Pierpaolo Pasolini – Come Verità si mischia diabolicamente con la falsità: la nascita di un mito moderno (II)

pasolini-sul setNel primo aforisma proposto, Croce-via pubblicava la prima parte dell’articolo del CorSera a firma di Pasolini dove era chiara la condanna dell’intellettuale ateo e omosessuale italiano nei confronti dell’aborto, nonostante alcune frasi completamente scapestrate che abbiamo mantenuto per onestà intellettuale. Riportiamo anche una seconda parte del medesimo scritto, per far notare come spesso le Verità immediatamente evidenti alla ragione – Verità che gli intellettuali più onesti con sé stessi non possono negare – spesso vengano offuscate da ragionamenti completamente ignobili, davvero antiumani, che purtroppo, letti 40 anni dopo, suonano come delle profetiche sirene antiaeree per quel che siamo chiamati a vivere oggi. Ci aspettano mesi duri (inizio della scuola con POF probabilmente pro-gender, il ddl Cirinnà che torna alla carica, il ddl Fedeli pure, il Sinodo che apre le porte con i progressisti che sembrano affilare le armi e così via). Ma non ci scoraggiamo. Leggiamo questo “scritto corsaro” di Pasolini non per abbandonarci al tetro squillo della rassegnazione, ma per sollevarci rinforzati dalle cretinerie in esso contenute, miste a quella Verità del Reale che – nonostante tutto! – continua ad imporsi con forza e che nel lungo periodo vincerà. Anzi, ha già vinto.

Il contesto in cui bisogna inserire il problema dell’aborto è ben più ampio e va ben oltre l’ideologia dei partiti (che distruggerebbero se stessi se l’accettassero: cfr. Breviario di ecologia di Alfredo Todisco). Il contesto in cui va inserito l’aborto è quello appunto ecologico: è la tragedia demografica, che, in un orizzonte ecologico, si presenta come la più grave minaccia alla sopravvivenza dell’umanità. In tale contesto la figura – etica e legale – dell’aborto cambia forma e natura: e, in un certo senso, può anche esserne giustificata una forma di legalizzazione. Se i legislatori non arrivassero sempre in ritardo, e non fossero cupamente sordi all’immaginazione per restare fedeli al loro buon senso e alla propria astrazione pragmatica, potrebbero risolvere tutto rubricando il reato dell’aborto in quello più vasto dell’eutanasia, privilegiandolo di una particolare serie di «attenuanti» di carattere appunto ecologico. Non per questo esso cesserebbe di essere formalmente un reato e di apparire tale alla coscienza. Ed è questo il principio che i miei amici radicali dovrebbero difendere, anziché buttarsi (con onestà donchisciottesca) in un pasticcio, estremamente sensato ma alquanto pietistico, di ragazze madri o di femministe, angosciate in realtà da «altro» (e di più grave e serio). Qual è il quadro, in realtà, in cui la nuova figura del reato di eutanasia, dovrebbe iscriversi?
Eccolo: un tempo la coppia era benedetta, oggi è maledetta. La convenzione e i giornalisti imbecilli continuano a intenerirsi sulla «coppietta» (in tal modo, abominevolmente, la chiamano), non accorgendosi che si tratta di un piccolo patto criminale. E così i matrimoni: un tempo essi erano feste, e la stessa loro istituzionalità – così stupida e sinistra – era meno forte del fatto che li istituiva, un fatto, appunto, felice, festoso. Ora invece i matrimoni sembrano tutti dei grigi e affrettati riti funebri. La ragione di queste cose terribili che dico è chiara: un tempo la «specie» doveva lottare per sopravvivere, quindi le nascite «dovevano» superare le morti. Oggi invece la «specie», se vuole sopravvivere, deve fare in modo che le nascite non superino le morti. Quindi, ogni figlio che un tempo nasceva, essendo garanzia di vita, era benedetto: ogni figlio che invece nasce oggi, è un contributo all’autodistruzione dell’umanità, e quindi è maledetto.
Siamo così giunti al paradosso che ciò che si diceva contro natura è naturale, e ciò che si diceva naturale è contro natura. Ricordo che De Marsico (collaboratore del codice Rocco) in una brillante arringa in difesa di un mio film, ha dato del «porco» a Braibanti, dichiarando inammissibile il rapporto omosessuale in quanto inutile alla sopravvivenza della specie: ora, egli, per essere coerente, dovrebbe, in realtà, affermare il contrario: sarebbe il rapporto eterosessuale a configurarsi come un pericolo per la specie, mentre quello omosessuale ne rappresenta una sicurezza.

Pasolini, Pierpaolo. Scritti Corsari. dall’articolo “Sono contro l’aborto” del Corriere della Sera del 19 gennaio 1975. Garzanti, 1975, Milano, pp. 110-111



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5 replies

  1. Quest’analisi di Pasolini è però brillante e, personalmente, la condivido nella sua dimensione profetica.

    Non so fin quanto ne siate coscienti in Italia, ma le politiche omosessualiste vanno da essere considerate in un contesto (neo) malthusiano di diminuzione della popolazione umana, vedi pure dalla pura e semplice eliminazione dell’umano dalla superficie terrestre. E queste non sono illazioni, ma affermazioni chiaramente espresse negli ambienti interessati.

    Una popolazione fortemente addetta a pratiche contro-natura e intrinsecamente disordinate di sicuro non procrea ( e la questione della step-childhood e della GPA sono in in fin dei conti fumo nel fumo) e contribuisce a diminuire il numero di nascite. Ragion per la quale si vuole spingere all’omosessualità intere generazioni di bambini, oltre ovviamente le soddisfazioni perverse dei vecchi porci.

    Eppoi chi vive in modo disordinato e promiscuo è più facilmente malato e muore più spesso e più giovane, specialmente nei paesi i più poveri: questo contribuisce al genocidio anti-umano, assieme all’aborto e all’eutanasia.

    Per rendervi conto dei numeri e se vi sembra che il numero degli immigrati quest’anno è spaventoso, beh ricordatevi che questo numero è su per giù quello degli aborti praticati quest’anno nella sola Francia…

    In Pace

    • La vediamo proprio così in Italia. O meglio: in alcuni la vedono così fra cui io ( e Padre carbone con noi). Pasolini fu un grande intellettuale, lucidissimo. Tutti gli scritti corsari sono straordinari nel loro spirito profetico. Come lo furono i suoi film. Davvero un ateo da ammirare, nonostate tutto.

      • Comunque è una battaglia che val la pena di essere combattuta.

        In realtà continuando così, se vero che per 2050 ci saranno circa 10 miliardi di abitanti, nel 2400 la razza umana sarà virtualmente scomparsa….
        E in Italia ci sarà un terzo di popolazione in meno tra 40 anni… (senza tener conto dei fenomeni migratori)

        In Pace

  2. Adilnolfi oggi su Pasolini sul suo facebook, bella lettura.

    “DIFENDI CONSERVA PREGA
    di Mario Adinolfi

    Prima che arrivi l’orgia delle celebrazioni da cifra tonda vorrei parlarvi di Pier Paolo Pasolini, scrittore e poeta, regista e opinionista, comunista e omosessuale. Vorrei parlarvi di un uomo morto nella notte tra il primo e il 2 novembre del 1975. No, non solo morto, ucciso e ucciso in maniera tremenda, feroce e nessuno mi toglie dalla testa che sia andato consapevolmente verso la morte, vedendo compiuto il suo destino, figura cristologica paragonabile a quella di Aldo Moro nella tragica storia repubblicana di cui abbiamo ormai perso memoria.

    Pasolini, comunemente definito “intellettuale scomodo”, aveva una lettura della realtà italiana unica e profetica. Mi è capitato di raccontare nei miei libri le sue posizioni durissime sull’aborto, qualificato con semplicità come “omicidio” e come atto dunque assolutamente esecrabile, così come risuonano nella mia testa le sue parole lucide nell’analizzare le mode correnti. Ho scritto che quando tutti, ma proprio tutti, si schieravano con gli studenti sassaioli e violenti a cavallo tra gli Anni Sessanta e Settanta, lui e solo lui a sinistra sapeva leggere la realtà per come era: quegli studenti violenti e chi li sobillava erano ricchi e borghesi schierati contro i poveri. Quante volte mi è tornata in mente questa sua lezione, totalmente controvento, pensando agli acquirenti di bambini e ai locatori di uteri di donne povere e sfruttate nella loro condizione di bisogno, osannati dagli intellettuali modaioli in tutte le trasmissioni tristi delle radio e delle tv di regime, dalle fiction rincoglionenti della prima serata di Raiuno, dai talk show nuovi altari eretti al pensiero unico con officianti che non mancano di sputare poi la propria univoca sentenza sui giornali.

    Sui giornali, per parlare degli studenti violenti e sassaioli scatenati contro le forze di polizia che provavano ad arginarli, solo Pier Paolo Pasolini osava scrivere direttamente in faccia ai manifestanti sessantottini alla moda:

    Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
    quelli delle televisioni)
    vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
    delle Università) il culo. Io no, amici.
    Avete facce di figli di papà.
    Buona razza non mente.
    Avete lo stesso occhio cattivo.
    Siete paurosi, incerti, disperati
    (benissimo) ma sapete anche come essere
    prepotenti, ricattatori e sicuri:
    prerogative piccoloborghesi, amici.
    Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
    coi poliziotti,
    io simpatizzavo coi poliziotti!
    Perché i poliziotti sono figli di poveri.

    La lezione di PPP non va dimenticata e io guardo negli occhi tanti miei violenti contestatori e davvero li vedo “paurosi, incerti, disperati” e allo stesso tempo vedo “l’occhio cattivo” e gli atteggiamenti “prepotenti, ricattatori”. E anche io allora sto con i figli dei poveri e, mi viene da dire, con i poveri figli di questi violenti “piccoloborghesi” con i loro desideri che vogliono trasformare in diritti, a scapito dei bambini e del loro diritto ad avere una mamma e un papà.

    Il dramma è che questo nostro tempo così superficiale non solo non ci regala un Pasolini, ma neanche ce lo racconta. Vi proporranno in mille diverse salse la sua morte, solita pietanza in sugo complottistico all’italiana, ma sono pronto a scommettere che nessuno vi proporrà il suo ultimo scritto, il suo testamento intellettuale e spirituale. Che è impressionante, scritto in dialetto friulano, la sua lingua delle origini, il suo parlare da bambino. E si apre con un verso che fa gelare il sangue per la consapevolezza profetica della sua fine imminente: “È quasi sicuro che questa è la mia ultima poesia”.

    In questa che poi davvero si rivelerà come la sua “ultima poesia” (e che qui vi proponiamo nella traduzione dal friulano, dialetto bello ma incomprensibile, traduzione firmata dallo stesso PPP) arriva per noi che lo abbiamo letto con amore un vero e proprio ordine, espresso con un triplice imperativo: “Difendi, conserva, prega!”. Pasolini si immagina in un monologo-lezione rivolto a un “giovane fascista” (l’altro da sé, visto che l’autore è quasi anziano e comunista) di “ventuno o ventidue anni” a cui lascia detto:

    “Voglio farti un discorso che sembra un testamento.

    Difendi i paletti di gelso, di ontano, in nome degli Dei, greci o cinesi.
    Muori d’amore per le vigne. Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.

    Per il capo tosato dei tuoi compagni.

    Difendi i campi tra il paese e la campagna, con le loro pannocchie abbandonate.

    Difendi il prato tra l’ultima casa del paese e la roggia.

    I casali assomigliano a Chiese: godi di questa idea, tienla nel cuore.

    La confidenza col sole e con la pioggia,
    lo sai, è sapienza sacra.

    Difendi, conserva, prega!

    La Repubblica è dentro, nel corpo della madre.

    I padri hanno cercato e tornato a cercar
    di qua e di là, nascendo, morendo, cambiando:
    ma son tutte cose del passato.

    Oggi: difendere, conservare, pregare.
    Taci! Che la tua camicia non sia nera, e neanche bruna.
    Taci! che sia una camicia grigia.
    La camicia del sonno.

    Odia quelli che vogliono svegliarsi, e dimenticarsi delle Pasque…

    Dunque, ragazzo dai calzetti di morto,
    ti ho detto ciò che vogliono gli Dei dei campi.
    Là dove sei nato.
    Là dove da bambino hai imparato i loro Comandamenti.

    Ma in Città?
    Là Cristo non basta. Occorre la Chiesa: ma che sia moderna.
    E occorrono i poveri

    Tu difendi, conserva, prega: ma ama i poveri: ama la loro diversità.
    Ama la loro voglia di vivere soli nel loro mondo, tra prati e palazzi
    dove non arrivi la parola del nostro mondo;

    ama il confine che hanno segnato tra noi e loro;
    ama il loro dialetto inventato ogni mattina,
    per non farsi capire; per non condividere con nessuno la loro allegria.

    Ama il sole di città e la miseria dei ladri;
    ama la carne della mamma nel figlio

    Dentro il nostro mondo, dì di non essere borghese,
    ma un santo o un soldato:
    un santo senza ignoranza, o un soldato senza violenza”.

    Dobbiamo parlare ai nostri ragazzi, saper parlare con la franchezza di PPP che in altri versi di questa stessa poesia li immagina prostrati verso il nulla (“io so, io so bene, che tu non hai, e non vuoi averlo, un cuore libero, e non puoi essere sincero: ma anche se sei un morto, io ti parlerò”) ma non per questo rinuncia alla lezione che ritiene di dover impartire, con toni imperativi: difendi, conserva, prega!

    La poesia, l’ultima poesia, si intitola “Saluto e augurio”. Vale per me come saluto alla memoria di Pier Paolo Pasolini e come augurio a tutti noi di saperne seguire senza moralismi inutili la immensa e coraggiosa lezione di testimonianza resa fino all’estremo spasimo.”

  3. Quella di Pasolini, intellettuale di raro intelletto (non sempre assistito da pari onestà intellettuale), non era solo omosessualità, ma una forma di omosessualità particolarmente ossessiva e degenerativa, ben esemplificata nel suo ultimo film. E in nome degli Dèi greci, cinesi o, for that matter, indiani gli esiti karmici di tale infelice disposizione sono, quando pervengono a maturazione, particolarmente virulenti.

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