Edward Feser – Gli animali sono coscienti! Altre notizie: il cielo è blu, l’acqua bagna…

dylan

Corri Dylan, corri!

Un lettore richiama la mia attenzione su un articolo di Discovery News che lo lascia senza fiato:

Un gruppo di scienziati di spicco firma un documento attestante che gli animali sono altrettanto “coscienti e consapevoli”, come gli esseri umani. Questo è un grosso problema.

In realtà, non è né un grosso problema né una grande notizia. La sola cosa veramente interessante di tutta questa storia è quanto priva di interesse sia. Gli animali sono coscienti? Chiunque abbia mai posseduto un animale domestico, o sia stato allo zoo, o anche solo sa cosa sia un animale, lo sa bene.

OK, quasi nessuno. Cartesio notoriamente lo negò per motivi legati alla sua pretesa dualistica. Questo forse è uno dei motivi per i quali qualcuno potrebbe pensare che la coscienza animale sia una scoperta. Si potrebbe supporre che se si considera la mente umana come qualcosa di immateriale, è necessario considerare gli animali come privi di coscienza. In questo modo la prova della coscienza animale è prova contro l’immaterialità della mente e quindi un “grande problema”. Questo non è quello che dice l’articolo, intendiamoci, ma è un modo per dare un senso a tutta questa “news” basata sulla coscienza animale, come fosse degna di nota.

Il guaio è che semplicemente non c’è connessione essenziale di sorta tra affermare l’immaterialità della mente umana e negare che gli animali siano coscienti. Gli aristotelici, per esempio, hanno sempre insistito tanto sul fatto che gli animali siano senzienti – anzi, questo è ciò che li rende animali in primo luogo – e che l’attività intellettuale umana è solo in parte immateriale (per ragioni che ho discusso in molti articoli, più di recente qui). I motivi per i quali Cartesio nega la coscienza animale hanno a che fare con le peculiari ipotesi dualistiche sue proprie, ipotesi che gli aristotelici rifiutano. E hanno a che fare soprattutto con le ipotesi di Descartes sulla natura della materia più che sulle sue ipotesi sulla natura della mente – ipotesi sulla materia che Cartesio ha in comune con i materialisti (fra i quali sono da annoverare senza dubbio gli scienziati citati nell’articolo).

Ho discusso la concezione moderna post-cartesiana della materia e il suo ruolo nel generare il cosiddetto “problema mente-corpo” molte volte (anche qui e qui). Il punto chiave è che nel caratterizzare la materia in termini matematici, puramente quantitativi, Cartesio non lasciava posto in essa per caratteristiche qualitative come il colore, odore, sapore, suono, odore, il caldo e il freddo come il senso comune li percepisce. Di conseguenza, ha trattato queste caratteristiche qualitative – come Galileo prima a lui e Locke, Boyle, e innumerevoli altri dopo di lui – come interamente dipendenti dalla mente, che esistono solo nella nostra esperienza cosciente del mondo, ma non nel mondo stesso. Essi sono analoghi al rossore che si vede quando si guarda il mondo attraverso occhiali colorati di rosa – una realtà non esterna, “là fuori”, ma esistente solo negli occhi di chi guarda. Ciò che veramente esiste “là fuori”, a questo tipo di visione, è soltanto il colore, il suono, il cuore, freddo, ecc così come vengono ridefiniti in termini fisici – quindi le proprietà di riflessione delle superfici, onde di compressione, moto molecolare, ecc

Ora, se queste caratteristiche qualitative, comprese come il senso comune le comprende, esistono solo nella mente e non nel mondo materiale, ne consegue che queste caratteristiche non possono essere esse stesse materiali. Una sorta di dualismo che deriva, allora, proprio dalla concezione della materia alla quale filosofi moderni – materialisti inclusi – sono generalmente proni. Infatti, come già notai (più di recente qui), alcuni scrittori moderni come Malebranche e Cudworth hanno visto in questa nuova concezione della materia un argomento per il dualismo, esattamente come hanno fatto i dualisti contemporanei come Richard Swinburne. Al contrario di quanto alcuni dei materialisti tra loro sembrano assumere, il cosiddetto “qualia problem” – che tanto preoccupa i filosofi contemporanei della mente – non ha nulla a che fare con una mancanza di volontà di seguire le implicazioni della scienza moderna, ma al contrario è il risultato inevitabile della concezione della materia sposata dagli scienziati moderni nei loro “voli” filosofici.
In ogni caso, se diciamo che queste caratteristiche qualitative – arrossamento, freddezza, ecc così come li conosciamo mediante l’introspezione – esistono soltanto se dipendenti dalla mente, solo mediante esperienza cosciente, nasce una domanda: cosa è la mente? Per Cartesio una mente è proprio il genere di cosa la cui esistenza è certa quando tutto il resto è stato messo in dubbio (cfr. la fine del primo libro delle Meditazioni) – il tipo di cosa che può pensare se stessa (“Penso dunque sono “) e che può sapere che sé stessa e le sue esperienze coscienti esistono, questo anche se il mondo materiale esterno in sé non è affatto così.

Questo è un’altra forma di dualismo cartesiano. Il corpo umano, come egli la intendeva, è solo una parte del mondo materiale matematicamente definibile tra gli altri, mondo del tutto privo di caratteristiche qualitative e quindi della coscienza che, per come lui la vedeva, è presupposta da loro. Ciò che rende un essere umano qualcosa di più di un semplice meccanismo inconscio è che, congiunta con questo corpo, esiste una res cogitans nella quale risiede la coscienza (e soltanto quella). A parte questo, l’essere umano non sarebbe più cosciente di un tostapane, anche se agisce come se fosse consapevole – ed è proprio per questi motivi che la comprensione post-cartesiana della materia e della mente ha dato origine al concetto di “zombie ” in senso tecnico, nozione familiare alla filosofia della mente contemporanea. Questo concetto di “zombie” – e quindi il “difficile problema della coscienza”, che ha ottenuto tanta attenzione negli ultimi anni e che molti filosofi e scienziati erroneamente suppongono sia un problema scientifico suscettibile di una soluzione scientifica – sono artefatti del tutto filosofici, storicamente contingenti ed eminentemente imputabili ad una (oserei dire falsa) concezione della materia.

Sia come sia, la strana visione di Descartes sugli animali deriva naturalmente da questa serie di ipotesi. Se tutto il mondo materiale, compreso il corpo umano, è assolutamente privo di qualsiasi caratteristica qualitativa – caratteristica che noi conosciamo mediante l’esperienza cosciente – e la coscienza risiede solo in una res cogitans, quindi qualunque cosa manchi di una res cogitans non può essere consapevole. Il segno di una res cogitans è il tipo di attività cognitiva superiore rappresentato da pensieri filosofici di fantasia come “Penso dunque sono”, o (più in generale) pensieri esprimibili nel linguaggio. Qualunque cosa dia segno di essere privo del tipo di attività intellettuale associata con il linguaggio dà di conseguenza segno di essere privo di coscienza. Quindi abbiamo (ancora una volta, date le ipotesi in questione) tutte le ragioni per concludere che gli animali non umani sono essenzialmente “zombie”: si comportano come se fossero consapevoli, ma non lo sono.

Ora, questa conclusione è da pazzi. Certamente per noi aristotelici è un chiaro reductio ad absurdum delle premesse che hanno portato ad essa. Ed è una delle tante prove di quanto errato fu l’abbandono della filosofia aristotelico-scolastica della natura da parte dei moderni (questo naturalmente non significa che si sbagliavano abbandonando le idee scientifiche erronee che avevano ottenuto con quella filosofia della natura). Ma c’è comunque una sorta di logica in questa posizione di Cartesio. Si sentono a volte stupide osservazioni su Descartes secondo cui le sue opinioni sugli animali riflettono un mero pregiudizio antropocentrico o simili. (vedasi questo vecchietto d’oro preso da un blog defunto di un gruppo filosofico conservatore nel quale ho criticato un attacco del genere). Cartesio aveva torto, ma nessuno che condivide le sue ipotesi di base circa la natura della materia – inclusi probabilmente la maggior parte dei filosofi contemporanei e scienziati , anche se condividono quei presupposti senza riflettere e solo a grandi linee (cioè condividono di Cartesio l’enfasi sulle caratteristiche quantitative e matematicamente definibili) piuttosto che nei dettagli (ad esempio, la teoria del plenum che nessuno accetta più) – ha da guadagnarci. Perché sono proprio queste ipotesi essenzialmente anti-aristoteliche e anti-scolastiche che hanno portato alle queste idee bizzarre sugli animali.

Un altro motivo per il quale qualcuno potrebbe pensare che coscienza animale sia degno di nota è che questa “scoperta” supporta il materialismo. In particolare, si potrebbe supporre che dato che gli animali sono puramente materiali e tuttavia sono consapevoli, ci sia motivo di pensare che la mente umana nella sua interezza è materiale. Ma questo è solo un non sequitur, e ancora una volta presuppone una comprensione essenzialmente cartesiana delle questioni rilevanti. Perché chi fa questo ragionamento lo fa pensando che tutta la coscienza risieda nella res cogitans, res cogitans considerata immateriale. La posizione di Cartesio implica che sensazione e immaginazione sono immateriali. Quindi se sensazione e immaginazione si rivelano essere materiali, dopo tutto, il filosofo post-cartesiano conclude comprensibilmente che le restanti operazioni della res cogitans, in particolare le attività cognitive superiori, potrebbero essere suscettibili completamente di spiegazione materialistica.

Ma la tradizione aristotelica ha da sempre considerato sensazione e immaginazione come facoltà corporee. Ed esse esse non hanno nulla a che fare con le ragioni per le quali le nostre attività intellettuali, nostro tratto distintivo, sono incorporee. E ‘solo perché prendono per scontata la essiccata, puramente quantitativa concezione post-cartesiana della materia che i filosofi contemporanei e scienziati considerano la sensazione e l’immaginazione come problematici filosoficamente parlando e sono impressionati da prove corporee di sensibilità e immaginazione. L’aristotelico si ritrova a soffocare uno sbadiglio: “Che scoop… noi l’abbiamo detto per secoli “.

In ogni caso, insinuare che l’evidenza per la corporeità della consapevolezza cosciente sia la prova per la corporeità del pensiero astratto sarebbe solo quello di petizione di principio. Di contro la tradizione aristotelica sostiene che l’attività strettamente intellettuale da un lato e la sensazione e immaginazione dall’altro si differenziano per tipo e non solo per gradi, in modo che stabilire la natura corporea di quest’ultimi è irrilevante per la questione se il primo sia o meno corporea. Ho affrontato questo problema molte volte pure, ancora una volta, più di recente qui. Quindi, per stabilire che gli animali hanno consapevolezza cosciente di senso e immaginazione – qualcosa che l’aristotelico non solo non ha mai negato, ma ha invece imposto – semplicemente non dimostra che le facoltà intellettuali, tratto distintivo di esseri umani, potrebbero avere una spiegazione materialista. Questo anche se in tutta onestà, l’articolo Discovery News non arriva a tanto. Sto semplicemente speculando sul perché qualcuno potrebbe trovare notevole l’affermazione di per sé insignificante che gli animali non umani sono coscienti.

Così, Discovery News, Discovery Shnews. Per gli sviluppi davvero interessanti in psicologia animale, bisogna di nuovo fare affidamento su The Onion.



Categories: Filosofia, teologia e apologetica

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2 replies

  1. The onion? La cipolla? Noooo 😛
    Io ho cominciato dalla fine (poi leggerò l’articolo) attirata dalla cipolla e… certo che c’è gente al mondo che fa esperimenti strani…. Avrei comunque una domanda: al gorilla bisogna dirglielo che deve morire altrimenti non lo saprebbe, giusto? Cioè non lo dedurrebbe da solo da altri suoi simili che muoiono?
    Mi sfuggono tante parole in quel filmato, parlano troppo in fretta per il mio livello di inglese…e magari l’hanno detto. In compenso, concentrandomi sulle immagini mi è venuto in mente che…forse è avvenuta un pò così anche l’evoluzione: scimmie più avanzate ‘dicevano’ alle altre meno avanzate delle info interessanti? Delle News? Sì, ma come? Col linguaggio dei segni come nel filmato? ….in ogni caso credo che non funzionerà coi conigli….che ridere la scena..

    • Riguardato. Capito meglio. Sì, mi sa che bisogna dirglielo altrimenti il gorilla non lo saprebbe se vivesse in una comunità di gorilla….
      “You will die” – ma ha capito che solo lui muore o che tutti i gorilla muoiono? Che tutti gli animali muoiono?

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