La teologia fra principio antropico e multiverso

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Questo articolo nasce dallo spunto sul Principio Antropico, offerto qualche giorno fa su Critica Scientifica da Giorgio Masiero. Nei commenti mi ero permesso una rapida incursione teologica al riguardo, la quale ha fatto sorgere all’utente PaoloS alcune domande che lì erano completamente Off Topic. Scopo di questo presente scritto dunque è fornire un quadro più preciso di questa mia opinione e quindi fornire appiglio alle domande che lo stesso PaoloS vorrebbe porre.

Non è mia intenzione in questa sede analizzare i contenuti scientifici del principio antropico e dell’ipotesi del multiverso (cioè i dati che permettono la loro formulazione), ne tanto meno le implicazioni filosofiche. Darò piuttosto per scontato, per snellire il tutto, che in primis ben si conoscano quelle che i fisici chiamano costanti cosmologiche dalle quali si desume il principio di cui sopra, la sua formulazione distinta in “forte” e “debole”, e il significato della nozione di “multiverso“. Mi aspetto inoltre che si conoscano, anche a grandi linee, le critiche filosofiche ad entrambi e le relative repliche. Questo non perché tale conoscenza sia necessaria per la lettura di questo articolo, bensì perchè tali aspetti non verranno minimamente trattati, ma anzi bellamente scavalcati assumendo come punto di partenza il dato che fonda la possibilità di stabilire il principio (cioè la presenza di queste costanti) e ritenendo il multiverso una ipotesi possibile e non completamente eretica.

Un accenno su quest’ultimo punto. Non è un segreto che il primo che formulò l’ipotesi di un multiverso “a sfere concentriche” è stato il teologo Roberto Grossatesta (Stradbroke, 1175 – 9 ottobre 1253), sul quale lavorarono alcuni fisici della Durham University cercando di scrivere in termini matematici il latino del teologo e ritrovandosi con modelli al computer che producevano esattamente “quel che Grossatesta descriveva: una moltiplicazione interna di sfere concentriche”.[1]

Il Multiverso, chiariamolo subito, non è incompatibile con l’esistenza di un Dio creatore, prova ne è che il fatto stesso di ipotizzare la nascita di innumerevoli universi nel quale solo uno possiede tutte le costanti adatte per la nascita della vita e quindi dell’uomo (dati che consentono l’enunciazione del principio antropico in generale, appunto), significa semplicemente ripensare l’atto di creazione, sia in termini quantitativi che qualitativi. Anche qualitativi poiché, mi sembra ovvio, ritenere la creazione molto più vasta di quanto essa già non appaia, può portare a conclusioni teologiche importanti. E sono esattamente queste possibili conclusioni il fulcro del presente post.

Ci sono infatti almeno due modi distinti e opposti per leggere il multiverso, legandolo ipoteticamente con il principio antropico. Uno che definirei  generalizzando ateo-riduzionista e uno credente-integrale. Tali approcci generalisti, ovviamente passibili di critiche, ma che sono funzionali al presente scritto, sono abbastanza chiari fin dalle definizioni, vediamoli.

In chiave ateo-riduzionista il multiverso permetterebbe di esprimere sfiducia nei confronti di un importante antropocentrismo cosmologico, erroneamente pensato dalla stessa compagine atea come uno dei più importanti argomenti dell’esistenza di Dio. “Non solo il nostro pianeta” dicono “non è che uno fra i tanti che certamente esistono in questo nostro universo infinito, ma è il nostro stesso universo ad essere insignificante poiché esso stesso non è altro che uno fra tutti gli universi esistenti”. Questo argomento porta chi lo formula di solito a due principali conclusioni: una filosofia atea che prevede il fatto che un Dio non sia più necessario perché l’universo antropizzato non è che il risultato di un caso, di una “fortuna cosmica”[2]; secondo offre una facile scappatoia di fronte al principio antropico stesso alla domanda del perché il nostro universo sia tanto finemente sintonizzato da aver permesso la vita. Tali conclusioni sono ovviamente erronee: la prima non pensa a Dio come causa prima incausata che dona l’essere, bensì ad un classico Dio tappabuchi tipico della pseudo scienza chiamata Intelligent Design e su di esso compie la critica; la seconda si basa su una sfiducia ideologica a priori dell’uomo, cioè per formularla ci si basa necessariamente sulla insignificanza dell’essere umano rapportandolo, solo in termini quantitativi attenzione, all’enormità di un contesto come quello di un multiverso a raggio pressoché infinito.[3] Questo preconcetto però non tiene conto della qualità straordinaria dell’essere umano di essere comunque colui che è in grado, entro un certo grado, di intendere la razionalità dello stesso universo e pertanto tale pregiudizio risulta non contemplare nel suo essere la possibilità stessa di essere formulabile poiché non contempla la qualità dell’intelligenza umana che lo formula, pertanto è quantomeno deficitario.

L’approccio che ho denominato credente-integrale, all’opposto, fa leva esattamente sull’aspetto integrale della creazione, vista come un unicum, un’unità a sé, e sulla preponderanza degli orizzonti qualitativi che tale creazione presenta al suo interno, fra i quali spicca –inutile dirlo – la straordinarietà dell’essere umano. Sotto questo punto di vista l’ipotesi del multiverso non fa che ripensare l’idea di creazione in termini quantitativi e qualitativi, come dicevo poco sopra. Inoltre non mette minimamente in discussione l’idea di un principio antropico, bensì lo rende ancora più forte. Questa re-visione permette quindi una sorta di “teologia del multiverso” che invece di affossare la straordinarietà del fatto antropologico, la innalza a supremo vertice conoscibile della stessa, in comunione con i dettami della dogmatica tradizionale e le opinioni dei padri della Chiesa. Tale visione infatti permette di intendere la creazione di un (ecco l’unum!) multiverso come una “prova” (virgolette d’obbligo) dell’importanza immensa, è il caso di dirlo, della creatura “uomo” agli occhi del Creatore.

Uan nota iniziale: nei ragionamenti teologici bisogna sempre fare attenzione a non cambiare prospettiva senza accorgersene: un conto è la prospettiva di Dio verso l’uomo, un altro è la prospettiva dell’uomo verso Dio.
Sotto il secondo punto di vista il pensiero di molteplici o addirittura infiniti universi è da stordimento e può, di primo acchito, far sentire minuscolo, inutile, incredibilmente impotente di fronte a questa immensità quantitativa un essere umano.[4]
Vista invece in prospettiva divina, cioè di Causa Unica incausata, atemporale e onnipotente, tale immensità si ribalta in una visione qualitativa, poiché nulla può competere con l’infinità di Dio. L’infinito perfetto, cioè che fa da fondamento ontologico all’infinito stesso, è uno ed è Dio; per lui la creazione non ha un carattere di infinitezza uguale a quella presente in Dio. Per noi “infinito” è una astrazione (ente ideale) che perfeziona l’esperienza del finito, per Dio è pura realtà. Per questo è inutile chiedersi cosa ne pensa Dio della questione attraverso una prospettiva quantitativa. In visio Dei, risulta pertanto perfettamente lecito creare quel che, in visio humanis, può quanto meno sembrare uno spreco. Se Dio vuole (e in Dio volontà ed essere coincidono) – ad esempio – sprecare infiniti universi disabitati per crearne uno solo abitato dall’apice della sua creazione, questa scelta non è solo possibile e lecita, bensì – in sede teologica – diventerebbe una nuova, chiara, prova dell’amore divino verso la sua creatura “uomo”. Egli cioè sarebbe significativamente pronto anche a regalare l’infinito (in ente ideale) pur di creare l’uomo nel modo in cui lui l’ha pensato.
In questo senso, per il credente, la presenza quindi di un ipotesi di multiverso non confligge né con il cosiddetto principio antropico, che anzi ne esce rafforzato, né con l’inesistenza di un disegno divino sull’unica creazione e nemmeno con l’esistenza di una finalità di tale disegno divino.

Scrive a proposito il fisico Tanzella-Nitti in uno straordinario articolo del quale consiglio la lettura a coloro che sono interessati: “È questa specifica peculiarità del Principio antropico, a nostro avviso, che ne rende più interessante la suggestione: esso intende riunire in un punto limite le tre componenti del Disegno: la sua coerenza, il suo teleologismo ed il suo collegamento con una mente intenzionale. E non potrebbe essere altrimenti quando ci si imbarca nell’impresa – impossibile per la scienza, ma inevitabile per lo scienziato – di concettualizzare il tutto fino alle sue origini, una volta che la cosmologia contemporanea ne fornisce il quadro ideale: nell’origine, la “coerenza” diviene “progetto”. Si coglie (e forse si recupera) in tal modo anche una dimensione meno evidente della finalità: quella di non indicare solo il “termine” fisico o temporale verso cui tende un processo, ma la coerenza del processo nel suo insieme.”[5]

“Come il fine dell’atleta non è solo giungere al traguardo, ma farlo nel minor tempo possibile, e il fine di una composizione musicale non è giungere alle sue note finali, ma far cogliere l’intera sinfonia, così un’eventuale operatività del Principio antropico ricorderebbe che la finalità del cosmo giace in ogni momento della sua esistenza.” [6] Tale principio perciò, lungi dal decadere, permette una visione teologica della creazione ancora più grandiosa e quindi una maggiore comprensione del reale Amore di Dio nei nostri confronti.

Detto questo mi pare abbastanza inutile stare a discutere di potenziali infiniti universi (anche qualora fossero possibili metafisicamente e/o fisicamente) poiché la mera conoscenza umana filosofico-scientifica della realtà non potrà mai superare la soglia dell’esperienza cognitiva, della relazione/scontro/incontro fra il nostro pensiero e il reale. Con questi limiti, le discussioni al riguardo risulterebbero sterili oppure ideologiche. Infatti, come si diceva, spesso il multiverso viene portato a bandiera di una ideologia atea, mediante il quale si pretende di provare, con l’arma della ragione, l’assenza di cause esterne per il funzionamento del presente universo. Questa pretesa, oltre ad avere errori di comprensione di cosa si intenda per “causa”, parte già da una premessa insostenibile, premessa a mio avviso nemmeno metafisica in quanto questa non può non essere assogettata ad una gnoseologia di un reale con cui ci si scontra, bensì di fede: fede in una ipotesi possibile sostenuta con armi spuntate contro un’altra fede, la quale – qualora la prima fosse anche vera – non ne verrebbe intaccata di un millimetro.

Sempre Tanzella Nitti scrive: “[..] da un punto di vista strettamente scientifico, in quanto universi appartenenti a regioni spazio-temporali “non connesse” non sarebbero oggetto di una fisica o di una statistica consistenti, fondate sul metodo sperimentale. E nemmeno da un punto di vista filosofico, poiché nulla vieta che molteplici universi, in uno dei quali compaia la vita, appartengano tutti ad un medesimo progetto creativo. Sostenere un modello di many-worlds come unica possibile giustificazione dell’idoneità biologica del nostro universo, manifesta piuttosto la difesa di una filosofia che mantenga ad ogni costo un’interpretazione casuale della vita. Sull’altro fronte, considerare la comparsa dell’uomo come il risultato inevitabile, in un unico cosmo, di un’evoluzione immanente che neghi ogni progettualità divina trascendente, è anch’essa una prospettiva filosofica apriori, in quanto non vi sono evidenze scientifiche, come già osservato, che le condizioni necessarie per l’origine della vita siano anche condizioni sufficienti per la comparsa della vita intelligente.”[7]

Certo, si potrebbe contestare che la presunta superiorità qualitativa dell’essere umano è tutta da verificare poiché potrebbe benissimo darsi un evento di incontro ravvicinato con una intelligenza aliena superiore. Anche questo è un aspetto importante che ha aperto ampi dibattiti nella teologia naturale contemporanea. Ma è anche “un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta”. (cit.)

[1] Cfr. l’articolo “Il primo a formulare il Multiverso? Il teologo Grossatesta”. Disponibile da
<http://www.uccronline.it/2014/05/02/il-primo-a-formulare-il-multiverso-il-teologo-grossatesta/ >

[2] Cfr. Davies, Paul. Una fortuna cosmica. Mondadori, Milano, 2007

[3] Si vedano ad esempio i video dedicati alle diverse scale di grandezza delle stelle nell’universo a noi conosciuto, atti a quasi sempre a far sentire l’essere umano come sperduto in un universo infinito e rendere così insignificante la sua presenza nello stesso. Cfr. <https://www.youtube.com/watch?v=wAr3GHnPxhs >

[4] Addirittura alcuni calcoli fisici permettono di pensare che la grandiosità del nostro universo conosciuto, al di là dell’ipotesi multi verso, sia a mala pena sufficente per permettere l’agire delle costanti e permettere la vita. Cfr. Masiero, Giorgio. Il principio antropico. Disponibile su: <http://www.enzopennetta.it/2015/09/il-principio-antropico/ >

[5] [5] Tanzella-Nitti, Giuseppe. Il principio antropico. Disponibile su: <http://disf.org/principio-antropico >

[6] Harris, Errol. Cosmos and Anthropos, Humanity Press, London 1991. Pag. 168

[7] Tanzella-Nitti, Giuseppe. Art. cit.



Categories: Filosofia, teologia e apologetica

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24 replies

  1. Mi prostro in totale gratitudine per la disponibilità avuta nei miei confronti. Non me lo merito proprio che perdiate tempo in funzione di alcune mie domande. Citarmi poi nell’articolo… Ahi ahi Minstrel.. Sprofondo dalla vergogna! Mi aspettavo una cosa dove intervenire in punta di piedi!
    Comunque. Non saprei bene da dove iniziare. Ci provo così:
    L’idea antropocentrica non mi appartiene più di tanto. Per dirne una comprensibile, a me, che la Terra giri intorno al Sole, fossi nato con Galileo, non mi avrebbe certo sconvolto, anzi. Ritengo l’eliocentrismo più adeguato (teologicamente parlando ma forse sbaglio) poiché reputo Dio e non l’uomo, il centro del Cosmo e della Storia. L’Alfa e l’Omega. Chi è il vero Sol Invictus? Cristo. Quindi per me è perfettamente normale che “al centro” ci sia Lui. Anche se poi (scientificamente parlando) manco il Sole sta al centro dell’universo, però almeno sta al “nostro” centro. La mia domanda dunque non parte da una convinzione antropocentrica. Tendenzialmente rifiuto il multiverso poiché non c’è nessuna ragione evidente per crederci ma lo faccio anche in forza di questa considerazione:
    Se ci fossero infiniti universi disabitati ok, ma se questi universi fossero abitati da specie intelligenti come nel nostro, uguali o diverse dalla nostra, io mi chiedo: dato che sarebbe impossibile raggiungere questi multiversi e portar loro l’annuncio (non bastavano gli alieni da evangelizzare, mo’ pure gli extrauniversali. Eh no! Stavolta è impossibile 🙂 ) quante volte Dio avrebbe dovuto incarnarsi, soffrire e morire? Per me è già tanto che l’abbia fatto una volta e per della gentaglia come me..
    Si capisce? Cioè, voglio dire, a me fa tanto dolore pensare che il Suo Amore gli sia così tanto costato, se poi penso che gli è toccato farlo infinite volte… La Passione infinite volte… Mi dico che.. che non può essere, che è terribile, che non è certo un masochista…
    Insomma penso si capisca la domanda.. Spero 🙂
    .
    Perdonate la lunghezza e i probabilissimi strafalcioni…
    Grazie mille.

    • Allora, il tuo intervento è tutt’altro che superficiale perché approfondisce le conclusioni contenute nell’articolo. Una visione integrale infatti è necessariamente estranea ad un antropocentrismo, ma si basa sul fulcro stesso della Creazione, sul Cristo “per mezzo del quale tutte le cose sono state create”. La visione integrale cioè E’ Cristocentrica! E trovo sia particolarmente significativo che delle riflessioni filosofico-scientifiche sul nostro reale portino la teologia a concludere sul Cristocentrismo, che tanto cozza contro l’antropocentrismo della teologia di fine secolo scorso e del nostro.
      Non per niente la conclusione dello splendido articolo di Tanzella-Nitti sul disf è dedicata proprio al Cristocentrismo teologico.
      E credo che una lettura di tale paragrafo possa darti giovamento sui tuoi dubbi PaoloS, anche quelli successivi dedicati a possibili culture aliene.
      Magari poi torniamo qui a lettura avvenuta. 🙂
      disf.org/principio-antropico

      Grazie ancora dei complimenti, ma soprattutto dell’incitamento a scrivere questo articolo. A volte le suggestioni o domande fanno nascere queste opportunità di ripensare ad un tema per cercare di chiarirlo, renderlo meno confuso, per il lettore, ma soprattutto per chi scrive su quel tema (in questo caso il sottoscritto, che prima di questo pezzo aveva idee certo più confuse di ora al riguardo). Quindi grazie a te per questo sprono, io non ho fatto altro che raccoglierlo.

      • Buongiorno a tutti.
        Grazie Minstrel, ho letto l’articolo di Tanzella-Nitti. Splendido!
        E’ stata una “conferma” che il Cristocentrismo è per me più vero e più reale dell’antropocentrismo
        (al dipinto che fa da sfondo al blog, Friedrich da proprio questo significato: L’unica cosa che sta sopra la linea dell’orizzonte è Gesù con la Sua Croce. Egli sovrasta tutto, è il Signore di tutto).

        Mi chiedo poi da dove venga storicamente quest’ultimo, l’antropocentrismo, dato che viene usato (negandolo in virtù di vere e/o ipotetiche scoperte scientifiche) per togliere alla teologia cattolica il carattere di verità facendo l’affermazione Antropocentrismo falsificato= Chiesa parla a vanvera. Me lo chiedo realmente.

        Comunque, anche se “non sono antropocentrico” non ritengo però l’uomo un insensato e inutile granello di polvere cosmica. Se l’uomo fosse realmente solo un animale più evoluto degli altri dovrei considerare mia moglie o qualsiasi altra Donna un animale con cui riprodursi e basta e i figli come archivi genetici deputati alla trasmissione di me stesso. Che bella Cultura genererebbe un tale visione delle cose! (ops forse già succede).
        L’uomo ha una sua importanza che però non sta nella posizione cosmica o nella vetta evolutiva raggiunta, ma nel fatto che l’uomo è l’unico destinatario autocosciente dell’azione divina. Nel cosmo può vivere in centro o in periferia, la cosa non cambia. Resta l’oggetto dell’azione del Soggetto. Dio ama l’uomo.
        La frase finale dell’articolo (tra le mie predilette) è struggente e molto più poeticamente e intensamente afferma questo rapporto:
        “che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell’uomo perché te ne curi?”
        che cosa è l’uomo… Nulla! …Ma Tu te ne curi!

        Detto ciò, ad esser sincero, non ho trovato in Tanzella-Nitti una risposta chiara al mio finale dell’altro commento.
        Riformulo volgarmente:
        “Tanti distinti universi?? E certo! E quanto volte Dio si è incarnato, ha sofferto ed è morto? Quante volte Gesù avrebbe supplicato di allontanare da Lui quel Calice? Che Padre simpatico che ha, eh?? Il multiverso non può esistere!!!”
        Mi potete segnalare gli errori concettuali e/o metodologici di questa affermazione/(pseudo)ragionamento?
        La domanda precedente ne sottende un’altra: Può la Fede, su certi aspetti della conoscenza umana, avere carattere di Verità, al “contrario” della filosofia in cui uno può dire tutto e un altro l’esatto contrario?
        non sto criticando la filosofia.. bé forse un pò 😉

        Grazie ancora

        • Ciao Paolos
          Mi chiedo poi da dove venga storicamente quest’ultimo, l’antropocentrismo
          se intendi all’interno della teologia contemporanea, beh… un nome su tutti Rahner.

          che cosa è l’uomo… Nulla! …Ma Tu te ne curi!
          Esatto. Solo attenzione che tale frase va contestualizzata: dall’uomo verso Dio o viceversa? Che cosa è l’uomo RISPETTO A DIO (dunque è l’uomo che parla ora)? Nulla. Eppure l’infinito se ne cura come fosse l’apice della Creazione, talmente tanto che l’ha creato per farlo simile a sé, per “divinizzarlo”. Quindi l’uomo rispetto alla creazione (dunque siamo nel punto di vista di Dio ora) è tutt’altro che nulla, ANZI è TUTTO poiché egli solo è destinato a tale divinizzazione. Quindi è nulla o tutto? Entrambi e come al solito vanno tenuti in considerazione nella teologia. Questo non significa che l’uomo può farli coniugare in modo perfetto e sintetico e immediatamente (non è Dio…), bensì ci sarà piuttosto un tentativo di equilibrio fra queste due componenti che non saranno mai comprese a pieno, con scivolamenti soggettivi verso l’una o l’altra parte. Allora che si fa? Nulla, semplicemente si fa teologia sapendo che ogni parola che si utilizza è sempre e comunque erronea rispetto alla realtà di Dio e insufficente rispetto a tutte le prospettive teologiche possibili. Così è possibile leggere Rahner e mitigare le sue conclusioni sapendo che quella non è LA teologia, bensì una teologia basata sull’antropologismo, con tutti i pregi di quando è nella Verità e i difetti di ciò che non mette a fuoco perfettamente gli altri aspetti.
          Fare teologia insomma è sempre tentare l’impossibile: descrivere ciò che è indescrivibile mediante l’analogia con ciò che è descrivibile. L’analogia è dunque l’arma di cui servirsi e della quale occorre conoscere i pregi e i difetti, proprio per non cadere in errori teologici clamorosi, ad esempio dando alla analogia un valore ontologico pieno che invece non avrà mai.

          “Non si da cioè un’assoluta e semplice alternativa radicale tra i contenuti soprannaturali della Rivelazione e quelli naturali della ragione filosofica (equivocità), ma neppure una perfetta omogeneità tra i medesimi (univocità) ; il rapporto tra i due contenuti è quello di una somiglianza proporzionale. L’analogia esprime appunto quell’ordine di somiglianzà che si da tra contenuti assolutamente diversi eppure relativamente proporzionali.”
          Barzaghi, Giuseppe. L’essere la ragione la persuasione. ESD. pagg. 61-62

          Per ora chiudo qui, appena ho altri due secondi affrontiamo – con il dizionario in comune dato dalla lettura di TAnzella Nitti – la seconda parte dell’intervento. Ciao!

  2. Una specie di correzione…
    So che pianeta Terra equivale a dire effettivamente Noi Uomini e invece Sole non equivale a dire effettivamente Lui dato che ovviamente (ridicolo il sottolinearlo, perdonatemi) non è il Suo Pianeta come per noi la Terra. Parlo del Sole come simbolo Cristologico. Forse si era già capito dato che ho citato la figura del Sol Invictus ma rileggendomi sembrava che a scrivere fosse un totale idiota..
    Ovviamente, Minstrel, correggimi se sbaglio anche in questa mia visione, diciamo, Teocentrica…
    Grazie.

  3. Vi chiedo scusa per l’argomento OT, ma mi interesserebbe molto conoscere il parere di qualcuno piu’ competente di me circa il pensiero del filosofo inglese Anthony Kenny sulla filosofia di S. tommaso d’Aquino. Per quanto ho compreso le sue critiche al concetto di essere nella filosofia Tomista, come pure le sue osservazioni sulle 5 vie dell’ esistenza di Dio mi sembrano partire da eccessivi tecnicismi circa l’analisi del linguaggio. Sapreste indicarmi anche alcuni testi, di non difficile comprensione, che trattino del rapporto tra la metafisica di S. Tommaso e la filosofia analitica?
    Grazie per la vostra attenzione!

    • Lucio, sposta la discussione qua, dove sarà decisamente IT.
      Qualcosa da consigliarti ce l’ho e così sicuramente Trianello…

    • In effetti, ci sarebbero tante cose da dire in risposta a questa tua richiesta. Qui però sarebbero fuori luogo.

    • Benvenuto Lucio! Copia incolla appena puoi questo tuo intervento dove ti ha indicato viaNegativa che almeno ti rispondiamo in IT. 🙂

      Paolos, appena ho due minuti tento una risposta. 🙂

      Nel frattempo, tanto per smentirmi un OT secco: http://ilregno-blog.blogspot.it/2015/10/per-laccoglienza-di-coppie-omosessuali.html
      No, ma… parliamone… 0_0

      • Cito dall`articolo:

        la Chiesa, dopo il Vaticano II, ha riconosciuto il primato della dimensione unitiva su quella procreativa nel considerare anche l’esercizio della sessualità degli sposi, slegandolo dalla necessità di procreare (Humanae vitae 10)

        Humanae Vitae:

        La paternità responsabile

        10 In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita.

        Inscindibili due aspetti: unione e procreazione

        12. Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna. Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità. Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana.

        Il presunto primato del significato unitivo non lo colgo.
        Mi pare un discorso simile a quello di Pio XII, non vedo nessuna “svolta conciliare”:


        Quindi abbracciare lo stato matrimoniale, usare continuamente la facoltà ad esso propria e in esso solo lecita, e, d’altra parte, sottrarsi sempre e deliberatamente, senza un grave motivo, al suo primario dovere, sarebbe un peccare contro il senso stesso della vita coniugale.

        Da quella prestazione positiva obbligatoria possono esimere, anche per lungo tempo, anzi per l’intera durata del matrimonio, seri motivi, come quelli che si hanno non di rado nella cosiddetta « indicazione » medica, eugenica, economica e sociale. Da ciò consegue che l’osservanza dei tempi infecondi può essere lecita sotto l’aspetto morale; e nelle condizioni menzionate è realmente tale. Se però non vi sono, secondo un giudizio ragionevole ed equo, simili gravi ragioni personali o derivanti dalle circostanze esteriori, la volontà di evitare abitualmente la fecondità della loro unione, pur continuando a soddisfare pienamente la loro sensualità, non può derivare che da un falso apprezzamento della vita e da motivi estranei alle rette norme etiche.

        Pero` vorrei anche affrontare un argomento scabroso sollevato dallo stesso articolo: i comportamenti sessualmente leciti di una coppia di sesso complementare, per la Chiesa, sono quelli che anatomicamente e fisiologicamente e spiritualmente rispettano il significato profondo dell`atto coniugale; in una coppia dello stesso sesso quali sarebbero i comportamenti analoghi e per quale motivo? Per me o vale tutto o non vale niente, proprio non riesco ad immaginare su quale basi la Chiesa potrebbe stabilire la natura piu` o meno lecita degli stessi, come puo` giustamente fare per la coniugalita` tradizionale.

        • La faccenda Lovinsky per me è subito chiarita: il signore in questione (questo OP: https://alessandrocortesi2012.files.wordpress.com/2015/09/olivaa.pdf) cita in modo quanto meno particolare il Magistero ed interpreta in modo altrettanto particolare una idea di Tommaso che, per quanto mi riguarda, andrebbe – ANCH’ESSA – ricollocata storicamente per comprendere come – in quel contesto – essa poteva venire sfruttata in Teologia.
          Ripeto, sempre che si trovi questa citazione e venga ben precisata.
          Il tutto ben sapendo che nemmeno Tommaso è esente da errori (alcuni suoi passi ad esempio furono pure considerati eretici ai suoi tempi).

          Il problema insomma non è cosa disse Tommaso per salvare capra e cavoli oggi, ma capire se quel che dice Tommaso – riletto oggi – va contro il Magistero della Chiesa. Se va contro: respinto al mittente, riprovateci!

          • Ho recuperato la citazione: (Somma Teologica, Prima parte della seconda parte, Questione 31 Articolo 7)

            Così può capitare che quanto è contrario alla natura dell’uomo, sia rispetto alla ragione, che rispetto alla conservazione fisica, diventi connaturale per quest’uomo determinato, per la corruzione della natura verificatasi in lui. E codesta corruzione può dipendere, o dal corpo — da una malattia, p. es., che ai febbricitanti fa sembrare amare le cose dolci e viceversa; o da una complessione viziosa, per cui alcuni provano piacere nel mangiare la terra, il carbone, o in altre simili cose —, oppure dall’anima: ed è così che alcuni per tristi abitudini provano piacere nell’antropofagia, nel coito con le bestie, nell’omosessualità, e in altre cose del genere, che non sono conformi alla natura umana.

            Qui si parla di natura corrotta in modo particolare, non di un`ipotetica particolare naturalita`.

  4. Giusto una segnalazione: volendo leggere l’articolo di Tanzella-Nitti ho cliccato il link sotto che a me risulta sbagliato. Quello corretto mi sembra questo: http://disf.org/principio-antropico

  5. E rieccoci. Andiamo dritti al punto, ti sparo le prime cose che mi vengono in mente:

    “Tanti distinti universi?? E certo! E quanto volte Dio si è incarnato, ha sofferto ed è morto?”

    Beh, stando alla teoria del multiverso comunque solo una, perché gli altri universi vengono fittiziamente creati per rispondere alle domande che crea il principio antropico.
    Perché esistono queste costanti?
    Perché semplicemente ci sono altri universi dove le costanti sono diverse e quindi la vita così come la conosciamo noi non è possibile (e pertanto nemmeno si necessita di Salvatore).

    La domanda invece resta, tutta intera, in caso tu mi parli di “alieni” presenti nel nostro universo (la famosa storia finale che racconteremo un’altra volta, per intenderci).
    Breve accenno.
    La creazione è o no per dogma COMPLETAMENTE soggetta al peccato originale? YES. Dunque anche gli alieni sono sotto il peccato originale? YES!
    Primo problema: ma Adamo ed Eva hanno dunque sbagliato per tutti, non solo per gli uomini? Già sento gli atei che di solito poco vogliono capire: “non solo siamo nati noi dall’unione fra due fratelli probabilmente con la loro madre, adesso mi venite a dire che anche il mio amico ET con 3 occhi e una mano sola è nato da loro?! Alla faccia dell’immagine di Dio!”. Non è un problema totalmente marginale, al di là della simpatica battuta in atheist style che ho appena fatto. Cosa si intende dunque per progenitori? Come si coniuga il monogenismo? E’ applicabile solo all’uomo o a tutta la creazione, cioè a tutto l’universo? Se è a tutto l’universo (come io credo), cosa si intende dunque con Eden? E’ un luogo fisico della terra o un luogo estraneo alla creazione odierna?

    Secondo problema: Gesù si è incarnato in terra anche per salvare coloro che abitano su Andromeda e ci hanno fatto visita ieri? E come fanno a saperlo che sono salvi se Gesù non è mai arrivato da loro?!
    Dialogo:
    – “come mai dici non è mai arrivato? Ma se siamo entrati in contatto con questi di Andromeda significa che Gesù è arrivato anche a loro. Tramite noi!”
    – “in ritardo di 30.000 anni però!”
    – “cosa sono miliardi di anni di fronte all’eternità? Anzi, cosa sono INFINITI anni di fronte all’eternità? L’eternità non è tempo infinito, bensì NON TEMPO. Quindi nulla è comparabile qui ed ora all’eternità se non a questa nozione che ci sfugge: non tempo. Dunque parlare di “ritardo” in Dio è un palese errore teologico, sarebbe come intendere la sua eternità come tempo infinito, cosa che non può essere.”
    – “ma adesso sappiamo che la vita oltre alla nostra in questo universo esiste, dunque possiamo pensare che anche su pegasus ci siano delle persone! E quelle? Pegasus è lontanissimo!”
    – “prima risposta: mai dire mai, magari si raggiungono. Seconda risposta: se non le raggiungeremo mai, come fai a dire che esistono? E se anche dovessero esistere, come fai comunque a sapere che Dio per loro non abbia fatto nulla? Non ti sembrano troppi se per mettere in dubbio quel che invece vivi già hic et nunc?” 🙂
    – “ma ora ammettiamo che invece anche su Andromeda sia arrivato un salvatore, del tutto simile a Gesù, ma questi ha lasciato altri principi… come facciamo?!”
    – “Facciamo che allora, con medesima logica, ammettiamo che su Andromeda non esista nessuno e siamo gli unici nell’universo e che la Creazione è solo per noi! La differenza che il tuo primo esperimento mentale è pura fantasia per ora, il mio è agganciarsi alla realtà odierna.”

    😉

    Chiariamoci: restano (tutte) domande mica tanto facili, eh. Tant’è che per ora sospendo il giudizio perchè dovrei leggermi chi ha cominciato già questo percorso di analisi teologica. Non ci vuole molto, sono pochi (almeno quelli che conosco) e in Italia sono giusto due: Tanzella Nitti appunto e il mitico Gianfranco Basti.
    D’altra parte a chi interessa cose ipoteticamente davvero molto lontane (fare un incontro ravvicinato del terzo tipo) quando ancora non si sa se un divorziato può prendere l’eucarestia?! 🙂
    Son comunque temi affascinati ecco. Diciamo solo: non per tutti. Ti lascio comunque questi due nomi su cui eventualmente studiare o scovare qualcosa.

    Può la Fede, su certi aspetti della conoscenza umana, avere carattere di Verità, al “contrario” della filosofia in cui uno può dire tutto e un altro l’esatto contrario?

    Urco, qui servirebbe un trattato sulle Verità di fede e Verità razionali. In brevis: entrambi cercano una e una sola Verità, Dio, solo attraverso canali e metodi diversi. Non sono in contrasto, mai. Se lo sono, sotto l’aspetto teologale, è causa del… peccato originale.
    Per ora tienila così, col tempo arriveremo a sondare meglio l’affermazione. 😉

    Grazie delle tue domande, della pazienza e della presenza! A presto!

    • Il problema e’ lo stesso che con gli Indiani (e con le presenti tribu’ non contattate).

      Tuttavia anche li’ il problema rimane, se e’ necessario passare attraverso il battesimo per essere salvati, allora i milioni di indiani che nei millenni non hanno neppure avuto la possibilita’ di redimersi rimangono fregati semplicemente per una questione di ingiustizia.

      Dio li ha fatti nascere in un continente in cui non avevano possibilita’ di redenzione e sono rimasti fregati per l’eternita’… Senza contare che dato il diverso livello di densita’ di popolazione il contatto con la cultura cattolica, corrispondeva a un contatto con germi letali.
      Il motivo per cui le popolazioni non contattate oggi sono non-contattabili insomma: un contatto ha meno probabilita’ di sopravvivenza della roulette russa. Che ironia neh?

      Una cosa simile e’ cosi’ ingiusta che fa sembrare il piu’ terribile dei mafiosi un santo in confronto…

      Se non e’ necessario, allora il ruolo dei sacramenti e del credo e’ piu’ o meno ininfluente.

      Il concetto stesso di “religione rivelata” non mi puo’ apparire giusto e necessario allo stesso tempo.

      • Ciao Andrea, bentornato!
        Come sai, è necessario il battesimo perché la Chiesa vivente possa decretare la possibilità di salvezza in foro esterno. Il battesimo come sacramento invece non è vincolante per Dio (in forza di istitutore del sacramento e del quale non può esserne schiavo), che in foro interno può salvare chi vuole, come vuole, quando vuole.

        “ogni uomo secondo il cristianesimo deve fare questo, ogni uomo deve vivere secondo la Verità che conosce. E il cristiano sa che la Verità è una sola ed è Cristo. Perciò la dove c’è uno che vive secondo la Verità che conosce, e non potete pretendere che una persona viva secondo una verità che NON conosce, o che non conosce come Verità, là c’è uno che magari senza saperlo vive secondo Gesù Cristo. Ma allora c’è un unico principio morale: vivi secondo la verità che conosci che diventa un principio cristiano quando il cristiano dice: Gesù è la Verità e seguendolo per come lo conosco io sono nella Verità. In conseguenza di questo devo dire che tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza, perché anche il Boshimano, che non sa niente del cristianesimo, se vive secondo la verità che conosce, si salva. Perché ci dice San Paolo in Timoteo 2, 4 “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità” e allora anche il Boshimano può salvarsi se vive per quel poco di verità che conosce e si realizza così la parabola dei talenti. Se hai ricevuto due devi rispondere per due, se hai ricevuto cinque devi rispondere per cinque, se hai ricevuto dieci devi rispondere per dieci.
        Dottrina non certo nuova visto quanto riportato anche da Tommaso D’Aquino nella S. T. prima parte, secondo libro, questione 19 articolo 5″

        Ottaviano, Piero. Il Cristiano: la coscienza, 1996, Didaskaleion, mp3 del corso fondamentali del cristianesimo

        • Beh allora la Chiesa non e’ molto necessaria allora, se non come congrega di gente in cui alcuni dei quali ci credono e alcuni di questi provano a compontarsi come Cristo comanda.
          Dato che la salvezza appartiene a tutti, battezzati e non, santi e scomunicati, a patto che vivano fedeli a se stessi e a cio’ che sanno e possono sapere, ci troveremo Giordano Bruno in paradiso che dall’alto guarda i suoi inquisitori… ma anche condannare a morte una persona per reati d’opinione all’epoca era fedele alla natura, quindi pure loro in allegria, tanto la giustizia e’ a noi inscrutabile…

          Un fun club a pura associazione volontaria e senza privilegi, che poco sa e nulla offre e nulla determina.

          E mi sembra insomma proprio preciso dire “cosi’ in cielo come in Terra”…

          • Fedeli alla Verità, non a sé stessi, carissimo.
            Don Ottaviano al riguardo è perfettamente chiaro al soggetto e per questo motivo rimando all’intera lezione, l’undicesima (segno che prima vanno capite altre cose come ad esempio in cosa consista l’atto di fede), che aiuta a ben comprendere a cosa serva la Chiesa all’interno di questa visione teologica tutt’altro che nuova in seno alla stessa. 🙂

            http://didaskaleion.murialdo.org/matcorsi/corsoWeb/11_cw.mp3

            • alla verità a cui ognuno ha accesso.

              Io non è che sono ciò che sono perchè deliberatamente ignoro cose o viceversa, penso il meglio che posso in base a ciò che so e mi comporto di conseguenza.

              E così fan tutti, dai boshimani al Papa, passando da me.

              Ergo se mi comporto fedele in base a ciò che io so, mi comporto esattamente come un boshimano, e se non rispetto i comandamenti o altri precetti e il fondamento della fede stessa, è perchè altre cose che so mi portano ad ignorarli, mica perchè faccio il gioco delle 3 scimmiette.

    • Perdona il ritardo caro Minstrel.

      Antropocentrismo –> Rahner… Non lo sapevo ma chissà perchè non mi sorprende affatto!

      Sugli alieni non mi esprimo poichè per ora l’ho sempre pensata come l’ipotetico dialogatore: “con medesima logica, ammettiamo che su Andromeda non esista nessuno e siamo gli unici nell’universo. La differenza è che il tuo primo esperimento mentale è, per ora, pura fantasia, il mio è agganciarsi alla realtà odierna.”
      Per me non esistono e siamo soli… fino a prova contraria.

      Sul resto invece, avrei un piccolo dissenso da esprimere.

      “Beh, stando alla teoria del multiverso comunque solo una, perché gli altri universi vengono fittiziamente creati per rispondere alle domande che crea il principio antropico.
      Perché esistono queste costanti?
      Perché semplicemente ci sono altri universi dove le costanti sono diverse e quindi la vita così come la conosciamo noi non è possibile (e pertanto nemmeno si necessita di Salvatore).”

      E su questo sono d’accordo, ma nel caso fossero abitati? Logicamente è possibile che lo siano..
      Lo dico perché se si immaginano fantasiosamente altri universi mi sembra forzato postularli disabitati poichè, anche se la vita come la conosciamo può svilupparsi solo nel nostro, in altri può essere alla base concettualmente diversa. Per esplicarmi meglio riporto lo scambio avuto con il Dott Masiero.

      PAOLOS on 29 SETTEMBRE 2015 12:07
      “Non potrebbe essere che altri universi siano sorti con differenti elementi e costanti tali da far sorgere altri campi fisici… diversità anche dal punto di vista atomico, ad esempio uno spazio stracolmo non di protoni, elettroni e neutroni ma di altro obbediente ad altre leggi che formano altri elementi etc etc?”
      GIORGIO MASIERO on 29 SETTEMBRE 2015 12:17
      “Certo, tutto è possibile in altri universi, se esistono, purché non sia contro la logica e la matematica! Ma in ogni caso, siamo fuori del dominio scientifico… ed entriamo in quello di Hollywood.”

      Dunque non sono per forza disabitati. Su questo si potrebbe rispondere come nel caso degli alieni di andromeda ma in realtà no perchè nel caso del multiverso non esiste un “fino a prova contraria” dato che è impossibile lo studio di ciò che materialmente esula da questo universo.
      A parer mio si necessita dunque di una via di conoscenza che dia una risposta dato che una “scientifica” non potrà mai giungere.
      Vorrei quindi, in questo caso, usare la fede come via di conoscenza, la mia fede e volevo sapere se questo modo è lecito per procedere nel percorso della Conoscenza.
      (Io non “credo” che Gesù è risorto… io SO che è risorto. Conoscenza vera. Aderente alla Realtà)

      Sentenzio che il multiverso con altre forme di vita non è possibile e non esiste poichè contraddittorio:
      (“Tanti distinti universi?? E certo! E quanto volte Dio si è incarnato, ha sofferto ed è morto? Quante volte Gesù avrebbe supplicato di allontanare da Lui quel Calice? Che Padre simpatico che ha, eh??”)

      Posso “sentenziare” così? Usare la fede così? Si capisce la domanda?

      Cioè.. se Uno, filosofeggiando, dichiara che siccome Dio è l’onnipotente creatore allora ha creato anche il male, io, da fedele (tentando un discorso teologico), gli dico che sarebbe in contraddizione perchè così e cosà etc etc e dunque raggiungo il dato di Verità che Dio non ha creato il male.

      Usare la fede e la teologia per affermare la Verità. Può essere lo stesso per il multiverso? Il vescovo Tempier avrà tenuto conto di tutte le obiezioni per decretarlo non in contrasto con alcun dogma?
      No perchè, a sentir nomi come Rahner, card Kasper, o alcuni cardinali che non credono nell’esistenza e azione del Nemico, mi sorgono dubbi sul ragionare correttamente di teologia di alcuni…

      Grazie e scusa la pesantezza, l’insistenza e la lunghezza.
      PS Mi piacerebbe sentire cosa ne pensano anche Simon de Cyrene e Via Negativa.
      A presto

      • Ok, dammi il tempo di fare mente locale carissimo, nel frattempo vediamo se Simon o viaNegativa hanno voglia di dire la loro. 🙂

      • Le riflessioni come quelle di Paolos qui mi piacciono assai nel senso che permettono di approfondire alcuni concetti perché li considera in situazioni intellettualmente limite.
        È una modalità estremamente pedagogica per dispiegare un pensiero o un concetto.

        Questo commento di Paolos mi conduce alle seguenti riflessioni che spero saranno anch’esse spunto di dibattito:

        (1) Nell’antichità avevamo una struttura stratificata dell’universo, il mondo sotterraneo al livello il più basso, le acque del mare, la terra, il cielo, il mondo sublunare, le stelle fisse, e così via fino all’iperuranio di platonica memoria. Ognuno di questi mondi era abitato da esseri intelligenti di specie diversa, deità e semideità, solo la terra e la superficie del mare essendo proprio al dominio umano: e non era possibile passare da uno strato all’altro.
        La “forma” geometrica di tale stratificazione non è mai stata univoca: a volte strati piani, a volte sferici come la struttura di una cipolla.
        La teoria dei multiversi è una stratificazione piana di tanti universi “paralleli” e il fatto che alcuni possano essere abitati è tipico delle stesse mitologie che impediscono al contempo di rendere visitabili questi altri spazi.

        (2) Tutti questi multiversi, se non fossero puramente realtà ideali ma concrete, avrebbero un punto in comune indipendentemente dalla loro struttura propria accidentale definita dalle differenti leggi naturali che li governerebbero: (a) dovrebbero esistere e quindi partecipare dello stesso “essere” che il nostro universo, (b) sarebbero anch’essi sottomessi a leggi proprie, cioè avrebbero la loro propria razionalità, (c) sarebbero in divenire cioè non in pura potenza (perché in questo caso non esisterebbero) né sarebbero in puro atto ( perché in questo caso sarebbero un “dio”), (d) anch’essi quindi avrebbero bisogno di un atto inattuato per poter sorgere all’esistenza
        Metafisicamente non c’è quindi una gran differenza tra postulare questi multiversi e postulare un mondo stratificato come gli antichi.

        (3) La Redenzione ci dà accesso ad un mondo nuovo dove tutte le cose saranno nuove: chiaramente , tutto l’universo, o tutto il multiverso è chiamato a partecipare a questa conversione a DIo: certo, perché se è vero che il principe di questo mondo è Satana allora questi è il principe del multiverso che ha un’unità di essere con il nostro strato di multiuniverso, che è sottomesso al divenire, che va da essere salvato dovessero esserci più speci intelligenti e volontarie nei vari universi che lo compongono.

        In Pace

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