De Mattei o la confusione tra Fede e ideologia

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Del discorso del Santo Padre per il cinquantennio dell’istituzione sinodale abbiamo abbondantemente commentato nel nostro post La Chiesa ritorna alla conquista. Ecco apparire proprio oggi sul Foglio un articolo del Prof De Mattei sullo stesso soggetto andando addirittura affermare che la decentralizzazione della Chiesa offenderebbe il senso comune , se non, addirittura, la fede. Già nel nostro post precedente abbiamo trattato del soggetto in questione  e mostrato che la decentralizzazione della Chiesa è perfettamente conforme al senso comune e per niente in contraddizione con la Fede. Sembrerebbe che sia De Mattei stesso ad aver perso il senso comune e la capacità di interagire con la realtà senza gli occhialoni super-polarizzati dell’ideologia che difende da anni e che gli attenuano la chiara visibilità del Magistero della Chiesa.

In questo brevissimo post mi limiterò a rapidamente smontare i meccanismi alogici delle proposizioni principali del nostro professore.

(A) Non si può che concordare con De Mattei quando afferma che  E’ infatti Parola di Cristo, legge divina e naturale, che il matrimonio valido, rato e consumato, dei battezzati non può essere, per nessuna ragione al mondo, sciolto da alcuno. Una sola eccezione annullerebbe il valore assoluto e universale di questa legge e se cadesse questa legge, crollerebbe con essa tutto l’edificio morale della Chiesa”. Non solo concordo con lui ma, addirittura, rincaro la dosi aggiungendo che se tale occorrenza dovesse verificarsi non solo l’edificio morale della Chiesa crollerebbe (il quale edificio morale non è mai stato di una gran esemplarità) ma proprio l’edificio epistemico che sorregge l’annuncio del Kerygma: in altre parole tutto quel che la Chiesa insegna sarebbe una gran frottola e la nostra Fede non avrebbe più alcun supporto razionale e ragionevole.

Continua immediatamente dopo il professore: “Il matrimonio o è indissolubile o non lo è e non si può ammettere una dissociazione tra l’enunciazione del principio e la sua applicazione nella pratica.” Qui invece sarebbe intaccato solo parte dell’edificio morale della Chiesa, come accadde già più volte nella Sua storia soprattutto in questioni legate alla simonia (anche se, a ben guardare, qui si tratta di permettere l’esercizio della simonia per le Chiese tedesche e austriache tramite accresciuta percezione delle Kirchensteuern presso le persone in situazione canonicamente irregolari), non una gran bella cosa, ma nulla avrebbe a che vedere con lo status epistemico della Chiesa stessa, cioè con una perdita di autorità nell’annuncio della Buona Novella del Kerygma.

Dove il ragionamento del prof De Mattei manca quindi di trasparenza è nell’associare le due frasi assieme creando un effetto emotivo, ma non giustificato, presso il lettore che associa così indebitamente i due piani del problema.

(B) Pontifica in seguito il caro professore così: Il principio secondo cui la dottrina non cambia, ma muta la sua applicazione pastorale, introduce un cuneo tra due dimensioni inseparabili del Cristianesimo: Verità e Vita. La separazione tra dottrina e prassi non proviene dalla dottrina cattolica, ma dalla filosofia hegeliana e marxista, che capovolge l’assioma tradizionale secondo cui agere sequitur esse”. Qui assistiamo a confusione su confusione: ancora un paio di frasi ad effetto che non corrispondono né alla realtà e ancor meno ad una buona filosofia permettendosi addirittura illazioni sul Cristianesimo.

Sul piano della realtà, lo storico De Mattei dovrebbe sapere che la Chiesa ha sempre adattato le proprie applicazioni pastorali alle circostanze dei luoghi e dei tempi e il primo teorizzatore di questo approccio è proprio stato San Paolo colui che era ebreo cogli ebrei, gentile coi gentili, greco coi greci e, forse, barbaro coi barbari. La ripresa della formula agere sequitur esse come “comprova” alla propria tesi è, poi, perfettamente inadeguata: infatti se è sempre vero che agere sequitur essere, non c’è un solo unicum agere per ogni specifico esse e molte sono le azioni possibili per un essere dato. Ad esempio nell’essere un umano c’è la potenzialità di muoversi nello spazio, ma questo muoversi può essere un camminare, un correre, un ballare, un nuotare, uno scivolare: tutti questi agere sequuntur esse, ma nessuno rassomiglia neanche da lontano ad un altro. La separazione della dottrina dalla prassi non si svela, quindi, nella diversità delle prassi possibili tra di loro ma, semmai, dal non tradurre adeguatemene la dottrina nelle circostanze date: non c’è prassi vera o falsa, c’è prassi efficace oppure no a trasmettere la Buona Novella, il metro qui non è il vero e falso, ma l’efficace o l’inefficace, oppure il buono o il cattivo.

(C) Si angoscia poi il Nostro per l’apparire di una Chiesa a due velocità o a geometria varabiale, dimenticando, ancora di nuovo, il suo mestiere di storico che dovrebbe impedirgli di fare tali affermazioni: la Chiesa a due velocità è sempre esistita, quella dei santi che è al servizio di quella dei peccatori; quella dei contemplativi al servizio di quella degli attivi; quella dei ministri ordinati al servizio di quella dei laici; quella dei nonni al servizio di quella dei figli e dei nipoti; quella di coloro che sono davvero fedeli al servizio di coloro che sono infedeli; quella delle parocchie e delle diocesi spiritualmente attive al servizio delle parrocchie e delle diocesi moribonde. Questo è sempre stato e questo sempre sarà: le forme possono cambiare nel tempo, ma sempre ci sarà chi è corredentore assieme al Cristo e chi è corredento, il primo essendo sempre anche il secondo.

(D) Continua poi il Nostro a confondere le acque dei suoi lettori: “E’ dogma di fede infatti, promulgato dal Concilio Vaticano I, il primato di giurisdizione del Sommo Pontefice, in cui risiede la suprema autorità della Chiesa, su tutti i Pastori e su tutti i fedeli, indipendentemente da ogni altro potere. Questo principio costituisce la garanzia dell’unità della Chiesa: unità di governo, unità di fede, unità di sacramenti. La decentralizzazione è una perdita di unità che conduce inevitabilmente allo scisma.” Se le prime due proprosizioni sono ineccepibili, ancora una volta è associata apoditticamente, esattamente come al punto (A) qui sopra, una frase che rimane tutta da provare nel reale e in sede filosofica. Infatti De Mattei non ci dimostra in cosa una decentralizzazione sia una perdita di unità: già bisognerebbe definire cosa sia l’unità che si intende qui, e non sarei sorpreso che, scavando, questa nozione di unità presso il Nostro sia ben poco cattolica; eppoi bisognerebbe dimostrare che decentralizzazione implica perdita di unità. Se prendiamo l’esempio del gran simpatico nel corpo umano abbiamo un’attività perfettamente decentralizzata dal nostro volere eppure il nostro corpo è un’unità che include il detto sistema riflesso. Qualunque organizazzione globale, fin dal tempo dei romani, era essenzialmente decentralizzata eppure l’unità si esprimeva nel pagamento delle tasse, come ancora oggi nelle multinazionali nella distribuzione dei profitti agli aventi diritto: c’è una decentralizzazione che è delega di autorità e che mantiene l’unità via una responsabilità assunta e c’è la decentralizazzione che consiste a svendere elementi organizzativi e che corrisponde ad una vera perdita di unità. Di quale sta parlando Papa Francesco, se siamo onesti e ascoltiamo quel che ci insegna senza tapparci le orecchie?

(E) Mi ha shockato leggere poi quel che è proprio una cretinata assolutamente indegna del Nostro: La decentralizzazione non incrina solo il Primato romano, ma nega il principio di non-contraddizione, secondo cui “uno stesso essere non può, allo stesso tempo e sotto lo stesso rapporto, essere ciò che è e non esserlo”. E’ solo in base a questo primo principio logico e metafisico che possiamo usare la nostra ragione e conoscere la realtà che ci circonda. “ E già, ancora una volta, l’articolista con un metodo che, ormai, sembra quasi l’espressione di un vizio, associa ad una frase corretta una tiritera di affermazioni imprudenti, vedasi, addirittura, false. Certo il principio aristotelico ( dalla Fisica di Aristotele) è validissimo ancora oggi, compreso in meccanica quantistica ed è assolutamente vero che senza di esso non si può usare della ragione, ma questo non può essere applicato alla problematica della decentralizzazione. L’essere sperimentato da ognuno di noi è un essere corporeo e come tale dotato di estensione: non si può dire che sia concentrato in un solo punto. Ad esempio, la nozione di umanità si realizza in modo assolutamente decentrato, in 7 miliardi di persone, in ogni persona l’umanità essendo presente e principio di unità ontologica; così ne va anche la nozione di Chiesa, ogni cristiano battezzato è Chiesa, ogni coppia sposata sacramentalmente è Chiesa e cosi la sua famigliola, ogni parrocchia è Chiesa, ogni diocesi è Chiesa: la natura propria della Chiesa è di essere decentralizzata, non centralizzata in un “Punto”.

(F)  Il Nostro termina il suo articolo mettendo in evidenza la profonda contraddizione logica di chi la pensa come lui. Pone dapprima una domanda: “Che cosa accade se il Romano Pontefice rinuncia, anche solo in parte, ad esercitare il suo potere per delegarlo alle Conferenze episcopali o ai singoli vescovi?” Alla quale dà poi la risposta seguente:Accade evidentemente che si crea una diversità di dottrina e di prassi tra conferenze episcopali e tra diocesi e diocesi. Ciò che in una diocesi sarà proibito sarà ammesso in un’altra e viceversa. Il convivente more uxorio potrà accostarsi al sacramento dell’Eucarestia in una diocesi e non in un’altra. Ma il peccato è o non è, la legge morale è uguale per tutti o non è. “ Conoscendo l’inconsistenza di certi sacerdoti, cattivi vescovi e pessimi cardinali, non c’è dubbio che questo anche avverrà, perché è normale che gli scandali avvengano e che a questi ministri meglio sarebbe valso mettersi un macigno al collo e buttarsi al mare; ma la risposta a questo problema non si trova in una centralizzazione che va contro la natura stessa della Chiesa, ma proprio nell’affermazione praticamente finale dello stesso De Mattei che contraddice nei fatti la sua stessa risposta: “Lo Spirito Santo però non è spirito di novità; guida la Chiesa, assistendo infallibilmente la sua Tradizione. Attraverso la fedeltà alla Tradizione, lo Spirito Santo parla ancora alle orecchie dei fedeli. E oggi, come ai tempi dell’arianesimo, possiamo dire con sant’Ilario: « Sanctiores aures plebis quam corda sacerdotum »“sono più sante le orecchie del popolo che i cuori dei sacerdoti”. (Contra Arianos, vel Auxentium, n. 6, in PL, 10, col. 613)”

 

Già! Tutto questo perché il principio di unità nella Chiesa non è un organo, come nel corpo umano il principio di unità non risiede in un organo in particolare, ma nella sua anima: nella Chiesa questo principio di unità, la Sua Anima è lo stesso Spirito Santo, e come la testa umana è segno dell’unità corporea ma non il suo principio, così il Vicario di Cristo è segno dell’Unità della Chiesa il cui principio è solo nello Spirito Santo.

In Pace



Categories: Attualità cattolica, Sinodi della famiglia

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26 replies

  1. Pensando a quando S. Pietro vede scendere lo Spirito Santo sui pagani mi chiedo sempre se mi sarei scandalizzato o meno; di certo anche il primo Papa ha avuto i suoi bei detrattori.

  2. Mi permetto fare sommessamente notare che l’articolo in questione è stato riportato anche su “Il Sismografo” notoriamente vicino a …
    e che notoriamente pubblica solo articoli di una certa rilevanza e “accertata” sostanza.
    La mia scarsa simpatia per certe posizioni del Prof. De Mattei, non mi impedisce però di dire che quanto scrive, almeno in questo articolo, abbia un ottimo contenuto.
    Egli, senza citarli direttamente, si rifà a Documenti del Magistero (uno di cui già vi ho “consigliato la lettura …)
    a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI.
    Qui De Mattei su Il Sismografo”:
    http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-non-solo-il-matrimonio-qui.html

  3. Qui Ratzinger riportato su La nuova bussola quotidiana (pensiero a cui De Mattei si rifà:
    http://www.lanuovabq.it/it/articoli-federalismo-dottrinaleecco-il-no-di-ratzinger-14155.htm

    • Ottimi commenti molto costruttivi i tuoi Ubi: se giusto potresti evitar e di rimanere generico e se mi puoi mostrare esplicitamente a quali documenti magisteriali il De Mattei si rifà te ne sarei davvero grato: a me piace molto imparare. Quindi mostrami quel di cui parli, così che possiamo avere una discussione proficua.
      Grazie

      In Pace

      • Lascio a voi la ricerca.
        (Qui invece, e lo dico beatamente placido e fuori da ogni metafora: la ricerca dovrebbe essere “preventiva”.
        E’ cosa buona e giusta dedicarsi ad abbattere i “cavalli di battaglia” deii novatori e dei tradizionalisti, l’ho fatto e faccio anche io!
        Ma attenzione, si badi ad avvatere il “cavallo di battaglia” e non il cavaliere “tradizionalista” o “novatore” che sia.
        In questo caso il “cavaliere tradizionalista” cavalcava un ottimo “cavallo di battaglia” “TRADIZIONALE”, cioè un “Motu proprio” di San Giovanni Paolo II e vari pensieri di Ratzinger -che vi “DOVETE” cercare prima di lanciar frecce per abbattere il “cavallo” che sta correndo per voi …)
        Saluti!

        • Spiacente carissimo Ubi: conosco quel documento è non vedo nessun punto sul quale la tesi del De Mattei si possa appoggiare.
          Visto che non sono infallibile, a te di mostrami dove sbaglio: non posso trovarlo da solo.
          Ma immagino che i tuoi commenti siano soprattutto originati dalle tue tendenze da bastian contrario e non siano sostanziati: infatti non sei capace di produrre una prova alle tue affermazioni.
          Invece le mie affermazioni sono scritte qui su, bianco su nero, pronte ad essere discusse nel concreto e anche ad essere contraddette.
          La prossima volta, prima di criticare fai uno sforzo intellettuale un po’ più pronunciato che il rimanere beatamente placido.
          😀
          In Pace

          • Simon, conosciamo bene anche le tue due caselle: “simpatia” e “antipatia”.
            Vale per me e lo storico di cui all’articolo.
            Non ho nulla da dimostrare.
            Conosciamo anche la terza, l’aurea via di mezzo della “tiepidezza” per ritagliarsi alla fine un “posto al sole”.
            Fai come ti pare, tanto a rimaner nel mezzo (Parresicamente parlando: “Tiepido”), il posticino sul “carro del vincitore” te lo trovi tranquillo a furia di dire tutto e il contrario di tutto (pur se non hai saputo distinguere tra erranti e non, tra errore e non). Mi auguro apprezzi la “parresia” … 🙂

            • Amico,
              del carro del vincitore non posso importarmene meno: sono solo un anonimo, quindi, figuriamoci, nessuna credenziale da far valere presso nessun vincitore. LOL
              Prossima volta però sostanzia quel che affermi 😉
              Ciao
              In Pace

            • “Sostanzia pure tu Simon, sostanzia pure il post “La Chiesa ritorna alla conquista” in cui non tieni proprio conto del motu proprio di Giovanni Paolo II.

              Dato che siamo in casa tua lascio a te l’onore e l’onere della ” Ultima Parola” … 🙂

            • In cosa non ne terrei conto?
              In Pace

    • P.S.: in niente questo articolo contraddice quanto affermato da Papa Francesco e quindi non può essere usato come strumento per validare la tesi di De Mattei.
      In Pace

  4. Nel frattempo Cavalcoli OP riprende l’intervista data Tornielli su Vatican Insider e sottolinea con una lezio magistralis quel che voleva lasciar intendere.

    http://isoladipatmos.com/la-comunione-ai-divorziati-risposati-lectio-magistralis-di-giovanni-cavalcoli-a-corrado-gnerre-c/

    Nel suo scritto, in effetti molto particolare perché presenta una nuova tesi che a me pare sostenibile (anche se non sappiamo ovviamente possa essere quella finale del Sinodo o del Papa), sembra proprio fare riferimento a quella unità dello Spirito Santo che tu Simon richiami in questo articolo, non foss’anche dall’incipit stesso che è scritto come un’apoftegma insindacabile: “L’impressione che a volte il Papa non si attenga al dato rivelato trasmesso dalla Sacra Tradizione, è sempre un’impressione falsa”.
    da leggere.

    • Letto, infatti mai dubitato di Cavalcoli. Cosi infatti scrissi: “lo avrei condiviso al 110 % se avesse detto:
      bisogna stabilire in quanta parte è una prassi disciplinare e in quanta parte è una prassi fondata sulla Scrittura. Qui si gioca molto.
      Allora è il caso, c’è bisogno di un approfondimento teologico ”

      Ed infatti Padre Cavalcoli approfondisce la “breve intervista”.
      Io mi sono anche registrato al sito “Isola di Patmos e gli ho posto una domanda.

      Ora credo di dovergli anche chiedere un “approfondiimento teologico” sulle ultime cinque righe di questo articolo, cioè:

      “Ma anche quando il Papa parla al di fuori della Tradizione, non parla mai contro di essa.

      L’impressione che a volte il Papa non si attenga al dato rivelato trasmesso dalla Sacra Tradizione, è sempre un’impressione falsa, che deve farci comprendere che con simile atteggiamento mentale si finisce col cadere sotto il rimprovero del Signore, fatto ai farisei di non ascoltare la Parola del Dio eterno, che non passa e non muta, ma di farsi schiavi di caduche e vane “tradizioni di uomini” ”

      Cosi come è infatti da luogo a cattive interpretazioni da una parte e dall’altra (trad e prog).

      • Nessun dubbio sul sincero zelo di p. Cavalcoli. Più d’uno, invece, sulla consistenza delle sue diottrie.

        • “L’impressione che a volte il Papa non si attenga al dato rivelato trasmesso dalla Sacra Tradizione, è sempre un’impressione falsa” è una frase senza senso

        • Sull’adeguamento della pastorale della Chiesa attuale, rispetto all’epoca in cui per cose alquanto lievi c’erano interdizioni di vari anni dalla comunione e pene per ravvedersi abbastanza pesanti, come testimoniano i penitenziali antichi, beh, non sembra proprio e dunque come argomentazione lascia veramente il tempo che trova.

  5. Il prof. è un autentico tradizionalista: quando c’è qualche stortura da addebitare a qualcuno ricorre infatti al giochino tradizionalmente prediletto dai moderni scolastici: dare la colpa a Hegel (e ai suoi veri o presunti discepoli). Una vera ossessione per gli scolastici il povero Hegel, che per tutti gli altri è ormai in prevalenza un lontano e vago ricordo. Penso all’idealismo da bigino di padre Cavalcoli o quello da cabaret di don Nitoglia, al cui confronto le tirate di Emilio Chiocchetti contro l’attualismo gentiliano erano sofisticate dissertazioni scientifiche. Sono bocconi imbanditi con mano grossolana per palati grossolani, viziati da appetiti grossolani.

    Per non parlare della costante invocazione – quanto più possibile a sproposito – del principio di non contraddizione, che de Mattei e gli altri involontari esponenti dell’autocaricaturalismo logico ritengono evidentemente essere un potentissimo mantra. L’applicazione che Simon afferma essere una cretinata (“la decentralizzazione non incrina solo il Primato romano, ma nega il principio di non-contraddizione, secondo cui uno stesso essere non può, allo stesso tempo e sotto lo stesso rapporto, essere ciò che è e non esserlo”) è talmente illogica da riuscire esilarante.

    Grazie, Simon, per avere stigmatizzato, con la solita composta serietà, lo strabismo ideologico, e un po’ plebeo, di certe propaggini tradizionaliste (fortunatamente non condiviso dai cattolici realmente – e regalmente, direi – tradizionali).

    • Regalmente tradizionali e Tomisti, aggiungerei. 😉

      • Anche tomisti, Minstrel. Il cristianesimo esisteva, e alquanto floridamente, anche prima dell’Aquinate, anche se a qualcuno è improvvidamente piaciuto dimenticarsene… … …

        • Certo! Esattamente come, all’opposto, non sono sicuro che l’eredità del tomismo in alveo cattolico possa essere facilmente scavalcata o non considerata, come succede oggi soprattutto in campo teologico (Rahner e discepoli) o in ermeneutica biblica (Ricoeur & co.). Su quest’ultima mi pare che il presunto superamento del tomismo coincida con una sovrastima di un semplice strumento filosofico (l’ermeneutica appunto) assurta ad una sorta di vera e propria filosofia sistematica (cosa che non è e non può essere).
          cfr. http://pellegrininellaverita.com/2014/05/20/lermeneutica-delle-tradizioni-credenti-come-superamento-della-prospettiva-aristotelico-tomista-nel-problema-dellinerranza-biblica-il-cammino-di-uno-studioso/
          Su quest’ultimo punto so che Trianello stesso scriverà qualcosa sul suo libro.

          Il cristianesimo può benissimo essere creduto anche dal peggior antimetafisico esistente sulla faccia della terra, tale fede infatti non presuppone alcuna filosofia necessaria per l’esplicazione della sua razionalità; certo ritiene necessariamente false alcune “filosofie” contradditorie, per lo più estranee alla possibilità di una rivelazione come scientismo e relativismo (cfr. il primo capitolo dell’opera apologetica di Trianello su queste pagine).

          Ma inutile scrivere a te queste banalità, da te non solo conosciute, ma credo perfettamente condivise. Stiamo dicendo la stessa cosa in fondo. 😉

          • E infatti, caro Minstrel, condivido alla virgola le tue precisazioni. Tommaso d’Aquino è un grande pensatore e un indiscutibile maestro, anche sul piano della metodologia. Il fatto di consuonare o meno con la sua impostazione di fondo (quella cui si aderisce in base a quale tipo di uomo si è) non può e non deve impedire di apprezzarne gli splendidi frutti. Il problema, come spesso accade, è la sua elevazione de facto a sommo lare. La riduzione del Cristianesimo a tomismo, o riduzionismo neotomista, che ho avuto modo di conoscere dappresso e che per la sua radicalità al limite – e talvolta ben oltre il limite – del fanatismo, ritengo sia un’autentica minaccia al cuore pulsante della Verità cristiana, e sono certo che Tommaso fosse troppo acuto e illuminato per auspicare o anche solo approvare uno sviluppo – o meglio un inviluppo – in tal senso.

            • Yes, sono con te!

            • Comunque Aristotelismo e Tomismo sono più un atteggiamento di profonda curiosità di fronte al Reale e di fiducia sulla possibilità concreta di conoscerlo che un rimuginare in tondo di antichi modelli.
              In Pace

  6. Ho avuto occasione di ascoltare più volte De Mattei in interventi su Fatima TV, la televisione per la quale il Concilio Vaticano II ha creato più danni della Bomba Atomica e del Nazismo.
    E’ il tipico esempio di come si possa trasformare in dogma inamovibile ogni piccolo rivolo proveniente da questa bimillenaria storia.
    Tra l’altro (e questo non avviene solo per i tradizionalisti purtroppo) affermando che le cose nei secoli sono state sempre fatte e dette in un certo modo , e che nulla è mai cambiato.
    Come sapete esistono le illusioni ottiche. Alcune immagini accuratamente artefatte donano all’occhio, che le vede, ed al cervello, che le elabora, la sensazione di vedere qualcosa che in realtà non c’è.
    Ho l’impressione che esistano anche le illusioni filosofiche e teologiche
    Alcuni ragionamenti che si intrecciano e si sovrappongono e che alla fine portano l’addove il loro estensore ti vuole portare. Tutto questo grazie ad una infinità di passaggi logici dove la minima ed impercettibile (ma concreta) variazione di un concetto fa virare il senso da una parte o dall’altra, e dove i limiti logici vengono minimizzati o nascosti, ed il risultato esaltato.
    Inoltre, poichè la storia della Chiesa dopo gli apostoli, passando per i padri della chiesa, i teologi filosofi, i papi ed i concili, è bimillenaria, una frase o una parola che confermino o contraddicano un qualsiasi concetto la si trova sempre, lasciando spazio eterno a chi cerca di centuplicare i comandamenti ed i dogmi.
    Da persona di questo secolo, in molta umiltà, mi chiedo quando verrà il momento della depurazione dalle scorie di questa millenaria teologia barocca, dove ogni virgola sembra scritta direttamente da Dio, salvo poi venir modificata (ma mai apertamente) dalla virgola scritta una riga dopo, una pagina dopo, un anno dopo, un secolo dopo, e fino a quando si farà finta che cambiare la pastorale non sia cambiare la dottrina, in questo esagerato ed eterno ricorso al cerchiobbottismo dove mai nessun padre della chiesa o papa può venir, apertamente, contraddetto.

    • Quest’articolo di De Mattei è chiaramente un cattivo esempio di pensiero filosofico e posso capire che ti ispira una certa forma di scetticismo nella capacità umana a conoscere il reale e a definire comportamenti morali oggettivamente buoni.

      Grazie al Cielo, però, il discorso filosofico serio, metodologico, attinente al Reale e capace di giudizi veri è non solo possibile ma comprovato in tutto quel che è essenziale: ad esempio, la logica aristotelica che è fondamento stesso del nostro conoscere e alla quale nessuno si può sottrarre, l’importanza della testimonianza come veicolo di trasmissione del sapere, la corporeità del mondo nel quale evolviamo, l’esistenza di Dio, l’immortalità della forma umana e così via di seguito; in campo teologico poi siamo capaci di dire con concettuale precisione cosa sia la Transustanziazione, etc.

      Fa Gödel in poi sappiamo con certezza che qualunque discorso puramente logico-matematico non è completo, cioè non tutte le proposizioni teoriche immaginabili possono essere ridotte ad una tautologia di un insieme finito di ipotesi: sappiamo quindi che il ricorso ad una realtà aldilà della teoria sarà sempre necessaria, compreso in matematica a fortiori in campo scientifico.

      Per quei problemi che tu sollevi è estremamente importante sempre ben definire i concetti e le metodologie utilizzate al fine di sempre permettere ad un terzo di controllare la validità di un ragionamento e la sua confacenza al reale. Per questo discorsi fumosi vanno da essere scartati oppure sanati in radice da una prova pratica o teorica.

      Della teologia “barocca” ne facciamo tutti a meno, ma non è millenaria ed è una degradazione/involuzione di quella filosofia essa si perenne che esiste da due millenni e mezzo e che, nel metodo come anche nella sostanza, è alla base di tutte le evoluzioni scientifiche, tecnologiche e anche sociali di cui beneficiamo.

      In fine, non scambiare l’evoluzione del pensiero con una qualunque forma di cerchiobottismo: è vero che quando un nuovo paradigma nasce può sembrare ai suoi albori avere questa forma, ma in realtà c’è sempre e solo progresso quando il pensiero nella sua nuova idea ingloba e non esclude l’idea piû antica, la spiega e la rispetta nel suo contesto: così la scienza seria ha sempre avanzato e così anche la filosofia seria. Il tomismo ( e l’aristotelismo), ad esempio, ritorna sempre di più alla moda in tantissimi campi filosofici e etici e questo lo puoi riscontrare già in tante pubblicazioni peer-reviewed specialmente, ma non eslcusivamente,, da autori d’oltre-Atlantico.

      Sursum corda!; caro ML65
      In Pace

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