Metafisica for Dummies! – Lezione 2: sull’attività scientifica (I)

black album!

METAFISICA FOR DUMMIES!

– Ontologia –

Dedicato agli scienziati in ascolto…

02: Sull’attività scientifica (parte I)

Abbiamo dunque stabilito che in queste lezioni con Metafisica si intende l’unione di due discipline che fittiziamente distinguiamo: l’ontologia e quindi la Teologia Razionale.
In seguito si è quindi definita l’ “Ontologia” quale “Scienza dell’ente in quanto ente”.
È necessario perciò non equivocare sulle due nozioni che tale definizione mette in campo cioè: “scienza” ed “ente”.

SCIENZA COME STUDIO “DI QUALCOSA”

In questa lezione preciseremo cosa si intenda con “scienza” in ambito della epistemologia sistematica tomista, naturalmente accettabile a tutt’oggi e per certi versi inevitabile.
Si comprenderà come sia necessario allargare le maglie di questo termine –  “scienza” – oggi spesso usato a sproposito; e di come la scienza non possa mai avere come proprio oggetto di indagine l’ente che sottopone all’indagine stessa.

Iniziamo imponendo in primis una pulizia terminologica di qualsiasi definizione moderna o equivoca voi abbiate sul termine “discorso scientifico”. Tralasciamo cioè, oltre alle assurdità scientiste, anche gli eventuali apporti epistemologici più o meno moderni.
Cominciamo insomma da zero e chiediamoci come può essere definito “scientifico” un discorso.

Credo di non temere alcuna smentita se rispondo così: con “discorso scientifico” si intende genericamente definire un discorso rigoroso, rigido, certamente opposto all’opinione.
Rigore è, per il vocabolario Treccani, la “rigidità”, la “stretta coerenza con le premesse” o ”con il metodo stabilito”. Un discorso rigoroso è dunque un discorso rigido, che non si lascia manipolare. Prendendo in prestito un’immagine proposta dai filosofi stoici, per i quali la conoscenza scientifica è una mano che stringe un pugno chiuso, si può dire che il discorso scientifico è il discorso stringente.

Da qui nasce inevitabilmente una domanda: cosa stringe?
È assolutamente significativo che la “ricerca scientifica” inizi per mezzo di una domanda e che:

  • tale domanda sia assolutamente necessaria per comprendere l’oggetto della ricerca scientifica che si sta compiendo;
  • tale oggetto dipende totalmente da questa domanda.

Ovviamente la risposta generale alla domanda “cosa stringe un discorso scientifico?” non può che essere una: qualcosa.

E non è una risposta banale, affatto. Cominciamo infatti con la prima considerazione: tutte le scienze – inevitabilmente, assolutamente, necessariamente – studiano “qualcosa”. Non può esistere scienza che studi il “non-qualcosa”. Cosa si intende con “qualcosa”? Si intende qualcosa che è, cioè qualcosa che può essere chiamato “qualcosa” e si è soliti catalogarlo sotto il termine generico “ente” (l’ess-ente, nelle future lezioni si studierà meglio questo termine).
Dunque tutte le scienze studiano qualcosa, cioè tutte le scienze studiano l’ente.
Ed è ovvio: non è possibile in alcun modo studiare il Niente. L’ente “è” e il Niente “non è”. Lo dice la stessa parola: cosa stai studiando? Niente! Studiare niente è niente come studiare. Cioè non si studia affatto.

Dunque tutte le scienze, metafisica compresa, studiano l’(esist)ente. Ma come? E’ qui la vera domanda.

BREVI APPUNTI DI EPISTEMOLOGIA

Si diceva che la “ricerca scientifica” nasce da una domanda e che è assolutamente significativo che inizi per mezzo di una domanda. Dunque riconosciamo che tale domanda sia necessaria per comprendere l’oggetto della ricerca scientifica che si sta compiendo e tale oggetto dipende totalmente da questa domanda.

La scienza dunque, da quanto compreso finora, è conoscenza rigorosa di qualcosa di problematico, cioè di qualche cosa che si lascia problematizzare, si rende disponibile alla logica, che è razionalizzabile poiché pone una domanda comprensibile a chi osserva quel “qualche cosa”. Ed è proprio questa domanda, che nasce da un qualche cosa comprensibile razionalmente, ad introdurre il discorso di rigorizzazione. Cioè è la domanda che “fa” la scienza.

Ma quali sono queste domande proprie della scienza che possono venire sollevate? Principalmente si possono sollveare in due modi diversi:

1 – Che cos’è questo “qualcosa”? che è il soggetto posto in osservazione rigorosa ed è posto a fondamento dell’attività scientifica.

2 – Perché è così questo “qualcosa”? che è l’oggetto dell’indagine scientifica e cioè il vero interrogativo scientifico: la causa di un “qualcosa”.

Anche se spesso tale interrogativo non è esplicitato, è innegabile che l’attività scientifica implicitamente richiami al “SOLO PERCHE’ ” di una data cosa (ente o legge che sia), cioè alla sua causalità (cioè punto 2) e non alla cosa stessa che in realtà è il fondamento GENERALE da cui nasce la rigorizzazione specifica!
Ed è per questo che il termine “Scienza” in logica è una “conoscenza certa ed evidente di un enunciato in forza del suo perché proprio”.

Questi due interrogativi ci portano dritti a due considerazioni epistemologiche importantissime:

A – Le domande scientifiche sono in un certo senso indipendenti dal soggetto sotto osservazione;

B – Sono le domande sulla causalità (Punto 2) che delineano i diversi tipi di scienza.

Facciamo un esempio che possa farci comprendere queste due affermazioni:

Abbiamo dinanzi a noi una sedia. Possiamo chiederci ad esempio:

Prospettive di considerazione
(oggetti)
Quanto costa… … questa sedia? Ciò che si considera (soggetto)
È bella…
È pesante…
È comoda…


Da subito si evince che:

  • le varie domande sono indipendenti l’una dall’altra (affermazione B) poiché ad esempio se la domanda dello scienziato è “quanto costa questa sedia?”, allo stesso, si badi bene, non importa se la sedia è comoda o è bella oppure se è pesante, soltanto “quanto costa”. Ovviamente questi altri aspetti possono interessare l’indagine che va via via approfondendosi, ma – attenzione! – solo in modo accidentale e mediato, poiché tali elementi non sono costitutivi dell’oggetto di indagine. Se è bella costa di più, ma la bellezza non è costitutivamente il costo della sedia! Cioè la bellezza non è IMMEDIATAMENTE attribuibile all’aspetto in esame, ma solo mediatamente, cioè un aspetto accidentale che deriva MEDIANTE l’aspetto principe esaminato. Inoltre tali elementi possono anche dare luogo a considerazioni contradditorie. Ad esempio potrebbe darsi che sia la pesantezza ad incidere sul prezzo della sedia facendolo lievitare (es. sedia di legno pregiato), oppure al contrario la sua leggerezza (es. sedia in carbonio).
  • Le domande sono sostanzialmente indipendenti dall’soggetto considerato (affermazione A) poiché queste stesse domande prendono forma anche per soggetti diversi! Ad esempio: quanto costa questo pc? È bello questo libro di Padre Barzaghi? È pesante questo tavolo? È comodo questo divano? Attenzione: non significa che l’analisi di un aspetto del soggetto non dia conoscenza di questo aspetto del soggetto stesso, quanto piuttosto che dia conoscenza al massimo proprio di questo aspetto! Cioè è fondamentale non confondere le risposte alla domanda (il problema che forma una data scienza) con l’integralità del oggetto sotto osservazione!

Seugono le prime due conclusioni e un “dunque” inevitabile:

1 – le domande che nascono su “qualcosa” posto sotto osservazione delineano diverse prospettive di considerazione (es. quanto costa? È bello?), fra di loro sostanzialmente indipendenti e al contempo accidentalmente intercomunicanti. Solo in base a tali diverse prospettive di indagine si identificano le varie scienze! Semplificando: la domanda “quanto costa” fa nascere la scienza dell’economia, “E’ bella” fa nascere l’estetica, “è comoda” l’ergonomia e così via.

“Come per capire cosa è la scienza ci si deve orientare alla domanda, così le diverse scienze sono introdotte da diverse domande.”

Padre Giuseppe Barzaghi OP, lezione 2 Ontologia, Studio Filosofico Domenicano, 2013

2 – le diverse prospettive di considerazione stabiliscono anche diversi gradi di rigorosità della scienza in esame. Il rigore infatti non può che essere modulato sull’oggetto (cioè sulla domanda!) ed è ad esso totalmente dipendente. Ad esempio chiedersi “quanto costa questa sedia” è più rigoroso in termini assoluti dal chiedersi “è bella questa sedia”.

DUNQUE

L’oggetto della scienza non può essere mai il soggetto esaminato nella sua integralità, bensì è la considerazione che io esercito intorno a questo soggetto esistente! È la considerazione che “ritaglia” intorno al soggetto studiato le esigenze di rigore che ivi si modulano.

Tornando al primo paragrafo, tutte le scienze studiano l’ente. Come? Lo studiano necessariamente solo sotto un certo aspetto, cioè in una prospettiva precisa (e rigorosa anche essa!).

Io posso studiare la sedia sotto l’aspetto del “peso”, del “costo”, della “bellezza”, della “comodità”. Posso anche dire che studiandone il “costo” rientrano accidentalmente i concetti di peso, di bellezza e di comodità dello stesso soggetto in esame, ma tali aspetti (sostanziali e accidentali) non sono, e mai potranno essere, la sedia presa nella sua integralità! La sedia è questi aspetti, più altri che la scienza in esame non considera. La sedia cioè è come assorbita dall’aspetto che considero, aspetto che forma l’oggetto sostanziale della scienza che sto utilizzando per lo studio della realtà. La forza della scienza è l’interdipendenza con la realtà e – contemporaneamente – la sua indipendenza dal soggetto su cui indaga poiché un aspetto può essere studiato anche su altri soggetti che possono possedere quell’aspetto.

È San Tommaso che in un commento alla metafisica di Aristotele dichiara che le scienze riguardano gli enti sotto aspetti particolari e come tali considerano l’ente sotto una prospettiva precisa: l’oggetto di quella data scienza. Una scienza non studia l’ente che è implicito (è appunto fondamento), ma gli aspetti dell’ente che prende in considerazione.

In due parole: la scienza non studia direttamente il qualcosa, ma studia qualcosa IN QUANTO qualcosa d’altro!
E torniamo così alle domande iniziali della lezione. È quel “in quanto” a segnalare l’aspetto che si considera di quel qualcosa. E’ quel “in quanto” riferito ad un soggetto analizzabile e problematizzabile secondo aspetti diversi a fornire il rigore al discorso che si fa sopra questi diversi aspetti.

In uno slogan: dove c’è “in quanto” c’è scienza.

L’ONTOLOGIA E’ SCIENZA.

Non dicevamo nella prima lezione che intendiamo per Ontologia lo studio “dell’ente in quanto ente”?
Proviamo ad esaminare l’espressione ora, con le conoscenze finora acquisite, seguendo l’esempio della sedia.

L’arredatore studia la sedia in quanto bella.
L’ortopedico in quanto comoda
l’economo in quanto vendibile…
e coì via

Cosa è la sedia? E’ qualcosa. Generalizziamo dunque:

L’arredatore studia qualcosa in quanto bello.
L’ortopedico studia qualcosa in quanto comodo
l’economo studia qualcosa in quanto vendibile…
E il metafisico?
Il metafisico studia qualcosa in quanto qualcosa. Cioè studia l’ente in quanto ente, appunto.

Due possibili contro argomentazioni:

1 – è inutile. Rispondo che la scienza come scienza, esattamente come il sapere per il sapere, è inutile, cioè non risponde ad un carattere di utilità pratica che non risulta implicito sostanzialmente al concetto di scienza (ma solo mediatamente!). È utile la tecnica che utilizza alcuni ASPETTI di una data scienza (aspetti di aspetti, avete capito bene). Ma questo non significa che l’inutilità tecnica di una conoscenza sia automaticamente il suo non essere conoscenza rigorosa (e quindi scientifica). Lo schiavismo dell’utilitarismo modernista è una piaga che ad avviso di molti epistemologi contemporanei limita la scienza stessa e di conseguenza limita anche le sue possibilità pratiche di utilità (cfr. Alberto Strumia, Scienza e teologia a confronto, 2014).

2 – è un giro di parole che non significa nulla. Rispondo che l’argomentazione finora riportata non ha fatto altro che sottolineare come dietro ogni scienza abbia come presupposto l’esistenza di un soggetto comprensibile dalla propria ricerca (chiamiamolo Ente/qualcosa/oggetto primario/fondamento: come si vuole) e che tale soggetto sia studiato sotto un certo aspetto (che è l’oggetto della scienza). La metafisica esplica razionalmente l’aspetto dell’entità di un ente in generale.

In generale!
Per questo si dice che l’ontologia studia “le leggi dell’essere”. Ed è per questo che è considerata la scienza “dell’intero”. È tale infatti perché dirige la sua attenzione sull’integralità dell’essente. Ed è per questo motivo che l’ontologia viene dunque dichiarata da Aristotele “scienza prima”, poiché si occupa dell’esistente secondo le leggi proprie dell’esistente stesso. Ed è grazie a questo motivo che si rende necessaria alle scienze “seconde” (quelle cioè che informano parzialmente sugli enti!), al fine di condividere una base comune di razionalità. Ad esempio una interpretazione personale di dati raccolti da una scienza “seconda” che si opponga a delle leggi intrinseche all’ente che studia (cioè contraria ai principi della metafisica che questo ente lo studia in quanto ente!) sarebbe da considerarsi irrazionale! E Dio solo sa quante letture personali di teorie considerate scientifiche oggi giorno si appoggiano su metafisiche contradditorie… Ad esempio: pensare che la fisica quantistica demolisca il principio di non contraddizione (che è un principio primo dell’ente in quanto tale, lo vedremo!), è un pensiero irrazionale.
Si comprende ora appieno questa citazione di Fr. Henry Koren presente nel suo manuale “An Introduction to the Science of Metaphysics” del 1950:

“Without metaphysics, the ultimate foundations of all other sciences are left insecure. In other sciences, we presuppose and take for granted such things as the principles of contradiction and of causality, the multiplication of individuals in the same species, the possibility of change, etc. If we accept all these things without examining their value, the whole structure built upon them stands on insecure grounds and thus leaves everything open to doubt. On the other hand, if we do not accept them, scientific knowledge of any kind will be impossible. Hence, in order to make true science possible, these principles and presuppositions must be examined, and their validity established. (pp. 10-11)”

— continua —



Categories: Filosofia, teologia e apologetica

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191 replies

  1. Un post che ci voleva a cui rimandare gli interlocutori scientisti al fine di condividere con loro su una base comune.

    Vorrei fare un breve commento rispetto alla nozione di “rigidità” da te utilizzata: ci si aspetta dalla scienza (qualunque scienza) di essere coerente con se stessa in particolare a livello della logica che utilizza, dei metodi e degli oggetti della sua investigazione.

    La riflessione interessante è il perché c^è bisogno di “coerenza”: questa considerazione è un principio, ma un principio che è indimostrabile all’interno di ogni scienza.

    Qualcuno potrebbe obiettare che se non ci fossero un insieme finito di ipotesi e di ragionamenti per dimostrare le affermazioni all’interno di una scienza questa non potrebbe essere qualificata di scientifica: invece proprio Gödel dimostrò che anche nel caso semplicissimo dei numeri naturali, l’insieme delle proposizioni indimostrabili sulle proprietà di tali numeri è indefinito o espresso in altri termini, ce ne sono tante quanti i numeri naturali stessi. Quindi anche in un caso semplicissimo come questo tutti i postulati non possono essere dati a priori. D’altro canto Hilbert stabilì che gli insiemi che contengono l’infinito (cantoriani) non possono rappresentare sistemi reali, in quanto allora sarebbe possibile avere contraddizioni (come 3>5) nel mondo reale, il che, con tutta ovvietà non si riscontra.
    Se ne deduce quindi che il numero di postulati è indefinito nel mondo reale ma non è, attualmente, un’infinità.

    Tutto questo per dire che la nozione di coerenza che ci si aspetta da una scienza non può essere legato ad un insieme finito di ragionamenti e ipotesi, ma da uno indefinito anche se non infinito nel senso di Cantor.

    Allora a cosa si riferisce questa “coerenza”? Non è intrinseca ad una scienza particolare eppure è un principio di cui abbiamo bisogno in ogni scienza particolare: è una necessità che non si deduce da una scienza particolare eppure senza di essa non funzionerebbe. E tutte le scienze hanno da essere coerenti con se stesse anche se non per forza tra di loro, anche se lo si spera: la forza di una teoria come quella dell’evoluzione proviene non da dimostrazioni scientifiche che per ora non ci sono ma dalla necessità di coerenza del reale.

    Questa necessità di “coerenza” è propria al modo di conoscere umano e si basa su un presupposto che è eminentemente ontologico: tutti gli oggetto di conoscenza partecipano dello stesso reale e tale reale è descrivibile dal fatto che le sue parti ed il tutto sono coerenti tra di loro ad un certo livello. Il bisogno di stabilire questa coerenza fonda quindi il discorso ontologico: tutto e le parti di tutto è e sono qualcosa e compartiscono il fatto di essere qualcosa e in quanto qualcosa devono assolutamente essere studiate per garantire la coerenza dei discorsi scientifici.

    Qualcuno che viene e vuol “dimostrare” che non c’è bisogno di metafisica, ontologia e logica compie un ossimoro in atto: il suo miglior modo per dimostrare la veridicità di un tal tipo di affermazione è di… starsene zitto.
    In Pace

  2. ” Qualcuno che viene e vuol “dimostrare” che non c’è bisogno di metafisica, ontologia e logica compie un ossimoro in atto: il suo miglior modo per dimostrare la veridicità di un tal tipo di affermazione è di… starsene zitto”

    @Simon e @tutti
    Da un punto di vista, si può affermare che c’è necessità di metafisica, ontologia e logica in quanto c’è NECESSITA’ di relazione/comunicazione tra umani e tale relazione si realizza negli umani tramite il linguaggio verbale?

    Se infatti l’autocoscienza umana può avvenire, anzi avviene senza linguaggio verbale, così come avviene anche la comunicazione/relazione non verbale tra individui (esempio: linguaggio del corpo) ….lo stesso non si può dire nella comunicazione verbale! O simbolica.
    Per entrare in relazione con l’altro attraverso la parola (anche senza arrivare a discutere di scienze) DEVO per forza “fare metafisica” – o almeno lo devo fare quando non esprimo fatti strettamente fisici che avvengono in quel preciso istante (tipo “ahia mi son storta la caviglia!”). Quindi devo fare metafisica quasi sempre – intendendola qui in senso lato.

    La linguistica già da molti anni ha individuato la Grammatica Universale (vedi Noam Chomsky) come struttura sottesa a tutte le lingue umane – che prova in pratica come l’essere umano possegga in modo innato la “predisposizione” ad esprimersi verbalmente. Io quindi vedrei (forse) nella metafisica il punto di arrivo della Grammatica Universale: si “parla” (e si pensa) sulla base di una lingua, basata sulla GU (basata a sua volta sulla struttura umana – unità mente corpo) e se si vuole parlare CON L’ALTRO bisogna creare per forza la metafisica – o farvi riferimento se si considera come esistente struttura umana profonda legata al linguaggio.
    Chi dice di non servirsi di UNA qualsiasi metafisica, dovrebbe spiegare senza parole, senza immagini e senza simboli quello che “starebbe dicendo” agli altri senza parole, senza immagini e senza simboli. Senza un SISTEMA di riferimento.
    E dovrebbe provare, sempre senza parole, che sta facendo ad esempio “scienza” non per entrare in relazione, per comunicare (e quindi per costruire un mondo insieme ad altri) ma solo per sè stesso, per pura conoscenza – utilizzando magari anche un sistema che nessun altro comprende, perché tanto non ce n’è bisogno!!

    Ma ammettiamo che sia così: non ce n’è bisogno. È un “illuminato”, sta nel Nirvana, vede la realtà così com’è, possiede il segreto dell’universo e non serve che lo dica a nessuno. Sta nella quiete perfetta.
    A quel punto dovrebbe anche spiegare perché, dopo il Nirvana, ha deciso di scendere in terra a discutere con altri di scienze….o di altri argomenti. Comunque, diciamo che tale scienziato illuminato è venuto quaggiù per condurre altri all’illuminazione della “realtà così com’è”. Ma per fare questo deve passare dalla “realtà così com’è” alla rappresentazione della realtà su una base condivisa dagli altri esseri.
    Però poniamo che voglia parlare solo con altri scienziati, illuminati quanto lui, che vedono “la realtà così com’è”. Anche in questo caso, come apre bocca DESCRIVE LA REALTA’ all’altro tramite un linguaggio, non è che la comunica per osmosi. (E non fa nemmeno fare all’altro un tuffo nella piscina della realtà!).

    Quindi metafisica come necessità dei linguaggi umani e necessità della relazione?
    Dunque necessità dell’uomo. Dunque realtà dell’uomo.
    Si può dire anche così?
    o_O

    ??

    • Correggetemi se sbaglio, ma a me pare che il supposto “illuminato” che vede la realtà così com’è e possiede il segreto dell’universo, se con questo si intende dell’universo in quanto è, sta già in una prospettiva ontologica/metafisica,

      • Nel mio esempio l’illuminato non stava in nessuna prospettiva perché “vedendo tutto com’è” completamente e in un colpo solo…non c’è più distinzione tra fisico, metafisico, dentro, fuori, ecc. Insomma sarebbe un pò Dio se vedesse la realtà in quel modo.
        (ma appunto sto leggendo le lezioni for dummies per capire una definizione di metafisica….e faccio le domande per vedere se e quanto capisco o non capisco)

        • Appunto. Il punto di vista di Dio è la totalità, ossia in un certo senso, la metafisica. Mi pare che la distinzione fondamentale prospettata in questa lezione sia tra le scienze= indagine su aspetti particolari dell’essere / l’ontologia =indagine sull’essere in quanto essere (però, se devo essere sincera, credo che i miei studenti al primo anno di filosofia risulterebbero troppo “dummies” per il livello di questa trattazione).

          • @Dernhelm
            Sì sì l’argomento della lezione è diverso da quello su cui mi sono concentrata nel mio post. Il mio commento partiva dalla frase di Simon che ho riportato. E mi pareva di non poter andare oltre nella comprensione se non chiarivo dei dubbi che avevo.

            Ah ecco, quindi tu in un certo senso identifichi (in parte) Dio con la metafisica. Mentre io (al momento) vedevo la metafisica come una categoria puramente umana. Se quindi qualcuno, umano, nega di “aver bisogno” della metafisica praticamente si sta ergendo a Dio.

            Per riportare a quanto citato da Minstrel qua sotto, cioè distinzione tra descrizione e spiegazione, una persona che affermasse che descrizione e spiegazione coincidono e riuscisse a dimostrarlo….sarebbe all’incirca…Gesù?

            Quello che ancora non ho chiaro è quanto segue. A me pare che anche chi si vuole riferire alla sola descrizione (di fatti scientifici) comunque non possa esulare mai dalla metafisica. Nella sola descrizione è compreso un punto di vista, una visione, UNA visione, non LA visione totale….quindi una metafisica. Giusto?

          • In senso molto generale direi di si, trinity.
            Chiunque fa un discorso scientifico, come dimostrato, non fa che studiare l’ente sotto un certo aspetto sostanziale (poiché studiare niente è nulla come studiare) e pertanto implicitamente riconosce l’ENTE quale fondamento del suo sapere (quale SOGGETTO, lo vedremo nella prossima lezione).
            Ma quali sono i principi di questo ente PER ESSERE TALE e dunque dare fondamento RAZIONALE alla scienza che pretende di descriverne un’aspetto? Ecco una delle domande cardine.

            Ah, nella prossima lezione tratteremo anche di oggetto formale dell’attività scientifica e forse questo ti potrà essere d’aiuto a dirimere il problema che sollevavi all’inizio.
            L’idea è questa: non è necessaria l’attività “linguistica”, bensì semplicemente di una forma che concretizzi razionalmente la materia. Si fa scienza quando si constata un aspetto razionale di un dato ente e naturalmente il primo aspetto, quello generale ed implicito, è il fatto che questo ente semplicemente “è”.

            Rimango dell’idea che la prossima lezione, che concluderà il discorso sul termne “scienza” chiarirà ancora qualche aspetto per ora rimasto evasivo. Non farò che ribadire il già detto, ma ribadendolo lo si arricchirà con nuovi termini e nuove distinzioni che certamente approfondiranno i medesimi concetti.

            A presto dunque! 🙂

          • @Dernhelm
            Il punto di vista di Dio è la totalità, ossia in un certo senso, la metafisica
            Certamente! Ovvio che la differenza sostanziale sta nel senso di questo termine “ente” quale essere. E’ la differenza che il Bontadini vedeva fra l’ontologia originaria e quella originata.
            Ne parleremo carissima, anche se son convinto che quando ne parleremo tu ritroverai cose che hai già sentito per viva bocca del Bontadini stesso… 😉 wow! 😀

    • “…come apre bocca DESCRIVE LA REALTA…” un po’ come Agostino che alla domanda: “Cosa è il tempo?” risponde: “Se non me lo chiedi lo so, se me lo chiedi non lo so.” ?

      • un po’ come Agostino che alla domanda: “Cosa è il tempo?” risponde: “Se non me lo chiedi lo so, se me lo chiedi non lo so.” ?

        Proprio. Sta dicendo che c’è uno che glielo chiede, quindi sono in 2 in quel momento. Sta dicendo che si danno del Tu. Sta dicendo che entrambi hanno un concetto di “chiedere”, di “sapere”, ecc. Sta dicendo che non sono affetti da mutismo né da sordità perché parlano tra loro (in caso di domanda scritta sta dicendo che non è affetto da cecità oppure che qualcuno legge e scrive per lui).

        Quindi sì, come apre bocca descrive la realtà.
        (per me. Ma stavo appunto chiedendo lumi agli esperti sul mio pensiero)

  3. Non ho ancora letto il post ma solo per l’immagine di apertura ho dato il “mi piace”.

    Ora lo leggo.

  4. In principle, the laws of nature discovered by the scientific method offer incomplete explanations of reality. Feser discusses how the much-ballyhooed “laws of nature” presuppose physical things that exist and that operate in accordance with the laws. But even if the “laws of nature” are able to describe how, for the most part, actual physical things really behave, that description is still different from an explanation for why they do what they do. […] Yet we need only appreciate for the moment the difference between a description and an explanation. All too often, the proponents of “scientism” think that because they can write equations for “laws of nature” they therefore somehow possess explanations of physical things. But usually they don’t; usually they are simply confusing mathematical descriptions with essential explanations. […] As ad hoc pattern recognition on our part, they stop short of ultimate foundations and remain merely provisional descriptions—unless in haste we inflate them into unwarranted philosophical deities that pretend to be explanations. As soon as this distinction can be appreciated, the need for the serious intellectual competencies of philosophy will be likewise rightly appreciated. Philosophy is destined to play an indispensable complementary role along with science whenever humanity seeks ultimate explanations for the real natures of things in the most rigorously essential terms. 

    Christopher S. Morrissey, Metaphysics and the Case Against Scientism, review of “Scolastic Metaphisic” by Edward Feser

  5. @Dernhelm
    Quindi, ANCHE, tu dici, voi dite che la metafisica è il punto di contatto tra Dio e l’uomo (noi vediamo una parte e Lui vede tutto).
    Mentre per me (in questo momento, poi domani non so) la metafisica è una chiave di lettura necessaria a noi umani tutti. Dunque non è esattamente IL punto di contatto, ma UNO dei possibili tanti punti di contatto. Più che altro un MEZZO.

    • Un mezzo di cui sono dotati tutti gli esseri umani e di cui tutti fanno uso, anche quelli che lo negano.

      • La filosofia non è l’unico e per me personalmente nemmeno il principale punto di contatto con Dio ( ma questo sarebbe un discorso lungo).
        Dio, essendo creatore e quindi fondamento dell’essere, è onniscente, ci insegnava il vecchio catechismo, quindi conosce tutti i perché e tutti i come. In questo senso (improprio?) Dicevo che il Suo è il punto di vista metafisico.
        invece, quanto alla metafisica come scienza umana:
        – le scienze sono scienze di fatti =il come. Come si muovono gli elettroni?…
        -il perché spetta alla filosofia. Perché esiste i’essere e non il nulla?(lo so, Bontadini si arrabbierebbe…) perché è un cosmo=un ordine e non un caos? Tant’è che ne possiamo indagare le leggi con la ragione? Dal che si evince, come mi pare tu abbia intuito, che senza una sia pur minima metafisica ossia il presupposto implicito o dichiarato della razionalità e quindi comprensibilità del reale, non è possibile una qualsiasi ricerca scientifica, forse nemmeno ridotta a indagine statistica.
        In altri termini, le diverse scienze cercano di spiegare diversi ordini di fenomeni, non spiegano perché i fenomeni siano spiegabili: questione metafisica. Poi, nella storia, vi sono state teorie scientifiche che supponevano metafisiche anche molto complesse.
        Gli esperti mi dicano se sono troppo terra terra.

    • No, trinity, in questo caso nessuno credo stia dicendo che la metafisica è un “tramite” verso Dio, almeno non come può essere – che ne so – la preghiera. La metafisica è una scienza e come tale è indagine “umana”. Dernhelm semplicemente dice che se la metafisica ha come raggio d’azione un universo assoluto che è lo studio dell’ESSERE, allora necessariamente studierà l’essere per sé sussistente che è Dio.
      Per questo parlo di divisione FITTIZIA (didattica) fra Ontologia e Teologia razionale, perché a voler guardare una richiama l’altra necessariamente.
      Una metafisica è necessaria alle scienze particolari perché ogni scienza ha fondamento nell’ente/essere che risponde a principi primi dell’essere stesso.
      E’ metafisica anche la teologia RAZIONALE poiché tale “discorso su Dio” (lett. teo-loghia) è il discorso scientifico (stringente e coerente come direbbe Simon) che si fa BASANDOSI sui principi primi dell’ente! Quindi in realtà non si viene in contatto con Dio, ma… CON UN ASPETTO di Dio che è quello razionalizzabile dall’uomo AL DI LA’ della RIVELAZIONE.
      SI arriva al massimo al Dio dei filosofi.
      Che però, in questi tempi di ateismo cretidiota e nichilismo furbacchione… scusa se è poco! 😉

      • Ok. Grazie Minstrel e grazie Dernhelm. Il quadro generale per me è importante…e forse lo è anche per chi vi fraintende e/o contesta la metafisica.

        Il fatto linguistico che citavo (tentavo di citare) è un punto di vista un pò particolare che non nega comunque la “strada principale” spiegata nelle lezioni.
        È una mia intuizione che non saprei approfondire perché non ho abbastanza conoscenze. (una curiosità curiosa: se leggete un pò Chomsky vedrete che va a riprendere e rivalutare….gli studi di Pascal sulla grammatica…stavo rivedendo Chomsky per controllare se ricordavo bene e ho ritrovato Pascal così ora ne so un altro pò )

        La linguistica comunque non la consideravo come struttura esterna finale ma come struttura profonda (come intesa da Chomsky) indipendente da una lingua specifica.
        Minstrel scrive “L’idea è questa: non è necessaria l’attività “linguistica”, bensì semplicemente di una forma che concretizzi razionalmente la materia. Si fa scienza quando si constata un aspetto razionale di un dato ente e naturalmente il primo aspetto, quello generale ed implicito, è il fatto che questo ente semplicemente “è”.

        A me verrebbe da dire che si “fa”scienza quando si inizia a “pensare” come comunicare quello che si è constatato, quando si entra in relazione con l’altro e si è obbligati ad usare un linguaggio (non necessariamente una lingua). A quel punto, mi verrebbe da dire che esprimo una “metafisica”. Prima “della relazione” mi permane qualche dubbio se ci può essere una metafisica….
        Non so perché….forse semplicemente perché sono troppo dummy 😉

        Continuo a leggere le lezioni….

        • Minstrel “Si fa scienza quando si constata un aspetto razionale di un dato ente e naturalmente il primo aspetto, quello generale ed implicito, è il fatto che questo ente semplicemente “è”.

          Ecco mi è venuto il termine leggendo il blog Preghiere Corte.
          Quella scienza che tu descrivi nella citazione io la definirei più “conoscenza” e non so se abbia già a che fare con la metafisica….
          Ma potrei aver preso una piega sbagliata da qualche parte….

        • Pensare come comunicare ciò che di è constatato senza cadere nell’opinione, ma rimanendo rigorosi.
          La linguistica poi… non è una scienza particolare? Vedremo nella prossima lezione, fra le altre cose, come tutte le scienze sono virtualmente contenute nell’ontologia… 😉

  6. Caro Minstrel,

    mi scuso del mio ritardo a proseguire l’esposizione dei risultati del Lonergan sulla conoscenza, l’epistemologia e la metafisica che forse avrebbero aiutato in questa discussione. Ma non riesco a ritagliare un tempo sufficiente. Per intanto non mi resta che intervenire brevemente nella speranza di poter chiarire meglio in seguito.

    Tu vuoi dimostrare che la metafisica e’ una scienza rigorosa. Ma gia’ a questo punto le questioni sono piu’ complicate di quanto tu indichi. La metafisica potra’ raggiungere di nuovo la dignita’ di scienza, ma si dovra’ adeguare alla nuova concezione di scienza che ha rimpiazzato quella classica che tu richiami e che era fondata sulla dicotomia tra necessario e contingente. Nella misura nella quale l’universo era necessario poteva essere conosciuto in modo scientifico dal saggio, in quanto era contingente non poteva essere oggetto di conoscenza scientifica, ma dell’ opinione sulla quale esprimeva il suo giudizio l’uomo prudente.

    Per il moderno concetto di scienza Lonergan cita lo studio di Herbert Butterfield “The Origin of Modern Science 1300-1800”, secondo il quale la rivoluzione scientifica del sedicesimo e del diciassettesimo secolo sarebbe stato l’evento storicamente di maggior rilievo dall’inizio del Cristianesimo, molto piu’ del Rinascimento o della Riforma, perche’ cambiando radicalmente la nozione di scienza ha cambiato radicalmente la cultura e per conseguenza la societa’. Le conseguenze di questa rivoluzione sono ancora in corso e la crisi del nostro tempo deve molto alla sua incompiutezza. In estrema sintesi, data la distinzione aristotelica tra cio’ che e’ necessario e che puo’ essere oggetto della scienza e cio’ che e’ contingente che puo’ solo essere oggetto dell’opinione, restava fuori della scienza molta parte dei fenomeni e di fatto la scienza si limitava alle generalita’ e non doveva occuparsi delle situazioni di fatto. La scienza moderna invece ha per fine la spiegazione di tutto. Questo non influisce solo sulle scienze naturali, ma anche su quelle umane dove non ci si accontenta piu’ delle generalita’ del diritto naturale o della psicologia delle facolta’, ma si cerca di comprendere sempre piu’ nel dettaglio qualsiasi fatto storico e psicologico. Le conseguenze toccano anche la filosofia e nello specifico anche la metafisica che non sara’ piu’ soltanto la scienza dell’ente in quanto ente, cioe’ in generale dell’ente e percio’ astratto, ma la scienza di tutto l’ente, dell’ente simpliciter.

    La metafisica di Aristotele fu concepita quando la scienza stava appena nascendo nel campo della matematica, della geometria e dell’astronomia. Bisogna tenerne conto se oggi si vogliono applicare le sue categorie. Ad esempio nessuna delle domande che poni nella tua esposizione e’ una domanda scientifica, ma di senso comune. Esse possono riguardare non la scienza, ma in generale la teoria della conoscenza. Le domande che possono portare alla conoscenza della sostanza/ essenza di una cosa solo se espresse all’interno dello schema di ricerca promosso dall’esclusiva ricerca di spiegazione, che di fatto parte dai riferimenti all’esperienza del soggetto per definire le cose al fine di stabilire progressivamente le interrelazioni che le legano, verificabili, ma non descrivibili. Tra i principali problemi della metafisica tradizionale era ed e’ quello di non sapere che la conoscenza della forma essenziale consiste nella spiegazione scientifica tuttora in sviluppo e non in una descrizione della cosa. La forma della gallina non e’ la risposta che essa e’ un volatile nato da uovo di gallina, usato per fare i polli arrosto. Benche’ la descrizione possa essere perfetta, anche piu’ di questa, non ha nulla delle risposte all’indagine perche’ una gallina (quella individuata dalla descrizione) e’ una gallina. In genere questo errore si manifesta come nella citazione di Freser fatta da te poco piu’ sopra, cioe’ con il ricorso a fantasmatiche entita’ che solo il metafisico conoscerebbe, una sorta di metafisica gallinita’ della gallina.

    In conclusione di questo intervento gia’ troppo lungo, non e’ che gli elementi materia/ forma/ esistenza (per s.Tommaso c’e’ anche questo terzo elemento costitutivo) siano sbagliati, ma e’ tutta la concezione della metafisica tradizionale che e’ superata e percio’ e’ percepita come inutile non solo dagli scienziati, ma anche da tutti gli altri studiosi, ad iniziare dai teologi.

    • Ciao Tom, bentornato. Tu non hai idea di quante volte mi sono chiesta, rispetto a questi argomenti “ma che direbbe Lonergan?”
      Pur non avendo io, come ben sai, adeguate conoscenze per dibattere…ho sempre avvertito (da quando l’hai presentato) che quell’uomo ha compiuto un bell’avanzamento su questi temi.
      (E come faccio a dirlo, dall’alto della mia ignoranza? Non saprei. Al momento intuisco. Qualcosa tipo quizzone Vero/Falso. Avverto dove c’è del vero e dove c’è del falso. Oppure avverto pezzi che mancano. Pezzi mancanti del mosaico. Per me Lonergan ha trovato un bel pò di pezzi e anche la cornice)

    • Tom: La scienza moderna invece ha per fine la spiegazione di tutto. Questo non influisce solo sulle scienze naturali, ma anche su quelle umane dove non ci si accontenta piu’ delle generalita’ del diritto naturale o della psicologia delle facolta’, ma si cerca di comprendere sempre piu’ nel dettaglio qualsiasi fatto storico e psicologico.

      Grazie tom di questa disamina. Inizio rispondendoti che sono d’accordo che oggi giorno la scienza VORREBBE avere per fine la spiegazione di tutto e prima o poi gli scienziati dovranno pur comprendere che tale spiegazione, se mai si raggiungerà, dovrà logicamente essere di tipo “con-fuso” e non particolareggiato come loro vorrebbero.

      In secondo luogo dovranno convenire che la filosofia è la scienza specifica per l’elaborazione di questa teoria.

      Ma al di là di queste previsioni, più o meno facili, mi permetto di criticare quando scrivi che “la metafisica potra’ raggiungere di nuovo la dignita’ di scienza, ma si dovra’ adeguare alla nuova concezione di scienza”. Primo perché mi sembra l’errore di Kant che pensando l’unica metafisica possibile fosse quella che agiva come la fisica moderna, distrusse l’idea di metafisica e la teoria analogica sulla quale quest’ultima necessariamente avanza.
      Secondo perché in realtà la “nuova concezione di scienza”, se da un lato è molto pratica, a me appare come una metafisica implicita, per di più contraddittoria (il riduzionismo, tutto, è tale).
      In soldoni (in talleri…): non posso credere che il metodo scientifico possa auto fondarsi e nel contempo non posso ritenere che ciò che fonda implicitamente il metodo scientifico ancora oggi (cioè l’accettazione delle leggi dell’ente in quanto tale grazie alla metafisica!) debba essere fondata sul medesimo metodo. Son tautologie, è ovvio.
      D’altra parte è Husserl stesso che dichiara: “la naturale insopprimibile tendenza dell’intelligenza umana a pensare di conoscere le cose, e a rappresentarsi in termini metafisici la realtà, ha condotto a ipostatizzare le formule matematiche che sono relazioni tra grandezze: si è teso ad attribuire alle proprietà accidentali delle cose quali sono la quantità e la relazione i connotati della categoria disostanza. Si è ceduto cioè alla tentazione di vedere in queste formule e nel loro senso il vero essere della natura stessa (E. HUSSERL, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, p. 73.)
      Lo spiega alla grande Strumia nel suo ultimo trattato a pag. 74 “Questo processo è particolarmente accentuato nella fisica del mondo microscopico, nella meccanica quantistica dell’atomo e delle particelle elementari, le quali costituiscono un oggetto d’indagine le cui uniche fonti di conoscenza sono le misurazioni strumentali e le uniche rappresentazioni sono quelle fornite dalle equazioni di campo che le descrivono. Se è abbastanza naturale, dal punto di vista dell’attitudine psicologica acquisita, che un fisico tenda a rappresentarsi la realtà in termini relazionali-matematici, l’operazione diviene fuorviante se questo atteggiamento, resosi abituale e spesso inconsapevole, tende a erigersi come esaustivo della realtà, diviene una metafisica che si esercita anche al di fuori del mondo fisico.”

      Mi sta benissimo invece che la metafisica debba rispondere delle più recenti scoperte scientifiche avvenute con il nuovo metodo, ma la lettura di questi dati non possono prescindere da una teoria metafisica coerente, pena la distruzione dei dati stessi, che divengono privi di sostanza.

      Chiudo con lo stesso Strumia che riesplica quel che tento di scrivere io e lo amplifica con pensieri più alti: “Questo processo che attribuisce alla matematica un ruolo sostitutivo della metafisica, riconoscendo alla prima il potere esaustivo e fondante della seconda, contiene, tuttavia, già in se stesso le premesse per rendere progressivamente priva di valore conoscitivo la scienza stessa. Infatti la matematica, come del resto la logica, tenderà a svilupparsi come scienza formale, valida in quanto coerente, non contraddittoria, indipendentemente dal contenuto materiale al quale viene applicata. Essa non è capace da sola di definire il vero o il falso in rapporto alla realtà, ma solo il contraddittorio e il non contraddittorio all’interno di se stessa. Di conseguenza, la tendenza a sostituire la metafisica alla matematica porterà, contemporaneamente, alla riduzione della logica a logica formale, con la graduale scomparsa della logica materiale, e alla riduzione della nozione di verità a quella di non contraddittorietà. La matematica può fondare le scienze naturali come scientia rectrix ma solo quanto alla conoscenza delle relazioni tra grandezze, non può invece fondarla come conoscenza di verità. Di qui viene a originarsi la crisi della scienza quanto al valore che essa ha come forma di conoscenza, come teoria.”

       Grazie di questi tuoi interventi, davvero! Continuerei l’eventuale disputa sul nuovo articolo dedicato a ciò che può essere considerato “attività scientifica del tutto”, ieri oggi e temo anche domani. 😉

      • Concordo con questa tua replica, Minstrel.
        Affermare “La scienza moderna invece ha per fine la spiegazione di tutto….” è in profonda contraddizione con l’esprimere che ” [la scienza moderna, ndr] … cerca di comprendere sempre piu’ nel dettaglio qualsiasi fatto storico e psicologico.

        Infatti più si va nel dettaglio e nella specificità, più si va verso la complessità e il caso particolare e cioè più ci si allontana dalla semplicità del tutto.
        Grazie.
        In Pace

        • Semplicità non intesa come facilità di comprensione, ma come mancanza di composizione particolare, analoga alla semplicità quale attribuito divino.

          • Caro Minstrel,
            grazie della ragionata risposta che mi dimostra quanto poco mi ero spiegato. Ora sara’ peggio perche’ devo limitarmi ad accenni. Come mi proponi, cerchero’ di intervenire in tuoi ulteriori articoli.
            In breve.

            1) Non sono contro la metafisica tomista che e’ meravigliosa anche se incompresa e oscurata in primis dai suoi sostenitori. Essa e’ comunque da espandere facendo perno su cio’ da cui nasce, cioe’ dalla conoscenza della conoscenza. E’ qui che cascano i cd. metafisici neoscolastici pseudotomisti.

            2) Ho detto che la scienza moderna ha per fine la spiegazione di tutto. E’ chiaro dai riferimenti che intendevo tutto l’universo empirico, ivi compreso qualsiasi aspetto anche relativo all’uomo. Contraddicevo la tua affermazione che la scienza fosse solo del necessario, non del contingente, perche’ essa desidera comprendere il perche’ di ogni variante. Mi riferivo alla scienza nel suo complesso, che non e’ il campo specifico di nessuno scienziato, ma della comunita’ nel tempo e nello spazio degli scienziati, ciascuno volto a indagare un campo specializzato. Ogni scienziato cerca di formulare le ipotesi in modo da poterle verificare, ma le verifiche, positive o negative, sono un punto di partenza per nuove indagini. L’obiettivo di una conoscenza totale non e’ certo in vista.
            L’uso della formalizzazione matematica e’ necessario e non porta nessuno dei pericoli temuti da Strumia.

            3) Il conoscere della scienza tende a conoscere tutto attraverso i metodi scientifici, ma questi non sono che un aspetto del conoscere in generale, che non usa solo i metodi scientifici. L’affermazione che la scienza ha per fine la comprensione con i suoi metodi di di ogni aspetto empirico, come non esclude il senso comune, non esclude neppure la metafisica, che e’ lo studio delle strutture dell’oggetto della conoscenza. Essa rende esplicito l’oggetto della conoscenza. Quindi presuppone la conoscenza della conoscenza. Quest’ultima e’ in sviluppo dal senso comune alle scienze empiriche, alle discipline riguardanti l’uomo, la sua psicologia e la sua storia.

            4) L’ordine delle discipline e’ 1. Formulazione di una teoria della conoscenza, 2. Formulazione di una metafisica 3. Formulazione di una teoria critica. Ma Lonergan dice che non importa da dove si inizia, l’importante e’ tener conto delle interrelazioni se si vogliono evitare le trappole a cui avevo accennato nel precedente intervento e che hanno portato ai pasticci e poi all’irrilevanza anche teologica della metafisica (neo)scolastica.

          • Riabilitare la metafisica demolendola! Tom , sei molto furbo, ma è certo che il La te lo si viene servito su un piatto d’oro fin quando si continuerà a misconoscere il conoscere con l’essere ( ovviamente non l’esistere ).
            Teoria della conoscenza poi…ma che senso ha?

            Tralasciando il fatto che certe specificità erano di certo non esperibili e né immaginabili ( si pensa per immagini giusto? ) , la tua rischia di essere un’apologia di Mammona e della dispersione dissennata nel molteplice.

  7. Minstrel, Tom dice che se la metafisica non si basa (e non si relaziona) su una teoria della conoscenza – teoria che non comprende solo metodi scientifici – …..allora anche la “tua” metafisica fa una brutta fine (e non solo la “metafisica riduzionista”).
    Cioè ti conferma quello che tu hai detto prima: hai detto che la metafisica tua non può basarsi sullo stesso metodo scientifico che implicitamente fonda.

    Come dire….e allora, su cosa si basa/fonda la metafisica?

    (dico bene? o_O

  8. Il Neutrino esiste o non esiste, quindi non è una domanda scientifica dato che la scienza studia i perchè?

    • Se è misurabile o meno un fenomeno che sotto un certo aspetto risponda a certe funzioni d’onda definite rigorosamente nello spazio delle fasi (spero di non aver scritto baggianate con queste ultime parole) è domanda scientifica.

      Il discorso iniziale sul “perché” è inteso solamente a far comprendere come lo studio di un certo aspetto di un ente debba necessariamente far concludere che il soggetto studiato è implicito nella ricerca stessa e ne costituisce il fondamento imprendibile. Infatti che il neutrino sia per essenza SOLO il risultato di questa astrazione è ovviamente una forzatura.
      Da qui approfondimenti.

      La domanda epistemologica con la quale ci si chiede se tale astrazione possa anche solo sfiorare l’essenza unitaria di tale entità che si suole chiamare neutrino è invece aperta e dipende dai presupposti metafisici.

      Esattamente come dipende dai presupposti metafisici propri la definizione di “esistenza” di un fenomeno come quello misurato.

      • Mah a me pare che la questione fondamentale delle domande sia una forzatura.
        Scienza e Filosofia sono strumenti, per rispondere a volte alle stesse domande… anche se qualcuno vorrebbe ritargliarsi il suo angolo di cielo tranne poi ficcare il naso con questioni “per cause” e “per leges”….

        • Andrea, andando un pò OT…..
          Dal tuo punto di vista, la Scienza (proprio tutta la scienza come da te intesa) è UNA lettura della realtà o è LA lettura della realtà?
          Intendo tendenzialmente. Cioè a cosa tende.

          Grazie.

          • Dal mio punto di vista la Scienza è la descrizione accurata di qualsiasi fenomeno possibile che investa i nostri sensi. Ed esistono unicamente i fenomeni sensibili e non è necessario postulare una realtà sottostante, quindi è LA lettura della realtà senza NECESSITA’ di metafisica e quant’altro in quanto la scienza può stabilire da sola i suoi stessi confini (intendo tendenzialmente).

            Poi ammetto che possano esistere altre opinioni, e che alla fine ognuno decide di cosa morire, e quindi in tal senso questa è UNA visione della realtà e ne esistono altre altrettanto valide a livello personale. Per lo stesso motivo per cui esistono insomma dozzine di filosofie e non sono tutte porcate e solo il tomismo è l’unica e vera via, anzi direi che ben poche sono manifeste porcate ed è proprio il tomismo ad essere più periferico rispetto ad altre visione e non certo per una questione di complotto ateista/scientista/anticristianista ma perchè esistono evidenti limiti che ho già cercato di scoperchiare in passato.

            Certo ognuno ha diritto alla sua opinione, poi il livello in cui tale opinione è radicata ne fa la misura dell’uomo.
            Almeno finchè qualcuno non deve compiere decisioni pratiche che riguardano qualcun altro utilizzando dati e metodi differenti dato che abbiamo la certezza che per questioni pratiche la scienza è senza dubbio il migliore strumento che abbiamo perchè è appunto la definizione di scienza. 😛

          • PS: metafisica intesa come viene intesa da queste parti. Una formulazione a priori su categorie a priori. Anzi reputo tale metafisica estremamente dannosa. Come ha detto Tom teoria della conoscenza e metafisica possono (anzi devono!) essere dedotte in modo “autoconsistente”. Non è possibile speculare un “punto di partenza” perchè è tutto un cerchio: la metafisica deriva dalla (a volte stabilisce, dipende dalla semantica) teoria del conoscibile, la prima metafisica o meglio dire la prima “filosofia” è stata stabilita a partire dalle nostre esperienze e osservazioni dirette e poi mano a mano affinata con i vari contributi scientifici, e assieme si procede.

            La filosofia è importante, non solo anche la sociologia in scienza è molto importante ad esempio e perfino la psicologia probabilmente anche se al momento ancora lontana. Ma quello che contesto non è il metodo di indagine nel quotidiano, che può essere fatto con equazioni o rivelatori o logiche o interviste ma che alla fine tutto contribuisce all’unica interpretazione dell’unica realtà, che sono (grossomodo) i fatti empirici.

            Chi si pone come punto di partenza, “filosofia prima” o cose simili è un uomo morto, semplicemente fermo nella corsa al progresso che investe perfino i “principi primi” che necessitano pure loro di costante rivisitazione.

  9. @ Andrea; Dal mio punto di vista la Scienza è la descrizione accurata di qualsiasi fenomeno possibile che investa i nostri sensi. Ed esistono unicamente i fenomeni sensibili e non è necessario postulare una realtà sottostante, quindi è LA lettura della realtà senza NECESSITA’ di metafisica e quant’altro in quanto la scienza può stabilire da sola i suoi stessi confini (intendo tendenzialmente).”

    Uhm…e chi dice che ‘esistono unicamente i fenomeni sensibili e non e’ necessario postulare una realta sottostante?’ Hai un argomento per questo (ne ho letti un po di argomenti per il materialismo, e sono più’ o meno tutti fallimentari, sopratutto quando cercano di spiegare cosucce tipo il significato-la consapevolezza-il concetto di mente)?

    “Almeno finchè qualcuno non deve compiere decisioni pratiche che riguardano qualcun altro utilizzando dati e metodi differenti dato che abbiamo la certezza che per questioni pratiche la scienza è senza dubbio il migliore strumento che abbiamo perchè è appunto la definizione di scienza”.

    si, notoriamente la scienza e’ capacissima di risolvere questioni di tipo etico, per esempio (cosa sia vita, cosa non lo sia etc, cosa sia ‘il bene’ cosa sia ‘il male etc).dai andrea!

    “PS: metafisica intesa come viene intesa da queste parti. Una formulazione a priori su categorie a priori. ”

    anche no, andrea. La metafisica aristotelico-tomista e’ a ‘base empirica’; ragiona sul dato sensibile (la differenza tra atto e potenza ti sembra un ragionamento a priori?Le cinque vie di Tommaso? La visione teleologica dell’etica aristotelico tomista? etc…). La scienza si occupa di quelle che in gergo nostro chiamiamo ‘cause efficienti’ il ‘come delle cose, il modo in cui gli enti si relazionano. Ma ci sono altre domande; il cosa (cause finali) il perché’ (cause formali) e a queste domande la scienza non può’ rispondere, o perché’ le da per scontate o perché’ non ha semplicemente gli strumenti per affrontarle. e’ un po la domanda che illo tempore feci a Mauro; io dico uomo =animale razionale. Tu dici uomo=aggregato di atomi o-chissa’-cosa. Io sto dicendo una cosa imprecisa-falsa e tu vera, o stiamo considerando il ‘problema uomo’ usando due metodologie che hanno scopi altrettanto legittimi e razionali, ma che hanno metodologie e scopi diversi?

    • “e chi dice che…”
      Esistono tanti argomenti, non uno. E tali argomenti si evolvono e si DEVONO evolvere, perchè esistono nuovi dati che vanno considerati e qualcuno continua a voler ignorare, non stanno in fissità a darsi del “primi” come tu neghi ma come Mauro poco sotto ribadisce.

      “notoriamente la scienza e’ capacissima di risolvere questioni di tipo etico”
      Mi riferivo ad altre questioni, tipo affidare le cure mediche ai santoni. Comunque sì, la scienza fornisce delle basi di discorso anche per quello, basi che vanno considerate di nuovo e non tapparsi le orecchie e citare la bibbia come il nostro stato fa pure troppo, nonostante si suppone in angoli come questi una deriva ateista, scientista,anticlericale…etc… ma intanto per dirne una l’8 per mille e affini si superano i finanziamenti alla ricerca (compresa umanistica e compresa neo-tomistica…etc… neh) alla grande.

      Quindi qui si ignora una cosa fondamentale, si cita la matematica come una pseudo-metafisica, si fanno esempi con aritmetica e affini paragonando la fondazione matematica della scienza ad una supposta fondazione metafisica della scienza.
      La matematica è per la scienza uno strumento. La matematica si sviluppa IN OGNI SINGOLO MODO POSSIBILE. Si cerca di sviluppare ogni possibile matematica, ogni possibile logica (che non è solo aristotelica) e ogni possibile matematica fondata su quella possibile logica (che voi non esistereste a definire “irrazionale e contradditoria e ridikulus” ma intanto è rigorosa assai).
      Poi da ogni possibile matematica si estraggono gli strumenti che più corrispondono all’unica realtà, agli unici esperimenti, e alle uniche possibile interpretazioni.

      Nessun aritmetico avrà mai l’ardire di dire che la sua visione matematica è UNICA e VERA. Voi avete più di una volta che QUESTA specifica filosofia è la VERITA’ ed è persino NECESSARIA.

      Ammettete al pari del matematico la possibilità di infinite possibile matematiche e che il vostro ruolo sia quello di sviluppare, per diletto e il più lontano possibile dall’utile, una di queste possibili realtà che poi potrà essere colta o meno a seconda dell’aderenza coi dati sensibili che sono il giudice ultimo di tutto e mi sta bene. Ma non lo fate.
      Il resto è sempre ridikulus. Gli altri sono “scientisti” “neodarwiniani” facciamone uno strawman e bruciamolo in allegria forti che il Santo Tommaso ci ha indicato l’unica vera via alla verità.

      • A proposito di aderenza coi dati sensibili…
        Una misurazione di un fenomeno sotto un certo aspetto che risponda a certe funzioni d’onda definite rigorosamente nello spazio delle fasi è aderenza coi dati sensibili? Sensibili sotto quale aspetto?!
        Perché questa modalità è aderenza sicura e invece l’esperire di qualsiasi persona che l’essere è e non può non essere (consapevolezza di senso comune che tutti hanno e che TUTTI intendono, tutti, anche chi non comprende di intederlo!) non lo è?

        Il problema a me appare qui. Dici che facciamo strawman continui, ma alla fine se restringi il campo della tua visione scientifica quello che conta è quello che misura la “tua” scienza e fai una tautologia strabiliante.
        Mi dici che tutto deve evolvere, anche i principi, ma alla fine punti tutto su una non ben specificata aderenza coi dati sensibili (naturalmente solo quelli misurati sotto aspetti considerati oggi razionali cioè ad esempio quelli matematici) quali “giudice ultimo”, affermazione che coincide inevitabilmente con un bel principio. Deve evolvere questo principio dici? Perfetto, facciamolo evolvere (naturalmente, cioè è il principio stesso che utilizzi che te lo chiede a gran voce) verso una scienza che contempli la metafisica. 😀
        Deve evolvere anche il principio che l’essere è ciò che è?

        Che poi davvero non capisco come si faccia a non capire che stiamo remando tutti verso la stessa parte. Non stiamo parlando di due mondi da contrapporre, ma di una concezione che la scienza usa implicitamente per poi esplicitamente (a quanto pare) non volerla accettare: la concezione che necessariamente pone l’elemento metafisico come immanente al sensibile, non però come una cosa sotto un’altra cosa, ma come principio e coprincipio di essere.
        La scienza cioè va alla ricerca dell’unità del reale, presupponendolo.
        Non si sta cercando una di una teoria del tutto? Non si ritengono le leggi scoperte dei fenomeni “universali”? E quindi non si ha IMPLICITAMENTE l’idea che l’essere in generale (ciò che è) sia UNITARIO? Che tutto è tale dappertutto? Che tutto E’ (appunto!) e ha delle leggi che possiamo tentare di scoprire?!
        Eaallora?!
        La teoria “del tutto” non c’è, probabilmente una tale teoria in termini scientifico matematici non ci sarà mai, eppure si continua a cercarla. Perché? Le leggi si chiamano leggi “universali”? Perchè?
        Perché il reale deve pensarsi unitario? Perché una unità complessa del reale?! E perché la metafisica, che è proprio la scienza del reale pensato unitariamente, deve dunque essere una coglionata? Perché non fa uso della formalità matematica? Dunque vedete che si torna all’unica razionalità possibile (empirico matematica) con la conseguenza che la scienza matematizzata si fonda su ciò che è immatematizzabile e quindi si fonda sull’irrazionale?
        La scienza intesa così (cioè riduzionisticamente) è utile? Finora si, ma i limiti epistemici (per non parlare di quelli etici, lasciamo perdere) dell’impostazione si stanno mostrando a quanto pare.

        E ancora parli di metafisica “fissata” per sempre. Ma dove?! La scienza tutta, considerando il sensibile, o, più esattamente, i rapporti misurabili tra fenomeni, non è che un aspetto (e autentico) della interpretazione del reale. La spiegazione scientifica è reale, ma non ultima e totale. Solo in questo senso si parlerà dei “limiti della scienza”, cioè di una spiegazione limitata o inadeguata del reale. Limiti di TUTTE le scienze.

        A questo punto faccio chiosare al Jolivet:
        “scienza e filosofia, differiscono più per il punto di vista che per il campo di estensione. Senza dubbio, c’è tutta una parte della metafisica orientata verso la conoscenza di una Realtà che non è nel sensibile: si tratta della teologia naturale. Ma anche in quel rispetto bisogna dire che la metafisica non è, per noi, un al di là della esperienza, poiché la conoscenza di Dio, per noi, non è che una conoscenza dell’essere, una conoscenza di esso, aggiungiamo, nella sua contingenza, ossia nella sua insufficienza ontologica. Pure per questo riguardo la metafisica è un punto di vista distinto da quello della scienza (cioè il punto di vista della causa prima dell’essere, mentre la scienza considera soltanto le cause seconde dell’essere), ma non è però un campo radicalmente distinto, assolutamente diverso da quello della esperienza e del sapere positivo.”
        Trattoto di filosofia sistematica – Logica pag. 20

        Detta in soldoni e con un esempio: se avete una risoluzione migliore rispetto a materia-forma e potenza-atto per l’esplicazione dell’essere metafisico contingente nel divenire, fatecela sapere! Nascondere il problema, dire che non c’è, dirsi che non è utile, rispondere idealisticamente, riderci sopra, berci sopra però non aiuta nessuno.
        Qui non si sta dicendo che Tommaso è la verità, ma che è il suo sistema è molto più rigoroso e coerente dei non sistemi usati oggi.
        Se un neo Aristotele o un neo Tommaso risponderà agli enigmi propri dell’essere (quindi probabilmente di quello che tu Andrea chiami “dato sensibile”, anche se lo prendi in senso lato) meglio dei suoi predecessori pensi che urleremo all’eretico?
        naaaa, in filosofia prima di tutto essere scettici.
        In fondo il metodo scientifico nasce da lì…

        • Mauro tu mi fai tante domande a ognuna delle quali si possono dare tante, non una, risposte, tutto qua.

          Non esiste un solo modo di vedere la faccenda, il mio personale te l’ho già detto e ridetto, ma dal momento in cui scrivi e riferisci solo ed unicamente a una cosa spacciandola come LA cosa è ovvio che ti metti in competizione.

          A uno può piacere la marmellata o la nutella, ma se tu parli solo di marmellata e dici che non esiste altro che la marmellata e quando qualcuno cita al volo burro di arachidi o nutella attacchi subito a parlare di “eh ma il mirtillo? dov’è il mirtillo nella nutella?” a chi piace la nutella gli girano anche i cosiddetti e ti scrive in modo sanguigno.

          Ad esempio: “pensare che la fisica quantistica demolisca il principio di non contraddizione (che è un principio primo dell’ente in quanto tale, lo vedremo!)”, è “un pensiero irrazionale” solo nella TUA visione delle cose, perchè tu hai definito certe quantità e certi criteri di razionalità, criteri che possono essere superati, rivisti, corretti da altre idee non scevre di problemi ma comunque altre idee.
          Ho scritto e riscritto anche nei commenti agli articoli che linki che non è tutta lì la storia e che il problema è serio ed è ENORME per il tomismo quindi bypassare tutto quello che ho scritto (e non sono solo io ad averlo scritto, 1000 grazie Tom che è ben più puntuale di me) con un “è irrazionale” mi fa girare i cosiddetti e dal momento che vengo stuzzicato da Trinity non posso fare a meno che tirarlo fuori.

          Quindi in sostanza potresti anche prenderti una pausa da questo tomismo, che la filosofia non inizia e finisce qui, e magari esplorare altre realtà che esistono anche se sembri volerle ignorare… non sia mai ci trovi qualcosa di interessante.

          • Andrea, i tuoi interventi sono sempre ben accetti anche perché sanguigni! 🙂

            Sono diversi anni che studio TUTTA la filosofia e davvero, per quel che mi è dato intendere, l’aristotelismo in senso lato è l’unico approccio che sento passibile di approfondimento. Il resto che ho studiato no. Certamente mi si può dire che è perché non ho studiato tutto e a fondo. Ma d’altra parte chi può farlo? Il Wittgensteiniano che non ha nemmeno letto Tommaso all’uni? O quello che dichiara che “sostanza-accidente” è categorizzazione inaccettabile e poi la critica senza nemmeno averla capita?

            Again: tu dichiari che la quantistica spazza via il principio di non contraddizione, dunque QUALITATIVAMENTE, metafisicamente – cioè in una visione d’assieme CHE E’ IMPLICITA ALLA SCIENZA NECESSARIAMENTE! – se ciò fosse vero, significherebbe che tutto ciò che tu misuri può essere e al contempo non essere.
            Nello stesso tempo e a priori! E non è vero che non esiste questo a priori poiché è deducibile necessariamente dall’assunzione implicita che stai misurando RAZIONALMENTE un qualcosa. Se quel qualcosa è “prendibile” è perché è e tale “è” risponde ad una forma razionale comprensibile! Questo è il necessario logico per pensare che l’ente di cui tu misuri una causa efficente SIA!
            Non dopo averlo misurato, ma a priori! Se fosse vero che misurando il reale QUANTITATIVAMENTE si può relazionarsi qualitativamente allora il reale sarebbe necessariamente contradditorio ANCHE qualitativamente dunque è ASSOLUTAMENTE IMPRENDIBILE poiché non è dunque possibile stabilire una correlazione fra quello che misuri (CHE RISPONDE SEMPRE A TALE PRINCIPIO, le vostre misurazioni non fanno che dimostrarlo sempre!) e quello che è ontologicamente l’ente misurato (che invece a tuo dire DEVE essere contradditorio).
            Da qui la mia affermazione volutamente forte “la scienza dunque sarebbe solo scopare il mare”.
            E’ forse un modo di fare che aiuta la scienza? O invece una forzatura che demolisce definitivamente la possibilità che con le tue misure tu possa pensare di raggiungere quanto meno un aspetto razionalizzabile dell’ente?
            Dunque, mi dirai, tale principio bisogna mantenerlo perché altrimenti non c’è possibilità di fare scienza? No, di più. Perché senza non c’è possiiblità di ammettere un reale.
            Ma sono questioni PURAMENTE metafisiche. Quello che voi state scoprendo è una parte della realtà che grazie ai grandi principi metafisici possono essere catalogate come reali e quindi come aspetti del reale che è razionalizzabile, non caotico, NECESSARIAMENTE INFORMATO e come tale misurabile.
            E’ tutto implicito.
            E salta fuori il concetto di forma. Accidenti!
            Poi avanzi con il ragionamento e salta fuori l’accidente e la sostanza.
            Poi avanzi e… beh, ma qui stiamo arrivando alle lezioni seguenti di questo mio piccolo corso. 🙂

            Hai altre filosofie migliori? Sparale ti prego!
            Il tomismo ha ENORMI difficoltà a spiegare quello che voi avete scoperto ieri? Diccelo di nuovo perché davvero a me sembra invece giusto il contrario!

            Perché deve essere il sistema di Tommaso ad essere estraneo a quel che studiate e non, come di solito accade, la fallace comprensione di tale sistema a imporre di non accettarlo a priori?

            E perché dici a me che devo mettere tutto in discussione (e lo faccio, infatti ti supplico di mandarmi altre filosofie in pasto!) e pretendi che il tuo concetto riduzionista di scienza sia l’unico applicabile?
            Perché Ti è utile? Va bene, ma nessuno lo nega che lo sia ancora. Solo non si venga a dire che esiste solo la nutella. 😉

          • Non dico affatto che “spazza via”. Appunto al tuo contrario non bollo come irrazionale una deduzione, perchè la razionalità ne dipende dalle premesse.

            Il tomismo è in difficoltà con la quantistica, e ne ho parlato estensivamente e fin troppo da queste parti che evidentemente hanno le orecchie tappate, di come alla fine la soluzione di nascondere tutto sotto al tappeto sia parziale e ben poco affascinante e decisamente non brillante.

            E’ una soluzione possibile, piace a te va bene. Non confondere il tuo atteggiamento col mio, io non sto dicendo a nessuno cosa è irrazionale pensare in relazione a una “interpretazione”. Tu sì.

            Io sono quello a cui piace la nutella, che viene nel blog di quelli della marmellata e che parlano solo di marmellata perchè voglio capire cosa c’è di speciale nella marmellata. Ma dato che molti mi sa che hanno provato solo la marmellata non hanno modo nè di considerare le mie parole nè di attirarmi.
            C’è gente come Tom che evidentemente anche se gli piace la marmellata ne ha provate tante sia di marmellate che di nutelle e sta dicendo la stessa cosa.

          • Il teorema che ho, e che sembra essere al di fuori della vostra comprensione e considerazione perchè appunto Tommaso dice il contrario e voi ascoltate sempre e solo tommaso, è che OGNI asserzione astratta è valida con una opportuna base di riferimento.

            1=2? Sì, se si parla di gruppi di rango 0.
            Triangolo = quadrato? Sì, se si parla di grafi in geometrie non euclidee.
            Sopra uguale sotto? Sì, se si vive in una bottiglia di Klein.
            …etc…

            Uno definisce le premessee da lì costruisce. Le premesse le definisce in base a quello che conosce. Ma in linea di principio ogni premessa è possibile, per definizione di premessa.

            La logica Aristotelica è frutto dei nostri sensi. Ma come frutto dei nostri pensieri e delle nuove considerazioni emerse in nuce alle nuove scoperte scientifiche, esistono logiche multi valore. Esistono logiche a INFINITI valori. Esistono sistemi di logica in cui il principio di non contraddizione non esiste. E qua ancora a dire che è un fondamento IMPERSCINDIBILE (imperscindibile) di fare scienza e che è il mondo stronzo a non rendersene conto.

          • Vi è una “anomalia” importante nella tua metafora. Se la scienza è nutella, la metafisica non è marmellata, bensi qualsiasi crema spalmabile su un panino vista secondo il suo aspetto più generale.
            Vedi che la tua visione prevede una distinzione fra le due discipline?

            Secondo.
            Credimi, se ti va, la cosidetta filosofia della natura generale tomista (insomma sostanza-accidenti, materia-forma ecc) va alla grandissima con la quantistica finora accertata secondo i metodi scientifici. Questo per quanto mi è dato di capire della metafisica e secondo quel che sono i vostri risultati sotto questa luce.
            Ripeto: perché deve essere che noi (e con noi altri studiosi fra cui fisici) non abbiamo certamente compreso la fisica quantistica e non invece che molti scienziati non riescano semplicemente a farsi un’immagine metafisica del loro lavoro e quindi non vedono in che modo è tutto perfettamente ascrivibile ad una struttura aristotelica?
            Struttura non certo fissa e completa e infallibile neh, ma – in quanto filosofia – sempre in fieri, cioè passibile di approfondimento (senza però cadere nell’idea sciocca del continuo progresso verso “l’alto”) o di revisione completa in caso di teorie metafisiche migliori.

            1000 grazie anche da parte mia a Tom, cioè colui che scrisse della resurrezione certamente fatto storico sulla base della teoria della conoscenza di Lonergan che tu citi e, se non ho capito male, sottoscrivi almeno in parte.
            Ma Lonergan è puro tomismo. E non mi sembra che Lonergan abbia mai scritto contro il principio di non contraddizione. Io l’unico che conosco che ha scritto contro è il grandissimo Florenskij ne “La colonna e il fondamento della Verità”. E infatti è lì in attesa di una mia lettura. COme si diceva: sempre pronto a cambiare idea! 🙂

            Abbraccio!

          • 1- Il perchè te l’ho scritto nelle email, aspetto ancora una risposta a proposito delle ultime obiezioni sulla QM. Aspetto anche ancora l’opinione di un fisico che sia un fisico e non qualcuno che ha fatto fisica per 5 anni e poi altro per 20 anni… ma questo non è tanto importante. La realtà è che non è che ti dico che non hai capito perchè ti piace quello. Se mi dici che “non c’è nessuno problema, è il modo migliore di intendere” allora ti dico che non hai capito, perchè il problema c’è. Che poi può essere risolto in modo non troppo elegante è anche vero, così come altre teorie filosofiche risolvono in modo non troppo elegante altre cose.

            2- Non è la “scienza” la nutella, ma il riduzionismo ad esempio è nutellla. Non la merda. Te l’ho spiegato con quella mail, non mi hai ancora convinto che in quella famosa mail o nella visione che ho scritto sopra ci siano buchi incolmabili di sorta.

            3- Non è perchè approvo ciò che ha scritto Tom nella sostanza di molti suoi interventi allora approvo qualsiasi intervento che ha fatto a proposito di qualunque tema e ogni singola citazione che porta.

  10. Il soggetto all’indagine è implicito all’indagine stessa. Uomo può essere definibile in molti modi: usando il classico “genere prossimo” e “differenza specifica” (cfr. Animale razionale di Claudio) oppure utilizzando gli aspetti propri dell’indagine fisico-empirica che oggi è l’unica, a quanto pare, che può vantare l’idea di essere scienza.

    A me personalmente non interessa che la metafisica venga considerata “scienza” (soprattutto se per scienza si intende “descrizione accurata” senza fondamento…), la si chiami come si vuole. L’importante è che si ricominci a considerarla perché ne va della scienza in sé e per sé.
    E non parlo dal punto di vista utilitaristico chiaramente (perché qualcuno vorrebbe dichiarare che è scienza solo se è utile?), ma da un punto di vista di scienza in senso pieno, scienza in sé, scienza come discorso rigoroso/descrizione accurata che dir si voglia.
    Serve per il problema del fondamento. Quello che i medievali risolvevano con la scientia rectrix, oggi a quanto pare non viene accettato e viene bollato come fantasia di un “uomo morto, semplicemente fermo nella corsa al progressomentre il pensiero moderno”.
    Questo significa che oggi gli “uomini vivi” non (ri)conoscono scienze più universali della matematica e della logica, la quali sono concepite come discipline puramente formali.
    Non avendo più una scienza totalmente universale e astratta come la metafisica, i cui principi sono irrinunciabili in quanto stanno alla base dello stesso pensare umano e della struttura dell’essere extra-mentale, ecco che la scienza moderna si trova costretta a cercare dei fondamenti del tutto convenzionali o pregiudizialmente ideologici.
    Da qui l’intervento di CLaudio, che ci sta tutto e alla grande.

    Cito Strumia che chiarisce un aspetto fondamentale e parla anche di “oggetto formale” come qui inteso (grassetto mio):
    “L’altro aspetto che gli autori spesso unificano con quello dei fondamenti riguarda addirittura le aspettative o pre-giudizi o ipotesi con i quali si strutturano gli esperimenti e quindi si interpreta l’esperienza. Queste ipotesi non appaiono pensabili come leggi universali che si ricavano, per induzione, astraendole come comuni a molte esperienze, ma sono viste, piuttosto, come aspettative a priori, che non rientrano come tali nell’ambito della scienza particolare che si sta costruendo. In altri termini, quando ci si pone a osservare la realtà non lo si fa neutralmente, ma sempre interrogandola sulla base di aspettative già formulate.
    Questo versante del problema era stato messo a fuoco nel quadro del pensiero classico con la dottrina dell’obiectum formale quo, cioè di un punto di vista prescelto, dal quale e in base al quale osservare la realtà indagata da una certa scienza. Esso, in qualche modo viene riscoperto nel pensiero contemporaneo, ma in chiave kantiano-idealista, cioè in modo tale da impedire il realismo della conoscenza. In questa visione della scienza le aspettative non consentono un processo di astrazione, per cui è possibile conoscere con verità alcuni aspetti della realtà, ma alterano l’oggetto da conoscere costituendo una rappresentazione di esso (fenomeno) nella quale il soggetto entra in maniera irreparabilmente modificatrice.” (Strumia, Scienza e teologia, 2014, pag. 77)

    Again, qui non mi pare si stia parlando di “cosa è scienza” è cosa no , ma – esattamente come nel post dedicato al problema biblico – cosa oggi è considerato razionale e cosa no. Se la scienza intesa oggi si considera il massimo della razionalità poiché “empiricamente fondata” è necessario dedurre che questa presunta razionalità non è empiricamente fondabile, cioè se si devono ammettere dei fondamenti extra-scientifici, risulta di conseguenza che a fondamento della scienza vi devono essere necessariamente principi e scelte che vanno classificati come irrazionali. “La perdita della organizzazione gerarchica delle scienze in un impianto di scienze subalternate, propria del pensiero antico, ovvero l’analogia tra le diverse scienze (pluralità dei modelli epistemologici), e la riduzione a un unico tipo di scienza (quella galileiana) operata dal pensiero moderno, rende impossibile fondare una scienza su di un’altra scienza più universale. Di conseguenza la scienza deve reperire i suoi fondamenti in qualcosa di non scientifico, quindi di irrazionale.”
    Da qui ecco tutte le vie moderne di recupero psicanalitico e/o dialettico dell’irrazionale, fino ad arrivare alle teorie del caos che tentano di dilatare la razionalità con la sua propria negazione. Riddikulus.

    Qui infine non si fa apologia di un sistema filosofico oramai demolito. Qui anzi si mettono in piazza quelle scoperte epistemologiche che oggi giorno aiuterebbero la scienza a ritrovare il proprio fondamento, perso per strada per comodità utilitaristica e irrazionali fallacie. Recuperare una pluralità di modelli scientifici (cioè dei VARI ASPETTI studiabili di un ente implicito, come qui ho chiarito) aiuterebbe la scienza e chi la pratica realmente ad uscire dal vicolo cieco del soggettivismo e del relativismo per ritrovare una fondazione oggettiva delle scienze e restituire a esse un rapporto con la verità. E non lo dico perché così si ritrova la via del finalismo e la metafisica ritorna in auge e e e , machissene. Ma perché “oggi sono proprio le scienze matematiche e quelle della complessità a prospettare, al loro stesso interno, la scoperta di un fondamento realista, come principio irrinunciabile per il progresso stesso della scienza.” (ivi, pag. 78)

  11. Esistono sistemi di logica in cui il principio di non contraddizione non esiste.

    Esatto Andrea!
    E quei sistemi di logica non sono reali, cioè non sono agganciati con al reale per quello che il reale ci appare! Esistono ma non sono applicabili al reale in quanto tale.
    Ho capito quello che intendi tu per “razionale” e mi sta alla grande. Tutto è razionale date le premesse. Ok, ovvio, giusto!
    Quella logica è “razionale”, ma non è reale.
    E a me non interessa un (p)azzo di giocare con logiche irreali, ma voglio capire l’essere per quello che appare (sto generalizzando, non pigliare questi ultimi termini in versione puramente filosofica!).
    Appare per ora? Beh, non vedo come altro potrebbe “apparire” a noi che siamo e non possiamo non essere mentre siamo. Ma magari è mio limite neh.

    Fanno bene i logici puri a giocare con la logica, la metafisica semplicemente è una scienza meno astratta (di quanto si pensi).

    • Invece sì, sono reali. E finchè consideri quelli degli altri giochi e quello che fai tu vivo e vero sticazzi…

      • Cosa intendi per “reale”? Io intendo, citando un amico, “aderente ai sensi”. 😛

        Andrea se il principio di non contraddizione è falso significa in definitiva che nulla è reale poiché può essere e non essere tale nel medesimo tempo nel medesimo oggetto e sotto il medesimo aspetto.
        Significa che quelle logiche sono reali e non reali allo stesso momento.
        Che sono razionali E irrazionali.
        IO sto scrivendo e non scrivendo.
        Tu non mi stai leggendo mentre mi leggi.
        E io sto comunicando grazie a te in una forma lessicale e grammaticale che non è forma! E tu mi capisci mentre non mi capisci.
        In definitiva il caos è caos puro. E dal caos non nasce alcuna conoscenza. Al-cu-na. Se tutto fosse caos non potresti definire caos. non-po-tre-sti. Questo ovvio, restando nella logica propria degli umani.

        Quando dici che la metafisica deve pensare l’essere come contradditorio a causa delle scoperte quantistiche, mi dici – in gergo metafisico – che l’essere è contradditorio tout court.
        Non è quello che io esperisco attraverso i sensi. E non è nemmeno quello che voi misurate a meno di non pensare che quello che voi state misurando e studiando non è solo ASPETTO preciso di un PRECISO FENOMENO passibile di essere legato ad un ente (!), ma l’ontologia di tutti gli enti insieme, in definitiva l’esistere stesso, secondo tutti gli aspetti e IN OGNI MOMENTO.
        Il che è una bella pretesa impossibile.

        • Ecco esattamente quello che intendo.
          Stai di nuovo cercando di interpretare una nozione nei tuoi canoni e non di capire gli altri canoni.
          E’ ovvio che chi ha fatto le logiche multi valore ha pensato all’esistenza e alle contraddizioni e altre belle cose tendenze al limite, matrici ridotte…etc… non viene naturale ma la soluzione c’è, così come non viene naturale ma la soluzione c’è per altri problemi del tomismo fra cui l’interpretazione della MQ. Studiale se vuoi oppure lascia perdere va benissimo mica sei obbligato ma riconosci che c’è altro al mondo che è studiato e che è studiato per una buona ragione e non perchè gli altri non capiscono la bellezza di Tommasino bello.

          Insomma è un momento in cui stai intrippato per il Waltzer e senti una marcia ti sta sul cazzo d’istinto. Ma se non vuoi passare per l’equivalente dei giovinastri che ascoltano solo Reggaeton e quando sentono un 3/8 iniziano a sbuffare (senza sapere bene perchè ma “sà di nonno”) o dei vegliardi che fan l’opposto, non fare quello che vuole farsi il “metro” di tutte le cose 😛

        • Frattanto:
          http://www.enzopennetta.it/2014/06/turista-non-per-caso-il-museo-civico-di-zologia-di-roma-e-levoluzione/#comment-27300

          Si, non sanno cosa è scienza e matematica e fisica e chimica e educazione civica e stradale e motoria, epperò l’analogia tennistica mi pare chiara.

          • Ho cercato in ogni modo di spiegarti la differenza fra classico e quantistico, e come una probabilità classica è diversa da quella quantistica.
            Se il signor masiero insiste con certi paragoni idioti non so che farci, ma se tu insisti nel dare credito scientifico al signor masiero mi ritorni a fare incazzare.

          • E’ una analogia André!
            ASSOLUTAMENTE diversa, relativamente uguale sotto l’aspetto della costruzione di un nesso di similitudine che la mente può costruire tra cose, situazioni e processi che sono differenti, ma paragonabili relativamente.

            Pure la tua descrizione di differenza fra classico e quantistico sotto l’aspetto della probabilità è una analogia rispetto all’ontologia dell’ente che hai sotto indagine.
            E’ ovviamente una analogia matematica intesa come un’identità di rapporti tra cose diverse, ossia come una proporzione.
            E’ più precisa la tua? Sotto il tuo aspetto analogico matematico certamente.
            Ma vuoi forse insinuare che il tuo aspetto è l’unico presente nell’ente?
            Che è l’unico misurabile dell’ente?
            Che l’ente non permette ulteriori deduzioni oltre a quelle presenti nel tuo aspetto analogico?
            E’ una bella pretesa epistemologica questa, Andrew.

            Quella di Masiero è analogia di secondo tipo!
            E’ completamente errata perché non è nemmeno relativamente uguale sotto il suo aspetto di similitudine? Indicaci dove e ci farai un piacere. Ma, occhio, non puoi paragonarlo sotto il tuo aspetto perché compiresti un errore metodologico.
            Quella di Masiero non è una similitudine errata, ma poco precisa? Certo, è assolutamente imprecisa, ma relativamente accettabile in quanto analogia. Quanto è accettabile? Fornisce quanto meno una conoscenza del fenomeno indagato sotto un certo aspetto? Indica dove e come. Ma non puoi paragonarlo alla precisione sotto il tuo aspetto analogico-matematico perché compiresti un errore metodologico.

            Questo ho scritto. Questo sta significando Masiero.

            Ed ora una chiusa doverosa: ti prego di non leggere le mie affermazioni in modalità “bimbominkia da convertire on”, cioè come sei io fossi un deficente che non può capire quello di cui sto (stra)parlando perché non ho nemmeno dato Analisi 1 e ho problemi a ricordami la tabellina del 8.
            Sotto il tuo aspetto sei un maestro con i controcazzi. Esattamente come a me nessuno viene a dirmi come cantare una linea melodica se non un altro maestro.
            Sotto altri aspetti però… porcadiquellaporca, aspetta! E’ un consiglio neh, poi libero. Esattamente come io non mi permetto di declinare ad un violoncellista come “cantare” la sua linea melodica se non ANALOGAMENTE al mio aspetto. GLi potrei dire: “falla così laaaaalalalalalaaaaa lalaaaaaaaaa!”, glielo canterei (appunto!), ma certo non potrei mostrarglielo sullo strumento, la diteggiatura da usare, la modalità dell’arco da utilizzare and so on.
            Voglio parlare anche di questi aspetti? Me tocca studià violoncello. E di brutto.

            Si, anche questa mia è una analogia di secondo tipo. Ma ci siamo intesi? Qui il presunto errore di “sufficenza” rispetto ai propri aspetti in campo non è certo stato monodirezionale.
            Per intenderci in italiano spicciolo: se ti è sembrato che tu sia stato trattato come un deficiente sotto l’aspetto epistemologico, cosa che certamente non era voluta ne da me – lo sai – pensata, a me (e non solo a me) qui e altrove è sembrato che tu mi abbia trattato spesso e volentieri come deficente. Cosa che – lo so – tu non volevi certo passare. Quindi è un puro misunderstanding.
            Chiedo scusa io se l’ho fatto nascere da parte mia.

            Chiedo solo di non trattarmi come quello che ha letto un libretto ridicolo di epistemologia da due ore e pensa di saperne più di tutti. O come quello che legge solo Masiero e reputa che Giorgio dica sempre e solo la verità scomoda che conosce solo lui. O un beota senza spirito critico.
            Grazie. 🙂

            Buon lavoro e buona giornata!

          • Be’, ultimamente non ho una gran voglia di intervenire anche se ogni tanto guardo, ma questa del Masiero e’ proprio un po’ troppo grossolana (ce n’e’ stata un’altra anche peggio sul limite centrale qualche tempo fa, ma almeno non era fatta da uno del mestiere). La probabilita’ e la logica a piu’ valori sono due mondi totalmente diversi, anche come analogia la cosa non sta proprio in piedi e l’esempio e’ un disastro.

            Altra faccenda è pensare che la MQ violi il principio di non contraddizione. Descrive oggetti diversi da quelli descritti dalla MC, e le apparenti contraddizioni (almeno quelle piu’ elementari) derivano dal voler descrivere con attributi classici oggetti che classici non sono.

          • Grazie GG e bentornato.
            Dunque i casi sono due: o l’analogia è completamente sbagliata poiché non è possibile, in alcun modo e sotto nessun aspetto, paragonare per similitudine i due aspetti messi in campo (come mi sembra tu dica dicendo che la logica a più valori e la probabilità sono due mondi TOTALMENTE diversi) oppure è davvero forzata poichè il relativo comparabile è davvero pochissimo.
            E’ diverso, giusto?

            Al che chiedo, dall’alto della mia competenza per cui 8×6=un numero(..): è completamente sbagliata poiché l’aspetto logica più valori e probabilità sono due mondi praticamente OPPOSTI, oppure – TRALASCIANDO L’ASPETTO MATEMATICO e quindi prendendo l’affermazione, che utilizza il linguaggio matematico ma non vuole fermarsi a quello, sotto aspetti diversi – è possibile rintracciare un minimo di conoscenza reale possibile in questa analogia?

            Questa mia domanda lascia ovviamente intendere che a mio avviso non è possibile relegare l’ente in oggetto d’indagine sotto il mero profilo matematico ed è sempre possibile, a mio umile avviso, conoscere aspetti dell’ente mediante processi diversi, come ad esempio l’analogia filosofica di secondo tipo.
            Poi si può affermare che tale conoscenza è confusa (e sono d’accordo, con-fusa!), che è generica, che è inutile, che non è precisa, che che che che…
            ma i casi sono due: o non è conoscenza ( in questo caso ad esempio si fa analogia di un equivoco puro), oppure è conoscenza (magari in questo caso scarsa).
            E’ conoscenza analogica? Si? Bene. Allora possiamo stabilire la qualità di questa conoscenza ANALIZZANDO l’analogia in campo!
            E’ conoscenza esclusiva quindi l’analogia è errata? Bene, allora si sta conoscendo un assurdo (analogia=non analogia) quindi non si sta conoscendo affatto. Quindi avete ragione.
            Cioè avete ragione perché ovviamente il principio di non contraddizione è sempre valido.
            Salta quello allora posso parlare di tutto e di niente contemporaneamente…

            Solo attenzione: non è che quando leggete questa analogia, che usa come si diceva degli aspetti del linguaggio matematico, voi la leggete in puri termini matematici E NON LA ASTRAETE rispetto a tutti gli altri aspetti NON MATEMATICI che – analogicamente – potrebbero essere validi e che il linguaggio matematico veicola implicitamente? Se io uso un linguaggio musicale per parlare d’altro, non è una critica per l’argomento “altro” se critico l’aspetto musicale dell’analogia!
            Esempio (analogico!): leggete questa affermazione per indicare l’emozione dell’ascolto di un canto rabbinico ebreo “è stato come ascoltare uno splendido pianoforte abbandonato in una fabbrica in disuso”. Negare il valore di tale immagine perché in primis il canto non è un pianoforte; poi il canto ebraico è un tuttuno con il testo che il pianoforte non può declamare; e ancora che il canto ebraico non procede nel sistema temperato occidentale cui il pianforte è nato and so on, è negare tutta la potenza conoscitiva ALTRA dell’immagine usata?
            Passa o no l’idea di struggimento malinconico con questa immagine?! Anche nonostante gli errori di analogia MUSICALE PALESI A CHI NE SA QUALCOSA?! Io, che ne so qualcosa vi dico di SI! L’immagine è efficace anche se con errori al suo interno. Cioè è assolutamente errata e relativamente giusta. Cioè è una perfetta analogia!

            Da qui una conclusione: il linguaggio che si utilizza porta SEMPRE più conoscenza di quello che il linguaggio stesso può veicolare se preso nella sua valenza primaria! E’ questa la forza del linguaggio che ne permette lo sviluppo. Per questo esiste la possibilità ANALOGICA DI TUTTI I TIPI! Senza questa Astrazione DI astrazioni, sarebbe impossibile anche la PRIMA ASTRAZIONE!

            Masiero usa la matematica per trascendere dei significati altri che non centrano con l’aspetto matematico puro. Ora forse si capisce perché Platone parlava di “saper essere dialettici” e diceva che “chi non lo è, non è filosofo”. Cioè bisogna possedere una mentalità “metafisica”, pronta alla con-fusione, pronta alla generalizzazione rigorosa, pronta all’intero.
            E’ l’intuizione analogica.
            Intuizione che aiuta a comprendere TUTTI i discorsi portati avanti fin qui.

            Grazie degli interventi,mi aiutano a chiarire meglio anche a me la mia personale visione.

          • L’analogia di Giorgio è, secondo me, azzeccata nel contesto di una misura reale, in quanto la misura di un’osservabile A darà sempre un risultato, chiamiamolo alpha, e la nuova funzione d’onda del sistema misurato sarà la proiezione nell’ autospazio di alpha, ad esclusione quindi del sottospazio ortogonale all’autospazio di alfa.
            Dato che detta realtà misurata non può essere in questi due sottospazi ortogonali al contempo, siamo (1) in una logica naturalmente di tipo binario (2) il principio di non-contraddizione è sempre valido.
            In questo caso, c’è “analogia” con questa affermazione di Masiero: “E se piovera’ [analogo ad autospazio di alfa, ndr] vorra’ dire che afferma il falso chi dichiarasse che non e’ piovuto [analogo al sottospazio ortogonale all’autospazio di alfa,ndr].

            C’è anche una seconda analogia che accomuna i due casi: sia nel caso quantistico che in quello statistico meteorologico abbiamo due sistemi fisici perfettamente definiti dalle loro equazioni di stato ma non prevedibili.
            In Pace

          • La potenza evocativa del linguaggio.
            Leggo Simon che esplica l’analogia e non capisco (quasi) niente. Rileggo l’analogia di Masiero e ne comprendo la portata senza difficoltà. Questo vuol dire che, presumibilmente, colgo comunque (alcuni di que)gli aspetti che Simon ha rianalizzando sotto un linguaggio presumibilmente più analitico, a me sconosciuto.
            Grazie Simon.

          • C’è anche un punto dove l’analogia non funziona, caro Minstrel, ed quel che fa, come ben dici tu, che si tratta di analogia e non di identità: nel caso quantistico vi sono osservabili che tra loro non commutano, come, ad esempio, posizione e quantità di moto, il che non è il caso dell’esempio meteorologico, dove sempre si può misurare la posizione dell’anticiclone e l’equivalente della sua quantità di moto ad ogni istante. Ma questo non intacca quel che Masiero intendeva dire.
            In Pace

          • Di analogie ce ne sono di interessanti e di poco utili. Un’analogia che fa uso di concetti precisi (tra l’altro non capisco, nel commento successivo al tuo, che cosa mai c’entri la meccanica quantistica con quanto dice Masiero: io ho accennato alla MQ per la discussione pregressa, non per il commento dello stesso, in cui la MQ entra solo strumentalmente) quali quello di probabilita’ classica e quello di logica fuzzy, deve stare in piedi e trattare questi due concetti per quello che essi sono, altrimenti perde senso e diventa imbarazzante. La frase riassuntiva ” Il tempo a Wimbledon e’ quindi la variabile di una logica a piu’ valori” e’ semplicemente una sciocchezza, anche se si capisce cosa avesse in mente, e spiace che venga usata un’apparente competenza per un’affermazione che non mostra dimestichezza con i concetti usati. Pazienza.

          • Non perde senso a mio avviso GG. Se si accetta l’analogia di secondo tipo diventa conoscenza in un senso astratto, analogico, rispetto all’ambiente primario del linguaggio usato.
            Usa un linguaggio e lo trascende per dire altro. Punto.

            E senza nessun imbarazzo naturalmente.
            Come si diceva o non trasmette ALCUNA conoscenza oppure si trasmette conoscenza. Tertium non datur.
            E’ una conoscenza limitata, inutile, poco interessante? D’accordo, discutiamo della qualità della analogia, ma non della sua portata di conoscenza che c’è.
            Si misconosce invece la portata sapienziale delle analogie tout court? Attenzione allora poiché così facendo si demoliscono tutte le astrazioni analogiche, quelle matematiche comprese.
            Si misconosce la portata sapienziali delle sole analogie di secondo tipo? E sotto quale propsettiva è possibile misconoscerle? Come è possibile dire che non fanno conoscere nulla? Come dire che l’analogia di secondo tipo è NULLA come conoscenza? E la metafora non dice nulla?!
            Non è “scientifico”, mi si dirà!
            E da quando l’aspetto di un ente deve essere solo scientifico per essere vero, reale e conoscenza di tale ente?
            E chi stabilisce la qualità della conoscenza non scientifica che si sta attuando?

            Sono tutti dilemmi epistemologici e su quello dovremmo quindi discutere. Sempre pronto a farlo personalmente.
            Ma se qualcuno ad esempio mi dicesse che la metafora “il sole del lupo” non fa conoscere ASSOLUTAMENTE nulla sull’oggetto di cui parla, a me questa sua parrebbe una tesi palesemente insostenibile.
            A meno di pensare “la luna” solo e soltanto come un ente studiabile tramite aspetti matematici o cosmologici o geologico o o o o o…

          • Minstrel, evidentemente non riesco a spiegarmi. Tu la metti sui massimi sistemi, sul significato dell’analogia in quanto tale, di seconda o ennesima specie che sia, io la metto terra a terra. Quel che lui ha in mente e’ chiaro, e poteva essere detto o senza analogie o con analogie meno pretenziose. Quel che viene fuori da quel che ha postato e’ invece un piccolo minestrone in cui vengono citati oggetti precisi e viene loro attribuito, apparentemente dentro al contesto preciso che tali termini hanno (altrimenti non li si citerebbe), un significato radicalmente diverso da cio’ che essi sono e che quindi non funziona nemmeno dal punto di vista analogico. La frase che ti ho citato non e’ un’analogia ne’ altro, e’ invece un puro e semplice assurdo, perche’ i due oggetti che vi compaiono sono radicalmente diversi e l’uno non puo’ essere usato per una affermazione descrittiva, precisa o analogica, sull’altro. E’, piu’ esattamente, una frase che presa di per se’ sembra mostrare una certa confusione di idee (magari ha solo scritto in fretta, per carita’, e’ capitato a me per primo). Al che io per riflesso pavloviano mi innervosisco, perche’ frasi del genere sembrano voler far colpo sull’interlocutore attraverso conoscenze superiori, e se pero’ c’e’ una tal confusione di concetti la cosa non va bene.

            La luna puo’ essere vista da mille punti di vista, la logica fuzzy no perche’ e’ quel che e’, non e’ un concetto primitivo chiaro a tutti e che puo’ essere utilizzato agevolmente in modo analogico: ogni eventuale analogia che la riguarda deve fare i conti con cio’ che quel concetto e’. Se si evita questo atteggiamento metodologico si possono anche scrivere volumi di mille pagine, ma si parla del nulla.

            Comunque, di nuovo, la MQ

          • partito per sbaglio: finisco

            Comunque di nuovo: la MQ qui non c’entra niente

          • Faccio un altro esempio Minstrel (poi pero’ ritorno al silenzio, cosi’ non faccio perder ulteriore tempo ne’ a me ne’ a voi).

            Tempo addietro ho letto qui, anche se di corsa, una discussione sulla legge dei grandi numeri. Uno degli scriventi, persona di evidente erudizione e i cui interventi tra l’altro di solito apprezzo moltissimo (non sempre, per esempio non negli ultimissimi giorni, ma alcuni dei precedenti interventi li ho trovati estremamente interessanti e mi avrebbero anche fatto venir voglia di leggere un po’ di cose in merito, se solo ne avessi il tempo) se ne e’ uscito con un’affermazione, piu’ volte ripetuta, cosi’ strampalata e inconsistente su tale legge da lasciare basiti: piu’ esattamente l’affermazione in questione mostrava l’incomprensione evidente della legge stessa, che infatti per essere compresa ha bisogno di una formalizzazione adeguata. Se la si vede in senso qualitativo, metaforico, analogico, mettila come ti pare, l’esito e’ che anche una persona in buona fede ed erudita ne propone una versione semplicemente falsa (e, tra l’altro, smentita dall’esperienza: la pallina del lotto non si ricorda mica se e’ uscita o non uscita la volta prima, e nel singolo esperimento il risultato e’ sempre una variabile casuale indipendente dalle precedenti, essendo questo il presupposto stesso per la validita’ della legge in questione). Questo non vuol dire che non si possa parlare di quella legge in un contesto analogico: solo che se non si prende la legge stessa per quel che e’, si e’ in grado di farle dire tutto e il contrario di tutto: ex falso quodlibet. Per questo istintivamente chi ha una formazione scientifica e’ diffidente nei confronti delle troppe analogie, specialmente se queste coinvolgono oggetti che hanno un senso solo se ben definiti, pur non avversandole in linea di principio. Inoltre io per primo mi rendo conto di quanto ormai sia parcellizzato il sapere e anche nel campo di mia stretta pertinenza se esco dal mio seminato rischio di dire cose false, figuriamoci poi usando concetti delicati che non si conoscono a fondo. Poi sai, a furie di analogie abbiamo fatto anche qualche bello scismetto, essenzialmente su delle parole, per descrivere misteri che non si possono descrivere oltre una certa (minima) soglia, altro argomento interessante su cui ho letto un po’ qui in passato.

          • Grazie caro GG.
            Se tu matematico mi dici che la logica fuzzy non può comunicare qualcosa in più di sé stessa, non posso che crederti per logica della testimonianza. Non riesco a togliermi dalla mente l’idea che la logica fuzzy “tradita”, cioè astratta dalle regole strettamente matematiche della logica stessa, possa comunicare qualcosa d’altro. Cosa che per altro tu, implicitamente, non mi neghi nel tuo commento. Potrei ribaltare il tutto e dire che non accetti una astrazione che “tradisca” il linguaggio di partenza se quel linguaggio è matematico.
            Obiezione chiara e ovviamente da valutare in sede epistemologica.
            Ma per lo meno siamo arrivati a chiarirci le rispettive posizioni. 🙂

            Un abbraccio GG, ti spero bene!

          • Personalmente concordo con gg per dire la logica fuzzy non c’entra niente colla discussione sulla MQ.

            Però, fin dall’inizio la discussione è stata messa sulla relazione tra logica fuzzy e MQ sul sito di Pennetta citato da Minstrel: da dove la deviazione constata.

            La domanda posta dall’utente Lawfirstpope era: “un utente sul blog di minstrel sostiene che l’esistenza di logiche a N valori (in particolare lui parla di logica quantistica) falsificherebbe (in qualche maniera) il principio di non contraddizione”.. Quindi Giorgio è partito sulla relazione tra fuzzy e MQ, in altre parole ribadendo che non ce n’è bisogno e lo ha illustrato colla sua analogia.

            E in questo ragionamento seguo Giorgio benissimo: la MQ ha una logica naturalmente binaria ( quindi non c’è bisogno di fare complicato) e il principio di non contraddizione non è violato ergo non è colla MQ che si abbisogna di logiche fuzzy o altre.

            Penso che siamo tutti d’accordo sul fondo.
            In Pace

            P.S.: Comunque non è il fatto di essere probabilistica che caratterizza la MQ dalla MC

          • E’ vero che siamo piu’ o meno d’accordo, o forse non troppo in disaccordo, sul senso dello specifico post individuato (che io ho commentato in quanto tale perche’ mi sembrava proposto in quanto tale, e poi sinceramente non ho avuto tempo di guardare tutta la discussione). Facevo pero’ notare come quel singolo post non meritasse, secondo me, di essere proposto per iniziare una discussione sul significato analogico di questo o quello, perche’ mi sembra con tutto il rispetto che dicesse semplicemente una mezza fesseria (un po’ piu’ di mezza).

            Ma, Minstrel, in ogni caso non credo che ci siamo chiariti. Io quantomeno non ho capito molto cio’ che vuoi dire, perche’ mi sembra che tu voglia sostenere che ogni tipo di analogia ha la propria dignita’, mentre penso sia chiaro che cosi’ non e’, e mi sembra anche chiaro che a furia di analogie sballate si arrivi dove si vuole. E inoltre mi sembra che tu tenda a pensare che qualsiasi cosa venga da una persona di mentalita’ formata nel discorso logico-matematico sia per forza riduzionista, e che nel caso in questione io rifiuti di fare un’analogia che coinvolga un concetto matematico per partito preso, mentre cosi’ non e’ ne’ necessariamente ne’ nel caso specifico. Affermo invece semplicemente che, quando si parla di un oggetto specifico, bisogna sapere di cosa si stia parlando prima di utilizzare tale oggetto per qualsiasi altro scopo. Quel post mostra, secondo me, che l’autore in quel caso non lo sapeva, o almeno che gli e’ sfuggita una frase del tutto inconsistente. Oh, puo’ succedere a tutti a partire da me, ma mi colpiva che tu proponessi proprio quel post come esempio. Non devi dunque usare alcun argomento “di testimonianza”, che rischia di diventare troppo facilmente di autorita’ da parte mia o di chiunque altro nel proprio campo, solo dirmi se quel che ho qualitativemente detto e’, indipendentemente dal contesto, vero come principio per te o meno. Per il resto penso non sia il caso di discutere oltre su quello specifico caso

            L’altro esempio esplicito che ho poi fatto (tra l’altro coinvolgente una persona di cui ho sincera stima) aveva lo scopo di far notare come, se si trascura la regola sopra descritta, si finisce “per analogia” a partire da una cosa quasi vera e a farla diventare completamente falsa. L’esempio riguardava la matematica perche’ su quello (su una piccola parte di quello..) so quel che dico, ma immagino la filosofia sia piena di esempi simili, solo che il terreno li’ deve essere ancora piu’ scivoloso. D’altronde, non me ne volere, dalle conversazioni qui e dai testi che proponete sembra difficile trovare due filosofi tomisti d’accordo tra loro 🙂

            Per la MQ e’ ben vero che la funzione d’onda soddisfa un’equazione deterministica e in questo senso e’ ben determinata date le condizioni iniziali, poi pero’ dire che si capisce il processo di “precipitazione” del pacchetto (che tra l’altro e’ controverso) nel processo di misurazione ce ne corre.

            Comunque scusate, probabilmente e’ una discussione inutile che e’ meglio interrompere.

          • La domanda che ho posto a Masiero scaturiva da una discussione in cui Andrea metteva in discussione la validità del principio di non contraddizione, portando come esempi la MQ e l’esistenza si una logica a più valori (se non ricordo male). A questo proposito, mi preme sottolineare quanto segue.
            Da quel poco che ne so, anche nella logica a più valori vi è la necessità di un (pur ampliato) principio di non contraddizione. Non solo, come viene varata la correttezza dei suoi passaggi, teoremi, etc.?
            Immaginiamo che nessuno conosca la logica a più valori e sia io ad “inventarla”: partendo da una serie di postulati, tiro fuori una serie di proprietà. A questo punto vado dal più grande matematico vivente e gli dico: “professore, guardi che ho trovato! Secondo lei questi passaggi vanno bene?” Il professore, davanti a queste cose, come farà a stabilirne la bontà (e scongiurare una mia eventuale ciarlataneria) se non con la logica che già conosce? E cioè verificando che io non mi sia contraddetto?
            Per me è chiaro che in ultima analisi anche la logica a più valori “dipende” in questo senso da quella a due valori, pena lo scadere nell’arbitrarietà e nell’autoreferenzalità. Dal pdnc non si scappa (e per fortuna, sennò parleremmo a vanvera). Liberi di correggermi.

          • Bah io a volte quando leggo qua mi vien voglia di strapparmi gli occhi…

            GG ha accennato come la “logica a più valori” con Wimbledon c’entra come i cavoli a merenda, e l’analogia non sta in piedi non in quanto analogia ma in quanto fuoritema e fondamentalmente ignorante.

            Poi sì di nuovo i “p****ini a vicenda” su come la MQ sia binaria e blablabla… Quello che voglio dire e che volevo dire nell’altro è che esistono logiche multivalore, che non mi invento io per farvi un dispetto, in cui il principio di contraddizione/bivalenza è per definizione assurdo. (Esiste anche un sistema che lo definisce a partire dalla definizione di logica a due valori).
            La Quantum Logic non è necessariamente una di queste, dipende dalla formulazione (dato che la QL al limite si rifà alla logica classica dipende da quale punto di questo processo si guarda), in ogni caso ha proprietà diverse dalla logica classica quindi di nuovo l’analogia Wimbledon c’entra come i cavoli a merenda. Nello specifico il principio di Distributività è diverso, ovvero la probabilità che piova a Wimbledon è data dalla probabilità che ci sia nuvolo unita alla probabilità che le nuvole siano cariche di pioggia intersecata con la probabilità che quelle nuvole rovescino a Wimbledon. E questa è uguale alla probabilità che delle nuvole di passaggio rovescino unita alla probabilità che delle nuvole cariche di pioggia rovescino. Nella Wimbledon Quantistica (e della logica quantistica) no, perchè le probabilità si combinano in modo diverso e l’ho spiegato nel mio articolo linkato diverse volte che no, non è una semplice analogia ma è una spiegazione. E se non lo si afferra e vuole metterlo sullo stesso piano di straparlare di wimbledon un po’ mi chiedo cavolo ci faccio ancora qui…

            Poi va bene non sapete niente di questo argomento, oppure preferite una visione diversa, va benissimo. Ma altre visioni ESISTONO, gente ci ha lavorato sopra e sono consistenti. A voi possono non piacere, così come a me non piace questa, riconosciamo la cosa e amici come prima… Appunto la cosa strana a proposito di questo argomento, è che non avete più ragione di me e viceversa io non ho più ragione di voi. Al massimo qualcuno di voi potrà avere approfondito di più l’argomento, ma una volta che si capisce da quali ipotesi uno parte e quali sono le conseguenze di massima non esiste esperimento, o ragionamento, sulla terra che potrebbe trovare uno di noi in completo torto.

            No volendo dal principio di bivalenza si scappa. No volendo si può parlare di come la meccanica quantistica lo “disprovi” (sempre considerando che “non esiste esperimento, o ragionamento, sulla terra che potrebbe trovare uno di noi in completo torto”) senza risultare irrazionali. No la logica classica non è l’unica possibile, nè è l’unica ragionevole, solo perchè sei nato così lontano da eventi quantistici che i tuoi sensi non percepiscono nulla che non sia binario (ma i tuoi sentimenti sì, e qua scatta il casino… :asd: ) non è affatto detto che considerando unicamente quella sei “più vicino alla realtà”. No esistono altre filosofie, altri modi di pensare, altre metafisiche ed epistemologie. Esistono tutte le filosofie possibili volendo, che si interfacciano a tutte le logiche possibili che si interfacciano a tutte le matematiche possibili che definiscono cose che voi (o meglio il vostro amico Feser nel suo mediocre libro su mind-body problem) definite “metafisicamente impossibili” come 2+2=5 o triangoli quadrati. Esiste il mondo, voi ne siete parte ma non lo siete tutto e non siete l’unica parte razionale/ragionevole/buona/giusta/bella.

            Per questo mi piacerebbe vi togliesse quest’aria di irrevocabile assoluto che fate assumere alle vostre preposizioni… mammamia direttamente dai santi libri.

            Infine Masiero non è professore, ed è estremamente lontano dall’esserlo. Non basta aver fatto una lezioncina da assistente decenni fa per essere professore. L’inidividuo non sa neppure cosa sia un dottorato di ricerca. A volta fa articoli pregievoli, a volte scrive stronzate… come tutti noi d’altronde, ma a volte, come in questo caso, scrive stronzate su argomenti di cui si fregia di essere saputo, il tutto accettando di buon grado un titolo che non gli appartiene cosa che francamente mi dà il voltastomaco.

            poi il pallone gonfiato sarei io…

          • Andrea, se noti io ho detto un’altra cosa: non mi sono rifatto agli esempi di Masiero, sto supponendo che sia come dici tu.
            Una forma del pdnc esiste pure in logica a più valori: http://it.m.wikipedia.org/wiki/Principio_di_non_contraddizione

            Allora, che ne pensi in merito all’esempio che ho fatto?

        • Sì ce n’è una versione debole che è ben distante da quella di cui si parla qua, esempio compreso.

          Se inventassi una logica a più valori la sua consistenza andrebbe verificata all’interno della logica stessa. Se provassi a capirla con una logica classica, (con cui anche il grande professore valuta la sua normale vita), falliresti e non potresti andare oltre la prima riga, che ti apparrebbe assurda per uno dei tanti principi che si enunciano in questo blog.

          • “Se inventassi una logica a più valori la sua consistenza andrebbe verificata all’interno della logica stessa.”: esatto questo è, mi sembra, esattamente quel che Law cerca di dire: “consistenza” interna è rappresentazione del principio di non contraddizione.
            Una logica (insieme di segni con regole) ha da essere consistente con se stessa: principio di non-contraddizione applicato ad una serie di regole.

            Più divertente e “funky” sarebbe una logica incoerente con se stessa 😛

            Scherzi a parte, questa necessità di coerenza delle regole all’interno di ogni sistema logico degno di questo nome è “meta-logico”, infatti è “ontologico”: e questo è il bello dell’approccio aristotelico, il quale usa delle regole dell’essere per stabilire la logica e… viceversa.
            In Pace

          • Ahhh ho capito, “principio di non contraddizione” non il ferreo principio logico basato su logiche a due valori ma una tanto personalissima quanto fumosissima interpretazione poetica dello stesso.

            Buono a sapersi… stronzo io che pensavo provaste a fare filosofia…

          • Conosco un solo principio di non-contraddizione: se A allora non-non A.
            Se A è un insieme di regole ( logiche ad esempio) allora la consistenza che tu declami afferma che non ci può essere nessuna regola di A che non sia di A… cioè che non-non A…
            Adesso, puoi anche venire con logiche incoerenti dove le regole di A non sono di A….. buon lavoro.
            In Pace

          • Beh scusa Andrea, è logico (no pun intended) che un qualsiasi sistema logico (a quanti si vogliano valori) alla fine della fiera…
            1) O è coerente, e quindi ha una sua validità e una sua dignità “scientifica”;
            2) O non è e coerente, e quindi può entrare a pieno titolo nella categoria “fiabe per bambini”.
            1) o 2), vero o falso, tertium non datur, questo intendevo dire: la logica aristotelica regge tutta l’impalcatura.
            E francamente mi sfuggono le ragioni di tutto questo astio… 😉

          • Ho capito, si fa poesia… beh tanto piacere.

          • Meglio che le tue stronzate, in senso proprio s’intende. 😀
            In Pace

          • @Law: Guarda che nelle logiche a piu’ valori non e’ che la “verita’” non esiste. Se assumiamo il valore vero a 1 e il valore falso a 0 e un valore intermedio a 0.5 una teoria puo’ benissimo essere 1 in un sistema logico non binario.
            Tuttavia il fatto che esistano il valore intermedio 0.5 e il valore 0 e non significano entrambi la stessa cosa, smonta completamente il principio di contraddizione non poetico che implicherebbe che se “Se A e’ allora non-A non e'” dato che
            1- “Se A e’ ” cosa? 1 o 0.5?
            2- “non-A non e’ ” cosa? 1 o 0.5?
            Se A e’ 0.5 non-A puo’ benissimo essere 0.5 anche lui, oppure 0, oppure 1.
            Allo stesso modo se A e’ 1 non-A puo’ benissimo essere 0.5, oppure 0.
            Allo stesso modo se A e’ 0 non-A puo’ benissimo essere 0.5, oppure 1.

            Ora tu vuoi chiamare 0.5 e 0 entrambi falso? No. Non e’ lo stesso.
            Perche’ non 0 puo’ implicare 0.5 in un sistema ternario, ma non 0 non puo’ implicare 0 in un sistema binario.

            Spero di essere stato chiaro, perche’ a sparar stronzate con la poesia son capaci altri.

          • Continui ancora a sparare: ma ascolti altrui prima di aprire sta’ boccaccia?

            Dire che in una logica L le proposizioni possono avere valori tra 0 e 1 è già una regola. essa implica che valori inferiori a 0 o superori a 1 o valori immaginari “i” non sono possibili in questa logica data ( posso immaginare logiche I con numeri immaginari puri ad esempio), quindi le proposizioni con valori altri non fanno parte di questa logica. Cioè questa logica L non è la logica I , il principio di non-contraddizione si applica perfettamente: cioè L semplicemente per essere concepita ha bisogno della logica… aristotelica..

            L’essere è per natura intellegibile e l’intelligibilità implica la capacità di distinzione e la distinzione implica il principio di non contraddizione: l’essere è quel che è e non quel che non è. Ma questo è un altro discorso: intanto mi sto divertendo colle contraddizioni sempre più eclatanti del nostro amico.

            Ma quando ti deciderai a rispondere nel merito dei tuoi contraddittori? Già, non ne hai bisogno: sei fuori della logica e le affermazioni apodittiche ti bastano ed avanzano.
            In Pace

          • Non avevo finito.
            Quindi in questo semplice esempio si puo’ vedere come, da un lato in questo esempio semplice non sia vero che se A e’ non A non e’, perche’ se A e’ 0.5, non A puo’ essere 0.5.
            Anche volendo si puo’ estendere negando questa opzione. cioe’ se A e’ 0.5 non A puo’ essere 0 oppure 1 e verificare un principio di contraddizione “debole” dove si esclude la ripetizione dello stesso valore sia per A che per non A e soddisfare alcuni degli enunciati.

            Tuttavia il principio di non contraddizione di cui si fa largo uso in queste pagine, implica anche che sia possibile inferiore sulla negazione, cosa non possibile in ogni caso ternario.

            Ovvero un modo di enunciare il PNC che in queste pagine e’ usato indistintamente con ogni altro e’ che “l’intersezione fra A e non A e’ vuoto”, ma nel caso dei valori 0, 0.5, 1 il “grado di verita’ ” dell’intersezione fra A e non A potrebbe essere 0.5 a seconda di come si imposta la “matrice di verita’ “.

            Tanto divertimento qui:

            http://en.wikipedia.org/wiki/Three-valued_logic#.C5.81ukasiewicz_logic

          • @Simon: poooesiiiaaaaa, lallalalalaaa

          • Dimostralo.
            In Pace

            • Quando il vero del falso non vero si avvicina allontanandosi dal forse, mostra spesso e certamente quel che il raro nascondimento saltuario crea demolendo sé stesso che è l’altro non essendolo.

              Infatti è così che non è così e provi chiunque di nessuno di noi a dire a sé tacendo che questa verità è quella falsa non menzogna che non esiste essendo!
              Questa è quella dimostrazione indimostrata che fu e non sarà non essendo mai stata sempre!

              Pota.

          • @Andrea
            Il principio di non contraddizione non è quello che hai espresso tu, ma: « È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo.»
            Se A può assumere valori 0, 0.5 e 1, il pdnc dice solo che A non può essere contemporaneamente 1 E 0.5, ad esempio.
            Mentre un’eventuale proposizione: “A ha assunto, nelle tal condizioni, valore 0.5” è vera o è falsa, non può essere (la stessa proposizione) 0.5!
            Allo stesso modo, se invento una logica a tre valori, vero, falso e pippo e vado a farmela correggere da un grande matematico lui mi dirà una di queste:
            – è coerente, quindi ha validità (in un certo senso è vera).
            – è incoerente, quindi è carta straccia (in un certo senso è falsa).
            Mai egli potrà rispondermi “è pippo”.

          • Beh… finora qualunque cosa che gli diciamo la sola risposta che otteniamo da Andrea è proprio “pippo” oppure che “Feser è scemo ma lui è più fico perché è così”: non proprio un gran senso della logica ha il vostro amico. A parte essere apodittico e insultare Feser e Masiello non ancora visto una sola contribuzione costruita da parte sua.
            In Pace

          • Law ecco l’ennesima definizione del pdnc che si legge in queste pagine… va bene…
            Di nuovo comunque non e’ detto abbia il minimo senso in un sistema a 3 valori, sebbene questa formulazione e’ molto piu’ sensata di quelle sopra.

            Una sua formulazione in un sistema a tre valori (vero, falso, pippo) potrebbe anche suonare cosi’:
            “Il medesimo attributo, nel medesimo tempo, puo’ appartenere, non appartenere, o pippo, allo stesso oggetto”, ovvero assurda.
            Formularla come hai fatto tu partendo da una logica a molti valori e’ tutt’altro che banale.

            Di nuovo ho linkato una delle piu’ classiche logiche di uno dei piu’ classici studiosi (fra l’altro e’ sua la definizione che hai appena dato)… che badabene fra l’altro ha lavorato a lungo per recuperare il “principio di non contraddizione” ma il suo lungo lavoro testimonia che non e’ cosi’ scontato, banale e intercambiabile con altri principi (terzo escluso in primis) come si puo’ pensare leggendo queste pagine.

            Fra l’altro Lukasiewicz nonostante la sua piuttosto fedele adesione ad esso ontologicamente, volendo ha anche dimostrato in logica come il pdnc non sia elementare, ne’ necessario, ne’ sia un principio… ma questa e’ un’altra storia…

          • Simon, ma se ho descritto sopra le logiche a tre valori e non e’ stato detto NULLA a tal proposito se non ignorare sistematicamente il post e andare su argomenti che non c’entrano NULLA… -_-‘

            Per favore neh… c’e’ un motivo per cui ti dico che fai “poesia” che e’ anche un tantinello piu’ fine che sostenere che dico stronzate… Considerare una logica come una proposizione, valutarla al di fuori degli assunti di quella logica e dargli un unico attributo, considerare un insieme di “non-logica”, sono mosse poetiche non filosofiche.
            Retoriche ragazzate.

            Io parlo di matematica, logica, preposizioni tu sei quello che “eh Masiero dicendo che il meteo di Wimbledon e’ logica multivalore da’ un colpo fortissimo” e mi disprova con preposizioni che dicono ESATTAMENTE cio’ che sto dicendo.

            Tirare fuori A e non-A, ovvero la bivalenza, non e’ un argomento valido in logiche multivalore e confonderlo con il PdnC in questo contesto e’ manifestazione che non sai cosa dici.

            Have fun, peccato non poter mettere in ignore, ma credo tornero’ a mettere in ignore l’intero blog e sperare che claudio risponda via mail.

          • Quandi leggi un tratttato di logica a più valori tu come distingui roba valida da chi cerca solo di prenderti per il culo?
            Seriamente eh, o poi se vorrai ignorarci pace.

          • Law, quale parte di “Guarda che nelle logiche a piu’ valori non e’ che la “verita’” non esiste.” non è chiara?

            Comunque se non riesco a spiegarmi significa che forse la voglia di approfondimento è superiore a quanto sia possibile esplicare in poche righe di commento, quindi suggerisco, nel caso interessati, di prendere un libro.

            Nel caso non interessati semplicemente di evitare di pensare che gli altri siano idioti che fanno cose a cazzo.

          • Questo l’ho capito, Andrea…
            E tutto quello che vero non è, come lo reputi: falso o pippo? (O chessò spock, lizard…?)

            Mi spiego meglio: leggi un libro su questa logica a più valori. Il libro costruisce il suo ragionamento su tre valori: Vero, falso e pippo. Alla fine questo libro ti convince perché i passaggi ti sembrano rigorosi e coerenti, quindi puoi dire: “quel che c’è scritto in questo libro è vero.”
            Ma se questo invece disgraziatamente non accadesse perché sfiga vuole che chi ha scritto il libro è un cialtrone, tu cosa diresti: “quel che c’è scritto in questo libro non è vero, ma non so se è necessariamente falso.”?

            Per il resto non mi sembra di averti trattato come un idiota che dice fa cose a cazzo…

          • @Law,
            comunque una riflessione meta-logica divertente potrebbe essere questa:
            finora abbiamo esempi di logica con valori continui compresi tra 0 e 1, dove, ad esempio, 0 vale “vero” e 1 vale “falso”; chiaramente all’interno di questa logica ad alcune entità saranno affibbiate valori sempre “0” come, ad esempio, le regole della logica stessa, o sempre “1” come le regole che non fanno parte di detta logica; interessante anche notare che l’esistenza di un continuum tra 0 e 1 suppone l’esistenza di un traliccio ordinato “in parallelo”, al quale deve essere dato un valore 0 nel quadro di tale logica al fine di dare un valore univoco ad ogni proposizione enunciata in tale logica.

            La domanda mia più simpatica è sapere cosa succede se, invece di avere l’intervallo continuo tra 0 e 1 contenente 0 e 1 ([0;1]), si considererebbe lo stesso intervallo senza 0 e 1 (]0;1[).

            In altre parole, è possibile una logica dove nessun valore potrebbe mai essere né 0 né 1, cioè dove neanche le regole stesse sarebbero mai totalmente vere o totalmente false?

            In realtà, la cosa divertente è che nella natura non c’è nessun fenomeno sperimentale che non sia una risposta 0 o 1 : chi “crea” altre logiche vorrebbe esimersi dalla “natura” costruendo logiche a multi-valore e la questione è sapere se ci sono realtà sperimentali che non abbiano valori 0 o 1, (ovviamente nel caso delle logiche dette “modali” il significato di 0 o 1 non è lo stesso di “vero” o “falso” che utilizziamo qui). Può essere che nella realtà questi sono insiemi vuoti, anche se c’è chi parla solo di quelli e se fossero pieni, allora ogni categoria sarebbe discriminata dall’altra in virtù della struttura a traliccio del segmento ]0;1[ e quindi, automaticamente, ricostruiti in una struttura binaria (essere membro o no della detta categoria).

            In altre parole, quali sono le motivazioni “morali” (meta-logica di cui sopra) ? Nulla a che vedere colla MQ né con il reale sperimentale che non ne hanno il minimo bisogno, allora quali?

            In Pace

  12. ….e adesso mi ci vogliono 3 giorni per leggere ma soprattutto per capire quello che avete scritto dopo la mia innocente 😛 domandina ….
    (comunque la domandina era davvero innocente in quanto conoscevo solo per grandi linee il pensiero di Andrea e volevo capire meglio)

    P.s. al momento ho letto bene solo i 2 commenti come risposta diretta alla mia domanda – grazie, ora so da dove partire leggendo i tuoi interventi Andrea
    P.p.s. simpatica la vostra disputa sulla nutella, marmellata e quant’altro che ho letto in velocità 😀
    Sono un’appassionata (davvero!) di preparazioni fatte in casa, nutella compresa e compresi esperimenti al limite del pappone 😀
    Ma…se a volte non incappi in un immondo pappone….come capisci la differenza con l’alta cucina? 😉

    P.p.p.s.
    Ad una prima impressione mi sembra comunque che voi, nonostante l’attuale disputa, abbiate parecchio terreno su cui concordare – molto di più di quello che pensate. E mi sembra anche che Minstrel abbia accennato a questo.
    Ok. Più tardi torno a leggere con calma 🙂

    • Concordo che ci sia molto in comune. O quantomeno deve esserci nel realismo di fondo. 😉

    • vabbeh ma adesso voglio la nutella fatta in casa, chissenefrega della metafisica…

      • Maledetta dieta! 😀

      • 😀 😀 😀
        Se clicchi su google “nutella fatta in casa” ti si aprirà un mondo 😉
        Ti suggerisco di andare oltre la prima pagina di risultati e di andare a scoprire le ricette di massaie autentiche.

        Riprendo il discorso seguendo il mio filo (logico? non so)

        Quindi tu Andrea:
        1) ammetti anche il contributo delle scienze non direttamente basate sui fenomeni sensibili (psicologia, sociologia, eventualmente filosofia, ecc.)
        2) non difendi solo la “scienza per la scienza” (che può valere per la matematica) ma anche la “scienza al servizio dell’uomo” perché permette di procedere a scelte via via più “ponderate” (col progresso scientifico).
        3) vedi una circolarità dei contributi scientifici che non prevede un necessario principio guida filosofico se non il Bene dell’Uomo (suddetto) nei casi in cui la scienza possa farlo (vedi medicina, ecc.)
        4) ammetti senza problemi una visione come quella di Tom che è un credente (e la cui filosofia è basata sul pensiero del gesuita Lonergan – il quale tu ovviamente non condividerai nel momento in cui si sposta su un piano diverso e parla di Dio, ma sull’approccio filosofico ci stai)

        DOMANDE
        1) da ateo o agnostico (non so) per te il Bene dell’Uomo in che cosa consiste? Intendo come obiettivi semplici. Tipo….Salute diffusa? Pace sulla terra? Giustizia sociale? Salvaguardia ambientale? Cose del genere.

        2) In base alla risposta 1 : tu per conseguire quegli obiettivi desiderabili demandi quindi alla politica (oppure al libero mercato economico) la decisione del come utilizzare i risultati della ricerca scientifica?
        Oppure ci vedi meglio principi etici (da definire “internamente” a seconda del settore, ove necessario) che informino preventivamente il lavoro degli scienziati ?

        3) Qualunque risposta tu abbia dato al punto 2, da qualsiasi parte provengano le indicazioni etiche/programmatiche, da chi vorresti idealmente che fossero stabilite?
        Vari esponenti di varia estrazione politica e religiosa?
        Intellettuali vari? Scienziati vari ? Organismi limitati al settore scientifico oppure livelli più alti, ecc.
        Oppure da altre componenti che ora a me non vengono in mente?
        Nel senso che: senza contraddire la circolarità di fondo, come ci dovremmo muovere per prendere le necessarie decisioni pratiche? Le quali esigono una “sintesi” di principi.
        Ti faccio la domanda numero 3 chiedendo A TE che cosa vorresti, fosse anche un’ idea personalissima – e NON ti sto chiedendo se ti va bene che esista l’OMS oppure le commissioni bioetiche varie, ecc. Ti sto proprio chiedendo “il mondo secondo Andrea”.
        Grazie 🙂

        • 1) Ogni cosa presa abbastanza alla larga è basata sui fenomeni sensibili… ogni cosa fatta abbastanza bene fornisce contributi importanti.
          2) Beh la scienza è entrambe le cose, sia pratica che fine a se stessa, chi più o chi meno. Se non fosse pratica, se il “mondo restasse uguale” veramente non avrebbe senso da perseguire. Ci deve essere un riscontro, non per forza tecnologico ma anzi soprattutto culturale.
          3) Vedo una circolarità, o meglio una spiralità, nella cultura umana. Dalle idee più semplici e semplicistiche in cui il mito era mischiato con l’etica mischiato alla “scienza” si sono generate idee e suddivisioni via via più sofisticate in primis quella aristotelica che hanno permesso l’avanzare della scienza che ha permesso l’avanzare delle considerazioni sulla natura filosofica delle cose che ha permesso l’avanzare…etc…etc… insomma hai capito l’antifona.
          4) Ammetto l’esistenza di ogni possibile filosofia, purchè sia consistente in se stessa e con i dati che abbiamo del mondo. Non condivido come mia ogni possibile filosofia e quindi del discorso di Tom condivido il suo rilancio a questo, non ogni singola cosa che ha scritto e che magari non ho neppure letto.

          Grazie a te inoltre per le bellissime domande, ci penserò sopra. In breve e al volo:
          1) non credo esista un bene assoluto per l’uomo. Esistono certamente mali assoluti, malattie, carestie, in parte guerre… ma il “bene” è abbastanza personale.

          Ergo
          2-3) Non credo molto in decisioni programmatiche e tantomeno etiche, ove non eseguite per evitare i “mali assoluti” di sopra. La ricerca scientifica deve potersi espandere tendenzialmente verso ogni possibile direzione o almeno verso ogni possibile direzione non sia diretta o rischi il “male assoluto” di sopra. La programmaticità politica non ha mai aiutato ad evitare ciò, anzi, semmai il contrario.

          • Grazie Andrea. Quando puoi….se mi rispondessi alle domande con qualche dettaglio in più sarei molto interessata a leggere la tua visione del mondo…dato che comunque dal vostro dibattere e combattere la intuisco solo in parte.

            Infatti, su quello che dite voi non ci capisco niente e non posso giudicare – anche se una mia idea personale me la sto facendo.
            Vi copio-incollo delle idee “filosofiche” che mi appaiono (al momento) una buona descrizione della realtà secondo me.
            (Il relativismo di queste idee per me è solo apparente)

            Un celebre aforisma (di Niels Bohr) che mi piace molto ha diverse versioni. Le riporto di seguito.

            “Ci sono due tipi di verità: le verità semplici, dove gli opposti sono chiaramente assurdi, e le verità profonde, riconoscibili dal fatto che l’opposto è a sua volta una profonda verità”

            «Una proposizione esprime una verità profonda, solo e solo se anche la sua negazione esprime una verità profonda » 

            “Il contrario di un’affermazione corretta è una affermazione errata, ma il contrario di una verità profonda è un’altra verità profonda”

            «Two sorts of truth: trivialities, where the opposites are obviously absurd, and profound truth, recognized by the fact that the opposite is also a profound truth»

            D’altra parte….ho trovato poi qui http://forum.uaar.it/viewtopic.php?f=17&t=13122&start=180 un utente che trovo interessante, condivisibile, e che afferma tra le altre cose:

            “Una semantica della verità sedimentata è appunto una sintassi che si finge semantica e pertanto dice il falso parlando di segni come se fossero le cose a cui alludono. Il divenire è in realtà quel continuo diverso apparire (e non diverso essere) della verità che in quanto verità le compete. Fermarsi a una di queste forme con cui la verità parzialmente viene via via ad apparire e porre questa forma come unica vera è dire il falso. La verità è vera solo continuamente riconoscendosi non vera, ossia riconoscendosi nell’apparire della propria inesauribile contraddizione”

            “Il centro di gravità imprescindibile è il riconoscimento dell’integro valore della differenza, alla sola luce della quale le cose possono apparire. Insopprimibile differenza semantica, sintattica e pragmatica di ogni essente in quanto tale (soggetto e oggetto dopotutto sono solo categorie sintattiche), che è in quanto questo concreto in relazione al suo altro, a mezzo del quale si riconosce per sé (appare a se stesso) come altro del suo altro, riconosce l’unicità del suo essere soggetto come oggetto della infinita molteplicità dei suoi oggetti”

            “Cos’è un fatto? Come si definisce un fatto? In che modo ci si accorge che una cosa è un fatto e un’altra non lo è? Può solo dircelo qualcuno che ha l’autorità e la competenza per giudicare o siamo capaci di rendercene conto da noi stessi, ciascuno per conto suo? Si parla così spesso di fatti che a volte ho come l’impressione che nessuno li sappia più vedere e tanto meno sappia cosa siano e la parola fatto diventi una specie di talismano”

            “La tanto pomposamente proclamata oggettività scientifica, francamente, come ogni inflessibilità metafisica, alla fine è ancora una volta solo il titolo di una farsa che vuole assolutamente farsi credere la sola cosa seria senza che nessuno si accorga di quanto ridicola sia questa pretesa”

            “La chiave di tutto dunque è l’oggettività, peccato solo che l’oggettività alla fine può solo essere soggettivamente definita (e così è sempre stato e sempre sarà, è… oggettivo). Io penso invece che la baggianata filosofica sia solo quella che non riesce o non vuole vedere la propria contraddizione e per non vederla pretende la fede assoluta nella propria -soggettivamente definita- oggettività”

          • Trinity ti ringrazio per le domande e gli appunti che sono tutt’altro che passati inosservati o non graditi, solo che sono molto più profondi, e difficili, di una sciocca disamina che prende a volte connotati di cel’holunghismo, e quindi molto più lunghi da rispondere.

            Nelle affermazioni riportate in linea di massima mi ci ritrovo, certo che andrebbero inquadrate meglio specialmente negli aspetti più controversi e delicati.

            La citazione di Bohr, come molte altre sue citazioni, le faccio mie e corrispondono alla mia esperienza in modo quasi unitario. La vita e la filosofia di Niels Bohr e della sua scuola sono quasi opposte a quelle di cui si parla qui (forse perchè contengono grandi verità? :P) e io sono stato forgiato lì (il mio relatore ha lavorato e vissuto con Aage Bohr) quindi alcune asserzioni che leggo qua (o nei libri di Feser) mi appaiono stonate tanto quanto devono apparire stonate le mie a voi.

            La differenza è che io cerco di non parlare per assoluti.

            Una appropriata a questo sproloquio:
            “Every sentence I utter must be understood not as an affirmation, but as a question”

  13. Il (grande IMO!) filosofo della scienza, matematico, fisico (è considerabile tale?!) e metafisico Wolfgang Smith – colui che scrisse una delle più complete risposte ai delitti filosofici del mitico Hawking ne il grande disegno – ha scritto un testo che ben esplica quel che qui cerchiamo probabilmente di banalizzare.

    Piglio dalla wiki inglese la presentazione al testo in questione:
    “Proceeding from his critique of Scientism, in his The Quantum Enigma (1995) Smith poses the questions of whether the scientific method is actually dependent on the Scientistic philosophy and, if it isn’t, whether linking it to other philosophical frameworks would provide better solutions to the way we interpret physical phenomena. Demonstrating that in no case either the scientific method or its results depend upon or require adhering to a scientistic metaphysics, he answers in the positive to the first question, with the end result that it’s possible to link the scientific method to any underlying metaphysics, or to none at all. Working then into the second question, he proposes linking the scientific method, thus the modern sciences, to a non-bifurcationist, non-reductionist metaphysics in the form of a modified thomistic ontology, showing how such a move can provide a positive outcome by solving the apparent incoherences perceived in Quantum Mechanics’ phenomena.”

    THe Quantum Enigma. Finding the hidden key.

    Come ha fatto? Ce l’avrà fatta? Semplicemente non ha capito nemmeno lui la MQ?
    Il libro è disponibile… 😉

    • “… a modified thomistic ontology, showing how such a move can provide a positive outcome by solving the apparent incoherences perceived in Quantum Mechanics’ phenomena” : bisogna davvero sottolineare che queste “apparenti incoerenze” non sono tali nel quadro di una metafisica di stampo aristotelico, come lo abbiamo già mostrato più volte in questo blog.
      Il problema è tutto di coloro che rimangono rinchiusi, spesso inconsciamente e sempre implicitamente, in un immaginario ideale epistemologico di tipo newtoniano dove la prevedibilità è legata a doppia fune colla determinazione del sistema e che si sentono come persi di fronte ad un reale che risponde bene ad un’ontologia fondamentalmente aristotelico-tomista ma non newtoniana….
      In Pace

    • Mauro ora però me fai incazzà…
      Quello che hai linkato mi da ragione al 100%:
      “the end result that it’s possible to link the scientific method to ANY underlying metaphysics, or to none at all.”
      ovvero “così è, se vi pare”.

      “he PROPOSES […] solving the apparent incoherences perceived in Quantum Mechanics’ phenomena”

      Proposes, perchè non parla la vera verità ma fa solo una proposta, apparent incoherences perchè non è una cosa che viene naturale considerare ma bisogna lavorarci sopra, nascondere sotto il tappeto e fare cose che A MIO PARERE sono brutte, ma brutte forte perchè la famosa soluzione è dire che la quantistica è solo un utile e non la realtà, ma dato che alla fine puoi collegare il metodo scientifico a QUALSIASI metafisica degna di questo nome non conta poi così tanto ed è praticamente questione di gusti.

      A te piace questo? Mi deludi ma accomodati.
      A me non piace, e se mi sento dare del deficiente ancora una volta giuro che vengo a Bergamo e ti prendo amichevolmente a sberloni finchè non ti riprendi.

      • Andrea, adesso amichevolmente mettiamo due puntini sulle i.

        Comincio con il dire che non ti ho mai dato del deficiente. Mai.

        Continuo dicendoti che sai quanto stimo te e il tuo lavoro.

        Terzo nessuno ha mai scritto che questa metafisica sia la verità della realtà, ma anzi si è sempre detto che la Verità ontologica è impossibile da raggiungere in modo assoluto e completo.

        Quarto non è questione di “piacere” una cosa o l’altra, quasi che a tuo dire io voglia accettare questa metafisica “palesemente irreale” (qualsiasi cosa sia ‘sta maledetta realtà) per far finta che la mia fede abbia una valenza razionale che invece non può e non deve avere. Certamente se la metafisica è possibile allora la fede è fondabile razionalmente ANCHE su di essa. Anche. Ma non solo, quindi si ricerca per altro: fascino e desiderio proprio dell’uomo.

        Quinto parte tutto da una questione epistemologica come tu stesso dichiari. A mio avviso quello che TUTTA LA SCIENZA studia (TUTTA quindi in un certo senso anche l’ontologia!) è modello e il modello non può in alcun modo COINCIDERE con la realtà in modo univoco, ma solo in modo analogo!
        Se il modello coincidesse univocamente (secondo il concetto di univoco proprio della logica) con la realtà allora il modello SAREBBE necessariamente TUTTA la realtà descritta e questo significa che il modello è il creatore della realtà stessa e quindi è grazie al modello che esiste la realtà che il modello misura! Ti sembra una tautologia? A me si.
        A me infatti pare impossibile che un’attività INTERNA alla realtà possa essere la realtà stessa che intenderebbe spiegare. La scienza pertanto è certamente attività conoscitiva interna alla realtà nella quale cerca di capire la realtà intesa come visione unitaria, realtà come intero ordinato. Per farlo, facendo parte integrante di questo intero, lo fa inevitabilmente in modo analogo!
        Analogo.
        ASSOLUTAMENTE diverso, RELATIVAMENTE uguale=analogo.
        Esistono argomenti che smontano questo argomento? Pronti: ascoltiamoli e valutiamoli insieme! Sono scettico, sono scettico, sono scettico! Quante volte devo ripetertelo? 4. Sono Scettico!
        A me non interessa difendere una metafisica fino alla morte perché grazie a questo breve pensiero che ho esposto velocissiamente ritengo che questa metafisica tomista non sia altro che UN MODELLO METAFISICO DELLA REALTA’. Modello splendido, meraviglioso, certamente appagante. Ma un modello. Con tutti i pregi e tutti i limiti di un modello.
        Ergo ci sono altri modi migliori per morire.
        C’è altra possibilità di pensare cosa significhi “conoscere” la realtà che ci circonda e ci “ingloba”, per l’uomo?

        Sesto, la domanda quindi a mio avviso è: quanto questo MODELLO analogo è assimilabile all’ontologia dell’intero che intende studiare? Quanto è assolutamente diverso e quanto è relativamente uguale? E questo è un problema epistemologico, punto. E’ la domanda cui cerca di rispondere la famosa teoria della conoscenza di Tom. E’ la domanda che ci facciamo tutti qui. Punto.
        Alcune scoperte possono certamente guidare la riflessione, ma concluderla mai.
        Questo è quello che ho capito io. Ho capito tutto? No. Non ho capito niente? Meglio! Spiegatemi voi e sono tutto orecchi perché “Sono scettico, sono scettico, sono scettico! Quante volte devo ripetertelo? 4. Sono Scettico!” cit.
        Aggiungo che sono anche ignorante e per questo desideroso di imparare. Scettico e ignorante. Scettico perché ignorante. Insoma un bel dittico.

        Settimo: per dire che si può collegare IN MODO ATTIVO il metodo scientifico a qualsiasi metafisica significa accettare in modo pieno tutto ciò che ho trascritto di Strumia e che se vuoi ti riscrivo sotto. Se lo si collega pensando di fare un piacere alla metafisica credo (A MIO PARERE) non si siano compresi alcune ammissioni implicite proprie della scienza (esistenza realtà, possibilità di coglierla analogamente, principio di causalità valevole ecc). Qui entrambi abbiamo un “metaphysical commitment” (si chiama così in linguaggio filosofico, mica è colpa mia) che fonda implicitamente la possibilità (relativa) di conoscenza (analogica) del reale. Lo fonda per me e lo fonda per te. Per altri ‘sto commitment è una cavolata e quindi tutti i nostri bei modelli sono davvero al massimo solo utili. Non per noi poiché a nostro modo di vedere questi modelli ANALOGAMENTE descrivono anche aspetti degli enti prendibili e comprensibili! E questo per me è il punto dove entrambi diciamo la stessa cosa e che trinity ha individuato! Quindi se devi arrabbiarti con qualcuno che ti “tocca” il tuo lavoro prenditela in primis con gli irrealisti o gli idealisti estremi o i figli di Hegel o gli agnostici della conoscenza in stile Kant.

        Ottavo: il link ti dà ragione dove hai ragionissimo e cioè, banalmente, la questione è dibattuta! Ho forse contestato quella ragione? Dove? Indicare e chiederò scusa!
        Si, Smith propone (perché chi impone qui è in errore assoluto!) una soluzione alle APPARENTI incoerenze della quantistica.
        Cioè Smith ha scritto libri sull’argomento essendo titolato per farlo, più di me di sicuro. Il link era per fornirti una bibliografia che avevi richiesto. A me era sembrato che tu avessi scritto una roba tipo: “Esistono fisici con i contro maroni che sparano le palesi cavolate che scrivete voi?! Perché sapete, mai visto uno…”. Probabilmente è una lettura ermeneutica sballata del tuo scritto , ma la sostanza della tua richiesta mi pareva di averla intesa.
        Ecco allora un mio possibile consiglio di lettura.
        “Libro è disponibile” ti ho scritto. Della serie chi intende intenda, gli altri in camper. 😛
        E se leggendolo lo troverai disgustoso non dirlo a noi, ma dillo a Smith stesso poiché se puoi rispondere in maniera più bella (opposto al tuo “brutta”) agli interrogativi che oggi tutti si pongono e che Smith risolve utilizzando la metafisica classica, aiuterai l’umanità intera a comprendere meglio in che razza di casino metafisico siamo stati cacciati senza che nessuno ce l’avesse chiesto prima (e naturalmente non sarebbe possibile perchè chiederlo prima significherebbe che eravamo già… :D).

        Nono: lo ripeto, qui nessuno ha possibilità di avere UNIVOCAMENTE ragione a meno di non essere la ragione stessa per sé sussistente. Non abbiamo velleità divine.

        Dieci: quando vieni a Bergamo puoi anche picchiarmi perché se è questo il prezzo per rivederti, bere un vinello decente con te e sorridere di nuovo di questa vita insieme, sono pronto a pagarlo anche adesso.

        Un abbraccio.

        edit: ci sarebbe un undicesimo e che riguarda l’imprescindiible difesa della non contraddizione dell’essere, ma se ne parlerà a tempo debito quando tratterò questo punto. 😉

        • Guarda l’unico appunto che mi sento di fare a questo messaggio impeccabile è che nella pratica mi dai del deficiente eccome.

          Sia in articoli come questo e relative esteriezioni tipo “è irrazionale” sia nell’atteggiamento in generale del blog dove commenti come:
          “Il problema è tutto di coloro che rimangono rinchiusi, spesso inconsciamente e sempre implicitamente, in un immaginario ideale epistemologico”
          diventano la cifra stilistica di un posto dove il problema “è tutto degli altri”.

          Ho ben capito il messaggio epistemologico tomista (sempre che sia realmente questo il messaggio epistemologico tomista, dato che Tom mette in dubbio pure questo), e mi fa francamente schifo, per tante ragioni che ho già espresso in giro per i thread. Fortunatamente esiste altro, molto altro, in filosofia ed epistemologia.

          Non per questo significa che non ho capito (per quanto ci sia sempre da capire meglio), non per questo significa che sono ignorante (perchè ad esempio i tuoi articoli di base li ho scorsi con la rapidità di appunti ben fatti, non con la difficoltà di nuovi concetti da assimilare), con preconcetti, deficiente, pallone gonfiato, incompetente e altre parole, molte delle quali avallati perfino da te, che mi son sentito dire per l’orrenda colpa fare commenti che non siano “elogi” a vicenda.

          Per questo ti meriteresti un “ripassone” vis a vis :P, che purtroppo sarà sempre più difficile da fornire ora che io sono Finlandia e Chiara in Inghilterra…

  14. @ Andrea; setting aside Masiero:

    1) la MQ non ‘invalida’ la logica classica; sia lode a Dio.

    2)sono certo che tu conosca la differenza, ma nella furia della tua catilinaria mi sembra che stia facendo un po di confusione tra multi valued logic,logica binaria (booleana) e logiche paraconsistenti. Le prime due non fanno fuori il principio di non contraddizione

    3) Le logiche paraconsistenti non ‘fanno fuori’ il principio di non contraddizione etc e sono estremamente dibattute- controverse etc, sia nelle loro applicazioni che nei loro principi teorici (qua una overview del dibattito http://plato.stanford.edu/entries/logic-paraconsistent/)

    4) “No esistono altre filosofie, altri modi di pensare, altre metafisiche ed epistemologie. Esistono tutte le filosofie possibili volendo, che si interfacciano a tutte le logiche possibili che si interfacciano a tutte le matematiche possibili che definiscono cose che voi (o meglio il vostro amico Feser nel suo mediocre libro su mind-body problem) definite “metafisicamente impossibili” come 2+2=5 o triangoli quadrati. Esiste il mondo, voi ne siete parte ma non lo siete tutto e non siete l’unica parte razionale/ragionevole/buona/giusta/bella.”
    anche qui, il dibattito e’ bello grosso, e sicuramente non limitabile a ‘voi fate a, questi pensano b, e abbiamo tutti quanti ragione http://plato.stanford.edu/entries/dialetheism/#6

    5) Certo che esistono altre metafisiche ed altre epistemologie; il problema e’ che esse mi fanno cagare. e mi fanno cagare perché’ non solo non mi aiutano nella comprensione del mondo, nel rispondere a domande fondamentali, ma aggiungono solo confusione concettuale e casini vari. Io mi sono ‘dato’ all’aristotelian thomism'(henceforth A-T) dopo aver studiato epistemologia (e metafisica, ed etica) contemporanea, in cui ad esempio il termine ‘knowledge’ viene usato per definire tutta una serie di fenomeni che per gli antichi ( e i medievali) erano differenti (episteme, doxa, techne’) con tutto il casino concettuali-filosofico annesso e connesso; e così’e’ per cose quali la causalità’, le questioni etiche e whatever. qua nessuno pensa di essere più’ buono più’ saggio e più’ razionale, io so solo che esiste un patrimonio di pensiero nella tradizione aristotelico tomista che fornisce un framework decisamente più’ convincente per rendere conto di una serie di fenomeni;un frameowrk che e’ stato archiviato in eta’ moderna da ‘grandi vecchi (descartes,Hobbes, Locke, Hume etc) che o non ne avevano capito un cazzo o avevano interessi ‘extrafilosofici’ per disfarsi di questa tradizione. Dici che il tomismo nientepopodimeno che ‘ti fa schifo’;potrei sapere su che basi? cosa trovi così’ repellente?

    6) ma che cazzo ti ha fatto Feser, e che cosa vuoi dal libro Philosophy of Mind (che non e’ un libro sul Mind-Body problem, ma appunto una introduzione per undergrad alla filosofia della mente)se vuoi leggere il Feser cazzotto, leggiti scholastic Metaphysics o i suoi papers.

    7) percepisco in te una certa tensione. secondo me dovresti mandare affancuore sti mezzi vichinghi finlandesi e venire a fare il visiting researcher tipo un 3 mesetti da me; c’e’ un agguerrito gruppo di logici che si occupano di ste malefiche logiche paraconsistenti che tanto ti affascinano, e Rio de Janeiro a un’ora di aereo! almeno ti rilassi, mi ti stai incattivendo tra i fiordi amico andrea!

    • Caro Claudio, ottima risposta al nostro confuso e confusionario amico.

      Dal mio lato vorrei giusto commentare nella marea prolissa della sua verbosità un paio di asserzioni che hanno un qualche interesse:

      (1) Quando scrive “Quello che voglio dire e che volevo dire nell’altro è che esistono logiche multi-valore, che non mi invento io per farvi un dispetto, in cui il principio di contraddizione/bivalenza è per definizione assurdo. “ : in effetti si può costruire intellettualmente qualunque sistema logico e e anche illogico, mondi sottostanti alle leggi conosciute della fisica oppure no, matematiche costrette da più o meno postulati e così via di seguito. È un diritto dell’immaginazione umana di andare a bazzicare ai confini del pensabile: questo c’è sempre stato e non abbiamo dovuto aspettare il XXI secolo per riscontrare l’esistenza di persone che si rifanno a logiche che non sono aristoteliche.

      La vera questione del dibattito è sapere se c’è bisogno di un’altra logica che quella aristotelica per rendere conto nel reale dei fenomeni sperimentali quantistici o no: la risposta è no. Non c’è per ora nessuna evidenza sperimentale che implichi il fatto di dover lasciar cadere la logica aristotelica: anzi da millenni che si ragiona aristotelicamente, la sua logica è costantemente comprovata.

      Abbiamo già avuto dei post estremamente precisi su questo blog che ben spiegano la differenza tra logica aristotelica, struttura proposizionale classica e struttura proposizionale quantistica e abbiamo visto dove queste due, rappresentabili con tralicci logici sono differenti: non nei valori vero e falso né nel principio di non-contraddizione.

      (2) Scrive poi : “La Quantum Logic non è necessariamente una di queste, dipende dalla formulazione (dato che la QL al limite si rifà alla logica classica dipende da quale punto di questo processo si guarda), in ogni caso ha proprietà diverse dalla logica classica quindi di nuovo l’analogia Wimbledon c’entra come i cavoli a merenda.”: certo, si può formulare qualunque teoria nel modo il più fuzzy, il più funny e anche il più funky che si vuole, nulla impedisce di fare questi giochetti mentali, ma stiamo parlando di comprensione del reale e cioè c’è un solo fatto sperimentale che dimostri che la logica aristotelica non sia valida? Personalmente e fisica ne ho fatto e sempre mi tengo aggiornato non ne conosco alcuno. E questo è interessante, perché ciò vuol dire che la buona logica del reale, per ora, è perfettamente universale.

      (3) Eppoi , “Nello specifico il principio di Distributività è diverso … Nella Wimbledon Quantistica (e della logica quantistica) no, perché le probabilità si combinano in modo diverso “: infatti e questo glielo abbiamo anche spiegato in lungo ed in largo. Ancora bisogna voler leggere e capire cosa gli si dice… L’argomento di Masiero è fortissimo, proprio una bella sberla in faccia: un fatto probabilista non giustifica di per sé nessuna logica multi-valore.
      E, come abbiamo ripetuto molte volte, la differenza tra logica quantistica e logica newtoniana ( ambo su sostrato binario e basato sul principio di non contraddizione) si situa nella loro diversa struttura proposizionale.
      Quel che il nostro giovane ed impetuoso interlocutore non percepisce ancora bene è che la logica aristotelica è “come” ( cioè analoga) alla grammatica in un linguaggio, mentre la logica fisica “classica” o quella “quantistica” sono “come” ( secondo termine dell’analogia) le regole di sintassi del linguaggio: voler cambiare la grammatica perché la sintassi non è la stessa ( ad esempio uno scrive in prosa e un altro fa versificazione poetica allora uno potrebbe usare femminili al posto di maschili e futuro al posto di passato remoto) non è sensato nel nostro approccio del reale

      (4) Sorridiamo : ” Appunto la cosa strana a proposito di questo argomento, è che non avete più ragione di me e viceversa io non ho più ragione di voi. *: concordo ovviamente con la seconda parte dell’affermazione. Purtroppo per lui noi ci atteniamo al principio di realtà, e nel contesto di questo principio e finché non si sperimenterà lo scintillio del 72% di un elettrone, le logiche fuzzy resteranno sempre un gioco simbolico non attenente al reale, pura costruzione ideale.

      (5) Gran finale del Nostro: “No la logica classica non è l’unica possibile, né è l’unica ragionevole, solo perché sei nato così lontano da eventi quantistici che i tuoi sensi non percepiscono nulla che non sia binario”: qui rido colle lacrime agli occhi: proprio da qualcuno che non ha capito che gli eventi quantistici sono perfettamente sottomessi alla logica binaria, cioè che qualunque esperienza si faccia la risposta del sistema sarà sempre e solo vero o non vero e che se è vero allora non è non vero al contempo!

      Per giunta mi vien da chiedere perché questo giovanotto, così arrogante nel confronti di Feser e Masiero, continua a studiare il mondo fisico se, tanto, le teorie che partorirà nella sua carriera e il loro opposto hanno per lui lo stesso valore: un po’ di decenza morale, per favore! Eppoi rimanga coerente: visto che è davvero convinto che le sue affermazioni sono vere e false al contempo, allora la smetta di criticare Feser e e Masiero visto che non ha nessun argomento “vero” da contrapporre nella discussione.

      Indeed, le vacanze molto prolungate in Brasile dall’amico Claudio, sono da prescriversi con massima urgenza…
      In Pace

    • 1) Non “invalida”, ma ci fa intravedere che ci potrebbe essere qualcosa in più.

      2) Amico caro, se mi dici che il principio di non contraddizione a questo punto non so cosa si intenda qua. Il principio di non contraddizione, bivalenza, che in logica classica corrisponde anche al terzo escluso (ma non sempre), è definito unicamente a partire da logiche a due valori. In logiche a tre o più valori è semplicemente privo di significato. Di fatto può essere definita logica a due valori quella logica che soddisfa il principio di bivalenza, che quindi è condizione necessaria e sufficiente per una logica a due valori.
      In logiche a più valori esso è sostituito da una “matrice logica” (o perfino tensore) di cui il pnc ne è la descrizione a parole della sua versione più elementare 2×2 vera sulla diagonale e falsa fuori.
      Poi assumendo certe cose è possibile ricondurre le multivalore a due valori, ma non è sempre così generale.

      3) Di nuovo il “fanno fuori” non mi risulta essere un termine che io abbia mai usato se non di risposta, e semmai mi è stato messo in bocca. Io intendo sempre non in termini assoluti, l’ho ripetuto più volte che cioè che intendo dire è: “esistono casi in cui…”

      4) Esiste un dibattito, esiste un dibattito grosso. Ergo uno si può posizionare da una delle due parti del dibattito e quindi al momento sì, abbiamo entrambi ragione, per quanto qualche spiritosone ci tiene a darmi dell’imbecille.

      5) Innanzitutto renditi conto che il tuo amico pensa di essere più buono e saggio e razionale e gli metti il “mi piace” quindi per carità.
      Va benissimo, le hai studiate e ti fanno cagare. Io sto studiando questo e mi fa cagare, ne ho il diritto?
      Perchè… non sono stato abbastanza chiaro in generale?
      i- (e quando si inizia con gli elenchi in numeri romani minuscoli sono cazzi) la mia esigenza epistemologica è all’interno della MQ. Del fatto che all’esterno di essa una teoria epistemologica sia flawless e storicamente acclamata me ne faccio ‘na cippa se all’interno della MQ non mi fornisce NESSUN criterio di investigazione in quanto relega la MQ tutta ad un modello per produrre osservabili.
      Insomma per me una epistemologia è fondamentale per capire del livello di realtà di un neutrino, di una funzione d’onda, di un fonone, di uno spazio di gauge, di un sistema di riferimento intrinseco rispetto al sistema di laboratorio… posso parlare fino a domani di cose su cui ho necessità di avere chiarezza epistemologica e dei motivi per cui dovrei averla in ogni singolo caso. Il tomismo mi dice “chettefrega, esistono solo le osservabili finali il resto è noia e modello”. Ma il “resto” che è noia e piattume nel tomismo, è il mio lavoro, e nella mia esperienza non è noia e piattume ma esistono diversi “gradi di realtà” (o chiamalo come vuoi) anche all’interno della MQ. Il riduzionismo invece ad esempio mi fornisce degli strumenti di valutazione: ciò che è model dependent, ciò che non varia sotto una trasformazione unitaria, ciò che si ripete over and over in varie differenti realtà a diversi ordini di grandezza…etc…
      ii- la mia esigenza metafisica è francamente trovare un po’ di umanità… sembra ridicolo ma a volte sono così razionale che mi faccio paura da solo, e non è bello. inoltre devo affrontare delle problematiche umane un po’ particolari, una ragazza in un altro paese, un lavoro strano, problemi di salute che si fanno non trascurabili e comunque che pongono interrogativi su mente-cervello, natura del dolore e cose simili.
      Forse sto approcciando dalla prospettiva sbagliata ma nonostante questa famosa tradizione…etc… non ci vedo nulla di elevato ed elevante. Quindi cui prodest?
      Lo scrivo e lo condivido facendo finta di non aver letto le parole ridicole che ogni tanto qua qualcuno scrive, uno dei motivi per cui non ci vedo nulla di elevato ed elevante in tutto ciò.

      6) non mi ha fatto niente, più lo conosco e più mi sembra intellettualmente mediocre (non pessimo, solo mediocre) vestito da una patina di ottimo scrittore. Insomma imho dovrebbe fare il romanziere, tutto qua.

      7) Guarda oggi proprio che me la sono attraversata in treno, con l’autunno che si sviluppa lungo la latitudine e i laghetti con le casettine isolate immerse in un autunno coloratissimo direi che è uno dei pochi momenti in cui adoro dove sono. Poi ero a Stoccolma le scorse due settimane che è una città bellissima. Sarà l’emicrania che mi rende acido 😛 In ogni caso a breve me lo devo fare il tour delle Americhe! 🙂

      • “Il tomismo mi dice “chettefrega, esistono solo le osservabili finali il resto è noia e modello”.”: sei esagerato. Ma, a dire il vero questo, non lo direbbe solo il tomismo ma anche il discorso scientifico popperiano.Ad esempio,in fin dei conti, la particella di Higgs è stata solamente una congettura matematica per decenni, fino alla prova sperimentale della sua esistenza l’anno scorso: il che vuol dire che quella congettura nello spazio analogico matematico che descrive una possibile rappresentazione delle grandezze misurabili del mondo fisico reale ha una relazione biunivoca con il mondo reale, cioè quello sperimentale, in particolare quando si desidera interpretare il reale con l’analogia della rottura di simmetria locale di Brout-Englert-Higgs-Hagen-Guralnik-Kibble.
        Bisogna essere attenti a non mischiare entità “ideali” con quelle “reali”.
        E nessuno dice che il tuo lavoro di ricerca non sia utile in quanto non sperimentale: figuriamoci! Ma l’utilità non si risolve nel mettere sullo stesso piano ontologico speculazione matematica e realtà sperimentale…
        In Pace

        • Mah a Popper piaceva mondo 3, e descriveva tutto tutto in logica evoluzionista alla fin della fiera, quindi direi siamo piuttosto lontanucci dal tomismo e dal dire che “e’ noia e modello”.
          Non lo dice solo il tomismo, in generale molti “realismi” lo dicono in un modo o nell’altro, e a meno di versioni molto soft non mi piacciono, non li trovo efficaci, utili e corrispondenti alla mia esperienza.
          Mica ho detto che solo il tomismo ha guadagnato la palma di filosofia che non incontra i miei gusti…

          • A me piace Battlestar Galactica e Matrix: ma faccio la differenza tra mondo immaginario e mondo reale.

            La questione è invece molto popperiana: finché una delle tue logiche non è falsificabile sperimentalmente non ha uno statuto epistemologico di conoscenza scientifica ma solo di congettura.

            La logica aristotelica invece è falsificabilissima nel senso che è rimessa in causa ogni volta che si procede una qualunque sperimentazione in qualunque campo scientifico: eppure i risultati ottenuti sono sempre compatibili con essa.

            Se sei un idealista, vabbé, sono cavoli tuoi: nessuno ti può obbligare a rimanere attinente alla realtà, ma non puoi trattare con disprezzo chi invece vuole mantenere i piedi in terra per conoscere il reale.
            In Pace

      • 1 ) naaaa.
        2-3-4) Parlando di logiche multivalori, io parlo di ste robe qua http://plato.stanford.edu/entries/logic-manyvalued/ non sono logiche binarie vero falso, ma parlano di truth degrees non di vero falso pippo. Le logiche paraconsistenti sono tutta un’altra menata di nicchia, su cui non mi pronuncio, ma che credo poco abbia a che fare col fatto o meno che il ‘reale’ (aristotelico-tomisticamente inteso)risponda al pdnc
        5)
        i) e invece paradossalmente e’ proprio la fil aristotelico-tomista ad offrire un buon framework per comprendere la MQ (per quanto mi riguarda, ovviamente il mio approccio e’ contrario, ovvero leggo questo e cerco di capire mais o menos di che stramizzega parli la MQ); sicuramente migliore del framework offerto dai moderni. qui una simpatica reading list http://www.u.arizona.edu/~aversa/scholastic/ .
        poi scusa; ma secondo te cos’e ‘ la verita’? e’ un valore in se o e’ vero solo quello che ci serve? Tu, io tutti tendiamo alla verita’. vogliamo sapere cosa sia vero e cosa sia falso, la conoscenza e’ un bene e l’ignoranza una privazione.questo e’ vero in particolare per le questioni fondamentali di cui si occupa la filosofia e qui non e’ una questione di gusti o di quello che voglio; chi ti scrive vorrebbe che il sesto comandamento non l’avessero mai scritto, che non ci fossero argomenti più’ che razionali per affermare la morale sessuale cattolica e vive spesso e volentieri etsi sexto non daretur; maledettamente, gli argomenti ci sono, il comandamento c’e’, la dottrina e’ vera e razionale; il fatto che ‘non mi serva al momento’ o ‘non mi piaccia’ non la rende meno vera (ne rende la questione meno pressante). e questo e’ vero per altre questioni fondamentali (l’esistenza di Dio l’immortalità’ dell’anima, la legge naturale etc) che il tomismo affronta, e con cui un essere razionale ha il DOVERE di confrontarsi.e ti diro’; de panza mi piacerebbe che in materia, metti, de sexto c’avesse ragione non dico Singer (che omosessualità’ e zoofilia non sono mai state my cup of tea) ma Nagel; maledettamente, gli argomenti di Singer ( e di Nagel) sono delle stronzate; quelli di Tommaso et al sono sul pezzo. e questo vale per moooolte altre questioni. Un ateo di cui apprezzo la sincerità’ e’ Searle; ricordo un’intervista in cui candidamente affermo’ ‘io non credo soltanto che non esista dio; io VOGLIO che non esista!”.

        qua non siamo catari andrea, i perfetti che decidono chi e’ degno del consolamentum e chi no; qua siamo tutti chi più’ chi meno incasinati ma abbiamo trovato (ci ha?)trovato una ottima bussola per orientarci in questa valle di lacrime, e a dritta e storta e con tutte le mancanze del caso cerchiamo di metterne a parte chi passa.

        ii) I see; per me invece e’ il contrario (io sono un essere quasi del tutto irrazionale e la filosofia mi fa praticamente da ‘camicia di forza’; mi costringe a chiarirmi e a chiarire le cose, a me stesso in primis e agli altri poi). Ma comprendo chi cerca nella fil altro, non il sistema ma un uomo che parla ad un’altro uomo dei ‘grandi temi’ in maniera più’ ‘core a core’. Consiglierei Pascal (wager a parte i Pensieri sono veramente da leggere), Kierkeegard e Dostojevskiy (c’e’ un bel libro di Pareyson su D., magari Pareyson in generale potrebbe interessarti))Fabro non l’ho mai letto ma me ne dicono un gran bene.

        6) again, leggiti scholastic Metaphysics e-o gli articoli propriamente accademici.. Non si puo’ giudicare un autore da scritti di occasione-manuali per undergrads-blog entries.

        7) son contento di saperti contento; per me il nord-europa estremo e’ l’inferno (non mi piace il clima non mi piacciono i suoi cupi abitanti non mi piace il secolarismo disperato e nichilista travestito da civiltà’ e last but not least non mi piacciono manco le bionde!)ma in questo caso davvero de gustibus. che americhe? fammi sape’ se passi da ste’ parti (comunque a Dio piacendo a Febbraio potrei essere in Messico e sto’ vedendo di fare anche un salto in quel di Canada…)
        ciao !

    • 1) ” Il tempo a Wimbledon e’ quindi la variabile di una logica a piu’ valori” (Masiero)

      2) “L’argomento di Masiero è fortissimo, proprio una bella sberla in faccia: un fatto probabilista non giustifica di per sé nessuna logica multi-valore” (commento a Masiero)

      al che a me sembra che:

      1) giocare con le parole non giovi a nessuno, e renda inutile la discussione.
      2) si possa anche dar torto a, diciamo cosi’, un correligionario se gli capita di dire una fesseria sesquipedale. Altrimenti siamo all’ideologia.

      E di ideologia ne vedo molta, da una parte e dall’altra, in questa conversazione.

      • Concordo, gg.

        Ma quella tua citazione di Masiero è fuori contesto, visto che egli vuol dimostrare che di logica a più valori non c’e ne è bisogno a Wimbeldon solo perché abbiamo informazione probabilista. Abbiamo discusso l’aspetto analogico della sua proposizione in lungo o in largo: se pensi che non ci sia analogia, sei benvenuto a dimostrarlo evitando di giudicare questa affermazione di Masiero a priori e fuori contesto.

        Penso che il fatto che probabilità di per sé non implichi per forza logiche a più dimensioni sia pacifico per tutti (salvo per Andrea, ovviamente, ma lui si situa fuori discorso “logico” per sua ammissione e si limita alle affermazioni apodittiche)

        Sarebbe più interessante, intellettualmente parlando, non di cercare di dedurre la necessità di una logica a più valori dall’esistenza di processi probabilistici (che l’esempio di Wimbledon mostra non probante), ma dalla sintassi proposizionale soggiacente. Finora però, scientificamente non se ne è sentito il bisogno: forse aspettiamo fatti sperimentali nuovi e ancora sconosciuti per farlo visto che, per ora, non ce n’è bisogno?

        In Pace

        • Fuori contesto? Ho citato una frase precisa, chiarissima, che dice quel che dice, cioe’ il contrario di quel che affermi essere la sua tesi, ed e’ come tale priva di senso. Quello specifico post non e’ stato segnalato tra l’altro da me. Il contesto di quella frase e’ quello di una risposta a una domanda, e la risposta stessa mostra solo una notevole confusione tra probabilita’ e logica a piu’ valori. Dove tu veda altro, e in particolare la tesi che affermi essere la sua, non lo so: semmai il suo inciso mostra che fa quell’analogia con l’intento, fallito, di mostrare come la logica a piu’ valori non c’entri con la MQ, non con la probabilita’ classica. Di nuovo pazienza: a me di quell’analogia non importa punto, tanto so bene cosa c’e’ sotto, mi importa che si sia fatta un’affermazione assurda rivestita da pretese saccenti, e solo questo facevo notare.

  15. @Law. Quando prosegui con gli articoli sulla Specificità Umana?
    …perché quando partite per la tangente con scienza e metafisica…. a noi comuni mortali non resta niente da leggere 😀 😛
    Poi una cerca anche di intervenire qua (dato che il titolo recita “metafisica for dummies”) ….ma non la badano (eufemismo) di striscio 😀 😀 😀

    In pace 😉
    😀

    • Te gh’è rason Trinity! 🙂 Ultimamente ho avuto un po’ da fare con gli esami, chiedo venia! 🙂
      Cercherò di mettermi al lavoro al più presto! 😀

    • No, No Trinity,
      il fatto era che il tuo intervento era arcidenso e che per commentarlo ci vorrebbe un post a sé e qui già siamo impelagati nella discussione alla frontiera tra meccanica quantistica, probabilità, logica, logiche a più valori, ontologia.
      In Pace 😉

  16. Eheheh, grazie trinity dei tuoi interventi. Sono certo che se continuaste il vostro dialogo, tu e Andrea, molto di quanto disputato si chiarirebbe.

    Comunque il discorso Pdnc è solo rimandato credo perché dopo aver definito “ente” comincerò (quando non lo so… ahimé) la disamina delle leggi dell’ente, cioè di quelle regole FONDAMENTALI dell’ente stesso, cioè che quei FONDAMENTI che ne reggono il concetto stesso e che senza le quali l’essere in quanto tale, l’essere come noi lo conosciamo e ci ostiniamo a studiarlo nei vari aspetti, sarebbe inattingibile. Il pdnc è la legge fondamentale (insieme al principio di identità che alcuni tomisti lo rendono primario rispetto alla non contraddizione, altro discorso).

    Senza pdnc nulla è comprensibile. Se noi pensiamo di comprendere è necessariamente in forza della validità di questo principio.
    Il mio esempio di termini applicati senza principio è pura analogia del caos, il quale – se esistesse – sarebbe come tale incomprensibile. Non ci sarebbe nemmeno una conoscenza, nulla sarebbe prendibile insieme.

    Ed inoltre è un principio PRIMO, sempre GENERALE, che FONDA qualsiasi logica ESTERNAMENTE da ogni logica. Non si può “provare”, ma se lo si vuole confutare lo si deve utilizzare!
    E’ questa la cosa che mi sembra non sia accettata da Andrea quando dichiara che “facciamo poesia”.
    Lui dice: prendiamo una logica e vediamo se il principio lì vale. Noi gli diciamo “ESCI dalla logica e vedrai che quella la chiami logica perché ti basi su quel principio!” e lui “ma se esci da quella logica sei un poeta, non uno che fa filosofia!”. Ma i principi primi IN FILOSOFIA sono tali proprio perché funzionano come struttura su cui poggiare tutto il resto.
    Due precisazioni che espliciterò più avanti, se Dio vuole, in questi “appunti”:
    1 – ci sono MOLTE definizioni del principio di non contraddizione PER L’ESSERE e ogni definizione dipende dal CONTESTO in cui la formuli. QUella di simon (A=non non A) è tipica dell’ontologia originaria. Quella di Law (“non può essere nello stesso tempo blabla) è la definizione in un certo aspetto dell’ontologia originata. Sotto altri aspetti nell’originata ha altre definizioni!
    2 – esistono analogie varie con le quali comprendere l’attuazione del principio: nella lezione 6 (vi do le coordinate per rintracciare la fonte) Barzaghi parla di analogie logiche-logiche (che non interessano l’essere cioè irreali!), logiche-ontologiche (che interessanto entrambi) e ontologiche-ontologiche (che esulano dalla mera logica e interessano l’essere puro).

    I due punti sono volutamente oscuri e tali li lascio, soprattutto il secondo. Prima di arrivare a spiegarli servono una serie di nozioni precise che spero di riuscire a comprendere meglio (first!) e quindi esplicare nelle lezioni qui (second) con giusti esempi (third). Abbiate pazienza. 🙂

  17. Mi piace soprattutto l’aporia di definire sperimentale solo quello che appartiene al proprio mondo.

    La misura di funzioni d’onda, volendo fattibile anche a esperimenti a singolo fotone, e’ quella che noi definiamo sperimentale, e ha tutte le proprieta’ quantistiche.

    La misura del neutrino e’ una misura sperimentalissima, e quando del neutrino si osserva sperimentalmente la carica leptonica sappiamo sperimentalmente che e’ in uno stato di superposizione di massa, ovvero contemporaneamente ha le proprieta’ massa 1, 2, 3, nello stesso luogo, nello stempo tempo, ha una proprieta’ e il suo opposto.

    E cosi’ via con altre misure. I fattori spettroscopici della fisica nucleare ad esempio, sappiamo che un nucleone in un nucleo e’ contemporaneamente in diversi stati di momento angolare e parita’ e spin e isospin (e anche i frutti dell’algebra di spin, bella osservabile se si vuole trattare in modo classico… in bocca al lupo), sono sempre esperimenti in cui si osserva UN nucleone contemporaneamente neutrone e protone. UN nucleo contemporaneamente sferico e deformato a palla da rugby e deformato a frisbee…etc…

    Sono tutti dati sperimentali, insiti nella natura di osservabili non commutate e nella natura di un esperimento che utilizza e cerca diversi meccanismi quantistici e non uno solo.

    Pero’ ok, definiamo quello “non sperimentale” perche’ non risponde al nostro modo di vedere le cose e poi definiamo la nostra logica non falsificata.

    Si chiama aporia a casa mia.

    • La verita’ e’ che la vostra e’ solo una possibile interpretazione, degna e interessante per carita’, ma una delle possibili.

      La “falsificabilita’ ” di una interpretazione filosofica e’ un concetto tanto risibile da sembrare una battuta.

      Ed infine Von Neumann non era un cretino e se ha dovuto costruire un’altra logica col fine di dare base alla quantistica, ne sapeva un po’ piu’ di Simon sia di logica, che di quantistica.

      • Lascia perdere v Nsuman che c’entra qui come il cacio sul cioccolato.
        In Pace

    • Giustissimo: quegli esperimenti hanno risposto “si” alla domanda: siete in tale stato (o combinazioni di stati) oppure no? Grazie per gli esempi.
      In Pace

      • ahahahah urca che supercazzola.

        Quindi la proprieta’ di avere la proprieta’ e il suo opposto contenute e’ una proprieta’ quindi ha una proprieta’ sola? ahahahah

        • Opposto? Ecco una concezione binaria che hai tu e tu solo. Essere in uno stato composto da diciamo spin un mezzo E spin meno un mezzo non significa essere in due stati opposti al contempo solo che non hai compiuto la misura ad hoc. Per il resto il commento di Law qui sotto è perfetto.
          In Pace

          • Significa avere la proprieta’ A e avere la proprieta’ non-A contemporaneamente.

          • Qualcosa che non capisci è che uno stato quantistico “composto” non è la presenza di due stati al contempo ma una realtà che non è né l’una né l’altra e che non ha le limitazioni dell’una e/o dell’altra. Un photone non è una particella E un’onda ma una realtà più generica di una particella e di un’onda che è meglio chiamare stato quantistico a difetto di altro nome.
            In Pace

          • No e’ una via di fuga molto magra.
            Perche’ gli stati sono definiti da osservabili che sono conseguenti alle proprieta’ nel mondo classico ed uno stato quantistico e’ una superposizioni di stati.

            Non tirare fuori onda e particella per carita’.

            E’ proprio la definizione di stato quantistico che deve contenere sempre il suo duale, il suo “non-A” in un opportuno spazio di Hilbert.

            Spin 1/2 e -1/2 sono uno il duale dell’altro. Sono, in logica, esattamente A e non-A.
            E uno stato quantistico E’ superposizione di proprieta’ A e proprieta’ non-A.

            Mi fa piacere vedere come ogni volta tiri fuori una spiegazione diversa della cosa… una volta ridefinendo la “proprieta’”, una volta dicendo che sono solo le osservabili finali ad essere rilevanti ed il resto e’ modello…etc…

          • Sono “opposti” nella tua mente e solo li e le osservabili sono appunto osservabili: se misuri lo spin di un elettrone sará solo o piu o meno mai due alla volta. Come vedi
            .. la natura del reale è binaria. Ti propongo di tornare a studiare la MQ che si studia al primo anno di università. Onestamente.
            In Pace

          • …ed ecco che si torna con l’argomento delle osservabili. (oltre che con gli insulti.)

            Questa discussione e’ una giostra! lol

            La MQ la so molto bene grazie.
            Di nuovo: A e il suo “duale” che e’ il “non-A” esistono nello stesso stato quantistico.

            Se neghi questo di nuovo quello che ha detto Law evidentemente era una cosa per imbonirmi perche’ stai negando l’essenza della quantistica e “l’importanza di uscire da una “visione classica” per risolvere tutta una serie di problemi”.

    • Il fatto, Andrea, è che nessuno qui è così folle da mettere in discussione l’importanza di uscire da una “visione classica” per risolvere tutta una serie di problemi, né da negare la validità di una logica a più valori, né da dire che le regole di essa sono solo una composizione delle regole della logica classica. Eppure dalle tue risposte noto che tu hai capito che stiamo affermando questo.
      No: qui si afferma solo che comunque in ogni caso la logica aristotelica funge da “sostrato” ineliminabile! E la risposta te l’ha data Simon nelle poche righe sopra!
      Forse, in alcuni modelli, non riusciamo a ricondurci a soli alfieri e pedoni, probabilmente dobbiamo usare anche alfioni e di vari tipi per giunta: 1/4 alfiere e 3/4 pedone, 1/2 e 1/2, etc.

      Ma quando ne abbiamo uno di fronte e gli “chiediamo”: “tu sei alfione 1/2 – 1/2?” Quante risposte potremo mai avere?
      SI o NO, e non potrebbe essere altrimenti! Perché anche il metodo sperimentale evolve proprio così! Anche da dopo MQ e TQdC: Finché le misurazioni sono in accordo con la teoria essa è considerata “corretta”, altrimenti è falsificata e bisogna trovare qualcosa di meglio.

      “I risultati sono quelli che la teoria ha previsto in queste condizioni?”
      Si/No, tertium non datur.

      • Ah guarda, io dalle vostre risposte ho capito proprio “mettere in discussione l’importanza di uscire da una “visione classica” per risolvere tutta una serie di problemi, né da negare la validità di una logica a più valori, né da dire che le regole di essa sono solo una composizione delle regole della logica classica”

        Dato che ci si fa le pulci sulle definizioni, si parla di esperimenti, si dice che l’interpretazione e’ sempre e solo classica…etc…

        D’altronde:
        “qui si afferma solo che comunque in ogni caso la logica aristotelica funge da “sostrato” ineliminabile”

        Semmai piu’ che sostrato e’ un sovra-costrutto quindi, dato che alla base c’e’ qualcosa che “esce dalla visione classica” e ha la particolarita’ di essere definita a partire dall’avere “la proprieta’ E il suo opposto contenute nel medisimo tempo e luogo”.

        Ma vabbeh questo e’ secondario, costa sta sopra e’ solo questione di sistema di riferimento…

        • Se hai capito questo, allora è meglio che ci rileggi con attenzione…

          PS: bolli molto facilmente come “stronzata” tutto quello che non ritieni vero per essere uno a cui non va giù la logica aristotelica! 😉

          • Allora forse e’ meglio che rileggi con attenzione perche’ a dare della “stronzata” non sono stato io. Io ho dato della “poesia”, che e’ quello che si fa quando si vuole parlare di logica nel 2014 senza usare l’algebra di boole e partendo per la tangente su considerazioni fuori tema e fuori schema.

          • Qui continuano le stronzate:l’algebra di Boole è eminentemente binaria…

            In Pace

          • ahahahahahahah.
            L’algebra di Boole e’ stata generalizzata per la logica proposizionale quando? prima della prima guerra mondiale? a furia di tommaso ne hai perse di novita’… loool

          • Sempre binaria è.
            In Pace

        • (non so perche’ mi invia quando schiaccio “invio” da questo computer O_o)

          Il succo e’ che appunto sono tutte cose che sono in realta’ innegabili, appunto, qualsiasi persona di buon senso non puo’ venire a dire che e’ proprieta’ fondamentale della realta’ essere cosi’ e cosa’ quando, appunto, c’e’ una parte di realta’ (indipendentemente che stia sopra o sotto) che e’ fatta in modo diverso.

          E appunto quello che ho capito in generale e’ che quello che conta per questa filosofia e’ ricondursi sempre li’, al mondo classico, e parlare solo di quello.
          Addirittura qualcuno da queste parti, e non negarlo, dice impunita che la realta’ e’ SOLO quella ed il resto che non si confa’ ai suoi schemi e’ aporisticamente modello.

          Ora di una epistemologia siffata me ne faccio nulla, e non e’ l’unica epistemologia in giro, quindi tanti saluti. E’ cosi’ difficile da capire e accettare?

          • Continui a confondere mondo classico con logica e filosofia aristotelica: ciò mostra che da mesi parli senza neanche aver letto a ancor meno tentato di capire quel che ti andiamospiegando… una gran bella arroganza direi.
            Ripeto la logica aristotelica NON richiede i postulati della fisica classica.
            Secondo me sei chiuso in un sistema binario primitivo: se è aristotele allora a priori non puo essere quantistico….
            Felice te nei tuoi muri…
            In Pacs

    • Andrea, il non essere in uno stato puro non vuol dire che vale una proprieta’ e il suo opposto, lo vuol dire solo se si cerca di forzare il linguaggio che funzionava per descrivere il mondo classico, e che in quello quantistico perde pero’ significato. Chiedersi anche solo dov’e’ una particella libera prima dell’osservazione e’ una domanda mal fatta, l’unica risposta possibile sarebbe dappertutto ma e’ proprio la domanda che e’ mal posta, cosi’ come la proprieta’ che si vorrebbe vera insieme al suo contrario perde senso.

      • Ed ecco che si ritorna nel non poter dire niente… allegria…

        • Il problema è solo uno mi sembra a questo punto Andrea: non ti sei “disfatto” veramente da un concezione “classica” della fisica.
          E non hai capito che a noi aristotelici della concezione “classica” possiamo farcene un baffone megagalattico.
          In Pace

        • E perche’ non si dovrebbe poter dire niente? Conoscere l’evoluzione della psi e’ niente? E’ ben vero che uno stato misto non e’ un solo un artificio matematico, perche’ e’ proprio il suo essere misto che spiega la fisica che si vede, ma pensare a una particella che e’ sia qui che la’ descrive semplicemente male la situazione. In questo senso e’ meglio essere riduzionisti all’estremo: la particella, per cio’ che riguarda la sua interazione con il mondo, e’ proprio la sua psi, non qualche altra cosa che ci ricorda un oggetto classico.

          • E la psi cos’e’?
            “Di nuovo: A e il suo duale che e’ il “non-A” esistono nello stesso stato quantistico.”

            |Psi> = 1/sqrt(2)|A> + 1/sqrt(2)|A(⊥)>

            Se vuoi dire qualcosa su |Psi> devi ammettere che in questo stato di realta’ esistono A e non A contemporaneamente. Che in questo stato di realta’ molte proprieta’ della logica e filosofia aristotelica sono sottosopra.
            E non mi riferisco solo al dibattuto pdnc, ma all’innegabile proprieta’ bivalenza nel caso in cui si consideri la proprieta’ A, cosa che ora ci si vuole tappare le orecchie gli occhi e la bocca e dire assurdamente che A non e’ una proprieta’… oppure alle proprieta’ distributive…etc…

            Oppure appunto dici “beh dai, “psi” per intero e la sua osservazione e’ l’unica cosa che conta, l’interno e’ modello e magia”, che appunto e’ quello che dico dall’inizio che state dicendo. Che va bene neh… ma non mi piace.

          • Posso aggiungere che è ben vero che uno stato misto non è solo un artificio matematico, ma epistemologicamente è conoscenza rigorosa di un aspetto dell’ente in esame e non dell’ente nella sua integralità che funge da soggetto “a-priori”?
            Tanto per tornare IT. 😉

          • Veramente io non ho mai detto quel che mi fai dire. Magia? Dai, come fisico saro’ arrugginito ma so quel che dico. Modello? Certo, ma ho scritto esplicitamente che l’essere la particella in uno stato non puro descrive un fatto fisico. Il fatto e’ che psi e’ psi, la variabile posizione (per dirne una) e’ un operatore autoaggiunto che su quella psi ha un valore atteso, eccetera, non altro. Dire dell’altro, e in particolare (per rimanere all’esempio) dire che la particella e’ in piu’ di un posto e’ una cosa simbolica, che a me e’ sempre parsa una semplice analogia “pittorica” classica. Disclaimer 1: non ho esattamente una buona opinione di parte consistente di quanto si scrive qui, come probabilmente hai visto. Disclaimer 2: l’ho pensata come ti ho scritto anche negli N anni in cui mi sono dichiarato ateo. Magari e’ solo che sono pirla, ma magari no. Disclaimer 3: sull’analisi non commutativa ci ho lavorato.

          • Magia non perche’ non sai la machinery, ma perche’ filosoficamente non ci si chiede cosa sia |A> + |A(⊥)>.

            Dire che una particella e’ in piu’ di un posto contemporaneamente e’ ovvio sia pittorico, infatti non ho parlato di posizione che e’ una variabile continua, che implica tante cose etc… sto parlando di superposizione di stati, dire che la particella e’ in uno stato che e’ superposizione di un’osservabile e del suo duale non solo non e’ “pittorico” e’ proprio necessario.

            E se poi a te pare che sia comunque una cosa che non ti sfiori piu’ di tanto e solo frutto di un modello, mi sta bene neh, anche e soprattutto se ci hai lavorato mica disconosco il tuo mestiere, solo che io non la vedo per niente cosi’.

          • Piu’ che altro non capisco perche’ bisogna sempre rimandare il discorso alle immagini, pittoriche di sicuro, di “particella” “onda” e affini. Io sto parlando con precisione di certe cose, non di altre, per un motivo!

          • Mi sembra che il caso di spettro continuo e di spettro discreto non abbiano niente di qualitativamente diverso, esattamente come non ha niente di diverso il caso di un’osservabile a due valori o quello in cui ce ne sono tre (ognuno dei tre stati e’ ortogonale agli altri due). Dunque la questione della posizione mi pare del tutto analoga, per cio’ di cui si stava discutendo, al caso dello spin. La funzione d’onda di una particella libera e’ pure lei una sovrapposizione di stati, anche se lo spettro e’ continuo e gli stati non sono L^2 ma solo il loro integrale nell’energia lo e’.

            Non ho mai parlato di particella e onda.

          • Beh hai parlato di “posizione della particella”…

            E’ analogo ma e’ concettualmente piu’ complicato, perche’ appunto non parlare di posizione o momento “della particella” ma semmai di matrice densita’ e densita’ di momento e si corre di piu’ il rischio a farsi un’immagine pittorica.

            Non vedo cosa ci sia di “pittorico” nella descrizione che ho fatto di sovrapposizione di stati duali. Appunto e’ una descrizione irriducibile.

            Poi appunto e’ una descrizione della cui natura tu non ti interroghi, per me e’ l’unica cosa su cui vale la pena interrogarsi, tutto qua.

          • Ho parlato di posizione della particella per criticare l’uso della frase, e perche’ mi sembrava come ho detto prima che il concetto fosse del tutto analogo, per non dire concettualmente del tutto identico, al chiedersi se lo spin e’ su o giu’. Per cui per me il tuo esempio di piu’ o meno 1/2 era concettualmente identico a quello di particella qui o li’.

            Non mi sembra concettualmente piu’ complicato il caso di spettro continuo, almeno non e’ piu’ complicato di quello di spettro discreto (per fare un’analogia) di quanto un integrale sia piu’ complicato di una serie (anzi sotto certi aspetti e’ piu’ semplice). Il teorema spettrale vale per ogni operatore autoaggiunto, e alla fine in un’opportuna rappresentazione l’hamiltoniana e’ un operatore di moltiplicazione in ogni caso.

            La descrizione della funzione d’onda e’ per me solo la sua espressione matematica. Io non vedo modo di descriverla altrimenti che con lo scriverla, e mi son sempre sembrate scivolose le prospettive in cui si vuole descriverla in modo diverso da quel che e’ proprio, specie quando nella descrizione sono coinvolti oggetti di origine classica, e comunque non e’ che io pensi che la cosa non sia interessante, solo che c’entri poco o punto con a e non a. Dal punto di vista filosofico mi e’ invece sempre parso molto piu’ interessante il problema della misura.

          • Precisamente.
            E’ quello che scrivo fin dall’inizio, ma sembra che dire che ho interessi diversi e che esistono altre cose al di fuori di questo alza polveroni…

            In ogni caso come credi di poter investigare la questione della misura considerando le componenti di una funzione d’onda, quindi le espressioni della misura stessa come una pura descrizione matematica senza appigli epistemologici?

          • La discussione e’ partita da MQ e a-non a, e su questo mi sembra che non siamo d’accordo. Io ho scritto riguardo a questo finora perche’ mi sembrava la discussione vertesse su questo, sul resto e’ chiaro che problemi epistemologici ce ne sono di serissimi, solo che sono degli altri.

          • Beh non saremo mai d’accordo.
            Finche’ vedi la funzione d’onda come una cosa puramente matematica e non ne vuoi parlare e io invece sto parlando della logica che sta all’interno della funzione semplicemente non abbiamo la stessa finalita’ d’indagine.

          • Sono due cose del tutto distinte. Da un lato il problema di eventuali violazioni di una qualche versione del pdnc, che secondo me non ci sono o meglio ci sono apparentemente e soltanto se si usa un linguaggio che secondo me non ha niente di quantistico e anzi rischia di mostrare un pregiudizio classico (e’ qui che non siamo d’accordo, e di questo si parlava): d’altronde ricordo una volta in cui mi citavi il teorema di Ehrenfest piu’ o meno per identificare un grandezza quantistica con quella classica corrispondente perche’ per i valori medi valeva appunto l’equazione classica (cosa per altro verissima), e qui penso semplicemente che l’analogia sia portata troppo in la’ (magari pero’ ricordo male).

            Dall’altro il problema capitale della MQ, cioe’ il ruolo dell’osservatore, e su quello c’e’ eccome da discutere, anche se se ricordo bene Dirac riteneva che almeno allora fosse ben lontano dal poter essere affrontato con i mezzi a disposizione.

            In generale mi sembra che il tono della discussione sia polemico senza ragione, io non ti ho dato contro per partito preso ne’ ti ho insultato, solo che penso tu abbia torto su un punto specifico per quanto importante. Non e’ che io non voglia discutere, ho anzi provato ad argomentare (un po’) su cio’ che era a tema fino al momento (la faccenda della misura l’ho tirata fuori io due messaggi fa).

            Di’, ma da quando sei in Finlandia? Non eri in Germania?

          • @GG: Guarda che il mio commento non e’ affatto polemico e non intendo proprio niente di negativo…

            Comunque non credo proprio di stare adottando alcuna analogia, infatti sto mantenendo un linguaggio e un esempio il piu’ astratto possibile senza neppure parlare di nessuna misura od osservabile specifica.

            Data una osservabile A qualunque, uno stato quantistico |Psi> qualunque e’ definito come proiezione su tale osservabile come combinazione lineare di A e suo duale nello spazio di Hilbert in cui lo stato quantistico e’ definito.

            |Psi> = a|A> + b|A(⊥)>

            La osservabile e’ cio’ che nel mondo classico da voi viene chiamata “proprieta’”, e per continuita’ deve esserci una relazione fra lo stato quantistico
            |A> e la proprieta’ del mondo classico (o macroscopico, dato che la parola “classico” crea confusione nella mente dei filosofi) A, ma determinale quale sia esattamente tale relazione e’ sicuramente non banale.

            Se ho capito bene tu dici che fondamentalmente non c’e’ molta relazione, io sostengo invece che la relazione e’ piuttosto stretta.
            Inoltre, se ho capito bene, credi che interrogarsi su |A> abbia poco senso ontologico ed e’ una nostra personalissima rappresentazione, perche’ la vera cosa rilevante per la nostra esperienza di esseri macroscopici e’ A, quindi al massimo bisogna chiedersi come |Psi> diventa A. Alche’ io ti domando: Ma dato che |Psi> diventa A attraverso |A>, e il duale, almeno per quanto ne sappiamo, come pensi di costruire un ponte tagliando di mezzo |A>, ed il suo duale?
            Al contrario io credo che |A> (e il duale) abbiano valenza ontologica tanto quanto A. D’altronde senza supporre questo, conoscendo abbastanza MQ sarebbe impossibile pensare che i neutrini, quark, bosoni vari ed eventuali e qualsiasi cosa interagisce con noi unicamente tramite processi quantomeccanici mediati da altri processi quantomeccanici, siano enti. Un neutrino non ha mai un A, ha solo ed esclusivamente |A> (con annesso duale). E questo, personalmente, mi farebbe abbastanza tristezza (oltre che essermi inutile epistemologicamente).

            “Purtroppo” e’ una discordanza a livello interpretativo che, giustamente, al momento siamo piuttosto lontani dallo sbrogliare sia filosoficamente che fisicamente (anche se di passi avanti se ne sono fatti rispetto a Dirac… :P) e ognuno deve compiere le proprie scelte epistemologiche che sono relativamente arbitrarie e guidate dall’esperienza piu’ che da una inequivocabile certezza.

          • Questa discussione conferma la mia opinione: con Andrea siamo di fronte ad un problema di comprensione di cosa descriva la MQ.

            Il problema è che ti lasci prendere la mano dalle formule utilizzate volendo dare loro un significato ontologico che non hanno e che mai i fisici seri si sono sognati di dare,

            Prendiamo la tua formuletta: |Psi> = 1/sqrt(2)|A> + 1/sqrt(2)|A(⊥)> questa non ha mai voluto dire che l’entità “Psi” ( ad esempio un elettrone) sia ontologicamente “composta” di un’entità “A” e “A(⊥)”: questa formula per i fisici dice in italiano questo: (a) dato un ente reale “Psi” , (b) dato uno strumento di misura “Alpha” che può rispondere sì quando il valore A appare o no quando il valore A(⊥) appare e (c) SE si misura un grande numero di “Psi” con “Alpha” allora c’è 50% di probabilità ( quadrato di 1/sqrt(2)) che il valore misurato di “Psi” sarà “A” e 50% di probabilità che il valore misurato sarà A(⊥).

            Questo dice la MQ e nient’altro.

            Per giunta questa formula suppone |A> e |A(⊥)> ortonormati, il che sottende il principio stesso di non contraddizione e cioè che dato uno “Psi”solitario che interagisce collo strumento “Alpha” il risultato non potrà essere che l’uno o l’altro e per giunta se ci fosse uno strumento “PSI” il cui autovettore sarebbe |Psi> allora la sua probabilità sarebbe sempre uguale a uno (1) qualunque sia l’entità Psi.(Più logicamente aristotelico, si muore)

            Gli autovalori NON sono una proprietà di qualunque “Psi”, ma la descrizione delle proprietà di “Psi” secondo gli strumenti “Alpha”: se utilizziamo gli strumenti “Beta” avremo altri autovalori: il che mostra che la base ortonormata non ha nessun significato ontologico altro che quello di descrivere le proprietà di “Psi” in un dato sistema di misura.

            Questo vuol anche dire che “Psi” è un’entità più semplice che “A” e “A(⊥)” e NON che sia il composto dei due. “Psi” non ha le limitazioni di “A” , né quelle di “A(⊥)”, ma se lo si misura collo strumento “Alpha” allora la probabilità di comportarsi come “A” sarà di 50%.

            (Questo ragionamento mutatis mutandis si applica anche alla dualità particella/onda: un stato quantistico “Psi” non è né l’uno né l’altro, ma lo si può misurare solo in quanto l’uno o l’altro: è una realtà più semplice dell’onda e della particella, cioè non ha le limitazioni né dell’una né dell’altra.)

            Lasciamo perdere la nozione “composta di” a livello ontologico (cioè che ci sia davvero nel reale) che ha un sapore di MQ mal digerita perché sempre vista con uno sguardo “Classico”.

            In Pace

          • “Data una osservabile A qualunque, uno stato quantistico |Psi> qualunque e’ definito come proiezione su tale osservabile come combinazione lineare di A e suo duale nello spazio di Hilbert in cui lo stato quantistico e’ definito.”

            Non capisco. Invece di “duale” va letto “ortogonale”, immagino. E poi se A e’ un osservabile allora non e’ un elemento dello spazio di Hilbert, ma un operatore su di esso, che so, il momento e’ i h tagliato gradiente. Forse hai usato la stessa lettera per due cose diverse. Comunque immagino di aver capito. Ora, guarda, come ho cercato di dire prima io non trovo veramente niente di meglio da dire che pensare che la particella, per quanto attiene alla sua interazione con il reale, addirittura SIA la sua funzione d’onda, quindi figurati se non sono d’accordo sul fatto che psi abbia un significato ontologico. Sono anche d’accordo che la funzione d’onda, proprio avendo un significato ontologico, c’entri eccome con l’osservabile (dico anch’io cosi’, non proprieta’ 🙂 ). Come? be’, potremmo parlare per ore, ma credo che alla fine la risposta piu’ onesta sia: non lo so, e probabilmente non lo sa nessuno. La precipitazione del pacchetto e’ da un lato un enigma dall’altro un artificio tecnico che funziona alla grande ed e’ coerente con quel che si vede, ma rimane un mistero. Cio’ che e’ la particella e’ piu’ di quanto e’ possibile misurare, e la misurazione ne perturba la natura.

          • ” La precipitazione del pacchetto e’ da un lato un enigma dall’altro un artificio tecnico che funziona alla grande ed e’ coerente con quel che si vede, ma rimane un mistero”: non è tanto misterioso se si considera la necessità del reale di salvaguardare il principio di non contraddizione: se ciò non avvenisse allora lo stato quantistico “precipitato” semplicemente non sarebbe normato e cioè non sarebbe più misurabile in quanto autovettore…. Esso mostra ancora una volta che l’entità Psi di cui si parla è più semplice che la somma degli stati che la descrivono… Ancora una volta, se fai l’esperienza con uno stato quantistico alla volta ( un elettrone alla volta) allora ti appare normale che tale elettrone esista completamente nella nuova configurazione misurata e non una porzione di esso.
            Le probabilità non hanno mai valore ontologico…. le contraddizioni nascono quando lo si vuol dare loro.
            In Pace

  18. Volevo mettere questo commento a capo di tutti i reply ma vabbeh… puoi commentare sotto. 😛

    Ero in Germania, mi era stata offerta una cattedrina a Varsavia ma ho rifiutato perche’ in Polonia lo stipendio accademico e’ veramente assurdo e in una citta’ relativamente costosa come Varsavia va bene giusto se vuoi fare part time e fare un secondo lavoro, allora lo stesso professore mi ha offerto un posto in Finlandia ed eccomi qua… gia’ a temperature negative al primo ottobre… :O

    • Dopo rispondo all’altro, ora sono di corsa.

      Sono stato in Finlandia una volta sola, invitato da una tizia a Helsinki per provare a fare un lavoro insieme (che poi non e’ venuto tra l’altro..). La tizia non la conoscevo di persona, e mia moglie ci mancava solo che mi mettesse l’investigatore privato alle costole…solo che quando sono arrivato ho scoperto che era la donna piu’ brutta del mondo e l’ho potuta rassicurare! Helsinki non era male, certo la gente sembrava dannatamente algida. Bello il golfo davanti pero’, ci ho fatto un giro in battello. E poi c’e’ S. Pietroburgo vicino, se hai occasioni vacci, e’ una delle citta’ piu’ belle del mondo.

    • “Non capisco. Invece di “duale” va letto “ortogonale”, immagino. E poi se A e’ un osservabile allora non e’ un elemento dello spazio di Hilbert, ma un operatore su di esso, che so, il momento e’ i h tagliato gradiente”

      No, duale. Che significa anche ortogonale per gli operatori sesquilineari negli spazi di hilbert che utilizziamo per descrivere delle osservabili, ma la definizione è duale.

      Per il resto ho fatto un minimo salto, ho specificato che |A> è un elemento dello spazio di Hilbert che è dato la proiezione della funzione su una osservabile, quindi l’osservabile (o se proprio vogliamo saltare ogni passaggino l’operatore che determina l’osservabile) genera elementi nello spazio di hilbert. Nella rappresentazione di Dirac gli operatori sono definiti come Somme di |A> ha, per me, significato ontologico tanto quanto |Psi>. Sarà che non sono un “fisico serio”. Per te (e Simon) |Psi> sì, |A> no. Fra l’altro è il motivo per cui si parla di “particelle” perchè quegli |A> in un opportuno spazio sono LE particelle come dimostrato da tanti ma soprattutto Tullio Regge tanti anni fa. Quindi boh, che “nessun fisico serio” ne conferisca proprietà ontologiche non ne sarei così sicuro.

      Io non sono neanche a Helsinki, sono a Jyvaskyla in centro alla Finlandia. C’è un acceleratore molto usato. Ancora più freddo, e la gente ancora più algida.

      • Ma non mi far dire quel che non ho detto: è ovvio che ci sono anche realtà ontologiche che sono eigenstates di certe osservabili, ciò non implica che descrivere matematicamente uno stato in funzione delle proprietà di queste realtà ontologiche faccia sempre di esse delle componenti proprie dello stato in in questione.

        Sarebbe come dire che “eigenvalue” del blu marino è quello del mare tropicale, dunque qualunque cosa che contenga del blu marino contiene del mare tropicale….
        Daì!
        In Pace

        • Ora mi ha sfanculato metà discorso perchè ha riconosciuto i tag con gli asterischi come tag html e credo mi abbia cancellato quello che c’è dentro… vabbeh…
          C’era il fatto che gli operatori sono definiti come somme per ogni |A> di |A><A|, quindi A e il suo duale (non posso scriverlo per intero)…etc…

          Meglio di sopra comunque, a parte lo strafalcione html, non posso spiegarmi, quindi vabbeh…

          • la notazione con i bra e i ket e tipicamente fisica, a me personalmente piace zero (fatti miei ovviamente) e nessun matematico la usa, per questo ti chiedevo cosa intendevi (anche perche’ l’ultima volta che l’ho vista, avendo fatto tutt’altro, e’ vent’anni fa), anche perche’ un matematico distingue per indole oggetti in linea di principio diversi anche se c’e’ un modo naturale di identificarli (e non e’ sempre un capriccio, pensa al concetto di terna hilbertiana: il duale di un Hilbert e’ sempre isomorfo a se stesso, ma e’ a volte cruciale NON identificare le due cose).

            Per il resto non so, quando si scrive non si vedono le facce, e si interpola un po’ a partire dai toni dello scritto. I tuoi mi sembrano sempre o sull’attacco o sulla difensiva anche se non ti attacco, puo’ darsi benissimo sbagli io ma per esempio se io ti chiedo lumi su una notazione e tu mi rispondi come se dovessi parlare a uno studente un po’ trullo (almeno cosi’ a me e’ parso) non capisco il perche’. Qui poi per esempio io ti dicevo che per me la funzione d’onda ha eccome un significato ontologico, e tu mi dici che io dico che non ce l’ha, per cui di nuovo non ti capisco e mi sembra tu parli per partito preso.

            Comunque in bocca al lupo per tutto, spero tu possa trovare prima possibile una configurazione piu’ stazionaria di quella attuale.

          • Ma infatti son tornato alla base, non è che questo significa che ti tratto come uno studente trullo, al massimo come uno studente dato che entro in modalità spiegazione ma non credo ci sia niente di male.

            Infatti sono stato attento a chiede “se ho capito bene tu pensi…” significa che se non lo pensi mi puoi (e devi) correggere puntualmente mica che ti sto offendendo. è mia pratica comune ripetere ciò che l’altro dice, di solito ometto anche la formalità per sbrigarmi, mai considerato fosse ineducato…

            Comunque, appunto, se ho capito bene comeho scritto l’attribuisci alla |Psi> ma non alla sua rappresentazione in termini |A>. D’altronde la rappresentazione in termini di |A> ha proprietà fortemente non aristoteliche. A parte il pdnc prima che mi azzanniate di nuovo alla giugulare (ma cmq evidentemente anche quelo) è evidente che, essendo |Psi> rappresentata in algebra non commutativa, anche le proprietà distributive, di bivalenza…etc… vanno a farsi benedire e con loro mezzo discorso filosofico.

            La considerazione che |A> sia una entità ontologica ma la rappresentazione di |Psi> in termini di |A> non lo sia francamente mi sembra molto muoversi sulla lama di un rasoio (e di nuovo molto aporico). Sillogismi Barocchi a parte se dico |Psi> = a|A> + b|Aduale> e dico che |Psi> è ente, |A> e |Aduale> sono enti, a e b sono il risultati delle osservazioni quindi hanno natura ben definita pure loro, mi risulta difficile considerare che proprio il “+” e considerare |Psi> come combinazione lineare su una base di enti sia modello senza valore ontologico (dato che lo stesso “+” definito in un algebra commutativa ha definito tutto ciò che oggi sappiamo a proposito della realtà).

            Di nuovo, la Wimbledon quantistica non è la Wimbledon classica, ha proprio proprietà diverse emergenti da una descrizione logica diversa e più generale.
            Per questo, se si vuole considerare il fatto che all’interno della descrizione della Wimbledon quantistica esistano entità con valore ontologico bisogna ammettere la necessità di una descrizione logica più generale.
            Altrimenti si dice che quello che accade all’INTERNO della Wimbledon quantistica non ci riguarda ed è tutto modello, ci interessa che esista una perchè questo ci permette di avere quella classica, e ci interessano le sue proprietà unicamente in funzione delle sue proprietà classiche, perchè alla fine noi si vuole vedere il tennis e di quello che non possiamo direttamente vedere frega niente.

            PS: Scusa se rimango con la notazione a ket se a te non è familiare ma oramai credo che ci siam chiariti e cambiare notazione confonderebbe solo di più.

          • Ok, capito, grazie delle spiegazioni. A mia volta ho premesso che scrivere e’ sempre complicato, non si vedono le facce, non ci si puo’ spiegare in tempo reale, e poi puo’ pure darsi che dopo essermi sentito qualificare qui in passato con ogni tipo di simpatici complimenti (dall’islamico, al distruttore della realta’ (sic), allo studente fuori corso) io abbia le balle un po’ troppo girate di default… 🙂

            Si’, si e’ sulla lama del rasoio e il problema del passaggio dalla funzione d’onda alla misura del valore di un osservabile e’ cruciale e, credo, sostanzialmente inspiegato. La funzione d’onda, sia prima che dopo, contiene tutte le informazioni sullo stato fisico della particella, su questo penso non ci sia dubbio. Vederla in termini di |A> (la notazione va benissimo, solo appunto non ero sicuro di capire, spero sia cosi’ adesso) non dice quindi ne’ piu’ ne’ meno che il non farlo, secondo me. Tra l’altro le quantita’ osservabili sono piu’ d’una e la stessa psi si puo’ rappresentare in tanti modi relativi a tante grandezze, alla fine secondo me l’oggetto primitivo e’ lei. Ora, sinceramente, io non so se c’e’ qualcuno al mondo che pensi di sapere cosa cacchio succede durante una misura: ma di certo io non dico che la funzione d’onda sia un espediente tecnico per fare previsioni su osservazioni, non ci credo, sono spesso proprio gli stati in cui c’e’ sovrapposizione a spiegare spesso quel che si vede e che non sarebbe cosi’ se la sovrapposizione quantistica non ci fosse, quello e’ un fenomeno vero, non una rappresentazione. Non ti e’ chiaro cosa io pensi? Neanche a me, e peraltro qui al piano di sotto c’e’ uno con centinaia di pubblicazioni che fa ricerca da trent’anni sul problema della misura, e mi dice che son piu’ i misteri di quel che si sa. Io pero’ in tutta sincerita’ non ho mai visto problemi con il pdnc (e di filosofia tomista non so nulla…non lo dico quindi per questa ragione), come ti dicevo mi e’ sempre sembrato che eventuali apparenti contraddizioni derivassero proprio dal farsi domande che hanno un contenuto classico, il che non puo’ funzionare.

          • Andrea,
            non solo non hai capito la fisica quantistica ( sì, sai operare colla matematica della fisica quantistica, ma non capisci quel che fai) ma per giunta sei anche stucchevole in quanto ripeti sempre le stesse cose errate senza dimostrarle, NON leggi quel che ti si scrive, NON controbatti MAI nel merito, slitti via come un volgare troll.

            Non me ne sbatte proprio niente se non ritorni su questi lidi, ma io aspetto da uno che è dottore in fisica un atteggiamento più scientifico, un’atteggiamento capace di dialogo non trollesco e analisi serie con i suoi pari: se quindi continui a ribattere sempre le stesse cose senza tener conto, fosse anche per smontarlo con intelligenza, di quel che gli altri interlocutori ti dicono, potrai continuare le tue divagazioni e presentare i tuoi stati d’animo per mail e NON qui.

            Detto questo , guarda quanto sei inconsistente!

            (1) Osi scrivere “se dico |Psi> = a|A> + b|Aduale> e dico che |Psi> è ente, |A> e |Aduale> sono enti, a e b sono il risultati delle osservazioni quindi hanno natura ben definita pure loro, mi risulta difficile considerare che proprio il “+” e considerare |Psi> come combinazione lineare su una base di enti sia modello senza valore ontologico” . Guarda che il tuo ket |Psi> “NON” è una realtà ontologica, ma è un vettore nello spazio di Hilbert normalizzato, spazio di Hilbert che è uno spazio funzionale: nessuno ha mai visto ne vedrà uno |Psi> nel mondo reale. |Psi> è una rappresentazione matematica di alcune proprietà misurabili in relazione con il come potrebbero essere misurate di un ente reale che io ho chiamato “Psi” in un mio commento previo per distinguerlo dalla sua rappresentazione |Psi>( al quale ovviamente non rispondi perché probabilmente non capisci la differenza tra un oggetto reale e la sua rappresentazione matematica oltre al fatto che proprio non capisci la meccanica quantistica). Non è perché puoi scomporre il vettore |Psi> in una base che a ogni elemento della base ci sia per forza un oggetto corrispondente nel mondo reale, cioè non è perché puoi scrivere il vettore |Psi> in quanto somma di a|A> + b|Aduale> che i vettori |A> e |Aduale> abbiano per forza i corrispondenti “A”
            e “Aduale” nel mondo reale. Per giunta, il significato del segno “+” in uno spazio vettoriale “NON” ha corrispondente immediato nel mondo reale: cosa vuol dire sommare delle proprietà nel mondo reale? E non rispondere alla cazzona, tuo solito.

            (2) Un’altra cosa che non vuoi capire, al quale ti opponi, ma sei sempre stato incapace di dimostrare il contrario ( e non è colpa tua ma perché non è possibile), è che la “probabilità” non ha nessun significato ontologico: è una scorciatoia linguistica per rendere conto di due situazioni precise (a) numericamente descrivere le qualità di una popolazione, ad esempio su mille abitanti 300 sono poveri e (b) numericamente descrivere la frequenza di un avvenimento, ad esempio se lancio un dado con sei facce, il numero 3 appare una volta su sei. Quindi quando si parla di probabilità non si dice che ogni individuo della data popolazione è povero al 30%(affermazione ontologica senza senso), ma che se io vado ad interrogare uno per uno quella popolazione troverò 30 % di poveri e nel secondo caso non si dice che il dado è probabilmente al 16.666% una faccetta col valore 3 (ancora affermazione ontologica senza senso) ma che è un oggetto che quando lanciato mille volte 166 volte mostrerà la faccia 3.
            Quindi “dimenticati” per sempre che la funzione d’onda |Psi> che descrive la distribuzione delle probabilità dell’ente “Psi” quando misurato dallo strumento “Alpha” abbia valenza ontologica altra che quella di rappresentazione matematica delle proprietà di “Psi” misurate da “Alpha”.

            (3) Malgrado quel che ti si è spiegato su questo blog in lungo ed in largo e al quale non hai mai risposto se non ripetendo sempre la solita noiosa nenia di giornaletto di divulgazione di basso conio continui ad insistere che il fatto probabilistico sia quel che caratterizza la MQ (cioè che la “natura” dell’essere “elettrone” è probabilistica). Invece no: puoi avere operatori non commutativi con realtà non quantistiche: prendiamo l’esempio di una popolazione umana in un paese dato, consideriamo l’operatore seguente A “preferisci le macchine rosse o di un altro colore” e l’operatore B “preferisci le Ferrari o le altre macchine”, se chiedo A prima di B non ottengo statisticamente lo stesso risultato che se chiedo B prima di A: A e B non commutano, Non abbiamo neppure transitività: Se l’operatore A è “voteresti per Tizio o per Caio”, l’operatore B “voteresti per Caio o per Sempronio”, l’operatore C “voteresti per Sempronio o per Tizio” ebbene capita spessissimo che se ad A a popolazione risponde statisticamente Caio e a B Sempronio ebbene la risposta maggioritaria per C potrà benissimo essere Tizio e non Sempronio come la transitività vorrebbe!

            Vuol questo dire che ogni entità votante è composta di un poco di Tizio, un poco di Caio, un poco di Sempronio e non soddisfano il principio di non contraddizione? NO!, questo vuol dire che la descrizione statistica NON ti dà una descrizione dell’ontologia dell’individuo, ma solo la distribuzione delle risposte ad una domanda in una popolazione.

            (4) La differenza essenziale tra mondo classico (Wimbledon o quello degli esempi dati qui) e quello quantistico non si situa quindi nella natura stessa dell’elettrone in quanto elettrone o di “Psi” in quanto “Psi”, ma nella relazione tra una popolazione di elettroni e i loro strumenti di misura, relazione che si rappresenta matematicamente con uno spazio vettoriale hilbertiano, dove le funzioni di distribuzioni di probabilità di risposta agli strumenti di misura “Aplha” di una popolazione di “Psi” sono rappresentate dai tuoi kets. Cioè, nella “sintassi”, nel “dialogo” tra strumento e popolazione, che è strutturata differentemente, nel caso classico e nel caso quantistico, ad esempio in strutture di tralicci come descritti nel nostro post sulla meccanica quantistica per filosofi di qualche mese fa.

            Adesso, se tu continui, a rispondere a casaccio, alla carlona, senza tener conto di quel che ti si dice, con arroganza pubescente, senza ragionare, con idiotici argomenti di autorità e senza dibattere, io ti banno perché di interlocutori così non so che farmene su questo blog

            Ciao ed in Pace

            • Sono in disaccordo con larga parte di quanto scritto, anche se non con tutto. Non entro nel merito (ma attribuire all’incertezza in MQ un solo significato statistico e’ proprio errato, l’interferenza a singola particella allora che vuol dire?, e terminologia e metodo usati per mostrare il fatto ovvio che ci siano oggetti non quantistici che non commutano, cosa peraltro mai negata da alcuno, lasciano a desiderare, cosi’ come fanno pensare varie imprecisioni terminologiche), perche’ altre volte ho notato che l’esito di un tentativo qualsiasi di spiegazione e’ di solito o un bonario rimbrotto, o una frase standard, piu’ o meno gentile (di solito meno), in cui si afferma che l’interlocutore non ha capito niente e non ha “neanche letto” quanto paternamente dispensato, e “non ha saputo dimostrare” alcunche’ (le frasi piu’ o meno son sempre quelle). Va certo detto che anche Andrea ci ha messo del suo, ma comunque non e’ il modo. Va bene cosi’, e’ casa vostra, ma da parte mia mi autobanno da solo.

              Andrea, se credi ti mando due righe, puo’ darsi valga la pena ora o in seguito discutere ancora qualcosa.

            • Benvenuto nel essere in disaccordo: esprimilo e spiegalo, non essere apodittico che non serve a niente, né a me e ancor meno a te.

              Esempio: scrivi “attribuire all’incertezza in MQ un solo significato statistico e’ proprio errato” : a sì? Beh allora taci di avere la decenza di spiegare in cosa sia errato, perché perlomeno io mi sono dato la pena di non essere apodittico e di spiegare in lungo ed in largo quel che intendo….

              Altro esempio: “l’interferenza a singola particella allora che vuol dire?”: già cosa vuoi dire? in cosa contraddice il significato statistico? (Già che il termine “interferenza” mostra che la data singola particella, tanto singola non è visto che con qualcosa deve interferire: ma forse parli di altro).

              Ancora un esempio: “terminologia e metodo usati per mostrare il fatto ovvio che ci siano oggetti non quantistici che non commutano, cosa peraltro mai negata da alcuno, lasciano a desiderare, cosi’ come fanno pensare varie imprecisioni terminologiche”: ma guarda, amico, (a) sei benvenuto a precisare cosa non sia a desiderare e soprattutto a dimostrare in cosa questo inficerebbe quel che ho scritto, (b) non hai letto bene, perché quella era una risposta a quel che ha scritto l’altro troll che si crede superiore a Feser e a Masiero dalla sua squallida Finandia e che voleva far dipendere una differente “natura” (non aristotelica) delle singole entità quantistiche dal fatto che le loro popolazioni hanno un comportamento statistico, non commutativo e non transitivo: era quindi un controesempio. Non buono? prego… commenta, discetta e evita di essere apodittico.

              Ma tu, per caso, non saresti quello che affermava su questo stesso blog, mesi fa, che una somma infinita di zero è uguale a 1, per di più dimenticandoti la proibizione di David Hilbert nel 1964 degli infiniti attuali per non permettere il paradosso Russel-Zermelo nel mondo reale (come si consta nei fatti) ?
              In Pace

            • Non c’e’ proprio modo di finirla.

              Credo non sia proprio il caso di tornare sulla faccenda della somma di infiniti uno, in cui prima avevi proposto un esempio di insieme in cui non c’era all’inizio alcuna operazione ma solo una relazione, poi vista l’inconsistenza era comparsa una somma, poi un prodotto, e alla fine l’esempio (proposto da te e del quale avevo inutilmente cercato una logica, inizialmente con ogni buona volonta’) faceva talmente acqua che nemmeno era possibile esprimere un enunciato con un capo e una coda. Per non parlare del “bellissimo teorema” che alla fine era un’osservazione di una riga che non c’entrava assolutamente niente con la questione. Se vuoi pero’ ripesco i post, una volta in cui veramente avessi tempo da perdere, e metto in fila le parti rilevanti per ricordarti le tue giravolte logiche. Sconcertante che tu non ti renda conto della situazione.

              Sugli infiniti attuali penso dovresti aggiornarti. Pero’ adesso basta.

              • Era banalmente una ANALOGIA filosofica per esplicare la prima via con termini matematici anzichè in termini aristotelico filosofici.
                Anyway si, basta grazie.

            • Ah sì eri tu quello che non capiva che se un’azione per avere luogo ha bisogno di un’azione che la precede per essere in atto e che se non c’è nessuna azione in atto in un numero finito di passi precedenti allora non ci sarà mai nessuna azione in atto: adesso mi ricordo.

              Ah sì David Hilbert non è più OK al giorno d’oggi? Ancora apodittico? Dici e dimostra.

              Beh, intanto vedo che non sei stato capace di portare il minimo argomento a supporto delle tue altre affermazioni apodittiche; che ricordo qui: (1) “attribuire all’incertezza in MQ un solo significato statistico e’ proprio errato” , (2) “l’interferenza a singola particella allora che vuol dire?” ;(3) terminologia e metodo usati … lasciano a desiderare, cosi’ come fanno pensare varie imprecisioni terminologiche”.

              Ma tu discuti per scambiare con qualcuno o solo per affermare cose senza corroborarle? Guarda che la maggior parte dei commenti qui sopra con cui hai corretto il troll finlandese li ho tutti considerati giusti: penso davvero che ce la puoi fare.
              In Pace

          • Andrea,
            visto che continui a dire stronzate e a non entrare nel merito, considerati bannato da questo blog.
            Torna a studiare.
            In Pace

          • Simoooooon, non farmi chiudere i commenti suvvia!

          • Lo chiudo io se necessario 😉
            In Pace

      • Il termine “duale” per me si riferisce a uno spazio, a volte si usa il termine anche per gli aggiunti, ma forse ormai vedo troppa poca MQ per ricordarmi la terminologia piu’ comune. Comunque ho capito, ma non era quello il punto, mica ho chiesto per polemica, ma perche’ volevo esser sicuro di capire quel che scrivevi.

        Scusa, ma chi e’ che ti ha detto che non sei un fisico serio? Io no

        • È vero che è curioso che Andrea pianga per non essere considerato “serio”: ma immagino che è il Kharma suo per aver trattato gente come Masiero e Feser come gente professionalmente non seria….
          😀
          In Pace

        • C’era una battutina di Simon che diceva che nessun “Fisico Serio” si sarebbe mai sognato di dare significato ontologico a qualcosa che a quanto pare ha significato ontologico, tutto qua.

          Perchè dovresti vedere antagonismo a priori in quello che ho scritto scusa? Ho solo scritto la mia interpretazione e dove si discosta da quella che credo essere la tua/vostra.

      • Tra l’altro Andrea hai letto quel che scrivevo a parte la domanda sulle notazioni? Io sinceramente non capisco, almeno nei confronti miei, perche’ ci sia antagonismo a priori. Se pensi che io stia dicendo cazzate non sono ovviamente d’accordo ma non ci sono problemi, basta dirlo e la si chiude qui, ma in caso contrario non capisco. Tra l’altro io qui non intervenivo da mesi, l’ho fatto solo (e di malavoglia) per segnalare quella che a me pare una solenne sciocchezza, mi era pero’ parsa interessante almeno una parte del discorso che ne era seguito.

        Jyvaskyla, o come si scrive, la conosco: una mia amica (fisica, compagna di corso) s’e’ sposata con un tizio (fisico pure lui) di li’ e ci ha vissuto dieci anni. Mi ricordo di quando mi ha raccontato che le avevano fatto un bel cazziatone perche’ camminava contromano nella corsia delle biciclette…ho un po’ di altri aneddoti sui finlandesi, ma temo che ne troverai abbastanza da solo.

  19. @Andrea. Ho letto il tuo commento, grazie. Riguardo agli appunti di filosofia che ho preso qua e là, non serve che perdi tempo a commentarli.
    Però se puoi perdi tempo sulle 4 domande. Per riprendere il commento di Claudio, io faccio parte della categoria che ama confrontarsi per sapere che cosa pensa l’altro su questioni importanti, sulle grandi domande, sulla vita, ecc. La metodologia mi interessa in seconda battuta e solo perché mi dà indizi, ancora, sulla visione del mondo della persona.

    P.s. Hai dimenticato un vantaggio della Finlandia. C’è Babbo Natale!
    (e questo non è un doppio senso. Ò ragazzi, come mi prendono certe ansie in questo blog non mi prendono da nessuna parte)

    Ti riporto le 4 domande nel prossimo post.

  20. Domande per Andrea. Mi sono sbagliata, erano 3 e non 4.

    1) da ateo o agnostico (non so) per te il Bene dell’Uomo in che cosa consiste? Intendo come obiettivi semplici. Tipo….Salute diffusa? Pace sulla terra? Giustizia sociale? Salvaguardia ambientale? Cose del genere.

    2) In base alla risposta 1 : tu per conseguire quegli obiettivi desiderabili demandi quindi alla politica (oppure al libero mercato economico) la decisione del come utilizzare i risultati della ricerca scientifica? Oppure ci vedi meglio principi etici (da definire “internamente” a seconda del settore, ove necessario) che informino preventivamente il lavoro degli scienziati ?

    3) Qualunque risposta tu abbia dato al punto 2, da qualsiasi parte provengano le indicazioni etiche/programmatiche, da chi vorresti idealmente che fossero stabilite? Vari esponenti di varia estrazione politica e religiosa? Intellettuali vari? Scienziati vari ? Organismi limitati al settore scientifico oppure livelli più alti, ecc. Oppure da altre componenti che ora a me non vengono in mente? Nel senso che: senza contraddire la circolarità di fondo, come ci dovremmo muovere per prendere le necessarie decisioni pratiche? Le quali esigono una “sintesi” di principi.
    Ti faccio la domanda numero 3 chiedendo A TE che cosa vorresti, fosse anche un’ idea personalissima – e NON ti sto chiedendo se ti va bene che esista l’OMS oppure le commissioni bioetiche varie, ecc. Ti sto proprio chiedendo “il mondo secondo Andrea”.
    Grazie 🙂

    • Trinity se sei ancora interessata dammi la tua mail plz.
      Scrivila qui per favore o mandami direttamente a andrea (punto) idini (chiocciolina) gmail (punto) com

  21. @Law
    Sì, sì, mi raccomando gli esami prima di tutto.
    Don’t worry.

    Poi, non so come, ultimamente mi sta nascendo la voglia di andare dal giornalaio a comprare una rivista femminile tutta rosa e fru fru….così, tanto per sentirmi MOLTO intelligente e superiore al livello degli scriventi 😀

  22. Grazie Minstrel dei chiarimenti!
    Il pdnc l’avevo già un pò compreso dai dialoghetti di Telesforo, oltre a leggerne quando ne parlate….solo che ancora, pur se chiaro che A non può essere NON-A (oppure non allo stesso tempo) ….ancora lo avverto lontano. Grazie per avermi chiarito che è antecedente alla logica e non nella-logica.
    (Andrea sta buono che io devo ancora capire tutto l’abc !!! puff puff che ansia)

    Sai come mi sembra (finora) il pdnc? Il CONTRARIO di ciò che avrei detto io se qualcuno mi avesse chiesto che cosa regola il caos, che cosa ci tira fuori da una brodaglia indefinita. Avrei detto che una differenza, una cosa dissonante, una cosa “in conflitto”, una cosa “al contrario” fa emergere la verità e ce la mostra. Sai, il bianco/nero, il yin-yang, ecc.
    Quindi non la “non contraddizione” ma la “contraddizione”.

    Non ho la più pallida idea da dove mi arrivi questo modo di vedere
    (anche se devo dire che circa 4 anni fa dopo un’infezione con forti dolori alla testa ho scordato un tot di robe di colpo, anche libri, nomi, autori….certe volte è snervante….potrei averlo letto da qualche parte e non ricordarmene consciamente)

    Sto per caso esprimendo lo stesso concetto del pdnc che io (non so perché) leggo al contrario ? Oppure sto dicendo un’altra cosa valida in un altro senso e in un altro ambito?
    Grazie 🙂

    (per il resto attendo le nuove lezioni. E leggo le vostre dispute)

    • Che tu abbia sotto sotto la stesssa intuizione del Florensji che sto studiandomi in questi giorni? 🙂
      Guarda, prometto entro fine settimana la fine della trattazione del significato di ente, altrimenti mi fossilizzo sulle altre robacche che sto facendo e addio sogni di gloria.

      Grazie dei tuoi commenti, davvero! Come ringrazio tutti per questa disputa nel pieno senso della parola. Pure io quando è entrata di brutto la matematica oltre la tabellina dell’8 e la fisica sono andato a remengo e forse ho capito il 10%, ma l’idea mi sembra abbastanza chiara e ancora più lampante mi sembra il clima da altissima contesta medioevale che pensavo non avrei mai letto on line, figurarsi in uno spazio online dove io ne sono per certi versi curatore.
      Oh, mi avete fatto sentire bene, come se la direzione è quella giusta, che vi devo dire. 🙂

      Un abbraccio a todos!

  23. Lascerei i misunderstanding reciproci passati al passato Simon, mi permetto, e mi concentrerei sul contendere odierno.
    So che dal vivo parleresti con calma mista a fermezza e sorridendo all’interlocutore. Ma qui, solo online, questi aspetti qualitativi del dialogo si perdono tutti e davvero alcune affermazioni risultano “forti” rispetto al Simon che ho conosciuto. Non lo dico per rimproverarti su una banalità che ben conosci né per difendere gg o Andrea che saprebbero ben difendersi da soli. Piuttosto per ricercare quel clima di disputa sana che mi sembrava avessimo raggiunto alcuni commenti fa, clima che non solo distende gli animi ma fa comprendere anche meglio ai lettori il contendere.

    Da parte mia comunque non resta che un ringraziare coloro che hanno commentato questo post finora.

    • Come ben sai i trolls mi fanno imbestialire: specialmente quelli che ti prendono per il sedere rispondendo a vanvera e affermando cose apoditticamente senza neanche darsi la pena di leggerti e confutarti.
      Amen

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