For Men Only in Quaresima: per un’Educazione veramente Tribale

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Circa 20 anni fa mi trovai a dover spesso viaggiare nel Regno di Arabia Saudita, dove vi rimanevo in media una piccola settimana. Allo scopo di poter sempre nutrirmi della Parola di Dio, malgrado il pericolo, avevo fotocopie di salmi e di letture spirituali e del Vangelo, riscritte come documenti civili e amministrativi, che mischiavo al mucchio di altre carte in modo totalmente aleatorio, così che al controllo di dogana, che li dura delle ore e dove vanno fino a guardare i contenuti dei dischi duri dei computers, non dessero occhio. Quando mi ritrovavo nella stanza d’albergo, la stessa Qibla, freccia onnipresente che indica la direzione della Mecca per la preghiera dei musulmani, mi permetteva rapidamente di trovare, solitamente a più o meno 90°,  la direzione dell’Est per poter pregare come dovrebbe ogni cristiano che aspetta con impazienza il ritorno del Suo Signore: Maranatha!

Dovevo anche regolarmente andare dalla Saudi Aramco, la quale è un poco come uno stato dentro lo stato e che è la società nazionale che produce il petrolio saudita: in realtà, è proprio un paese nel paese, per entrarci rassomiglia ad un nuovo passaggio di dogana tra paesi. Bisogna lasciare la macchina, c’è una riga di una ventina di uffici dove iscriversi, bisogna poi aspettare il nulla osta di chi ha invitato e spesso pazientare che vi si venga a prendere in macchina per andare qualche chilometro più in là negli uffici dove avrà luogo il meeting. Ci si può passare in questo luogo dai 20 minuti fino ad un’ora aspettando che tutto il processo amministrativo si faccia. Allo stesso cancello c’è anche, perennemente, un servizio di polizia religiosa, la famosa Muttawah, con i suoi pantaloni e maniche troppo corte, barbuti e con il capo coperto i cui membri, non avendo altro da fare, vengono discutere simpaticamente, con scopo proselita, distribuendo volantini che illustrano tutti i vantaggi, che vi lascio immaginare, della conversione all’Islam.

Dato che ci andavo regolarmente, dopo un paio di anni ,uno di questi religiosi, con il quale avevo più particolarmente simpatizzato, mi chiese di botto come mai un ragazzo bravo come me non si fosse già deciso a diventare musulmano: tale tipo di domanda dalle parti nostre può rimanere più o meno anodina, ma lì ad Al Khobar, il rischio di farsi sgozzare dal tuo migliore amico per aver insultato il loro profeta può non essere esattamente una fantasia con probabilità di realizzarsi uguale a zero; vale meglio, quindi, ben riflettere sulla risposta e ben girare la propria lingua sette volte in bocca prima di profferire affermazioni le cui conseguenze potrebbero non essere per forza controllabili. D’altro canto, non volevo dare una risposta da ipocrita e da vigliacco come di uno che non avrebbe la fede in Cristo e che riterrebbe la propria pelle più importante della propria testimonianza nel suo Redentore. Mi ricordo ancora perfettamente che il mio cervello cominciò  a lavorare ad altissima velocità mentre chiedevo al mio Angelo Custode di ispirarmi: il nome del mio amico della Muttawah era Abdallah e il suo cognome si riferiva ad una importante tribù del nord saudita che sconfina anche nel sud irakeno  e questo accese in me la giusta lampadina e in modo molto semitico e beduino così gli risposi non davvero cosciente che ero io a parlare: “Carissimo tu mi chi chiedi perché non sembro voler diventare musulmano, ma, vedi, io sono cattolico romano perché mio padre era cattolico romano, perché il padre di mio padre e il padre di mia madre erano cattolici romani, perché i loro padri erano cattolici romani e perché così anche erano i loro padri e via di seguito. Sai cosa, Abdallah? Sii onesto con me, neanche tu mi rispetteresti se io, l’ultimo della mia gente, tradissi la fede di mio padre, del padre del mio padre, del padre di mia madre, dei loro padri e dei padri precedenti.” .  Sentendomi esprimere questo, benché si vedeva sfuggire un’anima per il paradiso di al Lah che gli avrebbe sicuramente valso anche a lui qualche vergine supplementare come ricompensa escatologica, il mio amico fu veramente commosso, lo potei legggere nei suoi occhi, e si avvicinò a me, mi strinse molto forte e mi disse semplicemente: “Hai ragione!”. Restammo amici e non ritornò mai più sul soggetto mentre io, ancora, oggi ringrazio il mio Angelo Custode per l’aiuto efficace.

Spostiamoci adesso 2000 anni prima nella regione di Nazareth, prendendoci a testimone il Vangelo secondo Matteo: questi comincia con la genealogia che va da Abramo fino a Giuseppe, sposo di Maria, madre di Gesù e vi vediamo l’angelo del Signore che conforta Giuseppe e gli chiede di accogliere Maria e di dare il nome di Gesù a suo figlio. Dare il nome è importante: se per la donna dare la vita è importante, per l’uomo è dare il nome che conta. Già Adamo dava il nome alle piante e agli animali del Paradiso Terrestre: dare il nome al proprio figlio è quindi dargli esistenza nel mondo reale e nella società umana, farne un essere umano a parte intera e integrarlo nella propria tribù. Quando il figlio di Maria nacque, Giuseppe dette a Gesù il Suo nome, lo introdusse nella tribù di Davide, nella società umana. Non che questa sia da essere vista solo come una prerogativa culturale ebraica, ma essa esprime perfettamente anche il modo di pensare di Dio: 30 anni più tardi, sulle rive del Giordano, quando i tempi erano ormai pronti, assistiamo alla stessa scena ma nel seno della Trinità: Gesù appena battezzato da Giovanni è lì davanti al mondo, come lo era al Suo riscatto di primogenito al Tempio di Gerusalemme dopo la Sua nascita; lo Spirito Santo che Lo ha concepito è lì presente sotto forma di una colomba, come anche Maria, che lo aveva portato e partorito, era presente al Tempio; e il Padre tuona pubblicamente riconoscendolo della Sua Stirpe Divina “Ecco Mio Figlio prediletto che ha tutti i miei favori”, esattamente come Giuseppe aveva dichiarato questo è Gesù, figlio di Giuseppe, figlio di Giacobbe, figlio di Mathan inserendolo nella stirpe umana discendente di David. Interessante notare che né il Padre che è nei Cieli, né Giuseppe hanno preso parte alla concezione fisica di Gesù, compito specifico dello Spirito Santo e della Santissima Vergine, eppure sono loro a dichiararne la doppia appartenenza alla Razza di Dio e a quella degli uomini.

Ecco che ci dovrebbe apparire chiaro a noi uomini il primo ruolo che dobbiamo riuscire nella nostra vita per essere veramente chi siamo: il ruolo di dare il nome alla nostra discendenza, farla entrare nella società degli uomini e nella società di Dio. Chiaramente il nome va discusso colla mamma della nostra prole, dopotutto in Luca l’angelo riporta il nome di Gesù a Maria, ma colui che lo da, esattamente come la mamma da la vita, è il padre. Dare il nome è introdurre il neonato nella famiglia, farne l’ultimo ricettacolo della speranza di tutte le generazioni della famiglia che lo hanno preceduto: ma, al tempo stesso, se sviluppare l’aspetto sociale e umano è importante, un padre non sarebbe tale se non fosse in prima persona coinvolto a fare entrare la propria discendenza nella Società stessa di Dio.

E qui vengo con una proposta concreta, per voi padri e futuri padri che leggete, una proposta che vi prometto che “funziona” perché ha già funzionato, una proposta che vi sosterrà nel vostro ruolo educativo, Dio aiutando, di far entrare per sempre la vostra discendenza nell’amicizia con Dio. E questo seguendo semplicemente l’esempio stesso che la virile pedagogia di Dio ci ha mostrato: fate entrare i vostri figli e le vostre figlie nella stirpe di Dio attraverso la vostra stirpe umana.

Concretamente, a cominciare da questa quaresima in poi, prendete il tempo di far conoscere ai vostri giovani la storia di fede della vostra famiglia, cominciando il più lontano possibile, dai bisnonni che avevano numerosa figliolanza nella speranza, alle zie suore, ai prozii vescovi, e, soprattutto, da voi stessi e da vostra moglie: quando avete scoperto per davvero Gesù, come questo è avvenuto, quali battaglie contro gli Egizi avete vinto e quali deserti attraversato: raccontate loro come ognuna delle vostre famiglie e voi stessi ha sempre avuto la propria vita intrecciata con quella del Signore Potente e Misericordioso , del come siete della stessa stirpe di Cristo, della Vergine Santissima, di San Giuseppe e di tutti i Santi. Vedrete che mai i vostri figli lasceranno il Signore in quanto Egli farà parte della loro famiglia e tribù.

Sii ringraziato e benedetto Abd-al-Lah, schiavo di Dio.

In Pace



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12 replies

  1. Cercherò di farlo, carissimo. Per loro e anche un pò per me.
    Grazie ancora e buona domenica!

  2. Chi è Abd-al-Lah?

  3. Mio padre non mi ha mai fatto conoscere Dio. Mia madre si, invece. Devo ringraziare mia madre se oggi conosco ed amo Dio.

  4. Si è sempre fatto cosi nella mia famiglia! Ad esempio la devozione al santo d’Assisi l’ho ereditata da mia nonna -riposi in pace- che l’aveva ereditatà dal papà. E non dimenticherò mai di quando mi raccontava dei suoi “scioperi della fame” quando desiderava ardentemente qualche grazia da Dio. E certe catechesi semplici, ma efficacissime. Aveva una fede incrollabile, e ha passato prove “di fuoco”; io non avrei retto a quelle prove, lei le ha passate indenni tutte, tutte.
    I post “For Men Only” stanno diventando sempre più interessanti.

  5. In effetti, io ho deciso i nomi dei miei figli, in accordo con mia moglie. Il mio primogenito l’ho chiamato Emanuele; è un nome che non aveva precedenti in famiglia, ma che aveva l’unico significato di una proposta a Dio. Volevo che, da quel momento in poi, Dio fosse con noi, con la mia famiglia, dalla nostra parte.

    Finora, lo dico con timore, ma anche con gioia, E’ STATO COSI’.

  6. Penso davvero che sia importantissimo, aldilà della preghiera in famiglia, compartire le proprie esperienze di conversione: mostrare proprio Emmanuele, Dio con noi, nella vita familiare quotidiana.
    La realtà è che si incontra Gesù nella vita quotidiana proprio così: questa è la “tradizione” nel senso proprio del termine, cioè un raccontare l’esperienza di Dio quotidiana della comunità (famiglia, società, chiesa…): quando si parla di Chiesa allora quella diventa Tradizione.
    Trasmettere la fede non è tanto un comunicare idee quanto un federare e un continuare una comune esperienza che si sviluppa.
    In Pace

  7. Genialissimo, anzi ISPIRATISSIMO, quell’Angelo custode.

  8. Grazie Simon di questo bel post. L’ho letto con una certa malinconia; se guardo indietro devo saltare come minimo una generazione per trovare traccia di una storia di fede. Devo ringraziare mio nonno materno che si è impegnato nel farci battezzare e fare la prima comunione. Purtroppo è morto troppo presto e ho dovuto attendere mio marito e la sua famiglia per ritrovare Cristo. Ma ciò che mi rende malinconica è pensare ai miei nipoti, figli di “genitori moderni” che hanno deciso, a dir loro per coerenza, di far decidere loro quando saranno adulti se vorranno essere cristiani. L’unica cosa che posso fare per ora è pregare molto per loro e dar loro ragione della speranza che c’è in me, cercando di rispondere in modo comprensibile alle loro domande – perché i bambini sono curiosi e riflettono molto anche se non sembra – ma con discrezione per non sentirmi rimproverare dai loro genitori i quali, sempre per coerenza, forse, pensano che un poster di spongibob a scuola ci stia bene ma il crocifisso no.
    Ti ringrazio anche per la raccolta di articoli sul sinodo che sto’ leggendo con interesse.
    Buona serata

    • Grazie a te Lidia B per questa testimonianza.
      Ai tuoi figli direi di andare a vivere in Antartico e di non insegnare loro niente circa la cultura italiana o europea, ma di lasciarli nell’ignoranza totale fino all’età adulta quando, dal fondo della loro ignoranza, i tuoi nipotini potranno scegliere (sic) in piena libertà (sic al quadrato) la cultura che preferiscono.
      In realtà, quel che stanno facendo è togliere ai loro figli un diritto: quello di essere perfettamente integrati in una stirpe che ha una storia propria e anche una storia di amicizia con Dio che è completamente parte del loro patrimonio.
      Parla tu loro della storia della loro famiglia, della loro relazione con Dio, del tuo pregare per loro e per i loro genitori.
      In unitate orationis
      In Pace

    • Spongebob è un figo, ma Cristo lo è di gran lunga di più. Non foss’anche perchè il secondo è vero! 🙂
      Grazie Lidia e dacci dentro di risposte!
      Nel nostro piccolo assicuriamo preghiere per tutta la tua famiglia.

  9. O.T. ma non troppo
    http://vaticaninsider.lastampa.it/documenti/dettaglio-articolo/articolo/ecuador-correa-39607/

    “I cambiamenti che il governo ha introdotto con questa nuova strategia iniziano con la promozione dei valori familiari e la formazione dei genitori in modo che possano seguire in modo idoneo le loro figlie e abbiano a disposizione i mezzi per farlo”

    In Pace

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