Metafisica for Dummies! – Lezione 3: sull’attività scientifica (II)

black album!

METAFISICA FOR DUMMIES!

– Ontologia –

Dedicato agli scienziati in ascolto…

02: Sull’attività scientifica (parte II)

Continuiamo il nostro escursus nell’epistemologia tomista per meglio comprendere cosa sia l’attività scientifica e come si distingue.

UN BREVE SUNTO

In termini generali ogni scienza è scienza “dell’ente”.
Essendo il carattere tipico della scienza il rigore, la rigidità con la quale si afferra concettualmente qualcosa che è e non può non essere, occorre sostanziare l’aspetto di ricerca sopra questo qualcosa. Da questo qualcosa (che chiameremo genericamente “ente”) derivano necessariamente delle domande che sostanziano vari aspetti di questo “qualcosa”. Questi diversi interrogativi definiscono le diverse scienze. È dal problema cioè che si individua la scienza perché il problema solleva la questione affrontando un contenuto intellegibile in modo selettivo, preciso, mediante il quale si ritagliano gli aspetti di qualcosa che si propone alla conoscenza.
L’aspetto considerato, la prospettiva d’indagine, è l’oggetto della scienza il quale non corrisponde ovviamente con il soggetto sopra il quale nascono i problemi. Corrisponde al massimo con il dato aspetto considerato dell’ente studiato. Aspetto per altro rigorizzabile anche su diversi enti fra di loro molto diversi. Il rigore dipende dall’oggetto della scienza, il quale deriva dall’aspetto considerato, il quale deriva da un problema iniziale che ne sostanzia l’aspetto.

Riassumiamo in uno schema i termini in ballo:

SUB-IECTUM (Soggetto),
cioè ciò che è sottoposto ad indagine.
Lett. Infatti significa Sotto-posto- posto al di sotto, base sulla quale lavorare

pone un problema
e dunque viene
considerato sotto un
certo aspetto

CONSIDERAZIONE
cioè il tentativo di risposta al problema sollevato che ritaglia un preciso aspetto del soggetto

la quale crea l’

OB-IECTUM (oggetto),
cioè lett. ciò che è posto davanti, ciò che risponde alla domanda causante la considerazione.
E’ il contenuto formalmente considerato dall’indagine.

Ripetiamo in questi termini latini: le diverse scienze si classificano in base all’ob-iectum che deriva da un aspetto del sub-iectum e solo sul primo (cioè ciò che il problema ha posto davanti alla nostra indagine) potrà dunque predicare degli attribuiti. Non potrà di conseguenza predicarne altri o addirittura dire che l’ente corrisponde completamente agli attributi che quella scienza predica!

Ci siamo intesi? Lo ripeto con parole diverse!

In termini generali ogni scienza è scienza “dell’ente”.
Ma occorre sostanziare, per rigore, l’aspetto di ricerca sopra questo ente. Occorre cioè creare una selezione delle domande che l’ente pone, questo per poter essere rigorosi come impone il discorso scientifico stesso, come si è visto. Dunque le varie scienze, che sono rigorose perché trattanti i vari aspetti dell’ente, verranno classificate in base a questi stessi aspetti trattati. Di norma questi aspetti vengono introdotti dall’espressione “in quanto” che formalizza e precisa lo studio.

Dunque la scienza è lo studio dell’ente IN QUANTO un preciso aspetto.
L’espressione “in quanto” precisa lo studio e fa da selettore dei predicati; e questo selettore mi dice anche il contenuto considerato: di qualcosa, io considero questo aspetto.
Tutto ciò che viene dopo l’espressione “in quanto” è ciò che studio (ente in quanto mobile, ente in quanto numero, ente in quanto linea…). E ciò che studio non sarà più l’ente, ma sarà l’aspetto indagato.

Es. L’ente in quanto numero scotta? No. L’ente in quanto linea scotta? No. L’ente in quanto fuoco scotta? Si. Ecco che allora “scotta” è il predicato che attribuisco all’ente sotto l’aspetto di “fuoco”. Quanto scotta il “5”? Scotta di più un 10 o un 10,6? Assurdo, ovvio. Attenzione a non compiere l’errore banale di dire che i numeri “misurano” i gradi del fuoco! L’utilizzo del numero è chiaramente un’astrazione applicata MEDIATAMENTE ad una realtà che non è numerica e lo diventa solo in un astratto.

LA RATIO SCIBILITATIS

Ciò che viene selezionato dall’espressione “in quanto” rappresenta nella terminologia scolastica la ratio scibilitatis, cioè la ragione della conoscibilità.
E come dice San Tommaso

Diversa ratio cognoscibilis, diversitatem scientiarum inducit”
S. Th., I,
1, 1, ad2. Cfr. In I De Anima, 1.2; In VI Metaph. 1.1; J. a S. thoma, Cursus Phil., logica II, 27, 1, ed. REISER, pp. 821-825.

Cioè la diversa Ratio scibilitatis determina la diversità fra le scienze.

Un sunto in una frase: il rigore del discorso scientifico impone di determinare l’aspetto sotto il quale viene esaminato un ente, che è il soggetto che fonda l’indagine; l’aspetto viene selezionato attraverso la formula verbale “in quanto” e corrisponde alla definizione di Ratio scibilitatis.

Così io posso considerare dell’ente l’aspetto più universale che gli appartiene, cioè l’entità.
Dunque la metafisica è scienza e propone al suo ricercatore lo studio dell’ente IN QUANTO è ente.
Ma non è tutto. La metafisica infatti risulta essere non solo una scienza, in quanto si rapporta all’esistente (cioè come ogni scienza è scienza dell’ente), ma LA scienza primaria poiché si rapporta agli enti studiandoli secondo il loro aspetto di enti, cioè studiandoli in quanto tali.

L’OGGETTO FORMALE: “QUO” E “QUOD”

Prima di cominciare la disamina dell’espressione “ente”, si rende necessaria ancora qualche chiarificazione terminologica che ben illumini la sistematica dell’epistemologia che stiamo sviscendando. Come si noterà continuiamo a ribadire il già detto, solo che ogni volta non facciamo che aggiungere un tassello alla costruzione e attribuire un nome preciso a questo tassello. Questo serve per far intendere meglio questi concetti base e fornire un vocabolario comune per le prossime lezioni.

La prima parte del titolo del presente paragrafo (“Oggetto Formale”) indica chiaramente che stiamo cercando di definire la parte del discorso scientifico che avevamo chiamato “Oggetto”. L’aggettivo “formale” richiama invece, analogicamente, il concetto di sinolo quale composizione di materia e forma che qui non possiamo chiarire perfettamente. Chiariamoci solo l’analogia dicendo: così come tutte le realtà che sono nell’ordine naturale sono una composizione dei due principi richiamati (materia+forma), analogamente anche in un discorso qualunque coesistono questi due principi e saranno rispettivamente le componenti del discorso medesimo (materia) e la loro composizione logica (forma).
Notiamo dunque subito che in un “discorso” tutto ciò che è materiale è ciò che dà contenuto, ma non ne fornisce l’intelligibilità logica! La forma è determinante per dare intelligibilità al materiale e quindi al discorso stesso.

Così ciò che io conosco di un ente diventa formalmente conoscibile quando di questo ente ne affronto un particolare aspetto che il Sub-iectum mi deve mostrare, che me lo rende dunque formalmente intellegibile!
L’aspetto preso in considerazione è, per questo motivo, definito OGGETTO FORMALE della materia considerata. Ed è comprensibile ora perché si dica che l’oggetto formale di una scienza è ciò che rendere intelleggibile l’ente sotto osservazione per quella stessa scienza.

L’oggetto formale è dunque l’aspetto in considerazione e viene diviso a sua volte in due:

Oggetto formale
QUOD CONSIDERATUR

(CHE si considera)

Cioè banalmente l’aspetto dell’ente CHE si sta studiando ed è sotto considerazione.

E’ la parte POSITIVA dell’aspetto formale di un discorso scientifico, cioè la parte che tale discorso STUDIA e sulla quale può dire qualche cosa!

Oggetto formale
QUO CONSIDERATUR

(PER CUI si considera)

E’ l’atto agente con il quale io seleziono, in altre parole è l’intervento in base al quale si seleziona l’aspetto QUOD.

E’ la parte NEGATIVA dell’aspetto formale di un discorso scientifico, questo perché la SELEZIONE compiuta in base al QUO porta all’ESCLUSIONE SELETTIVA di tutti gli altri aspetti che non vengono considerati

Questa parte “negativa” viene chiamata ASTRAZIONE.

Ogni scienza, nel determinare positivamente il suo aspetto di considerazione, opera una selezione negativa che esclude tanti altri aspetti. Il risultato di questa “selezione negativa” viene definito “ASTRAZIONE”, termine talmente ambivalente da poter essere usato con profitto in entrambi i fronti che stiamo trattando.

Diremo dunque, forzando naturalmente il concetto, che ogni scienza possiede una:
– ASTRAZIONE POSITIVA poiché da tutti gli aspetti che un ente mi mostra ESTRAGGO quello che più mi interessa (Oggetto formale QUOD). E’ l’oggetto che si pone nella considerazione, ciò che si considera.

– ASTRAZIONE NEGATIVA poiché tale estrazione impone un’esclusione di altri aspetti per cui l’ente non viene mai studiato e considerato nella sua interezza, ma solo ASTRAENDOSI dal suo intero (Oggetto formale QUO). E’ la prospettiva (o la luce) sotto la quale si ritaglia l’aspetto del soggetto.

Da qui ecco la definizione della Treccani che riportiamo per intero:

Atto dell’astrarre; processo mentale mediante il quale una cosa viene isolata da altre con cui si trova in rapporto, per considerarla come specifico oggetto di indagine.

Voce: Astrazione, Vocabolario Treccani on line, 2014

L’astrazione del discorso scientifico crea quello che viene definito L’UNIVERSO di applicazione di quella data scienza. Il concetto di universo di applicazione è dunque RELATIVO, cioè si RIFERISCE al solo contenuto che sto considerando e che è razionalizzabiole in termini contenutistici dalla scienza che sto applicando.
Ad esempio: se la matematica studia gli enti IN QUANTO numeri, misura solo mediante i numeri e non può andare oltre, nel contempo non può escludere che esistano altri aspetti dell’ente che sta studiando perché appunto l’ente non è l’oggetto formale della matematica, quanto piuttosto il soggetto fondante la razionalizzazione matematica.

COSA ESCLUDE L’ONTOLOGIA?

Tutta la presente struttura epistemica del sapere ontologico è propria di ogni scienza, ontologia compresa.
E’ ovvia la domanda: ma cosa esclude l’ontologia? Quale è l’oggetto formale QUO proprio di questa scienza tale che si possano individuare gli aspetti che non vengono considerati?

Vediamo di delineare i due aspetti dell’oggetto formale di questa scienza:

Oggetto formale
QUOD CONSIDERATUR

(CHE si considera)

Studio in quanto ENTE, cioè si studia il solo aspetto dell’entità.

Oggetto formale
QUO CONSIDERATUR

(PER CUI si considera)

La sola esistenza dello stesso ente. Tutti gli altri aspetti particolari dell’ente sono esclusi. Ad esempio: non si studia l’ente in quanto numero, li nea, forma, comodo, bello…

Ma attenzione, questa esclusione è reale o fittizia?
L’ontologia non studia l’ente in quanto numero, ma in quanto ente. Ma cosa è “numero”?
L’ontologia non studia l’ente in quanto linea, ma in quanto ente. Ma cosa è “linea”?
Cosa è la nozione di “comodo”? E quello di “bello”?
Esatto: sono tutti enti. Fosse anche solo un ente “di ragione”, il solo fatto che c’è solo nella ragione significa che c’è. Cioè non è un niente, ma è un qualcosa!
Dunque l’ontologia esclude gli aspetti particolari dell’ente, includendoli genericamente nel suo studio!
D’altra parte se uno studia l’ente in quanto sé stesso, cioè ENTE, cosa sarà estraneo a questa sua considerazione?
Tutto ciò che non è ente.
Benissimo, cosa cade al di fuori dell’ente? Cosa non è ente?
Niente!
Dunque torndo alla prima domanda: nella nozione di ente è esclusa la nozione di numero, ma è inclusa la REALTA’ del numero!

Dunque l’ontologia è scienza UNIVERSALE ASSOLUTA di tutto ciò che esiste (che è, che è ente!), poiché nel suo aspetto rientra tutto ciò che è. Naturalmente questa universalità paga in termini di precisione, poiché più l’aspetto si fa generale, più l’ente stesso si rende con-fuso cioè letteralmente “fusione” di tutti i suoi aspetti in un unicum imperscrutabile. Ma questa “con-fusione” non intacca la rigorosità del discorso scientifico ontologico finora descritto.
Io dunque non studierò l’ente in quanto fuoco, ma il fuoco in quanto ente.
non studierò l’ente in quanto numero, ma il numero in quanto ente e così via.

Ogni aspetto reale che una scienza studia è reale, in quanto reale è ente, in quanto ente rientra nell’ontologia.
E così come l’ente è la nozione massima in cui VIRTUALMENTE contiene qualsiasi altra nozione, così l’ontologia contiene VIRTUALMENTE tutte le scienze, per cui i principi primi dell’ente che questa scienza svilupperà ncessariamente dovranno essere i principi primi sui quali si muoveranno le altre scienze per poter essere considerati studi su dati aspetti della realtà. La metafisica ovviamente non possiede la precisione delle altre scienze, precisione intesa letteralmente cioè il “considerare un aspetto preciso, escludendone altri”. Questo proprio per il motivo che stiamo accennando.
La nozione di metafisica non ha pretese di precisione, quanto piuttosto di inclusione virtuale. Ed è per questo, lo vedremo, che le esigenze dell’ente in quanto ente toccheranno in modo netto le esigenze che sono proprie delle altre scienze. Ma non le toccheranno con prepotenza, ma implicitamente: la scienza, se vuole essere tale, deve trattare di enti e quindi non può non trattare con la metafisica. Questo non significa che un cosmologo debba per forza essere un metafisico, ma che la sua scienza possa essere tale se e solo se risponde ai principi primi che la metafisica non fa che indagare.
Quindi non si dà scienza se tale scienza tratta di enti contradditori.
(Abbassate le mani: la fisica quantistica non è contradditoria. Infatti è scienza.)

E questo non significa che il metafisico sarà competente in tutto, ma che avrà la competenza DEL tutto.

Ora credo si comprenda perfettamente la seguente citazione, che richiama Tommaso e chiude perfettamente il lungo discorso fatto finora:

“La Metafisica si inserisce nel progetto complessivo della filosofia come il suo terreno più intimo, è quella parte che concentra la sua indagine esplicitamente sulla visione d’insieme , cioè su ciò che è comune a tutti i settori dell’esistenza ed e ciò che costituisce la loro connessione con l’universo inteso come un insieme significativo. E ‘ il quadro finale o orizzonte di indagine attraverso il quale tutte le altre indagini, comprese tutte le scienze , informano su prospettive parziali. Il suo lavoro sarà quindi quello di cercare di discernere le grandi proprietà universali, i principi costitutivi e le leggi di governo di tutto ciò che è reale , in una parola , le leggi di intelligibilità dell’essere in quanto tale, compreso il modo tutti gli esseri reali interagiscono per formare un tutto intelligibile , cioè un universo (dal latino Universum , letteralmente ” rivolto verso l’unità “)”

Norris Clarke, William – One and the Many, pag. 6. Traduzione personale

Ora che abbiamo chiarito cosa si intenda per “scienza”, credo sia necessario chiarire cosa si intende per “ente”. E’ quello che cercheremo di fare nelle prossime lezioni: comprendere cosa si intenda con il termine “ente”, specificandone l’uso in modo rigoroso (cioè scientifico!), e vedendone quali siano le sue caratteristiche fondamentali.



Categories: Filosofia, teologia e apologetica

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11 replies

  1. Caro Minstrel,

    ripeto l’obiezione che tu di scienza non hai parlato. Certamente tutti pensiamo di non aver bisogno che tu ne parli, perche’ pensano di sapere che cosa sia la scienza, ma se osserviamo le domande che hai indicato dobbiamo dire che esse non individuano nessuna scienza, ma sono domande di senso comune e non e’ lo scienziato in quanto tale che deve dare le risposte. Inoltre parli di rigore, ma e’ troppo poco. Il ricorso alla logica e’ abusato da te e da altri, ma gli scolastici, raffinati logici prima della formalizzazione della logica, non erano il non plus ultra degli scienziati. La logica e’ una parte della conoscenza, ma non e’ la conoscenza, neppure la sostanza della conoscenza scientifica.

    Uno degli effetti delle scienze moderne e’ l’aver creato una scissione tra il senso comune e la comprensione scientifica. Ai tempi di Galilei tutti potevano capire che cosa voleva dire che la terra girasse intorno al sole o viceversa, ma oggi anche lo scienziato – che non cessa di essere uomo di senso comune – puo’ restare perplesso di fronte al significato ultimo della spiegazione scientifica, come Eddington di fronte al suo tavolo.

    Dernhelm ha detto nella lezione precedente: “In altri termini, le diverse scienze cercano di spiegare diversi ordini di fenomeni, non spiegano perché i fenomeni siano spiegabili: questione metafisica”. Tutto perfetto tranne la conclusione, non e’ una questione metafisica, ma di teoria della conoscenza che solo puo’ spiegare che cos’e’ anche la conoscenza metafisica.

    L’utilita’ di Aristotele e Tommaso deriva proprio dal fatto che avevano scoperto che le categorie metafisiche acquistano un significato preciso proprio in relazione alle operazioni conoscitive. Essi hanno riferito il “che cos’e’?” e il “perche’ e’ cosi’?” alla comprensione dei dati e hanno notato che la risposta al “perche’ e’ cosi’?” esprime soltanto la forma e che quest’ultima deve essere completata da un riferimento alla materia per poter rispondere alla prima domanda, quella sull’essenza o sostanza. Tommaso ha progressivamente compreso che un’altro gruppo di domande, quelle che richiedevano un si/no, potevano riferirsi non soltanto alla “compositio vel divisio”, cioe’ alla comprensione, come le prime domande, ma anche all’affermazione assoluta del vero e dell’esistente.

    Cio’ che non potevano sapere e’ che la comprensione, cioe’ l’attivita’ conoscitiva che risponde al primo tipo di domande, puo’ avere il carattere descrittivo, proprio del senso comune o esplicativo, proprio delle scienze. Queste ultime, relativamente ai risultati verificati, sono passi verso la risposta alla domanda “perche’ e’ cosi’?”, cioe’ verso la determinazione della forma.

    Per sviluppare la teoria aristotelica-tomista bisogna percio’ comprendere il tipo di domande delle scienze moderne, cioe’ i loro metodi, che sono diversi da scienza e scienza. E’ cio’ che ha fatto Lonergan che ha poi analizzato il modo di conoscere del senso comune e le sue limitazioni operative, da cui deriva il suo “peccato originale”, poi quello della metafisica, dell’etica e della teodicea. Solo successivamente affronto’ in Method in Theology le discipline che si occupano dei dati che contengono un significato, lo studio dell’uomo.

    • “La logica e’ una parte della conoscenza, ma non e’ la conoscenza, neppure la sostanza della conoscenza scientifica” : andiamoci piano. La logica è la struttura stessa dell’essere in quanto conosciuto.

      Per altro come per ogni realista, e specialmente per Lonergan, c’è identità tra essere e la sua “conoscibilità” (la sua dimostrazine dell’esistenza di Dio, ad esempio, è puramente epistemologica): quindi possiamo anche porre che la logica è la struttura stessa dell’essere.

      In Pace

      • In senso lato si puo’ intendere per logica lo spontaneo organizzarsi della conoscenza, in senso tecnico pero’ s’intende una tecnica riflessa di controllo dell’esposizione della conoscenza. In nessuno dei due casi il significato di logica e’ coestensivo con quello di conoscenza. Altrettanto vale per la struttura dell’essere, che non e’ illogica, ma che non puo’ essere conosciuta solo con la logica. Non so se il punto e’ stato chiarito.
        Quanto a Lonergan, non dice semplicemente che l’essere e’ conoscibile, come sosterrebbe anche un empirista che riduce la conoscenza alla percezione sensibile e per il quale l’essere e’ solo cio’ che si puo’ percepire con i sensi, ed anche Dio, qualora lo ammettesse, sarebbe composto da una finissima materia, come immaginava Tertulliano. L’essere e’ conosciuto nella conoscenza del vero: esse et verum convertuntur.
        Si ritorna percio’ sempre alla questione fondamentale su che cosa sia la conoscenza.
        I primi lavori del Lonergan sono stati sulla logica e successivamente tenne anche della lezioni sulla logica matematica. Ma ha sempre messo in guardia dalla sopravvalutazione della logica, nonostante che lui fosse un logico straordinario, tanto da costruire la dimostrazione dell’esistenza di Dio nell’opera Insight su ventisei premesse circa la nozione di Dio.

        • Spiegate un po’ cari disquisitori, come si possa “conoscere” realmente e totalmente ( perché parzialità ed approssimazione sono riconducibili a falsità ) l’Essere senza esserLo?

          • Ma scusa daouda, perché non spieghi direttamente come la vedi tu?
            (spiegalo con parole semplici che ci sono pure io che ho letto filosofia solo di striscio)

            In ogni caso, chiunque spieghi il suo punto di vista utilizza una griglia personale (o comunque del suo prof o mentore o filosofo preferito interpretato con una griglia personale), dunque nessuno può affermare con certezza che la sua versione è la migliore.
            È una lettura della realtà. Non è la realtà. La mappa non è il territorio.
            Ma se è una buona mappa avrai una buona idea (sempre parziale e approssimativa) del territorio.

            Detto questo, perché non scrivi com’è per te questa mappa metafisica?

          • Trinity spiegare ciò che è per natura inspiegabile è già traumatico, e si presuppone che chi lo faccia, col rossore in viso, abbia realizzato ciò di cui vuol rendere idea.
            Se scrivo “realizzare” intendo uno stato in cui ciò che è, è ciò che si conosce, una determinazione priva di morte ( dov’è o morte la tua vittoria? ) ossia di passaggi ergo una unità immutabile, pieno godimento, a-mors.
            Per questo preferisco parlare di sapienza, carità e speranza come virtù teologali che ineriscono la tripartizione dell’anima umana, e ricordare a tutti che l’intuito spirituale e l’istinto corporale , assieme alle facoltà dell”anima a cui ho sotteso , sono un’altro tipo di variante tripartita che rendono la carità fondamentale, la volontà, in definitiva l’arbitrio.
            Se l’importanza del corpo nel cristianesimo è fin troppo evidente , ugualmente lo è la divinizzazione e ” l’ occhio del cuore”.
            Fin dove però si può spingere? Per comprenderlo si deve pensare alla questione dell’unigenito in quanto generazione eterna e del primogenito in quanto prototipo umano.
            Ma il prototipo umano può escludere l’intelletto? No, il che implica che tale generazione è dell’unità , suo proprio e precipuo, come lo è la processione.
            Dire che esiste un solo Dio perché esiste un solo Padre è proprio ma scorretto. Noi si viene battezzati in un unico e solo nome.
            Ma se sono adottato realmente, posso realmente giungere laddove non si giunge.
            Il problema del Filioque è più che altro per negare il panteismo. Sei io davvero posso essere Figlio eterno, ciò non toglie che non sarò Padre, anche se sono Dio.
            Ecco perché il Tutto Infinito è una monade ed una diade ( dire che sia una monade e basta darebbe l’idea di circoscrizione, mentre la composizione stabile-dinamico rende meglio l’assolutezza ) : Padre e Figlio nell’Essere che guarda e il Tutto e la parzialità, il Padre dal punto di vista del Tutto ed il Figlio da quello della parzialità ( ossia l’incarnazione è una necessità in sé, ovviamente non mi riferisco alla redenzione ) ed appunto, guarda caso, è il Figlio che crea le cose , ogni cosa ma in quanto Dio, operano tutti insieme.
            Dio in tutto ciò è l’insieme delle 3 persone in modo comune in esse ugualmente.
            Nell’unità dello Spirito Santo, che è il raccordo in luogo della sua processione che trasla ogni cosa del Padre al Figlio.
            In un certo senso l’unica persona relazionale può essere solo lo Spirito Santo, per dire…ma sto scrivendo in definitiva solo delle amenità

            Ora salta subito all’occhio, comunque sia, quanto la scienza sia inutile rispetto all’unione divina, non certo perché lo sia di per sé , ma anzi proprio per la sua esternazione materialistica priva di profondità intellettuale.

            Conoscere non è sapere, Amare non è provare affezione/attenzione e piacere , Essere non è esistere.

            Deduzione ed Induzione devono andare a braccetto, ma l’unica teoria della conoscenza è l’unione divina.
            Favorisce ciò la scienza e l’arte che se ne ricava?

            Il concetto metafisico di Minstrel mi pare ineccepibile, ma la ragione non è l’intelletto, lo si chiarisca e credo si potrà solo trarre giovamento dalla preparazione messa in campo invece che amare il mondo da una parte o dare l’impressione di on poter controbattere di qua

  2. Concordo con Simon. Non posso che ringraziare Tom per questi spunti certamente fecondi e cerco di dire la mia.
    In primis son ben consapevole che questo tipo di presentazione di cosa sia “l’ontologia” è passibile di critica. E vorrei vedere non fosse tale. E’ una presentazione di cosa sia la scienza metafisica secondo Barzaghi, il quale si richiama al Bontadini e alle sue “Conversazioni di metafisica”. Bontadini non fu certo esente da errori e naturalmente entra all’interno di un dibattito impressionante su ciò che sia o non sia la “conoscenza” per l’uomo.
    Detto questo è ovvio che quel che qui scrivo non può essere letto come “Vangelo”, esattamente come bisognerebbe fare leggendo OGNI TEORIA SCIENTIFICA. E’ un punto di partenza per capire di cosa si sta parlando e quindi approfondire.
    Detto questo concordo con Simon, dicevo. Ciò che chiamiamo “logica” è quell’esperienza che si rende tale. Difficile da spiegare, ma l’idea di base (a mio avviso) è che l’essere ci sembra (brutto verbo, lo so) tale solo e soltanto perché è appunto COM-PRENSIBILE: prendibile come “intero”. L’essere ci appare tale perché è conoscibile non solo in quanto non caotico, ma perché esposto ad una esperienza umana che PARE lo annulli. Tutto infatti, lo vedremo, nasce dalla banale affermazione (certamente di senso comune, ma rigorosissima) che l’essere non può non essere in forza di quello che appunto ci appare grazie al divenire. Difatti se non esistesse il divenire cosa significherebbe “non essere”? Non ci potrebbe nemmeno essere la COMPRENSIONE di tale concetto per altro comunque non completamente comprensibile a noi che SIAMO. non esisterebbe come concetto, sarebbe insulso come il concetto di “kjflsdhf”. Cioè sarebbe oltre il classico esempio “pensa un triangolo a quattro lati” o un “cerchio quadrato”. E’ l’esperienza del divenire che ci permette di sapere che io nel ‘800 “non ero” e nel 2400 (forse?! ehm…) “non sarò” ed è grazie a questa esperienza che nasce la comprensione dell’essere in sé quale opposto POSITIVO di ciò che POTREBBE anche essere (cioè il non essere, il niente).
    Detto questo capisco l’obiezione di Trinity quando dice “la scienza si basa sulla metafisica, e la metafisica? Tom dichiara che si basa sulla teoria della conoscenza!”. Ma non appare uno banale spostamento? Al che infatti io domanderei: “e la teoria delal conoscenza su cosa si basa?”
    Gira e rigira si ritorna al problema dei principi primi, fondamentali, quelli che sono IMPROVABILI, che si impongono da sé stessi, che a volerli confutare si utilizzano per la confutazione stessa. Cioè l’individuazione di quei principi che non si possono confutare pena la rinuncia di QUALSIASI conoscenza. In talleri: senza principio di non contraddizione salta tutto. Dovremmo semplicemente tacere, sperando – ovviamente – che quel silenzio non parli… 😉

    • Caro Minstrel,

      vedo che Trinity e’ gia’ intervenuta e aspetto anch’io il seguito, ma per ora prendo in considerazione la tua conclusione che fa riferimento a dimostrazioni inconfutabili, cioe’ alla dimostrazione logica.

      Ma, come dice Trinity, la teoria della conoscenza pretende di avere una base empirica, quindi di essere verificabile, non di essere dedotta da qualche principio piu’ o meno inconfutabile. Il vantaggio della comprensione e’ che fa comprendere i diversi aspetti, ad esempio del significato di essere, cio’ che puo’ essere capito, cio’ che non puo’ essere capito o che non puo’ essere capito appieno.

      Nessuno dubita di essere, del passato, del presente e del futuro. I problemi nascono quando si discute sul significato di questi termini. E infatti proprio sulla conoscenza dell’essere differivano le tradizioni neoscolastiche, scotiste, suaresiane, delle quali molte si definivano tomiste. Gia’ Lonergan cita un libro di Georges van Riet del 1946, pubblicato a Lovanio, di piu’ di seicento pagine sui diversi tipi di epistemologia tomista, che chiaramente divergevano senza saperlo da s.Tommaso. Le mie obiezioni miravano a indicare che c’era poco di tomista nelle tue ricostruzioni e in quelle delle tue fonti. Il vero s.Tommaso era stato poco alla volta portato alla luce dagli studi storici della prima meta’ del novecento, del Landgraf, di Dom Lottin e infine del Lonergan. Quando quegli studi cominciavano a portare frutto il tomismo fu abbandonato e i cd attuali tomisti sono in genere meno tomisti e piu’ ignoranti di quegli studi storici dei loro predecessori, perche’ non c’e’ piu’ la massa necessaria per il vaglio dei risultati.

  3. Grazie Minstrel che citi una mia domanda perché se non chiarisco i miei dubbi da dummy io proprio non riesco ad accettare “teorie perché è così”.

    “Ma non appare un banale spostamento? E la teoria della conoscenza su cosa si basa? Gira e rigira ….principi primi improvabili”

    Ma no. Presumo che nella storia (della filosofia, delle scienze, ecc.) diverse volte si siano re-individuati e re-visionati principi primi. O trovati nuovi principi primi. Una volta trovati, basta 😀
    E in effetti, una teoria della conoscenza mi appare (solo intuitivamente per ora, ma continuo a leggere le tue lezioni) un principio primo più vicino alla realtà. Perché intanto CHIARISCE “teoria della conoscenza di chi?” Del cane? Del gatto? Dell’albero? Della pietra? Di Dio?
    No. Teoria della conoscenza dell’uomo. Quindi: sia propria DELL’ uomo, il modo di conoscere dell’uomo. Sia studio dell’uomo: la conoscenza della conoscenza, cioè come avviene il processo. E su quest’ultimo punto non mi risulta che ci sia qualcuno che abbia considerato IN TOTO il problema (lo fanno in parte la psicologia, in parte le neuroscienze, la pedagogia, la linguistica-glottologia, ecc. ma in parte, per la parte di loro competenza).

  4. Ad esempio dici “Bontadini entra in un dibattito impressionante su cosa sia o non sia la conoscenza per l’uomo”
    Ecco, per esempio lui – che ho appreso da voi essere un luminare – cosa dice al riguardo? (in talleri for dummies)

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