Pensiero grilliano: un’intervista sulla metamorfosi dell’unità

Consistenza Grilliana

Consistenza Grilliana

Ricevuto confidenzialmente per futura pubblicazione su “Il Foglio”, prendiamo nondimeno il rischio di pubblicare in anteprima su Croce-Via questa intervista ad Antonio Cicala (AC) realizzata da Matteo Cafoni (RC).  Questa intervista complementa quella data da Andrea Grillo a Marco Burini su Il Foglio e leggibile qui.

Nuovo inizio e benedizione su nuove comunioni di vita: Kasper non basta e Grillo è forse sorpassato.

RC: Professore, Lei in che corrente intellettuale si posiziona?

AC: Non esito a definirmi un grillista post-kasperiano, cioè perfettamente in linea col pensiero grilliano

RC: Nel suo ultimo saggetto “Indissolubile?” Grillo ci parla della morte del matrimonio cristiano, che altro Prof. Cicala potrebbe Lei aggiungere?

AC: C’è qualcosa che può morire, in un matrimonio cristiano, e la chiesa deve prenderne atto se vuol restare fedele alla tradizione. Un paradosso necessario se si vuol stare nella storia da credenti. Cosa può morire, a volte? Il vincolo, ciò che lega i due coniugi dal momento in cui celebrano la loro unione. Cosa non muore, mai? La grazia di Dio che resta indisponibile. Indisponibile, appunto, non indissolubile.

Ma se questo è vero allora possiamo estendere questo ragionamento di altissima levatura a tutti i sacramenti: qui risiede la forza propositiva del pensiero grilliano che nutre tutti i grillisti di cui sono un fiero esponente.

Questo anche succede nella fede: quando uno riceve il battesimo riceve la fede. Se uno perde la fede allora la grazia di Dio resta indisponibile e quella persona non è più un cristiano. Da dove il diritto di sbattezzarsi che ogni cristiano deve avere.

RC: Questo vale anche per il sacerdozio?

AC: Certo: uno che non sente più la necessità di essere prete non è più prete. Non se ne discute neanche. E’ chiaro per noi grillisti che tutti i sacramenti ormai non perfezionano più la natura umana o, più precisamente, lo fanno solo durante il tempo che a chi ha ricevuto il sacramento gli va bene.

RC: Tornando al libro che si sta preparando nell’ambiente grillista, intitolato “Monogamico?” cosa lei potrebbe dirci senza troppo svelarne i contenuti?

AC: Il teologo Andrea Grillo è entrato nel dibattito suscitato dalla relazione di Kasper al concistoro di febbraio, che ha fatto discutere molto anche su questo giornale, con uno scritto tanto breve quanto denso (“Indissolubile? Contributo al dibattito sui divorziati risposati”, Cittadella Editrice) in cui raccoglie la proposta del cardinale tedesco – il quale, non va dimenticato, è a sua volta un teologo di prima grandezza – e va oltre, suggerendo un pieno riconoscimento ecclesiale alle seconde nozze laddove Kasper si ferma a una “via penitenziale”.
Nel titolo c’è già tutto, dicono gli esperti. Ed ecco allora “Monogamico?” che si riferisce ad  un “Indissolubile?” che evoca immediatamente il celebre “Infallibile?” di Küng. Anche se l’intenzione di fondo è diversa: “Mentre in quel testo Küng contestava con forza il dogma dell’infallibilità, in questo caso l’interrogativo non riguarda la sostanza della dottrina dell’indissolubilità, ma la sua formulazione teorica e la sua traduzione disciplinare”.

RC: Cioè il discorso grillista della morte dei sacramenti secondo gli umori di chi li ha ricevuti non riguarda la sostanza della dottrina sui sacramenti ma solo la sua formulazione teorica e l’aspetto disciplinare?

AC: Assolutamente ovvio per chi abbia un po’ di pratica in teologia sacramentale. Le proposte grilliste sono perfettamente coerenti colla sostanza dell’insegnamento della Chiesa. Sostanza che si è persa negli ultimi duemila anni e che è stata tradita dalle sue formalizzazione teoriche per non parlare dell’aspetto disciplinare. Grazie al Concilio Vaticano II siamo ormai in grado di risalire alla sostanza senza tener conto di duemila anni di formulazione teorica e disciplinare.

Prendiamo ad esempio le famose lettere delle “donne di preti” e delle “amanti” che hanno scritto ultimamente a Papa Francesco: gli studi storici mostrano che adulteri ci sono sempre stati come anche convivenze di consacrati , questo prova che c’è una prassi che è in contraddizione colla teoria. D’altronde non c’è un solo luogo nei vangeli dove Cristo condanni la poligamia: se fosse stato contro avrebbe detto qualcosa. Grandi figure bibliche icone di Cristo come Davide o Salomone erano poligame: il problema sta nell’ellenizzazione e romanizzazione del cristianesimo originale dove fu imposta una visione giuridica e monogamica del matrimonio.

Quindi quello che noi proponiamo è assolutamente la sostanza della dottrina della Chiesa “sostanza dell’antica dottrina del depositum fidei”, liberata da duemila anni di imprigionamento del pensiero nella “formulazione del suo rivestimento”.

E’ tutto merito del concilio e di chi lo ha voluto se oggi stiamo qui a parlare di seconde nozze riconosciute dalla chiesa, oppure di matrimoni poligamici e perché no un giorno poliandrici.

RC: Lei in quanto grillista è un proponente di “una dottrina matrimoniale non angelicata”

AC: Assolutamente. In questo siamo veementi: il matrimonio ma anche tutti i sacramenti devono uscire dalla logica “validità o nullità”. Questo può solo offire soluzioni deludenti ed irrealistiche: quello che sta succedendo oggi nel cuore delle persone, la trasformazione dell’intimità, un fenomeno che ha profondamente modificato e sviluppato l’esperienza dei soggetti tardo-moderni e che non può essere liquidata, semplicemente, come un tema cui applicare le confutazioni pur necessarie, ma spesso autoreferenziali, di una teologia apologetica

La chiesa potrebbe ammettere  che il riconoscimento della nuova unione o di un secondo battesimo o ordinazione sacerdotale o una pluralità di matrimoni non avrebbe bisogno di fondarsi sulla ‘inesistenza originaria’ del precedente sacramento, ma potrebbe costatare la ‘morte del vincolo sacramentale’ e così dischiudere l’orizzonte di un ‘nuovo inizio’ possibile, vivibile e riconoscibile, anche sul piano della ufficialità ecclesiale. Si tratterebbe, in sostanza, di unire ‘radicale’ e ‘pudico’. Di lasciare intatto il radicale slancio profetico all’unità, richiesto dal Vangelo, coniugandolo però con un sano e pudico realismo, dovuto alla storia e richiesto anche dal buon senso. L’unicità radicale rimanendo la fedeltà a se se stesso e solo a se stesso da parte di chi ha ricevuto i sacramenti.

RC: Come qualificherebbe Lei chi si oppone a queste idee grilliste?

AC: Sono tutti dei maleducati ed insensibili per giunta. Questi non sono veri pastori. Pastore è colui che accompagna nella misericordia lungo gli impervi cammini della vita: non ha paura di benedire unioni di ogni tipo, o di riconoscere che i sacramenti non funzionano più perché semplicemente non ci sono più. Il nostro discorso in una società plurale come la nostra deve essere più aperto: uno zulu politeista con dodici mogli è molto più cristiano che un cattolico sposato con una sola moglie, l’amore e l’apertura che mostra è molto più grande. Perché poi non sarebbe possibile da battezzati diventare musulmano e ridiventare battezzato o essere i due al contempo? O da sacerdote non avere quattro mogli secondo il corano? Gesù non ha mai detto niente contro Maometto, dopottutto

RC: Una ultima frase per chiudere queste considerazioni?

AC: A conclusione del suo lavoro, Grillo cita la profezia del cardinale Martini nella sua ultima intervista, poco prima di morire, che suona molto simile agli interventi del suo compagno gesuita diventato papa:Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale.  […]. L’atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l’avvicinamento alla chiesa della generazione dei figli […]. L’amore è grazia, l’amore è dono. La domanda se i divorziati possano fare la comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?.

In Pace

Tutti i nomi, le cose, i fatti contenuti nelle opere dell’Autore sono unicamente frutto della sua fantasia e, pertanto, ogni riferimento a persone, cose, e fatti realmente accaduti deve intendersi come puramente casuale. Se non si era capito…



Categories: Sproloqui

19 replies

  1. Ma io direi proprio di abolirlo, sto sesto comandamento…o meglio , ritornare alle radici scritturali (Non commettere adulterio) e liberarlo dalle pastoie di un legalismo farisaico con cui la Chiesa ha mascherato il messaggio profetico di Nostro Signore ….perche’ impedire ai conviventi eo generalmente ai non sposati che hanno una vita sessuale regolare all’interno di un legame affettivo sincero e profondo l’accesso ai Sacramenti e o proporre solo questa, squallida alternativa, o ti sposi o ti astieni? per non parlare poi di sottoporre questi poveri malcapitati a un rito obsoleto chiamato ‘Confessione’?
    Devi mettermi in contatto con questo Cicala…lo spirito soffia dove vuole!:):):):)

    • Purtroppo è quel che cerca il Prof Cicala: la liquefazione e la scomparsa del cristianesimo in quanto entità portante valori intellettuali: con questi tipi di approcci, il cristianesimo diventa solo una narrazione, una favola, neanche più un mito nel senso che abbiamo dato su questo blog pi`volte della nozione di mito. Siamo proprio con Cicala aldilà dell’incontro con Cristo stesso, siamo in un mondo post-cristico e vorrebbe addirittura che fossimo così babbei da farci ingoiare che questo contro-cristianesimo sia “vero” cattolicesimo.
      In Pace

  2. «Chi vuol essere folgore, sia a lungo nube» (Giacomo Noventa).
    Il difetto principale delle posizioni dell’articolo è che vuol concludere troppo presto ed in una e una sola direzione.
    Una simile rilettura della teologia sacramentale ha però bisogno, per la sua stessa vitalità, più di tempi lunghi che di fretta, e più di critici che di sostenitori.
    A suo unico sostegno, ma parziale, è nella “Noterella di metafisica piccola piccola (da blog)” di cui ad un mio precedente commento.
    Lì proponevo di pensare le coppia classiche di «atto/potenza», «sostanza/accidenti»,
    insieme con quelle postmoderne di «significante/significato» e «medium/messaggio», nella particolare declinazione odierna.
    Il mondo “classico” tende a pensare così:
    «atto + sostanza + significato + messaggio» / «potenza + accidenti + significante + medium».
    Il mondo “post-moderno” tende a pensare invece:
    «atto + accidenti + significante + medium» / «potenza + sostanza + significato + messaggio».
    Questi sono i problemi che pone il contesto odierno, non le soluzioni [anche se una “metafisica degli accidenti” o una “metafisica dell’aggiunta” sono state proposte].
    Problemi che, prima di trovare una definizione in senso più o meno disciplinare, hanno bisogno di una riflessione accurata in ambito di teologia sacramentale, quanto meno riguardo ad «intenzione» e «vincolo».

    • Penso che il prossimo articolo coll’intervista sull’inerranza biblica che sarà pubblicato da Minstrel ti offrirà l’opportunità di esplicitare meglio la tua riflessione.
      Il mondo post-moderno non è capace di portare su risposte, ma solo formulare problemi, ma un problema è sensato solo se la domanda che pone è ben posta. Una domanda ben posta conduce ad una possibile soluzione.Voler dare significato ad una potenza non attuata è perlomeno astruso: comunque capisco quel che intendi.
      L’approccio del Prof Cicala è come minimo disonesto intellettualmente.
      In Pace

        • Si, però L… prima o poi ci sveli tutti i “pdf spettacolo” che tieni nascosti nei meandri dei tuoi preferiti web! 🙂

      • Tra il serio e il faceto mi chiedo sempre se al mondo post-moderno segua il pre-apocalittico o, l’apocalittico direttamente senza fase transitoria (non inteso come fase di pensiero ma proprio come “avvenimenti”).

        • Di certo siamo ad una fine di società e ogni fine di società è apocalittica: è una società che non ha più pilastri di fondazione che sono le famiglie, una società che uccide con sistema i propri figli, una società che non ha più “memoria”, una società che non ha più valori positivi da compartire, una società che prona il fai da te, per te e se possibile solo con te senza nessuna concezione del bene comune è una società già morta.
          Il pensiero del Prof Cicala qui sopra è un esempio del totale disfacimento della logica e del senso.presso coloro che hanno adottato i modi di ragionare di questo pensiero unico disfatto, amorfo e a-propositivo.
          Tante sono state le apocalissi in duemila anni: questa è solo una di più.
          Certo fa male vedere se-dicenti cristiani come Cicala aver perso la fede, la speranza ma anche la carità di voler costruire invece di demolire.
          Grazie Ubi
          In Pace

  3. ma siamo mica tutti fessi
    quando si assumono responsabilità è così bello essere responsabili e vedere il bello dell’esempio ke si dà
    nella sofferenza della vita esce spesso la serenità dell’essere sul giusto della stretta via ke si percorre
    ma scusate esempi nostri ascendenti morti santi e sereni nonostante tante povertà materiali
    felici di assolvere doveri, coltivare pezzetto terra e vederne frutti così gratificanti del potere di Dio ke ogni anno rigenera la fertile terra…………….realismo non vani amori fisici ke lasciano il tempo ke trovano……………

  4. Venendo al tema, mi piace “l’originalità del post 🙂 molto sfiziosa. cosi come la scelta dei nomi dei personaggi…
    Interessante anche il paradigma che propone, e cioè di colui che addirittura ardisce a contraffare la moneta gia contraffatta…
    (mò è chiaro il senso della mia domanda sopra? 🙂 )

  5. Il prof. Grillo è un ragguardevole teorico della liturgia, attento e perspicace promotore dei “DIRITTI DEL RITO”, anche contro il pregiudizio anti-rituale della teologia e spiritualità contemporanea, soprattutto di quella progressista.
    Da anni, tuttavia, più che promuovere i “diritti del rito” in sé e per sé considerati, ha soprattutto difeso (in modo alquanto fondamentalista) la riforma liturgica postconciliare.
    In tal modo, ha finito per incontrare le posizioni di quella teologia progressista che, quando anche avesse voluto difendere o tollerare i “diritti del rito”, lo ha fatto in una forma particolarmente sbilanciata.
    Lo ha fatto, cioè, quasi fossero “DIRITTI SUL RITO”, vale a dire di “DIRITTO DI DIRE/FARE E DI FAR DIRE/FARE CIÒ CHE SI VUOLE DEL RITO ED AL RITO”.
    In ciò, purtroppo oggettivamente aiutata dalla teologia e spiritualità non progressista, che o ha snobbato la problematica o ha riproposto rovesciata la medesima posizione.
    Ora si registra una ulteriore involuzione.
    Per il “vincolo indissolubile” (chi si rivede!) del RITO con il SACRAMENTO (il prof. Grillo ha proposto acutamente una sacramentaria IN GENERE RITUS), i “DIRITTI SUL RITO” si sono estesi fatalmente oltre.
    Oggi pare affermarsi non solo una sorta di “DIRITTO AL SACRAMENTO” (dimenticando che, almeno in un caso – quello del kulturkampf progressista contro la confessione individuale – si è tenacemente negata la sussistenza di un tale diritto).
    Pare affermarsi, anche e soprattutto, il “DIRITTO SUL SACRAMENTO”, il “DIRITTO DI DIRE/FARE E DI FAR DIRE/FARE CIÒ CHE SI VUOLE DEL SACRAMENTO ED AL SACRAMENTO”.
    O, almeno, si rischiano le derive illustrate nel post, dove l’intenzione soggettivista è così sovraorbitante da erodere tutto il resto.
    Fino a al punto in cui non ci saranno più riti e sacramenti, ma interpretazioni…

    • Ti ringrazio L. per questa acutissima analisi del percorso intellettuale del Prof. Grillo.
      Il passaggio da diritti “del” a diritti “sul” sembra essere un via obbligata del pensiero debole: basta pensare ai diritti “del” bambino divenuti diritti “sul” bambino andanti fino alla sua eutanasia come in Belgio.
      Quanto al diritto “al” bambino esso implica l’eugenismo il più becero e le derive giuridiche contemporanee dove il bambino diventa strumentale alla coppia etero/omosessuale: il diritto “al” sacramentoè certamente veicolare di possibile derive come quelle che, troppo spesso, constatiamo oggi.
      Ci sarebbe molto da riflettere sull’apporto di queste preposizioni nel’evoluzione del pensiero post-moderno che ci è contemporaneo.
      Spero rileggerti.
      In Pace

  6. La questione “matrimonio diversamente indissolubile” conosce diverse declinazioni.
    Il punto chiave è praticamente sempre lo stesso.
    Come pensare e realizzare il “nuovo e diverso” UNA CUM “l’identico e il permanente”?
    Qui soccorre la piccola metafisica di cui parlavo altre volte.
    Questi sono tempi in cui in cui sostanza e accidenti, significato e significante, messaggio e medium, ontologia e fenomenologia conoscono una nuova articolazione (ma forse così è sempre stato, ma non se ne evidenziavano le implicazioni), in cui il primato dal primo termine passa al secondo.
    Coniugato al post-moderno, ciò significa che il fenomenologico incide così pervasivamente sull’ontologico, che non evidenziare la cosa può essere solo il frutto di un nascondimento tattico o stategico, subito o perpetrato.
    Nulla di strano, a pensarci bene. Pensiamo a cosa più significare, per una bevanda, poniamo il latte, su due diversi supporti, quali il bicchiere o il pavimento. Una filosofia seria, una teologia seria non potrebbero non tenerne conto.
    Per tornare a bomba, dire che una certa ipotesi di lavoro verte sull’ambito disciplinare e non su quello dogmatico, sarebbe come dire che il latte (come bevanda, da bere) sarebbe lo stesso versato nel bicchiere o sul pavimento, e che bere dal bicchiere e leccare dal pavimento è la stessa identica operazione.
    Solo un sofista o un cinico manipolatore potrebbero dirlo.
    La proposta-Grillo ha almeno il merito di dire che vuole conservare dogma e tradizione, per mezzo di un radicale rinnovamento disciplinare. La cosa in sé non sarebbe manifestamente infondata e ci sono state altre proposte novatrici, ben più sconnesse (vedasi questa http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=1707, dove l’alzare la posta senza pudore equivale, rahnerianamente, ad una desacramentalizzazione del sacramento).
    Il punto di snodo della proposta-Grillo, la “morte del vincolo”, è facile a dirsi, meno facile a pensarsi e attuarsi.
    Molti si sono messi a criticare la proposta dal lato “del vincolo”.
    Io mi permetto di esaminarla dal lato “morte”.
    Vita e morte si dicono, propriamente, degli organismi biologici, per il resto, i termini sono talvolta analogici, talvolta equivoci, mai omologici.
    Ma anche per gli organismi biologici, in specie per l’uomo, qualora si esca dell’ambito strettamente biologico, per approdare per esempio al diritto, le cose si complicano.
    Definire normativamente la morte di un soggetto, non è un’operazione indolore ed ha sempre una X legata alla pressione sociale.
    Da Harvad in poi, il biologico non è più solo biologico, ma biogiuridico e la presa d’atto di una definitività (quale la morte) conosce uno slittamento dei confini, che può avere la velocità della deriva dei continenti o quella della slavina.
    Quando si tratta di constatare la “morte di una relazione” e definire lla sua ricaduta sacramentale in termini di “morte del vincolo”, le cose si fanno non solo più complicate, ma anche più complesse.
    Ciò, prescindendo dalla considerazione che non è detto, o almeno non è autoevidente, che dalla “morte della una relazione” debba necessariamente discendere la “morte del vincolo sacramentale”.
    Col termine di “morte” si rischia in ogni modo di indicare cose così diverse e di trattarle con imperizia, imprudenza o negligenza come uguali.
    Non ovunque si fanno interventi chirurgici teoricamente pensabili e tecnicamente fattibili.
    Per farli ci vogliono altri standard che, oggi, sinceramente, non ritrovo.
    Quand’anche la proposta-Grillo fosse in via teorica assolutamente plausibile, dubito sarebbe applicabile, considerati i tempi ed i soggetti ecclesiastici.
    Finirebbe col rivelarsi solo una forma larvata di “divorzio all’ecclesiastica”.

    • Caro L., Lei trova che la proposta Grillo “ha almeno il merito di dire che vuole conservare dogma e tradizione”. A dire la verità mi sembra che proprio questo sia l’aspetto più odioso: l’acrobazia dialettica con cui si pretende di mascherare ciò che per convenienza non si può/non si vuole chiamare con il proprio nome. Non ammetteranno mai di cambiare la dottrina e preparano il fumo negli occhi attraverso questi artifici. Metodi del genere li trovo quanto di meno autenticamente cristiano si possa immaginare. Solo una Chiesa che non ha imparato nulla dall’esperienza delle ‘riforme’ degli ultimi 50 anni può illudersi che queste tattiche paghino.

      • In effetti,
        Grillo enuncia una legge generale della dinamica culturale: non tutto ciò che è passato è tradizione e non tutto ciò che abbiamo ereditato è trasmissibile.
        Almeno estensivamente parlando.
        Se dobbiamo scalare una montagna, non possiamo portarci dietro tutto il campo base; idem, se dobbiamo attraversare un deserto…
        Chiaramente,
        non basta enunciare una legge per saperla applicare, nel qui e nell’ora.
        Spesso siamo tentati di abbandonare ciò che serve e ci portiamo dietro ciò che danneggia.
        Ed era appunto ciò che mi sono brevemente permesso di dire nel seguito del mio precedente commento.

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