Venga il tuo regno

Il Festino delle Nozze dell'Agnello dell'Apocalisse di Giovanni

Il Festino delle Nozze dell’Agnello dell’Apocalisse di Giovanni

Complice una serata che il sottoscritto e consorte avevano da preparare per la Fraternità “In… Oltre” con titolo uguale al presente articolo, posto le riflessioni che ci hanno aiutato ad incanalare il discorso, partendo da una intuizione di Simon stesso che, su un tema analogo fece, all’inizio di questa bella avventura virtuale comune, uno splendido scritto al quale vi rimando.
Il taglio apparirà dalle prime righe forse troppo logico (o poco teo.logico), probabilmente a causa degli spunti iniziali forniti da una omelia di Barzaghi OP, ma tant’è, questo è uscito.
Buona lettura e buona domenica nel Signore a tutti!

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«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze […] Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Or il re, entrato per vedere quelli che erano a tavola, notò quivi un uomo che non vestiva l’abito di nozze. E gli disse: Amico, come sei entrato qua senza aver un abito di nozze? E colui ebbe la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Ivi sarà il pianto e stridor di denti.
Poiché molti son chiamati, ma pochi eletti” ».

Matteo 22, 2-14

 Chiamati. Eletti. Dunque c’è una distinzione qualitativa?
Pensiamoci: non c’è un perfetto pareggio fra l’essere chiamato e l’essere eletto; infatti per essere eletto devi essere chiamato. Fra i tanti chiamati, tu sei eletto. Dunque non tutti i chiamati sono eletti.
Certamente tutti gli eletti sono chiamati.
Ma in cosa consiste l’elezione?

L’elezione implica la chiamata, come si diceva, ma anche qualche cosa di più. L’eletto è tale perché risponde alla chiamata senza alcuna forzatura, con gioia! L’eletto è colui che voleva essere chiamato e riceve l’invito con un balzo di gioia nel cuore. Quando uno è eletto la sua chiamata non è forzata, ma piacevole.
In altre parole la “chiamata piacevole” è l’elezione.
Capire cosa sia questa “piacevolezza” significa capire cosa è l’elezione e dunque cosa è questa chiamata non forzata. Cosa è dunque questa “piacevolezza”?

Non è possibile pensare che la letizia sia solo un’astratta “assenza di tribolazione”. Se così fosse anche un semplice bicchiere, che non conosce tribolazione, sarebbe “lieto”. La piacevolezza è assenza di sofferenza nella possibilità di soffrire. Avviene quindi quello strano paradosso secondo il quale in questa vita, nella quale è prevista la possibilità di soffrire, uno è tribolato e l’altro, a medesime condizioni inziali, è lieto.
Quale dei due è eletto?

L’eletto è colui che è lieto anche nella tribolazione. L’elezione dunque passa attraverso le difficoltà.
Ecco allora il Salmo 22: “Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me.”. L’anima nella quale il Signore è presente è lieta nella tribolazione. Quell’anima lieta è eletta. E perché si allieta l’anima? Come mai? Come si fa?

Forse la domanda è sbagliata: l’anima “non si fa”, l’anima si “lascia fare”. Perché l’anima è lieta quando è nella sicurezza di Dio, quando cioè non è in una sicurezza umana, maturata da proprie capacità. Se si è nella certezza di Dio, si è nella certezza assoluta, si è sostenuti “dal bastone e dal vincastro” di Dio. E il bastone di Dio è il bastone “da viaggio”, quello che segna il cammino, è percorrere la propria vita illuminata dallo sguardo di Dio, viverla vedendola come la vede lui nel momento stesso in cui si snoda, con sguardo di Dio che è uno sguardo in fuga.
Ma come possiamo chiamarla in un termine unico questa letizia di un’anima eletta che “si lascia fare”?

La letizia che è provata attraverso la tribolazione e che costituisce la sicurezza gioiosa del cammino dell’eletto prende il nome di “pazienza”. Cioè la “ferma e continua sopportazione di cose ardue e difficili” come diceva Cicerone. Se “Pazienza” è un altro nome della letizia dell’eletto, l’eletto è colui che sopporta. Cioè letteralmente colui che “sta sotto” e “porta”. E chi sta sotto e porta è forte o debole?

Chi sta sotto e porta è forte. La pazienza, si sa, è la virtù dei forti! Chi sta sotto e porta è anche coraggioso e sa esserlo perché è custodito, perché sa di essere coperto dalla custodia di Dio. La letizia dell’eletto, coraggioso e paziente, è l’abito di nozze per un cristiano: è l’abito di gioia cui ogni uomo è chiamato a vestirsi e a divenire eletto.

“Gli Uomini segnati dalla Croce di Cristo vanno lieti nel buio”
Gilbert Cheith Chesterton – La ballata del Cavallo bianco.

Dunque il Regno di Dio è simile ad una festa di nozze. Il regno di Dio è festa!
Venga il tuo regno significa quindi: invitami alle nozze così che io possa fare festa e gioire con te.
Significa: invitami Signore ed io mi rivestirò con il mio abito di festa per parteciparvi degnamente.
Serve coraggio per pronunciare “venga il tuo regno”.
Il coraggio della fede.

Il regno dei cieli è simile a una festa di nozze. Eppure nella affannata città degli uomini nessuno sembra interessato: […] Ascoltando questa parabola provo una fitta al cuore: sono pochi i cristiani che sentono Dio come un vino di gioia; sono così pochi quelli per cui credere è una festa, le celebrazioni liturgiche che emanano gioia, festive non solo di nome.
[…] L’abito di nozze di un invitato indica il meglio di noi stessi: quella trama nuziale che è la chiave di volta di tutta la Bibbia, la fede come una storia d’amore. Dal momento che Dio ti mette in vita, ti invita alle nozze con lui. Ognuno a suo modo sposo.
Padre Ermes Ronchi



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4 replies

  1. Questa parabola è davvero bellissima, perché mette bene in evidenza il dramma dell’esistenza umana. Di fronte all’invito del Re, gli uomini volgono altrove la propria attenzione, neanche uno solo rinuncia ai propri interessi per andare alla festa. Questa è l’esperienza di tutti gli uomini che, in Adamo, rifiutano l’amicizia con Dio per cercare una loro emancipazione. Il risultato è la cacciata dal paradiso, la terribile esperienza della miseria umana, il ricordo ormai sbiadito di un tempo felice.

    Ora, gli uomini (tutti gli uomini) gemono ai crocicchi delle strade: è l’esperienza dura dell’esistenza umana. Dura, perché lontana da Dio e da ogni speranza. Il paradiso è perduto per sempre.

    All’improvviso una voce: “Uomini tristi, che giacete ai crocicchi delle strade e vagate senza meta fino alla fine dei vostri giorni: alzatevi! Il Re ha preparato la festa di nozze per Suo Figlio e siete tutti invitati a partecipare a questa grande gioia!”.

    Scoppia la gioia per le strade e tutti si affrettano per andare alla festa. Da notare : TUTTI sono invitati, buoni e cattivi. Spazzato via in un attimo tutto il moralismo di questo mondo. Il Re non vuole solo i buoni, vuole tutti, anche i cattivi. C’è posto e gioia in abbondanza per tutti alla festa del Re. Solo una cosa vuole il Re: l’abito nunziale.

    Il Re ha deciso di accogliere tutti nella Sua casa; non Gli importa se, in mezzo a tanta gente, arriveranno anche i cattivi, coloro che hanno ammazzato, rubato, stuprato, scandalizzato, bestemmiato il Suo nome. Ha deciso di perdonare tutti e di fare festa. Prima però vuole vedere gli invitati. E’ il giudizio che ognuno di noi dovrà passare prima di darsi alla gioia senza fine.

    Il giudizio. Dio giudica. Dio ci ama, ci perdona e ci invita alla Sua festa, ma prima… vuole vederci e giudicarci. Vuole vedere se siamo come lui vuole. Non buoni o cattivi, sa già che siamo cattivi senza la Sua Grazia. Vuole vedere se abbiamo l’abito nunziale.

    Ecco. L’abito nunziale. Cos’è dunque quest’abito nunziale? Tanto perché sia chiaro: chi non avrà l’abito nunziale sarà preso e buttato fuori, dove sarà il pianto e stridor di denti. Sia chiaro! L’abito nunziale è INDISPENSABILE.

    Cos’è dunque quest’abito nunziale? L’abito nunziale è la fede, che Dio ci dona, e che noi siamo liberi di indossare o di non indossare. Senza la fede è impossibile piacere a Dio.

    • Sono d’accordo con Giancarlo l’abito nuziale è la fede. e la fede si ha per grazia. Questo significa essere “eletti” e non solo “chiamati “avere la grazia della fede cioè rispondere con gioia alla chiamata di Dio, indossare l’abito nuziale.
      Questa parabola ci riguarda tutti ma io penso che noi , uomini moderni anche sedicenti cattolici, siamo più simili a quelli che nella parabola. invitati alla festa , rimangono indifferenti e non se curano affatto:
      “quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. ”
      Noi siamo gli indifferenti, quelli che non vanno proprio alla festa di nozze, non se ne curano, ma vanno a farsi i loro affari. Stolti che siamo , rifiutiamo la chiamata che ci porterebbe alla vera gioia per inseguire vani propositi di autorealizzazione, di affermazione del proprio io, che ci partano solo all’infelicità.
      Guardiamo le cose come stanno : noi uomini moderni siamo indifferenti alla promessa di un “Regno di DIO, non ce ne frega nulla del Regno di RIO, tutti occupati come siamo di realizzare il nostro di regno,il REgno dell’UOMO un regno terreno e personale, quindi tutti presi come siamo dai nostri affari, dalla nostra vita materiale, dalla salute del nostro corpo, dalla ricchezza,dal piacere, dal prolungamento della vita umana, dall’autorealizzazione ecc. non ci curiamo neppure dell’invito al festino di nozze. Altri di noi poi sono simili a quelli che prendono i servi del Re e li percuotono e gli uccidono.

      Pascal descrisse bene tre tipi di uomini:
      Pensiero 178: Ci sono tre tipi di persone: quelle che servono DIO perchè lo hanno trovato; quelle che si adoperano a cercarlo, non avendolo trovato;e infine quelle che vivono senza ne’ cercarlo ne’ averlo trovato. Le prime sono felici e ragionevoli; le secondo sono ragionevoli ma infelici; le terze sono stolte e infelici.
      Noi (molti di noi non tutti) facciamo parte degli stolti infelici, degli indifferenti, di quelli che non si curano neppure di andare alla festa a cui sono invitati dal RE…

  2. Per donate ma io non ho Fede e si vede da come scrivo. Mi viene in mente però , appunto, che ci stia a fare l’anima ( quella cosa che sente , che il corpo inerte non fà, quella cosa che sussume, perché lo spirito umano ossia la sua scintilla ha già in sé tutto essendo simiglianza pura ) .
    Si hanno quindi determinate facoltà, un determinato corpo ed una determinata intelligenza. Ma è Dio che ha creato tutto questo.
    Il punto già si è capito.
    E come al solito è la volontà , l’arbitrio. Se uno è debole è forte, se uno è forte è debole. Spiegazioni e vissuti.
    Ma l’invitato , peggio, l’eletto è tale SOLO perché altri non lo sono. Questa non è una verità, non è neanche una validità, è la realtà.

  3. purtroppo umanamente anke la pazienza ha un limite…………….spesso strausurato nelle donne…………………..

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