Blaise Pascal – i “lati” della disputa

pascal“Quando si vuol riprendere utilmente e mostrare a un altro che si sbaglia, bisogna osservare da quale lato considera la cosa, poiché solitamente essa è vera da quel lato, e confessargli questa verità, ma mostrargli il lato dal quale è falsa. Egli è contento di ciò poiché vede che non si sbagliava e che mancava soltanto nel non vedere tutti i lati. Ora non ci si affligge di non vedere tutto, ma non si desidera di essersi sbagliati e forse questo viene dal fatto che naturalmente l’uomo non può vedere tutto e dal fatto che naturalmente non può sbagliarsi dal lato che prende in considerazione, dato che le apprensioni dei sensi sono sempre vere.”

 

Pascal, Blaise. Pensieri. 701 (9)

Dedicated to Trinity (principle of charity? That’s it!) and naturaly: thanks, Dernhelm!



Categories: Aforismi

17 replies

  1. Un Pascal meraviglioso che introduce magnificamente la prima lezione sull’attività scientifica che verrà pubblicata a breve.

    Grazie a Dernhelm per avermela fatta scoprire! 🙂

  2. Thank youuuuu 🙂
    A questo punto ci starebbe bene un chiarimento….
    Claudio qualche tempo fa mi levò un pò di ignoranza informandomi dell’esistenza del principle of charity e leggendolo anche in discussioni recenti continua a farvi riferimento: CHARITY.
    Minstrel quando vi fa riferimento parla di principle of clarity. Pensavo che fosse un errore di battitura: CLARITY.
    Invece… da google risulta che esiste anche il principle of clarity.
    Domanda: è errore di battitura o vuoi dire proprio “CLarity”?
    Perché io mi son sempre riferita a “CHarity” 😉

    P.s. ma perché i filosofi “schifano” così tanto la psicologia, considerandola scienzietta giovane quanto becera (e in larga parte certo lo è mica dico di no) ?
    La citazione di Pascal qua sopra, nella prima parte, è pura psicologia !! 😉
    Ora non dico che tra filosofi e psicologi vi dobbiate sposare in Chiesa 😛
    ma almeno un PACS, un DICO, una convivenza more uxorio 😀
    Ok gli psicologi firmeranno una scartoffia in cui riconoscono che tante cose le avevano già dette artisti, scrittori e filosofi….ma poi …..

  3. Ach, erroraccio mio!
    Il principio di chiarezza è quello del bilancio! Maledetti i miei studi di economia aziendale! 😀
    Principio di cHarity, yes!

    Ho corretto 🙂

    • Ok! Grazie. Il problema era che esiste pure il clarity filosofico
      http://www.csus.edu/indiv/m/mayesgr/phl4/Tutorial/Phl4clarity.htm

      Qua tocca studiare 😛
      In internet leggo volentieri lezioni brevi, però pensavo di leggermi con calma qualche base basica su carta tipo i librini di Giorgio Colli
      ad esempio questi:
      http://www.adelphi.it/libro/9788845923654
      http://www.adelphi.it/libro/9788845901812
      http://www.adelphi.it/libro/9788845925429
      Un giudizio veloce sui suddetti quando avete tempo? Mi basta giusto un Sì o No. Dernhelm che dici? (considerando che non voglio diventare filosofa e che alcune cose già le so di striscio)

      Su Pascal.
      Ho recuperato in rete un pò di riassuntini sul suo pensiero del quale conoscevo solo il nome e qualche generico concetto sparso.
      Direi che mi corrisponde davvero molto, eccetto alcune parti in cui “parte per la tangente” e non concordo per niente. (ma chi sono io per concordare o meno? Sì, si fa così per dire, per bloggare)
      Quindi grazie a Dernhelm 2 volte. Per charity nella disputa visto da Pascal e per Pascal tutto.

      • Ti conviene leggerti i Pensieri. Sono assolutamente accessibili. A mio parere c’è qualche sfumatura giansenista di troppo ma ci sono anche moltissime cose stupende.

        • Grazie Dernhelm 🙂
          Mi sono un pò informata, da siti come questo http://www.filosofico.net/pascal.htm
          “La sofferenza fisica e morale di Pascal diventa allora uno strumento conoscitivo che consente di guardare con lucidità alla nostra situazione”
          Sì, questa è una Polaroid o un Instagram su di me, non c’è dubbio. Mi ci ritrovo, voglio dire che sembra un percorso simile al mio (e simile a quello di tanti altri sul pianeta). Sofferenza fisica e morale che, se sopravvivi, ti fa fare un “salto quantico” nella comprensione.
          Tuttavia il mio pensiero filosofico di non filosofa crede che la via della conoscenza sia percorribile anche nella gioia e nella serenità. Nel senso che una persona potrebbe anche vivere fin dall’infanzia una salute fisica ideale unita a piena serenità morale….e trovare la stessa conoscenza, ottenuta da altri tramite sofferenza fisica e morale. È una questione di sensibilità, secondo me…che si può estrinsecare in ogni senso: sofferente o gioioso, sereno. Condizioni che possono anche alternarsi, anzi solitamente per le persone “normali” è un’alternanza abbastanza equilibrata. Ne sono proprio convinta. Io ho “imparato” e imparo efficacemente ed istantaneamente anche nella perfetta serenità, gioia, ecc. Anzi la preferisco proprio 😉
          (che poi la condizione umana sia attualmente, come ai tempi di Pascal, maggiormente esposta a sofferenza, è indubbio. E lui sembra davvero un GENIO ad aver “imparato” così tanto in così poco tempo).

          L’altra visione di Pascal (come descritta in quel link) su cui non mi ritrovo per nulla è la contrapposizione che mi pare di avvertire tra Dio e “il mondo”. Troppo….troppo….non mi viene il termine. Troppa divisione. (sta lì il giansenismo? Non so, mi informerò). Non c’è, per me, una divisione del genere. Anche la “scommessa su Dio” non mi convince tanto come visione generale perché Dio è visto un pò troppo “lontano” dall’uomo – pure se credente.
          Anche per me la fede è innanzitutto ATTEGGIAMENTO (come dice lui) ma quell’atteggiamento si esprime nel fatto che una persona veda o non veda Dio o il soprannaturale in tutti i fatti DEL mondo. Io ci vedo e ci sento Dio nella struttura del mondo (qualsiasi sia questa “struttura” che ognuno di noi probabilmente vede con forme apparenti diverse). Io Dio ce lo vedo. Pure Gesù. Ci credo. Non è che “ci scommetto”, come Pascal. (in ogni caso l’ho letto solo da internet e posso aver frainteso).

          …e se vi venissero in mente in futuro altri filosofi che mi “somigliano” …ditemeli 😉

          • Trinity, che bel post, grazie!
            Mi sono spesso chiesto come mai da giovincello gli unici pensatori cristiani che riuscissero a dirmi qualcosa, e tenermi ancorato ad una specie di cristianesimo, fossero solo quelli drammaticamente tristi o sull’irrazionalismo andante; Pascal, Kierkeegard, Barth , Pareyson, Moltmann Quinzio…probabilmente perche’ come ho letto da qualche parte il rapporto dell’uomo contemporaneo con Dio e’ un po come il rapporto che gli adolescenti-giovani adulti hanno coi genitori; vogliamo sapere che ci sono e che ci approvano, ma fondamentalmente ci ricordiamo che esistono-ci rivolgiamo a loro solo quando siamo in crisi e-o abbiamo bisogno di soldi…
            il bello e’ che il mio ritorno da questo ‘cristianesimo generico’ al cattolicesimo e’ avvenuto…il primo anno di dottorato, ovvero uno dei periodi piu’ felici della mia vita. Tutto stava andando cosi’ splendidamente bene da tutti i punti di vista e sentivo davvero il bisogno di rendere grazie e di condividere questa inedita serenita’ con quanta piu’ gente possibile, e quella spiritualita’ diafana, individualista e soloscripturistica semplicemente non bastava, era mutilata. Stavo leggendo un libro di Angus Kerr, scopri che a) era(e’) un domenicano b) faceva parte della Chaplaincy della mia universita, mi palesai in Chiesa per farci due chiacchiere e finii col confessarmi dopo un fanntastilione di anni ed..eccomi qua.
            condivido quello che pensi sia sulla scommessa pascaliana che sul rapporto uomo Dio; il fatto e’ che il mondio di Pascal e’ come quello di Cartesio; freddo e meccanicista, un meccanismo asettico, privo di cause finali , formali etc…in un mondo cosi’ Dio, se c’e’, dev’essere assolutamente altro, non lo puoi conoscere nell’ordine delle cose e della natura ma solo nel paradosso etc.
            Un pensatore che ‘ vede e ci sente Dio nella struttura del mondo (qualsiasi sia questa “struttura” che ognuno di noi probabilmente vede con forme apparenti diverse)?
            Tommaso, di cui forse ci avrai sentito parlare qualche volta qui sul blog….:)
            Ciao

          • Appena ho una mezz’ora per buttar giù una risposta minimamente precisa replico.
            La presentazione di Pascal che hai trovato non è male ma restano parzialmente in ombra un paio di questioni a miomodo di vedere centrali per capire il punto di vista di Pascal sul Cristianesimo, sul cosmo, sulle scienze e di conseguenza anche sulla “scommessa”.

  4. una chiara carità quella vera dove c’è Dio ke aiuta vivere situazioni gravi infelici e ad apportare tutti serenità con aiuto reciproco vero

  5. Un primo punto: la scommessa è forse l’argomento più noto assieme alla distinzione spirito di geometria/ spirito di finezza ma io lo tratto quasi com un argomento ad hominem. Tuttavia, ve la butto li, potrebbe essere accostato alla proposta che Ratzinger/Benedetto XVI fa al non credente, in merito alla laicità dello Stato, ossia ragionare etsi Deus daretur, stante l’impossibilità di fondare altrimenti. Comunque è un “vieni e vedi” rivolto ad un amico libertino (libertinismo come corrente filosofica), metodologicamente cosa evangelica.
    Dio della fede/Dio dei filosofi: fondamentale il Memoriale, ossia l’incontro con Dio nella storia, nella storia dell’umanità e nella storia personale di Pascal: Dio di Abramo, Dio di Gesù Cristo. Oso dire che questo passaggio lo potete ritrovare nella Lumen Fidei (e fin dall’inizio nel teologo Ratzinger, leggere l’Introduzione al Cristianesimo per credere). Ciò che preme a Pascal è affermare che non si arriva veramente a Dio se non tramite un Mediatore, ossia Gesù Cristo. Chi pretende di farne a meno rischia la superbia o la disperazione.
    Il che, nello sviluppo della storia della filosofia, è puntualmente avvenuto. D’altra parte anche San Tommaso, nella Contra Gentiles dice che solo pochissimi, dopo molto tempo e con molti errori giungono a comprendere solo alcune verità su Dio (e qui si aprirebbe un lungo discorso su certo neotomismo…). Ma proprio per questo Dio ha voluto rivelarsi a noi.
    L’universo di Pascal (e in alcuni passaggi anche la sua antropologia) risente del dualismo cartesiano, materia vs estensione, ma quello era il paradigma (usanto il lessico di Kuhn). Tuttavia la prospettiva da cui guarda questo che dovrebbe essere un universo macchina è assolutamente affascinante: il testo chiave IMO è il lungo frammento 199 (72) Sproporzione dell’uomo.
    Ci si possono leggere echi di Cusano. L’infinità e la maestà della natura è segno dell’onnipotenza del Creatore. Geniale poi la lettuara della doppia infinità, infinitamene grande e infinitamente piccolo, (quest’ultima sembra quasi presentire la fisica atomica, per carità ho detto “quasi”). Questo pathos non ce lo trovate in Cartesio. Fondamentale l’osservazione sul corretto atteggiamento di fronte a questa doppiamente infinita meraviglia: non la presunzione di una spiegazione totalizzante ma l’ammirazione. Una critica in anticipo di secoli ad ogni sorta di positivismo.
    Da ultimo la ragione. Assolutamente da evitare l’equivoco cuore, finezza = sentimento banalmente inteso.
    È il cuore in un senso vicino a quello agostiniano, io di solito parafraso con intuito, ma anche questo potrebbe essere riduttivo. La psicologia ci parla oggi di diversi stili cognitivi ( il test di Kolb Fry ne individua quattro, altri teorizzano fino a otto tipi di intelligenza) magari l’accostamento è azzardato, lascio a voi giudicare. La lezione di metodo però è grandiosa soprattutto se si accosta al famoso frammento sullo spirito di finezza il frammento del trattato sul vuoto in cui affronta la questione metodologica, dimostrando di aver capito molto meglio di Cartesio che tipo di sapere è la fisica, dando un’immagine non trionfalistica ma comunque affascinante del progresso umano (di nuovo una critica in anticipo di tutti i positivismi e gli scientismi) e ricordandoci che l’uomo è fatto per l’infinito.
    Può bastare?
    P.S. nessuno siamo perfetti anche Pascal ci ha i suoi difetti (quelli, casomai, un’altra volta).

    • @Dernhelm
      Certo che può bastare! 🙂 Hai fornito così tanti spunti e direzioni che potrei studiare per ore argomenti vari a partire dal tuo post.
      Sullo spirito di finezza: potrebbe definirsi con termine attuale “sensibilità”? Quella sensibilità che sconfina nella sensitività (nel senso appunto che indichi tu del sesto senso, settimo, ecc)?
      Oppure c’è quell’autore di best sellers di anni fa che…parlava di “intelligenza emotiva”….anche lì da distinguersi da cuore/emozioni – andando più verso un significato di “empatia” (richiamando Papa Francesco). Empatia come capacità di uscire da sè stessi e “immergersi” nella realtà altrui, nella realtà della natura, ecc. e riportandone delle “visioni”.
      Oppure spirito di finezza come particolare capacità di procedere per “insight”, richiamando Lonergan….
      Grazie Dern!!

      • Direi che lo spirito di finezzacè l’intelligenza del concreto, del cuore dell’uomo e delle situazioni esistenziali. Occorre saper cogliere le sfumature.

        • A me la storia dell’uscire da se stessi proprio mi va stretta, non va giù. Sarà che sono ratzingeriano e di conseguenza abbastanza agostiniano, e quindi credo che:
          “Noli foras ire, in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas”.(De vera religione)
          Questa la definirei davvero “intelligenza del concreto”.

          • L’intelligenza emotiva è ottima cosa, ma non è cosa da blog.
            Quanto all’uscire, rinviando a tempi migliori il tema – non del tutto innocuo – “interiorità”,
            l’attuale recezione del termine equivale quasi ad una simbiosi patologica col mondo, nel senso di perdersi e confondersi nell’altro
            (non a caso, tra i raffinati d’oggi, va di moda Certeau o, peggio, sue repliche scolorite).

  6. @Claudio. Tommaso chi? Sì mi pare di averlo sentito nominare 😉
    Grazie a te per la tua bella esperienza di fede ritrovata 🙂

  7. @L. e @Ubi
    Senza arrivare alla patologia e a confusione di identità.
    Forse “uscire da sè stessi” evoca immagini sbagliate, ma intendevo il famoso e più rassicurante “mettersi nei panni degli altri” e quindi comprendere l’altro dal suo punto di vista. E intendevo anche “ama il prossimo tuo come te stesso”. Una volta “amato te stesso” provare un pò anche ad amare gli altri alla stessa maniera. Insomma: vai oltre te stesso, esci! (l’amore verso l’altro e il creato anche come forma d’intelligenza).

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