For Men Only: Padre e Figlio

Padre e figlio deserto

Padre e figlio deserto: una poi due traccie

Ancora una volta la Bibbia ci parla in prima persona a noi maschi: non si può capire niente, ma proprio niente, alla paternità se non la si vive dal lato del Deserto nella sua dimensione “primaziale” originaria. Il Padre non è la Madre e non ha da esserlo. Solo noi maschi possiamo davvero capire colle nostre viscere e la nostra psicologia la relazione tra Padre e Figlio nella Trinità e anche la dinamica stessa della Redenzione: la dinamica stessa della Redenzione con il Sacrificio del Figlio è assolutamente incomprensibile per una donna.

In certe cliniche e ospedali dove il padre è ammesso al parto della moglie, dalle mie parti, a volte è proposto al padre del nascituro di tagliare il cordone ombelicale: questo non lo si può chiedere alla madre, ma è proprio del ruolo del padre.

Alcune scuole filosofiche ci spiegano che per diventare uomo bisogna ad un certo punto di vista “uccidere” il padre ma nulla di più errato da un punto di vista ontologico: in realtà un uomo è davvero pienamente uomo quando è padre ed è padre quando “uccide” il figlio, non il contrario.

La paternità non è limitata all’aspetto biologico: anzi l’uomo non portando mai un figlio in sé questa dimensione biologica non è per forza necessaria: un maschio diventa padre quando lo decide liberamente.

Se la coppia adamitica ci aiuta a capire cosa sia l’intima natura di un maschio, la figura di Abramo e di Isacco ci fa capire quel che è la sana relazione virile  tra padre e figlio: cosa sia un figlio per il padre e cosa sia il padre per il figlio. Ma prima di rifletterci vorrei compartire una serie di miei pensierini con voi.

Prima di tutto un figlio non è un diritto ma è un dono gratuito di Dio: questa ovvietà per noi uomini ha, invece, fatto ridere Sarah nella sua tenda quando i tre Angeli, interpretati tradizionalmente come teofania della Trinità, lo ricordarono a suo marito.

La seconda riflessione è che un figlio iscrive il padre nella realtà come nessuna altra opera o conquista da lui compiuta mai farà: la relazione padre figlio stabilisce e continua una tradizione, il padre diventando l’uguale dei suoi antenati, passando da ultimo anello di una catena a catena lui stesso. La progenie che si sviluppa numerosa è segno e marchio del proprio passaggio su questa terra, passaggio che, finalmente, diventa necessario ed indispensabile e, quindi, psicologicamente e ontologicamente, garante di eternità: ricordiamoci che il maschio è un conquistatore la cui ultima vittoria, per essere veramente tale, deve aver luogo oltre la morte.

Un terzo pensierino è che il figlio, in quanto tradizione che si incarna nel futuro, è come una proiezione del padre e come tale prolunga ed espande nello spazio e nel tempo l’opera paterna di conquista stessa: il figlio è un alter-ego nel quale si riflette il padre (“ego”) eppure è perfettamente e assolutamente “alter”. È attraverso l’alterità, cioè proprio in quello che non è il padre, che si risale al padre! Da dove tutta la difficoltà delle tentazioni educative non equilibrate: voler fare del figlio una fotocopia di sé oppure non voler assolutamente riconoscerlo e disinteressarne. Orbene il figlio deve, nella mia opinione, essere visto come un’Icona e non come una propria fotocopia e proprio nel suo esser differente dal padre esserne il prolungamento: il figlio deve lasciare padre e madre e la riuscita educativa è renderlo capace di lasciare padre e madre e al contempo continuare la conquista del padre ma secondo la sua propria natura e genio personale.

Per realizzare tutte queste dimensioni della realtà maschile, il padre ha il ruolo di dover far passare il figlio attraverso quattro vie iniziatiche assolutamente necessarie: il ritrovare le proprie origini nel Deserto dove si trova YHVH, l’assumersi liberamente come conquistatore, essere capace di creare e curare il proprio Giardino,  l’essere capace di far nascere la Donna in quanto elemento finale e chiave di volta del suo Giardino. Anche un figlio che si destina al sacerdozio deve avere la maturità umana di poter tener famiglia. E questo ruolo ha da essere compiuto nel contesto attuale dove non viviamo più nell’innocenza adamitica ma nella povera realtà umana sottomessa al peccato originale e personale, coscienti della nostra debolezza dovuta al fatto di vivere in una realtà incancrenita contro la propria natura maschile: il peccato originale di Adamo è il peccato contro-natura per antonomasia.

C’è uno ed un solo modo per il padre di educare il figlio: essergli un esempio  informandolo con il proprio modo di essere, in profondità e senza discontinuità. Un padre assente dalla formazione del figlio è un padre che non è maschio, che rifiuta di essere continuato nella sua progenie, che rinuncia alla propria conquista dell’eternità, che va contro la propria natura.

Con questo non voglio dire che bisogna essere fisicamente sempre presente in un modo asfissiante che non permette a figlio di svilupparsi secondo gli aspetti positivi della propria personalità: vuole dire che la presenza del padre deve sempre attuarsi ma come nel Deserto, come Dio con noi. La presenza del padre si manifesta nell’ordine delle cose, nel Giardino che ha preparato per la famiglia, negli atti e negli affetti, nelle regole chiare che vanno applicate anche quando non è lì fisicamente lì, soddisfacendole si onora così il padre e la madre e si sviluppano vere virtù umane che si dispiegano sempre e in qualunque circostanza, sviluppando chiaramente un senso di amorosa responsabilità verso la propria famiglia e verso la Donna in particolare.

Un vero padre agisce come Dio fa con noi nella nostra vita quotidiana: non abbiamo bisogno di vederLo per sapere che Lui è qui, che ci guida, per notarNe l’onnipresenza, il Suo amore e che la Sua guida alla conquista. Un padre che si sforza di essere presente in un simile modo è l’icona della paternità divina. Un padre assente distrugge l’immagine divina e impedisce al figlio di trovare la propria origine, il Deserto dove Dio lo crea. L’ateismo contemporaneo da due soldi da un punto di vista intellettuale che constatiamo intorno a noi e anche sui blogs è un ateismo generato da immaturità virile: maturità che non è stata loro inculcata come essa dovrebbe dal padre, in quanto lui stesso assente o lui stesso non davvero virile, maturità il cui sviluppo è, magari ed erroneamente, stato lasciato alla sola madre. Il ruolo della Madre è altrove, ad altre età, per altri aspetti: la madre è lì nel giardino del padre per dare valore al giardino e dargli il fine.

Nella pratica, l’educazione del figlio amato è come un percorso a ritroso di quello che abbiamo visto nei capitoli 2 e 3 della Genesi: partendo dalla situazione concreta di peccato originale, il padre conduce il figlio a rispettare il giardino paterno e la donna con il proprio esempio , in seguito lo educa a prepararsi ed allenarsi per conquistare il suo proprio ambiente e renderlo anche lui capace di fare il proprio giardino, lo spinge ad assumersi come conquistatore del mondo con delicatezza e saggezza sviluppandone tutte le virtù fondamentali di prudenza, di coraggio, di temperanza e di giustizia e, infine, è unico dovere del padre di introdurre il figlio nel Deserto di fronte a YHVH. Solo nel Deserto, di fronte a YHVH, il figlio diventa il Figlio e il padre Padre.

È tempo per noi andare al capitolo 22 della Genesi : YHVH chiede ad Abramo il sacrificio di Isacco sul monte Moriah, quello sul quale è stato costruito il tempio di Salomone ed è oggi la spianata delle due moschee e Abramo assieme al figlio va spaccare la legna eppoi parte con un asino e due servi; alla vista lontana del monte lascia i due servi indietro e continua con il figlio che si portò la legna. Siamo nel Deserto, non c’è anima né animale che viva, vegetali pochi e rachitici al punto che si deve avere con sé la legna per il fuco, siamo nel luogo dell’Origine: il padre avanza con il figlio nel luogo solitario, ognuno con la propria carica.

Ogni padre deve avere la forza di offrire il figlio a YHVH, lasciarlo andare e consumare da Dio per Dio: un figlio non è per sé, è un “alter”, non è una possessione, ma una nuova speranza di conquista, quella che non si può compiere se stesso; per questo ogni padre vuole che il figlio gli sia superiore, lo sorpassi, lo realizzi in quel che non è e aldilà di quel che è ma partendo dalla stessa comune origine. Il figlio è davvero figlio solo se sorpassa il padre, ma non “uccidendo” il padre che è una caricatura della relazione tra padre e figlio, ma perché è il padre stesso che lo sacrifica a YHVH. Il figlio ha da essere creato da YHVH nel deserto, anche lui: la gioia la più grande di un padre è veder partire il figlio da casa, indipendente dalla famiglia, vederlo conquistatore, vederlo creare la propria famiglia, vederlo realizzare tutte quelle le conquiste che lui, il padre, non potrà mai compiere.

Abramo alza il coltello per offrire il figlio a YHVH ma l’angelo lo ferma e lo riconosce fedele alla sua vocazione, obbediente al comando del Signore: davvero solo lì Abramo è diventato Padre : 17 io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. 18 Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce”

Anche la Prima Persona della Trinità diventa davvero Padre di tutta l’umanità solo quando ha offerto Suo Figlio in Sacrificio a Dio nel Deserto degli uomini.

In Pace

 

 

 



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5 replies

  1. “Anche la Prima Persona della Trinità diventa davvero Padre di tutta l’umanità solo quando ha offerto Suo Figlio in Sacrificio a Dio nel Deserto degli uomini.”

    E’ al tempo stesso bellissimo nella sua drammaticità quanto illuminante sul fatto che sia in atto una Storia tra l’uomo è Dio, culminante in Cristo per “Una nuova ed eterna alleanza.”

    Mi è successo più di una volta:
    – “Che dio è uno che ti chiede di uccidere il figlio!”
    – “Alla fine chi ha sacrificato suo Figlio? Abramo o Dio?”

    silenzio…

  2. Bieca ripresa mia, che non riesco a trattenere: da come scrivi verso la fine il battesimo rischia di non valere e dai un bell’assist all’umanesimo.

    Per il resto non ha tanto senso questo discorso dell’alterità in Dio rispetto al darsi della santa Trinità, non mi sembra così pertinente per quanto la tua disamina sul sacrificio sia molto profonda, interessante e fondata ma per noi homini.
    Se Dio è L’Altissimo ( anche l’Abisso scrivo io ), l’utilità di avere un Dio maschio è perché ogni creatura è femmina per forza di cose, ed infatti solo Maria ha potuto concepire il Cristo anche carnalmente.

    Poi da come scrivi pare che gli orfani si debbano suicidare…

  3. Magnifica e virile omelia del Santo Padre Francesco proprio oggi:
    http://it.radiovaticana.va/news/2015/02/10/francesco_dio_si_cerca,_i_cristiani_%E2%80%9Cseduti%E2%80%9D_non_lo_vedono/1122507

    “La lettura della Genesi che parla della creazione dell’uomo “a immagine di Dio” … Per trovarla, e quindi capire “la mia identità”, si può fare solo in un modo, “soltanto mettendosi in cammino”. Altrimenti, dice, “mai potremo conoscere il volto di Dio”

    ‘Dio … non lo conoscono. I quieti. Per camminare è necessaria quella inquietudine che lo stesso Dio ha messo nel nostro cuore e che ti porta avanti a cercarlo”

    “mettersi in cammino è lasciare che Dio o la vita ci metta alla prova, mettersi in cammino è rischiare”
    così hanno fatto, sfidando pericoli e sentendosi abbattere dalla fatica e dalla sfiducia, anche giganti come il profeta Elia, o Geremia, o Giobbe”

    In Pace

    • E’ forse virile prendere per i fondelli la gente? Annamo bbene…parole Simon…giust’appunto…

  4. forse non hai capito mio punto di vista
    Dio riaccoglie sempre a braccia aperte tutti
    di certo questo suo amore infinito non è femminile e’ Divino
    poi di certo non è sessuato
    torniamo al creo’ l’uomo, maschio e femmina
    forse figura del Padre perkè Gesu’ nato da Maria, femmina umana, incarnato per riportarci al paradiso
    ma questo tuo continuo vedere mascolinità virilità, non credi ke è molto tua visione questo
    i maski devon arrivare alla salvezza col buonsenso ke dovrebbero avere quali creature con anima, se non comprendono ke non fare loro doveri maschili non li salva non so quanto son intelligenti

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