Castità? Una analisi di Don Giuseppe Belotti – 2

Raffaello Sanzio - Lo sposalizio della vergine

Raffaello Sanzio – Lo sposalizio della vergine

Il secondo ed ultimo articolo dedicato all’approfondimento del termine “Castità” nell’alveo del Magistero Cattolico, prende le mosse da una lucida analisi di Don Giuseppe Belotti. Ho scelto non a caso la sua riflessione, ma per due motivi specifici.
Il primo di ordine funzionale: è opposta nell’impianto strutturale a quella di Radcliffe, eppure è perfettamente aderente alla stessa.
Il secondo di ordine autobiografico: Don Belotti è stato il formatore personale di moltissime coppie di fidanzati che si accingevano al matrimonio in Bergamo, fra le quali il sottoscritto con futura moglie al seguito.

Chi è Don Giuseppe Belotti? Prendo da uno dei mille curriculum che girano su web: “sacerdote, psicologo e psicoterapeuta, è direttore della Associazione di Psicologia e Psicoterapia Il Conventino di Bergamo. È esperto in psicologia clinica, counseling psicologico, intervento di mediazione in ambito familiare/culturale. Si occupa con particolare attenzione di problematiche familiari, di coppia e dello sviluppo. È formatore di insegnanti, genitori ed educatori”. E fidanzati, aggiungo io.

L’analisi è tratta dal libro In cammino … verso il matrimonio cristiano, 1992, Ferrari Grafiche, Bergamo e come si può immaginare tratta il punto in questione sotto una prospettiva psicologica, intrecciata a doppio filo con una teologica. Vamonos!

DALLA SESSUALITA’ BESTIALE…

“non cerca più me, ma il mio corpo’’ si lamenta la donna ridotta a oggetto sessuale.
id. pag. 40

Ecco quello che Don Belotti si sente dire spesso durante le sue sedute al Conventino di Bergamo! L’incomunicabilità fra le coppie è altissima in questa mentalità contemporanea che spinge socialmente sull’accelleratore del sesso e contemporaneamente frena in ogni modo l’amore. Una mentalità, dice l’autore, nella quale si parla continuamente di sesso e “a sproposito”:

Viviamo in una società che ci spinge a pensare che la sessualità, l’amore… siano ‘fatti privati”: ognuno fa quello che si sente, non deve rendere conto a nessuno; ognuno si scava il suo sentiero da solo, ognuno ha la sua verità. […] Anche sposarsi sarebbe solo un fatto affettivo tra due, un “affare loro” che non deve interessare gli altri. Eppure il matrimonio non è un fatto privato! […] Come far capire ai giovani che i loro sogni non sono soltanto loro?
id. pag. 31

E non è una cosa di poco conto. Il rischio del relativismo imperante anche nei rapporti sociali e di coppia è quello della insopportabile solitudine propria dell’uomo moderno.
Eppure l’uomo non è fatto per stare da solo: ha bisogno di un aiuto “che gli sia simile”. E una volta avuto, la coppia che si forma non è chiamata a chiudersi in sé stessa:

ma a espandersi in una vita nuova, il figlio (“siate fecondi, diventate numerosi’’), ad aprirsi alla comunità e costruire cultura e civiltà (“soggiogate la terra…’’). Questo è possibile a un patto: l’uomo e la donna devono vivere in un rapporto d’amore.
id. pag. 40

Questa spinta interiore di comunione umana viene distrutta invece da un relativismo che si ciba, fra gli altri, di una sessualità che potremmo chiamare “riduzionista”, cioè sganciata dalla persona che è anche questo corpo e ridotta – appunto – alla genitalità. Don Giuseppe ci ricorda che questa visione è però la superficie di ciò che è la sessualità. E’ vero infatti che tale aspetto divide:

divide i corpi in maschili e femminili; divide l’umanità in uomini e donne; divide l’intimo di ciascuno tra attrattiva e paura, esaltazione o disprezzo;

ma al contempo ricorda che nell’uomo tale caratteristica divide per unire:

spinge l’uomo “fuori” dal proprio guscio, invita al rapporto, stuzzica la voglia di vivere, spinge a superarsi, a trascendersi, ad arricchirsi: è un meccanismo di dialogo, di rapporto profondo, di amore che colora tutta la vita.
id. pag. 36

E’ insomma la forza decisiva per la creazione della “persona”:

il nostro modo di essere e di esistere, di sentire, intuire, percepire, ragionare; il nostro modo di incontrare l’altro, la storia, Dio. […] E’ soprattutto un progetto di crescita, una energia che spinge la persona a “costruirsi” e a “umanizzarsi” attraverso relazioni d’amore
id. pag. 36

Questa dicotomia è la caratteristica fondante della sessualità umana rispetto a quella animale ed è esattamente l’aspetto che fa si che la stessa sia vissuta come “dono prezioso” da un uomo o “tragico malinteso, sofferenza, croce” da un altro che si sente schiavo della stessa.

Il “soma” (cioè il corpo)può diventare “sema” (cioè tomba), può diventare la fossa in cui si perisce, che imprigiona…
id. pag. 42

Eppure è proprio questo aspetto che permette all’uomo di potersi pensare “casto”.
E come?

1 – mediante quel che già qui fu richiamato in altri articoli come la benzina migliore per il motore della castità: la responsabilità.

Mentre l’animale vive e non sa perché, agisce e non sa cosa fa, l’uomo “sa”, riflette, ha coscienza, è responsabile.
[…] Nell’animale la sessualità è istintiva, nell’uomo è un fatto d’amore e di libertà. L’animale vive, l’uomo si interroga. L’animale copula, l’uomo ama. L’animale si riproduce, l’uomo pro-crea.
id. pag. 37

E’ necessario quindi una continua educazione della “sessualità responsabile” e cioè dell’amore, perché:

Educare la sessualità vuol dire “educare tutto l’uomo”, crescere come persone, elevarsi sopra gli impulsi, sviluppare sensibilità, affettività, equilibrio psichico.
id. pag. 42

2 – grazie a quella che Don Belotti chiama “la legge della sessualità matura”: la generosità.

Il bambino è immaturo, egocentrico: cerca l’altro solo per il proprio piacere, aspetta di ricevere, è “a carico”; l’adulto maturo lo si riconosce invece dalla capacità di generare la vita, di spendersi per gli altri, di essere “generoso”, di “farsi carico” della vita. […] L’adulto maturo non è colui che conosce la geografia del corpo, ma colui che genera amore e vita, “si fa carico”, si assume responsabilità nei confronti della vita e degli altri (marito/moglie, figli, comunità).
Molti vivono una sessualità “povera”, vedono la sessualità fine a se stessa, cercano il “piacere” ad ogni costo, sganciano la sessualità dal progetto (vocazione), dalle scelte di vita, dall’apertura al mondo e alla generosità. Bisogna guardarsi dal “cosi fan tutti”, bisogna essere e-gregi ( = fuori dal gregge)
id. pag 43

Responsabilità e generosità sono il bastone e il vincastro del cammino fondamentale che tutti debbono compiere per passare dall’essere bambini all’essere adulti, il cammino che conduce l’uomo dal possesso alla castità.

…AL CASTO AMORE

Perché ho scritto “dal possesso”? Perché si è

sempre tentati di “catturare l’altro”, di “tenerlo per noi”, di “possederlo”: la più grande trappola del rapporto sessuale è il “possesso” (B). Ma il dono totale del corpo diviene “menzogna” se ad esso non corrisponde una totale dedizione personale.
id pag. 42

Ed è questo un modo di fare che Don Belotti identifica nel peccato dei peccati: l’originale, cioè il tentativo di “farsi Dio” da parte dell’uomo. Quell’obbedire “solo ai propri desideri”, quel sentirsi onnipotenti mentre in realtà non si è che “prepotenti!”. E così l’autore ricorda di nuovo alcune scene quotidiane del suo lavoro (e non solo…):

In cui domina questo desiderio di possesso, il pericolo del dominio… del pretendere che l’altro sia tutto per te, di avere un “bamboccio”, una “bambola” con cui trastullarsi. […] Di fronte a certi rapporti di coppia dove uno fa il prepotente, uno fa lo schiavetto dell’altro, uno piagnucola, uno “frega” l’altro… ci si chiede: È amore?
id. pag. 52

E’ amore, si chiede Don Belotti, atteggiarsi a sempiterni fanciulli che psicologicamente vogliono avere tutto per sé?

vuole che si faccia quello che vuole lui, non gli interessa degli altri, non si accorge della vita che gli fiorisce intorno… esiste solo lui e il suo piacere.
id. pag. 50

No, continua lui, questo non è amore responsabile e generoso. Questo è il classico “possesso esclusivo” tipico del

rapporto incestuoso (in-castus) che il neonato vive con la madre
id. pag. 50

Ed eccoci dunque al punto! L’uomo adulto è chiamato ad un atteggiamento non incestuoso, non in-castus, bensì ad essere castus. E attenzione! Qui l’autore non parla di adulto “cristiano”, ma di “adulto” tout cour! Cioè ogni uomo per essere tale deve necessariamente puntare alla “castità”.

Quanti adulti sono rimasti “bambini capricciosi”, non sono cresciuti, non sono casti! Questo “bambino”, istintivamente, rimane sempre dentro di noi, è una parte di noi che va educata e moderata perchè il “piacere di vivere” va condiviso con gli altri. Quanta gente ha incapacità a moderare il piacere, a rimandarlo nel tempo, a non bruciare le tappe, ad essere “casta”, a rispettare l’amore e la vita!
Educare la sessualità è in realtà educazione al piacere. Questo atteggiamento infantile del piacere “tutto e subito”, è il vero tarlo della vita di coppia.
id. pag. 50

Quindi la Chiesa difendendo la castità, non fa che difendere l’uomo nella sua accezione più alta, più adulta, più responsabile, più generosa.
Il contrario della solita tentazione che è quella di puntare l’indice contro una Chiesa che pare faccia “diffidare dalla vita sessuale”, abbia orrore del sesso oppure addirittura sia la spia russa in camera da letto pronta a contare i peccati mortali compiuti durante l’atto d’amore fra due persone! La tentazione cioè è di colpire colei che ci spinge ad un vero e proprio bagno di realismo contro le fantasie pseudo-adolescenziali che colpiscono sempre più coppie solo anagraficamente parlando “adulte”.
L’autore infatti sempre di più assiste nelle coppie alle cosidette “prove d’amore” tipiche degli innamoramenti adolescenziali, sulle quali…

si resta perplessi: “se mi ami, fai questo”; è un ricatto. Le “prove” non garantiscono niente: non sono la “realtà”.
È vero che nel momento dell’eccitazione e del desiderio ci si giura amore e rispetto “assoluti”, ci si dà reciprocamente l’assicurazione di non ingannarsi. Ma se poi la “storia” finisce… la tua “intimità” dove finirà? In quale “collezione”?
Id. pag. 48

E continua con un paragrafo coraggioso che lui, paro paro, riproponeva a mò di sfida alle coppie di fidanzati, le quali – lui ben sapeva – erano completamente diverse da quanto andava tracciando.

Gesti così definitivi andrebbero posti dopo un giuramento solenne pubblico, davanti alla comunità. Paradossalmente questi gesti sono già “matrimoniali”… potremmo dire quasi che “i due si stanno sposando in coscienza”… e la comunità civile o religiosa sancirà questa loro unione in seguito. Ma bisogna riconoscere che c’è troppa presunzione, troppa impazienza, troppi errori d’impostazione! Molte volte si ha tutto… tranne la responsabilità!
Id. pag. 48

E ricordo che nessuno rideva quando Don Belotti proponeva questa analisi. Analisi che ho avuto la fortuna di ascoltare più volte visto che dopo il matrimonio siamo stati una delle molte coppie di animatori del corso. C’era silenzio quando lo diceva.
Tutti a testa bassa. E probabilmente in cuor nostro parecchi di noi, anche il sottoscritto, si sono detti con un pizzico di rammarico “sono stato il solito bamboccio…”.
Questo perché l’uomo in sè – ateo, agnostico, credente di qualsiasi fede, ecc – ha una necessità precisa di costruire la propria sessualità in modo responsabile e generoso, è la stessa sessualità che “esige la castità”.

Castità quindi che è

una capacità profonda, interiore, che riguarda gli affetti, ipensieri, lo stile di vita: è rispettare l’altro nella sua diversità […] la virtù che regola la sessualità, presiede ai rapporti umani maturi con due momenti essenziali:

  1. ti fa riconoscere l’altro come “diverso” da te, ti fa uscire dalla pretesa di possedere l’altro, ti fa accettare la “realtà” con dolcezza e amore, ti fa rispettare l’altro… senza farlo diventare la tua “ombra” (anche il rapporto uomo- donna è cambiato… è riconosciuta l’uguaglianza di diritti e di doveri; sensibilità, ritmi, tempi, modi sono diversi tra uomo e donna ma la “diversità” non deve essere motivo di prevaricazione, quanto di confronto, solidarietà, reciproco adattamento e arricchimento);
  2. con questa persona “diversa” da te, aiutata e promossa nella sua “differenza”… sei impegnato a “fare alleanza”.

Ecco l’uomo casto! Questi sono i puri di cuore […].
È la vocazione alla santità, la santità della castità.
Id. pag. 52

Il rischio contemporaneo è quindi quello di ritrovarsi schiavizzati da una sessualità convulsa che divide e non unisce. Ritrovarsi uomini “a metà”, ridotti dall’essere persone all’avere semplici corpi, più o meno belli rispetto ad un bello che essendo relativo in realtà nemmeno esiste. Sentirsi quindi inutili ammassi di carbonio sperduti in un nulla che hanno giusto lo strano sadico piacere di vivere “il doppio dei nonni” una vita senza senso.
Il rischio cioè di vivere il proprio corpo e quello altrui in modo incestuoso, secondo la genitalità e non secondo l’amore.

troppe persone non sanno amare. Al tabù sessuale del passato si rischia oggi di sostituire il tabù dell’amore
id. pag. 36

Eppure è l’umanità stessa ha cercare una comunione vera con colei o colui con cui si relaziona. Richiamando Genesi Don Belotti sottolinea come, nonostante avesse tutto, Adamo in Eden si sentiva solo, come “ferito” da quella “solitudine profonda” che pare oggi figlia del relativismo imperante e dalle connessioni sempre più virtuali, come si diceva all’inizio.
Il dono di Eva è sazietà parziale della sua “sete di comunione infinita” che ovviamente culminerà con l’Assoluto. L’autore scrive a tale proposito una splendida frase:

Si tratta quindi di un aiuto “simile” che farà da specchio all’uomo, che gli rivelerà il suo stesso io, che lo interpreterà, che potrà avere con lui un vero dialogo. Dio vide che “era una cosa molto buona”{Gen. 1,31). Buona, perchè questa è una relazione di arricchimento e di fecondità reciproca, di comunicazione creativa, capace di “promuovere la vita” in sé e attorno a sé.
id. pag. 40

Leggendo questo passaggio mi è subito sovvenuta la meravigliosa poesia di Antonio Porta che mi pare il suggello perfetto a questi brevi escursus sulla nozione di castità, esempio fulgido di ringraziamento per il dono dell’altro da sé e di alleanza per un cammino comune verso colui a cui i nostri passi convergono.

Lo specchio che hai fissato sul petto
è il segnale di un patto profondo
tu mi guardi mentre io ti guardo dentro
e se ti guardo dentro mi vedo.

                                   Antonio Porta
da Poesie d’amore del ‘900, Milano Mondadori,1999



Categories: Filosofia, teologia e apologetica, Magistero

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5 replies

  1. Bello, bello bello.

    Grazie.

  2. Fantastico, pieno di spunti di riflessione. Ho a casa i miei in visita e non ho tempo nemmeno per pensare, ma approfondirò. Grazie Minstrel

  3. Credo che con queste riflessioni sulla castità possa stare bene anche l’approfondimento di Robert Cheaib, dal suo blog: che cosa e che cosa non è il “peccato di pensiero”
    http://www.theologhia.com/2015/02/peccato-di-pensiero-concupiscenza.html
    Quali pensieri sono peccati? La concupiscenza è peccato?
    La concupiscenza si riferisce solo agli ambiti sessuali?
    Articolo di Cheaib breve e chiaro.

    • Quello del peccato di pensiero credo sia un aspetto fondamentale per la crescita spirituale ed umana. Tutto nasce dal pensiero che porta all’azione. Nel dominare , analizzare il pensiero prima di agire o desiderare lecitamente è frutto di crescita ed esercizio, è quello che distingue l’uomo dall’animale, ossia ci fa uomini veri e responsabili. Dunque. per essere peccato veniale o mortale occorrono le solite cose: materia leggera o grave,piena avvertenza e deliberato consenso. Direi che la santità parte dal Pensiero, o no?

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