amare pienamente gli altri, Dio si compiace dei nostri atti d’amore verso il prossimo, e ci ha promesso che ce ne renderà merito nella vita futura (Rm 2,6-7; Gal 6,6-10). Così le opere buone sono meritorie. Quando noi giungiamo per la prima volta a Dio nella fede, non abbiamo nulla nelle nostre mani da potergli offrire. Egli però ci dà la grazia di obbedire ai suoi comandamenti nell’amore, e ci premia con la salvezza in cambio delle nostre opere d’amore (Rm 2,6-11; Gal 6,6-10; Mt 25,34-40).
Gesù ha chiaramente detto che non è sufficiente avere fede in lui, ma che è necessario anche obbedire ai suoi comandamenti. “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?” (Lc 6,46; Mt 7,21-23; 19,16-21).
Noi non possiamo “guadagnare” la salvezza grazie alle nostre opere buone (Ef 2,8-9; Rm 9,16), ma la nostra fede in Cristo ci pone in una relazione di grazia con Dio tale che la nostra obbedienza ed il nostro amore saranno premiati con la vita eterna (Rm 2,7; Gal 6,8-9).
Paolo ha detto, “È Dio che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni” (Fil 2,13). Giovanni ci avverte che “Da questo sappiamo d’averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui” (1 Gv 2,3-4; 3,19-24; 5,3-4).
Dato che non è possibile forzare alcuno a ricevere un dono – tutti i doni possono infatti sempre essere rifiutati – anche dopo che siamo stati giustificati, possiamo gettar via il dono della salvezza. Possiamo farlo commettendo dei peccati gravi, non a caso detti anche “mortali” (Gv 15.5-6; Rm 11,22-23; 1 Cor 15,1-2; CCC 1854-1863). Paolo ha scritto che il salario del peccato è la morte (Rm 6,23).
È sufficiente leggere le epistole di Paolo per notare quante volte egli mette in guardia i Cristiani contro il peccato! Se il peccato non avesse il potere di escluderci dal paradiso, egli non avrebbe mai dedicato così tanto spazio alla materia (si vedano, ad esempio, 1 Cor 6,9-10; Gal 5,19-21).
Paolo ricorda ai Cristiani di Roma che Dio “renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all’ingiustizia” (Rm 2,6-8).
I peccati non sono altro che le nostre opere cattive (CCC 1849-1850). Possiamo evitare il peccato facendo abitualmente opere buone. I santi ci testimoniano che il modo migliore di rimanere liberi dal peccato è quello di pregare con regolarità, partecipare in modo costante ai sacramenti (specialmente all’Eucaristia) e compiere atti caritatevoli.

Il paradiso è garantito?
Alcune persone si sono rese promotrici di un’idea assai attraente: Tutti i cristiani, a prescindere dalla loro condotta di vita, hanno l’assoluta certezza di essere salvati se accettano Gesù nei loro cuori come loro Signore e Salvatore. Il problema è che questa idea è contraria alla Bibbia ed al costante insegnamento dei Cristiani.
Bisogna sempre tenere a mente quanto Paolo scrisse ai Cristiani suoi contemporanei: “Certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch’egli ci rinnegherà” (2 Tm 2,11-12).
Se non persevereremo, non regneremo con lui. In altre parole, i Cristiani possono anche perdere la beatitudine eterna (CCC 1861).
La Bibbia mette in chiaro che i Cristiani hanno l’assicurazione morale della propria salvezza, Dio manterrà la sua parola, garantendo la salvezza a coloro che avranno fede in Cristo e gli saranno obbedienti (1 Gv 3,19-24); ma la Bibbia non insegna da nessuna parte che i Cristiani abbiano il paradiso garantito. Non ci può essere alcuna certezza assoluta di essere salvati. Ancora Paolo ha scritto: “Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso. Quanto a loro, se non persevereranno nell’infedeltà, saranno anch’essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo!” (Rm 11,22-23; Mt 18,21-35; 1 Cor 15,1-2; 2 Pt 2,20-21)
È importante sottolineare il fatto che Paolo ha incluso la seguente clausola: “a condizione però che tu sia fedele a questa bontà”. Egli sta dicendo quindi che i Cristiani possono perdere la salvezza qualora si dimostrino infedeli alla bontà di Dio, e avverte: “Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.” (1 Cor 10,12)
Se siete cattolici e qualcuno vi chiede se siete stati “salvati”, dovreste dire: “Sono stato redento dal sangue di Cristo, solo in lui ripongo la speranza della mia salvezza e, come insegna la Bibbia, sto attendendo alla mia salvezza con timore e tremore (Fil 2,12), sapendo che è un dono di Dio quella grazia che sta operando dentro di me.”

VERSO IL FUTURO

Tutte le alternative al Cattolicesimo hanno dimostrato di essere inadeguate: il decadente secolarismo che ci circonda da ogni parte e che ormai quasi più nessuno trova soddisfacente, i bizzarri culti e movimenti i quali non si dimostrano che mode passeggere, perfino le forme incomplete di Cristianesimo che hanno ormai saturato il panorama religioso. Così, mentre il nostro mondo esausto diventa di giorno in giorno sempre più disperato, la gente incomincia a voltarsi verso quell’unica alternativa che non ha mai voluto prendere veramente in considerazione: la Chiesa Cattolica. Così facendo scopre la verità nell’ultimo posto in cui avrebbe mai immaginato di trovarla.

Mai popolare, sempre attraente.
Come può essere questo? Perché così tante persone (nei paesi tradizionalmente non cattolici) si stanno interessando alla Chiesa Cattolica per la prima volta? C’è qualcosa che li spinge verso di essa: la verità.
Chi si rivolge per la prima volta alla Chiesa non può certo farlo per desiderio di acquistare il favore pubblico: i Cattolici, oggigiorno, non sono affatto popolari. Nessuno può vincere una gara di popolarità per il fatto di essere un Cattolico. Nel nostro mondo decaduto si premiano i più bravi, non i più buoni. Se un Cattolico riceve un premio, lo deve alle sue capacità professionali o al suo genio personale, non certo alle sue virtù morali.
Nonostante che le persone cerchino in genere di evitare le implicazioni della dura dottrina e della rigida morale che la Chiesa Cattolica gli offre (perché la verità impone un cambiamento radicale di vita), molti sono attratti dalla Chiesa. Quando costoro ascoltano il papa ed i vescovi che con questo sono in comunione, ascoltano parole di verità – anche se spesso trovano questa verità molto impegnativa.
Quando costoro contemplano la storia della Chiesa Cattolica e le vite dei tanti suoi santi, comprendono che ci deve essere qualcosa di speciale, probabilmente qualcosa di soprannaturale, in questa istituzione che (nonostante i tanti errori commessi dalle sue gerarchie) ha visto militare tra le sue fila personaggi del livello di Sant’Agostino, San Francesco d’Assisi, San Tommaso d’Aquino o Madre Teresa di Calcutta.
Quando entrano in una Chiesa vuota, si rendono conto che quell’edificio non è davvero vuoto, ma avvertono una presenza. Comprendono che Qualcuno risiede in modo speciale in quel luogo, in attesa di poterli abbracciare e confortare. Comprendono che la persistente opposizione nei confronti della Chiesa Cattolica – sia che questa provenga dai non credenti, che dai cosiddetti “fondamentalisti biblici” – è, in fondo, quasi un segno della sua origine divina (Gv 15,18-21).

Un Cristianesimo incompleto non è abbastanza.
Negli ultimi decenni, molti Cattolici hanno lasciato la Chiesa, alcuni abbandonando completamente una vita religiosamente impegnata, altri entrando a far parte di una delle miriadi di confessioni cristiane alternative. Ma tale “traffico” non si è mosso in una sola direzione.
Il “traffico” verso Roma è molto sostenuto. Ogni anno, infatti, ci sono almeno centocinquantamila convertiti in un paese tradizionalmente protestante come gli Stati Uniti d’America, e, sempre ogni anno, in Africa avvengono più di un milione di conversioni. Non credenti, Cattolici non praticanti e membri delle altre chiese cristiane stanno “tornando a casa”.
Costoro sono attratti dalla Chiesa per una grande varietà di ragioni, ma la ragione principale per la quale si convertono è la ragione principale per la quale bisogna essere Cattolici: la verità, di cui la Chiesa Cattolica è custode.
I nostri fratelli Cristiani separati possiedono molte verità, ma non tutte. Possiamo paragonare le altre confessioni cristiane ad una vetrata nella quale alcuni dei pannelli di vetro originali siano stati rimossi e rimpiazzati con tavole di legno. Ora, qualcosa che era presente all’inizio è rimasto, ma qualcosa è stato tolto e sostituto con altro che all’inizio non c’era. La quantità di luce che la vetrata originariamente ci donava non c’è più.
Quando, secoli fa, gli antenati teologici delle varie chiese riformate si separarono da Roma, eliminarono alcune dottrine autentiche e ne aggiunsero alcune di loro fattura. Le forme di Cristianesimo da questi fondate, quindi, sono forme di Cristianesimo incomplete.
Solo la Chiesa Cattolica è stata fondata da Gesù, e solo questa è stata in grado di preservare la verità Cristiana nella sua interezza – e sempre più persone si stanno rendendo conto di questo.

I VOSTRI COMPITI COME CATTOLICI

I vostri compiti quali cattolici, non importa quale sia la vostra età, sono fondamentalmente tre:

Conoscere la vostra fede.
Non potete vivere la vostra fede se non la conoscete, e non potete condividere con gli altri ciò che non vi appartiene pienamente (CCC 429). Imparare i contenuti della vostra fede Cattolica comporta un certo sforzo, ma si tratta di uno sforzo ben indirizzato, poiché tale studio conduce, in senso letterale, ad una ricompensa infinita.

Vivere la vostra fede.
La vostra fede Cattolica è un qualcosa di pubblico. Non è un qualcosa che possa essere lasciato dietro di voi quando uscite di casa (CCC 2472), ma un qualcosa di cui è necessario dare sempre testimonianza. Certo, essere un Cattolico in pubblico comporta dei rischi e delle perdite. Troverete sicuramente molte porte chiuse, perderete probabilmente alcuni amici, verrete forse considerati degli outsider. Ma non dovete mai dimenticare queste parole di nostro Signore: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,12).

Diffondere la vostra fede.
Gesù ci ha chiesto di portare tutto il mondo sotto il dominio della verità, e la verità è Gesù stesso. Egli ha detto, infatti: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Diffondere la fede non è una cosa riservata al clero, ma un compito che spetta ad ogni Cattolico (CCC 905).

Proprio prima dell’Ascensione, nostro Signore disse agli apostoli: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20).
Se vogliamo osservare tutti comandamenti che egli ci ha dato, se vogliamo credere a tutto quanto egli ci ha insegnato, dobbiamo seguirlo attraverso la sua Chiesa. Questa è la nostra grande sfida – e il nostro grande privilegio.

Leggi la Prefazione
L
eggi la prima parte
Leggi la seconda parte
Leggi la terza parte

Translated by Trianello

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Categories: Magistero

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4 replies

  1. Due domeniche fa padre Luigi -Dio sia benedetto per averlo scelto Suo sacerdote- cosi sintetizzò:
    Fede creduta [perchè bisogna credere ai contenuti della propria Fede, infatti il “Credo”]
    Fede professata.
    Fede vissuta.
    (Ora vado a messa e stavolta l’Omelia la registro col telefonino. E’ maestro di sintesi semplicità erudizione brevità, e soprattutto sempre e solo in topic alle letture)

  2. Torno ora dalla Messa. Ho provato a registrare l’audio col telefonino, ma mi è andata buca, dovro farmi spiegare meglio da mio figlio (col telefonino sono il massimo dell’ignoranza. Se ci riesco la prossima pubblico sul mio blog, e puoi condividere. E’ un sacerdote molto anziano, ed esprime una teologia molto tradizionale, se gli scappa qualche esempio, tipo quello di oggi, non so se si riesce a essere in sintonia.
    Dell’Omelia di oggi, in breve e a memori, se posso e vi può interessare
    1) “la Lettura usa l’imperativo “cantate”. Ciò vuol dire che tutti devono cantare. Certo il canto deve essere all’unisono, chi è intonato canta ad alta voce, chi non lo è a voce un poco più bassa, ma tutti devono cantare, è un imperativo che prescinde dalle qualità canore. Cantate dice il salmista
    2) Sul Vangelo: “siamo chiamati ad esser giusti e misericordiosi, che è nel contempo la stessa cosa. Ognuno faccia la sua parte”.
    Si è poi allacciato sul tema della “Misericordia” all’Anno Santo e ha dato spiegazioni sull’Indulgenza (e si è riallacciato al Vangelo e ha raccontato poi questo aneddoto, realmente accaduto:
    “Un signore aveva dodici figli, e pur non navigando nell’oro, faceva molte elemosine ai più poveri. La moglie un poco stufa di ciò mandava la figlia appresso al padre affinchè poi rendicontasse alla mamma quanto avesse fatto il marito. La figlia rendicontò la madre. La signora quando fu sola col marito gli chiese: ma ai tuoi figli non ci pensi? Spendi quasi tutto per i poveri. Il marito chiese alla moglie: dimmi, i poveri sono figli di Dio o no? Rispondi! E la moglie rispose: certo, si! Bene, rispose il marito, allora credi che se io penso ai poveri che sono figli di Dio, Dio penserà certamente ai tuoi figli, e meglio di me! E sull’argomento non tornare più! E la moglie cosi fece … Questo era anni fa, l’epoca in cui il padre era il capo della famiglia. Anche oggi dovrebbe essere cosi ma … Credo in un solo Dio … “.

  3. questo è un bell’articolo, grazie

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