Tsujigiri : sciabolata al Crocevia

tsujigiri

Un nostro caro utente ci ha fatto notare la paruzione di un ultimo numero di Concilium 2/2014
“Dall’«Anathema sit» al «Chi sono io per giudicare?» L’ortodossia oggi “

Immediatamente mi è venuto in mente uno articolo famosissimo di Mary Midgley conosciutissimo grande classico da chi riflette sui problemi etici, in particolare sulla coerenza del relativismo e specialmente l’isolazionismo culturale: “ON TRYING OUT ONE’S NEW SWORD”.

La questione esaminata dalla Midgley è sapere se l’isolazionismo culturale in materia etica fa senso, cioè se si debba non giudicare una cultura che non è la propria e porta come esempio una pratica del xvi secolo  quando il samurai nel Giappone dell’epoca dovevano provare che la loro sciabola o katana era degna per loro, cioè se era atta a sezionare un qualsiasi passante incontrato in un crocevia dalla spalla al fianco opposto in una sola sciabolata, lo Tsijigiri.

Il relativista convinto dirà che non si può giudicare se quel che facevano era buono o malvagio, ma solo constatare che quella era pratica in quella società e che non possiamo dire niente. Midgley dimostra invece nel suo articolo quattro argomenti incontrovertibili:

(1)    Il rispetto che si può avere per una cultura può venire solo dopo averla giudicata: quindi non si può rispettare il costume dello Tsujigiri senza averlo potuto giudicare prima, il che è contro l’ipotesi relativista

(2)    E’ falso considerare che qualcuno di esterno non possa giudicare una cultura che gli sia estranea almeno fino ad un certo punto

(3)    Se non si può giudicare una cultura estranea allora non si può giudicare la propria, ma se questo fosse vero allora non sarebbe possibile giudicare nessun cultura e sarebbe la fine di ogni giudizio morale. Ma il giudizio morale è cosa non solo possibile ma necessaria.

(4)    Tutte le culture interagiscono tra di loro nello spazio e nel tempo: quindi possono essere giudicate.

Nell’editoriale a firma di Felix Wilfred e di Daniel F. Pilario possiamo leggere in particolare le affermazioni seguenti che ci dànno il mirifico sostanzioso midollo di quel numero di Concilium:

C’è bisogno di riflettere criticamente su come l’ortodossia potrebbe convalidare le sue pretese di verità nella situazione culturale di mutamento del nostro mondo di oggi, sempre più caratterizzato da individualizzazione, detradizionalizzazione o “interruzioni” del passato e di una visione plurale del mondo. L’ortodossia si è accompagnata ad una concezione statica della verità e della realtà … il discorso dell’ortodossia ha bisogno di essere collocato in un particolare contesto sociopolitico e non può essere considerato in modo astorico. Infatti è nei loro particolari contesti che le varie formulazioni dottrinali e il loro significato devono essere compresi ed interpretati…. Infine, il pluralismo culturale dei nostri tempi e le sue diverse concezioni della realtà mettono in discussione il mantenimento di un canone uniforme di ortodossia. Ancor più, tale pluralismo culturale si interroga su come un discorso e un concetto ambigui di ortodossia si siano potuti sviluppare…”

Quale connessione tra le affermazioni di Concilium e le dimostrazioni di Midgley? A prima vista potremmo dire che Concilium si permette di giudicare la cultura passata cristiana cogli occhi della cultura odierna il che è proprio quel che Midgley dice essere non solo possibile ma anche doveroso e sotto questo aspetto si può sottoscrivere il diritto della rivista di rivisitare e giudicare il passato, fosse questo passato considerato da un mero punto di vista storico e culturale.

Ma si dimentica di fare l’operazione inversa, il che è doveroso intellettualmente parlando  in quanto le persone del passato non esistono più: cioè si deve anche de-costruire il contesto attuale e la sua stessa critica coll’ottica della cultura che si analizza prima di poter giungere ad un giudizio sensato. Cioè riportare il metodo filosofico che contempla tesi, anti-tesi e sintesi in piena e ovvia auge: la tesi essendo l’analisi del passato cogli occhi odierni, l’anti-tesi l’onesta analisi dei tempi odierni cogli “occhi” del Magistero passato e la sintesi finale che risolve il contesto presente nel quadro del Magistero dogmatico e/o autentico.

Infatti stiamo parlando di un insegnamento compartito lungo i secoli da chi aveva mandato dal Cristo stesso: “Chi ascolta voi, ascolta Me. Chi vi disprezza Mi disprezza.” (Lc. 10,16) . Insegnamento tra l’altro nato nella Chiesa per ispirazione dello Spirito Santo e quindi interpretabile dal solo solo Spirito Santo (2P. 1, 20-21) e non da private spiegazioni. Chi dimentica quest’ottica non fa analisi cattolica: sarà pure interessante ma non cattolico.

L’ortodossia si esprime nel linguaggio umano ma è interpretazione dell’annuncio che lo stesso Spirito fa al mondo tramite la Chiesa: allora sì certamente l’espressione utilizzata è in debito del linguaggio umano del tempo e della cultura, ma la stessa interpretazione corretta del senso è della Chiesa e solo di Essa. E se una data interpretazione era considerata valida o interpretata autenticamente ad un tempo dato nel proprio contesto culturale bisogna accettare che quel che insegna(va) la Chiesa possa in linea di principio essere applicato al tempo nostro e l’approccio corretto è, casomai, cercare di capire cosa nella nostra cultura e società non sia più atto a ricevere quella verità.

Prendiamo un esempio per illustrare il nostro punto di vista: se in una società del passato la virtù della castità era in altissimo rispetto e che le ragioni per giustificarla erano molteplici sul piano etico, religioso e societale e che il dovere di essere casto era un dettato imperante in quel tempo e che, invece, al giorno d’oggi la società prona comportamenti licenziosi, c’è certo il diritto intellettuale odierno di capire cosa significava allora vivere casti, de-costruendo le strutture sociali e il contesto culturale, ma non è corretto dire che perché le due società e culture sono differenti che il giudizio sulla castità di quei tempi non sia applicabile al giorno d’oggi propagando così una specie di isolazionismo culturale diacronico già smontato da Mary Midgey.

La cultura di allora ha il “diritto” di giudicare la cultura odierna alla stessa stregua colla quale noi la possiamo giudicare: la riflessione onesta non è quindi di soltanto capire quali elementi abbiano causato una certa espressione del Magistero Autentico, ma capire cosa va e non va nella nostra società con l’occhio del Magistero che si pronunciò. Nell’esempio dato, l’interessante va aldilà, quindi, dal capire il nesso tra società dell’epoca e espressione del Magistero in materia di castità, ma deve sfociare in  cosa dovrebbe cambiare nella società attuale al fine di corrispondere al giudizio del Magistero: cioè capire in cosa la società e la cultura attuale si debba convertire, nell’esempio dato nel campo della castità.

L’approccio corretto quindi non è quello di svuotare il significato di quel che un dogma al Secondo Concilio di Nicea affermava per sbarazzarsene secondo i codici culturali attuali ma bensì capire cosa c’è nella nostra società e cultura che deve essere cambiato al fine di dare ancora oggi valenza veritativa a tale dogma, sennò ci troviamo anti-simmetricamente proprio nell’esempio dato da Midgley dove per giustificare e valorizzare la sciabolata del samurai si va a ricorrere a nozioni totalmente estranee al contesto culturale del Giappone del XVI secolo come ad esempio la nozione di “libero consenso tra adulti” tra il passante massacrato ed il samurai massacrante.  Quella del libero consenso tra adulti è un’interpretazione extra-culturale al Giappone di allora ed in quanto tale non giustificherà mai lo Tsujigiri  che rimane oggettivamente malvagio: in modo simile un atto licenzioso rimarrà sempre condannabile in quanto non casto indipendentemente dalla cultura che lo esprime.

In Pace

 



Categories: Attualità cattolica

11 replies

  1. se la katana provata su altri, zero rispetto vite altrui

  2. Ottime riflessioni, Simon.
    Se ne conclude che:
    * si scrive: “Dall’«Anathema sit» al «Chi sono io per giudicare?» L’ortodossia oggi “
    * ma si deve leggere: “Dal «Chi sono io per giudicare?» all’«Anathema sit». Concilium oggi“.

    Concilium (e/o “chi” per lei) è la nuova ortodossia, che non solo usurpa il ruolo della precedente, ma la giudica e ne fa anatema.
    E, per stare nella tua metafora, Concilium è la katana del “chi per lei”.

    • Esatto, quello dovrebbe essere il “vero” titolo.
      Si, sembra essere il katana del relativismo imperante, almeno in questo caso.
      In Pace

  3. Beh, dire relativismo (e chiedo scusa a te e al mitico nostro emerito) è ancora troppo poco.
    In realtà tu vai più vicino alla sostanza delle cose con il termine “imperante”:
    Concilium è l’organo di un sistema di potere che si è infiltrato nell’Ecclesia e tenta di subentrarle.
    Come ti dicevo in un commento ad altro post,
    è questione specifica dell’oggi o quanto meno dell’ultimo mezzo secolo.

    • In fin dei conti, codesti di Concilium hanno proprio un problema con l’Incarnazione della Chiesa e quindi del Cristo . Non accettano che la Chiesa abbia una fisionomia propria che si sia costruita lungo i secoli e i presupposti culturali e storici fanno quella che è, come anche il Cristo ebreo del primo secolo va da essere accettato in quanto tale: gli accidenti definiscono l’individualità insegna il filosofo.
      La Chiesa è una Persona (composita) e di Suoi accidenti La definiscono in modo unico: voler toglierne gli accidenti non ci fa più incontrare la Chiesa ma un’idea, un concetto di Chiesa, cioè siamo nell’ideologia .
      Non è per caso che in queste movenze si viene a mettere in dubbio il sommo dell’incarnazione: la Resurrezione del corpo ferito e crocifisso del Nostro Signore Gesù.
      In Pace

  4. Senza l’ortodossia che poi è dottrina, retta fede, e di cui tutti siamo custodi, nell’arco di pochi anni ci possiamo ritrovare ad adorare le bestie, l’arcobaleno o le farfalle, e besti2alità varie di cui è inutile mettermi a fare l’elenco; possiamo ritrovarci seguaci di dottrine e filosofie che se fossero “d’uomo” già sarebbe qualcosa di buono… ma temo che siano di “satanico”.
    Certo progressismo dimentico di Dio e della sua influenza nella storia umana, specularmente dimentica anche “l’avversario” e l’influenza che ha avuto, ha e può avere sull’uomo.
    Il breve condensato di fede autentica lasciatoci da S. Agostino con “ama e fa ciò che vuoi” che letto e interpretato con gli occhi della retta fede interpella in profondità, in molteplici, oserei infinite, domande l’animo umano sul valutare il suo essere e agire in rapporto a Dio a ogni uomo ed al creato, in breve verrebbe ricondotto “dogmaticamente” a come lo interpretano i più erroneamente cioè alla libertà di fare ciò che cavolo piace; cioè dalla libertà dell’amare consona dei figli di Dio, alla libertà slegata dall’Assoluto che ha rivendicato Satana e i sodali che preferirono ribellarsi a Dio, rivendicando una libertà che in realtà è schiavitù di se stessi del proprio io (elevato a “dio”) e delle proprie voglie, probabilmente la storia del relativismo è iniziata prima della creazione dell’uomo. La creatura che rivendica il primato sul “creatore” è storia vecchia; oggi questi di Concilium cercano (come si è sempre purtroppo fatto, l’eresia è storia vecchia anche essa) di ri-attualizzarla cercando di sottomettere la storia del disegno di Dio nel/sull’umanità, al loro costrutto ideo-pseudo-teologico.
    L’eterna primavera dell’eresia sta nel cercare di distruggere i Dogmi per sostituirli coi propri.
    Non praaevalebunt.

    • Un esempio di cosa si può giungere seguendo certe idee (cioè come passare dal problema teologico del Filoque all’ateismo e al messaggio politico del Cristo “rivoluzionario”) . è dato da questa lettura di cui riporto solo la parte finale, ma consiglio di leggerla tutta dall’inizio nel lin k proposto:

      “Come si può notare, dalle cose fin qui dette, il Filioque appare anche come una forma embrionale di ateismo “volgare”, in quanto, se è vero che in virtù di esso si sono giustificati gli abusi più vergognosi, è anche vero ch’esso riflette una percezione della realtà sociale molto più laica di quel che non si creda. Il Filioque, infatti, è stato anche il tentativo di togliere alla concezione ortodossa della divinità quel carattere di sacralità che aveva, trasformando la fede religiosa in uno strumento di emancipazione dalla tradizione. Il cattolico è ateo, rispetto al credente ortodosso, proprio in quanto “cattolico”.

      I protestanti cercarono di reagire agli abusi filioquisti (teocrazia papale ecc.), affermando il “primato dello spirito” (vedi ad es. i concetti di fede nella grazia divina, il libero esame o il sacerdozio universale: tutti princìpi che nell’ambito del cattolicesimo-romano hanno un valore assai relativo). Ma i protestanti non rappresentano altro che il rovescio della medaglia (cioè l’anarchia in luogo della monarchia assoluta, la spontaneità in luogo della disciplina, il carisma in luogo dell’istituzione…). Avendo destoricizzato completamente la figura teologica del “Padre” (in quanto non fanno riferimento ad alcuna tradizione storica), i protestanti sono certo votati a un ateismo migliore, più conseguente di quello cattolico, ma, non avendo piena coerenza scientifica ed essendo soggetti sostanzialmente legati all’esperienza della moderna borghesia, non sono in grado di creare una vera alternativa, sul piano sociale, al cattolicesimo.

      La chiesa protestante è alternativa a quella cattolica in quanto, appoggiandosi alla prassi borghese, è riuscita a prevalere sul terreno dell’economia. Ma la crisi progressiva del capitalismo può essere facilmente strumentalizzata dalla chiesa cattolica, anche in funzione anti-protestantica. E non a caso, delle tre religioni cristiane, la protestante è quella più in crisi, cui si cerca di supplire, soprattutto negli Stati Uniti, mediante comunità e sètte esoteriche, misteriche, pseudo-orientali e così via.

      Di fatto, né il cattolicesimo, laicizzando l’ortodossia, è riuscito a creare una società veramente democratica, a causa dei suoi presupposti (feudali) di classe irrisolti, né il protestantesimo, laicizzando ulteriormente il cattolicesimo, è riuscito, coi suoi presupposti borghesi di classe, nel medesimo intento. Ciò a testimonianza che sulla base della progressiva razionalizzazione dei contenuti religiosi è impossibile elaborare un umanesimo sociale integrale, senza compiere una contestuale rivoluzione politico-democratica.

      Forse oggi il problema più interessante, all’interno dell’ideologia cristiana, è quello di come giungere all’ateismo passando per l’ortodossia. Questa confessione rappresenta l’esigenza più alta di tutto il cristianesimo, in quanto rappresenta il tradimento più sofisticato dell’originario messaggio politico di Gesù (è il tradimento che si può reperire soprattutto nei testi attribuiti agli apostoli Marco, Giovanni e Paolo).

      Per poter veramente “ammazzare” il cristianesimo -come diceva Gramsci- occorre non solo realizzare gli ideali ch’esso ha promosso invano, ma anche gli ideali che ha tradito (nascondendoli agli occhi dei credenti): altrimenti ci sarà sempre la possibilità che una religione rinasca.

      Il vero ateismo -sul piano metafisico- non passa né attraverso il tradimento dell’immagine di “Figlio” (operata dai cattolici), né attraverso il tradimento dell’immagine di “Spirito” (operata dai protestanti), ma attraverso il tradimento dell’immagine di “Padre” (operata dagli ortodossi). Cioè dobbiamo riprendere il significato simbolico del concetto di “Padre” per superarlo una volta per tutte, liberandoci da questa condizione di dipendenza psicologica e culturale. Solo in tal modo l’ateismo sarà consapevole e determinato.

      Per poter recuperare la valenza simbolica del concetto di “Padre”, con cui si è tradito il messaggio di Cristo, che non contemplava in origine questo concetto, dobbiamo decodificare l’espressione di Giovanni: “Dio è amore”. Il concetto di dio è stato utilizzato da Giovanni per rimediare al fallimento del progetto rivoluzionario del Cristo. L’identificazione infatti porta alla conclusione che dio è ovunque, in particolare è là dove esiste “amore”. Questa grandissima testimonianza di Giovanni, che apre le porte all’universalità e all’ecumenicità del messaggio cristiano, esprime anche il tradimento più alto del vero messaggio di Cristo, per il quale l’identificazione non era fra “amore e dio” ma fra “liberazione e uomo”.

      L’ortodossia -a differenza del cattolicesimo che, puntando tutto sul cristomonismo, ha fatto coincidere la vita religiosa con il sacrificio e l’obbedienza; e a differenza del protestantesimo che ha fatto coincidere la vita religiosa con la libertà interiore e la ricerca intellettuale della verità-, l’ortodossia pretende, ancora oggi, di essere la massima realizzazione, in figura, del principio dell’amore universale.

      Ebbene, noi dobbiamo dimostrare coi fatti che il principio dell’amore universale può essere vissuto meglio senza religione cristiana, in maniera assolutamente laica, a partire dalla liberazione degli uomini dalle ingiustizie e dalle oppressioni. Se noi riusciremo in questo (che è l’obiettivo più grande di tutto il genere umano), la religione cristiana scomparirà da sola, spontaneamente, a causa della sua intrinseca inutilità e falsità”

      http://www.homolaicus.com/storia/medioevo/filioque.htm

      • Mamma mia…che puzza di storicismo marxista vecchio, morto e sepolto quando io manco ero nato…spero che questo pezzullo sia un reperto al max dei 70’s, senno’ c’e’ da preoccuparsi per l’autore, a cui bisognerebbe dire di sincronizzarsi un minimo….

        • Non hai letto l’articolo completo dal link ?
          Al termine è riportata la bibliografia e il libro più recente è del 1983, quindi calcola che deve essere minimo dal 1984 in poi. (io credo sia molto più recente…).

          • la bibliografia non l’avevo vista…brrrrr….vabbe’, dai, si sara’ (de)formato nei roaring 70’s.se poi e’ piu’ recente,ribadisco; autore, sincronizzati!

  5. Un’altra tessera del “mosaico” (che ormai si va componendo)…
    http://ncronline.org/news/vatican/benedict-prot-g-francis-vatican

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