La via logico-pastorale per i divorziati risposati secondo P. Cavalcoli OP

La quadratura dei cerchi

La quadratura dei cerchi

Chi ci segue costantemente sa che il sottoscritto, in materia di divorziati risposati, ha sempre chiesto delucidazioni su come si possa cambiare la prassi, che prevede l’impossibilità della comunione per i divorziati risposati, senza mutarne anche la sostanza dogmatica dell’indissolubilità del primo matrimonio.

Fu questa, in sintesi, la domanda che feci al Prof. Grillo, domanda che ebbe gentile risposta dallo stesso Grillo pochi giorni dopo, alla quale non ho mai controbattuto. Per due motivi:  1) non c’erano domande nello scritto di Grillo a cui rispondere 2) anche dopo averlo letto molte volte non riuscivo a penetrare la logica che Grillo continuamente richiamava, ma mai mi pareva chiarire in modo netto. Mi sono detto che questo poteva benissimo derivare da una mia parziale ignoranza a cui avrei posto rimedio pian piano.
Nel frattempo decidere di soprassedere sull’argomento e ringraziare il professore dell’interesse mostrato, era a mio avviso il minimo.
E così ho fatto.

Ecco però che oggi MiL pubblica una fulminea risposta di Cavalcoli OP, data ad un preoccupato Robert per alcune affermazioni fatte dal nostro a Radio Maria. Ebbene Padre Cavalcoli in 4 righe 4 mette in chiaro cosa significa agire pastoralmente in questi casi e come si deve ragionare logicamente per accettare tale passo.

Eccola
In
4
righe
la
logica che chiedevo a gran voce.

Si può essere d’accordo. Si può non essere d’accordo. Si può pensare che questo non è che l’inizio della riflessione o pensare che sia invece la necessaria conclusione. Ma così il discorso m’appare filare in modo chiaro e limpido. Leggiamo insieme la parte clou dell’intervento:

[…] i divorziati risposati si trovano nell’occasione prossima di peccare mortalmente, ma questo non vuol dire che di fatto siano in permanente stato di peccato mortale. Sarebbe, questo un giudizio temerario, che non ci è concesso, e che la Chiesa non pronuncia affatto, perchè il peccato non dipende semplicemente dall’occasione, ma dalla volontà, la quale resta libera di non peccare, anche quando si offre l’occasione di peccare. E’ importante non cercare l’occasione: questo può essere già peccato. Ma se questa si presenta inaspettata o imprevista, allora è possibile resistere.
Le attuali disposizioni della Chiesa, per le quali a loro è proibito accedere alla Confessione ed alla Comunione, sono certamente sagge, perchè esse sono motivate dal fondato timore che i due possano trovarsi in stato di peccato, anche se non c’è la certezza per il motivo che ho detto sopra, per cui, se dovessero confessarsi e fare la Comunione in quelle condizioni, commetterebbero un sacrilegio: riguardo alla Confessione, perchè si troverebbero assai in difficoltà nel promettere di non peccare più e riguardo alla Comunione, perchè, se sono in stato di peccato mortale, “assumerebbero, come dice Paolo, la propria condanna”.
E’ vero che i due si trovano in una situazione che li spinge fortemente al peccato e che crea ostacolo alla possibiltà di formare il proposito di non peccare più. Ma possono darsi situazioni, per esempio con flgli, e magari col coniuge legittimo sposato o unito con un’altra persona, per cui praticamente è impossibile sbloccare la situazione.
Ma se fanno il possibile per evitare l’occasione e nonostante ciò cadono, ed ogni volta che cadono, si pentono, Dio non li perdonerà?
Inoltre ricordi che la Chiesa stessa ha emanato anni fa un documento, nel quale si dice che se i due riescono ad astenersi dal rapporto sessuale, per esempio due anziani, sono ammessi ai sacramenti.
Il dogma non può cambiare; invece le disposizioni pastorali possono mutare. Attendiamo con fiducia ciò che su questa delicata materia sarà deciso dal Santo Padre, dopo aver ascoltato i vescovi e il popolo di Dio.
Secondo me, è bene che la legge attuale resti immutata, perchè, se allarghiamo la disciplina, temo che calerà ulteriormente la stima nei matrimonio e nei sacramenti, già molto compromessa presso molti cattolici Ma sta al Papa decidere. Dobbiamo fidarci di lui, anche se su questa materia, che non è dogmatica, non è infallibile.

Amen! Grazie Padre Cavalcoli.
Inutile dirvi che leggendo queste righe il fumo illogico si è dissolto. Ci voleva tanto? Si.
Inutile infine dirvi che leggendo questa logica, che trovo finora stringente, mi son morso le mani per non averci pensato prima

Scoprire quello che si sapeva, ma non si sapeva di sapere.
E’ la gioia del conoscere.



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94 replies

  1. E adesso cominciamo a ragionare…
    La situazione della riflessione teologica e pastorale in vista del Sinodo sulla famiglia si sta chiarendo lentamente, anche se ovviamente quanto detto sopra rimane valido: l’ultima parola è quella del Papa. Ero fermo a settimana scorsa con la catechesi del mercoledì sul matrimonio: sottolineo che ha posto l’accento nel matrimonio su gen 1 e 2 in particolare su “saranno una carne sola” più che su Gen 1,26: pertanto nello spiegare il valore teologico dell’atto coniugale ha messo in evidenza la dimensione unitiva…
    Nel testo di Cavalcoli si usa un linguaggio “tradizionale” e tuttavia vengono messi in evidenza alcuni aspetti a mio avviso importanti
    1. Innanzitutto si afferma che il peccato dei divorziati risposati non è riconducibile all’abbandono della situazione precedente. In effetti la chiesa non ha mai condannato la separazione in sè, soprattutto di fronte alla impossibilità di condurre una vita “assieme”.
    2. Neppure la situazione di peccato è legata all’educazione dei figli (anche nati dalla nuova unione) oppure all’aiuto reciproco che si danno
    3. Il peccato configurato è pertanto quello dell’adulterio. Pertanto si tratta di un peccato che può essere compiuto più o meno frequente ma che comunque può essere perdonato. Anche domenica e anche oggi il Papa ha ricordato la misericordia di Dio che perdona “sempre”…

    Sarebbe poi interessante allargare un po’ il discorso, anche se sappiamo di procedere su un campo “minato”. Come ha ricordato il Papa (e anche Simon 🙂 ) il matrimonio cristiano si configura sempre più come “vocazione”; come ci si comporta difronte ai divorziati che convivono e non si risposano? Come ci comportiamo di fronte a coloro che non si sposano perché pensano che sia una vocazione troppo “difficile” per loro? Se non sono (stati) sposati commettono adulterio?

    • Restando alla tua introduzione: quello che chiedevo era proprio quello che Cavalcoli ha offerto. Cioè: usando il linguaggio tradizionale, come si può coniugare tutto in linea logica?
      Quando ho letto Cavalcoli mi sono detto: caspita, è davvero tutto qui? E’ talmente ovvio, come ho fatto a non pensarci prima?!
      E poi… maligno (ehm): ma se era tutto qui… cosa ci voleva a farmelo notare?

      O che sbagliavo la domanda.

      Grazie Don intanto!
      Croce-via rimane sempre aperto, as you know.

      • Quello che scrive p.Cavalcoli e’ giusto. Quello che non si considera e’ tanto il vero problema teologico della permanenza del vincolo in certe situazioni nelle quali esso diventa inconcepibile. Gia’ quarant’anni fa’ un serio canonista faceva notare che nella sostanza l’indissolubilita’ che e’ sostenuta nella Chiesa cattolica era di carattere canonico, non dogmatico. Aggiungo io: e’ inutile richiamarsi al Vangelo quando, come dice anche Manuel2014, “la chiesa non ha mai condannato la separazione in sè, soprattutto di fronte alla impossibilità di condurre una vita “assieme” “. Il Vangelo infatti, interpretato alla lettera come molti fanno, condanna proprio la separazione, che contraddice il vincolo.

        • Il peccato di adulterio prevedeva per i chierici il ripudio della propria moglie e per il laici il confino in monastero.
          Vi invito a ricordarvi che esso è un grave peccato sociale in nome della vostra difesa della famiglia, come vi invito a vedere nel piegarsi alle istituzioni illegittime un diverso tipo di sacrificio/riconoscimento agli idoli, sarebbe meno grave stipulare dei pacs che un matrimonio pseudo-civile.

          • Ripudio significava abolizione del vincolo a vivere insieme? Questo e’ il problema teologico. E’ questo problema che andrebbe affrontato prima di giudicare le seconde nozze, religiose o civili.

          • In pratica beppe è come San Paolo che non condanna affatto l’omosessualità poiché in realtà l’omosessualità è un concetto nato agli inizi del novecento?
            Quest’ultima è la tesi del Piana se non mi sbaglio.

            Non che sia completamente soddisfatto di queste revisioni storicistiche, ovviamente. Mi sembra che vogliano rileggere e reinterpretare una tradizione (Evangeli) senza la tradizione che non solo li ha letti ed interpretati da sempre, ma li ha pure scelti.
            Ma mi tengo i dubbi per me e intanto per lo meno comincio a farmi un idea delle “campane” in campo.

            So: thanks for your comments and welcome!

  2. Non è cosi semplice. Padre Cavalcoli gioca sull’argomento usando volutamente un linguaggio circonvolutorio. E’ secondo me interessante leggere questo:

    “I. è necessario distinguere tra persone semplicemente divorziate e persone divorziate e risposate o conviventi.
    Le persone semplicemente divorziate possono ricevere l’assoluzione, soprattutto se sono vittime del divorzio.

    II. Se hanno dato il divorzio, se sono pentite ma giudicano che ormai è impossibile riprendere la vita comune, possono ricevere l’assoluzione e fare la Santa Comunione.

    III. Se invece si sono risposate civilmente o convivono vanno trattate secondo i criteri emanati in una lettera del Card. Ratzinger, quand’era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che porta la data del 14 settembre 1994.
    Questa lettera è di ampio respiro. Mentre ricorda l’indissolubilità del matrimonio, nello stesso tempo raccomanda di trattare benignamente queste persone, che rimangono figlie della Chiesa, sebbene in linea generale non possano ricevere l’assoluzione né fare la Santa Comunione.
    Ecco in sintesi che cosa dice questa lettera, che è normativa per i credenti e che illumina anche sui criteri da adottare per coloro che sono sposati solo civilmente oppure sono conviventi.

    1. I fedeli divorziati risposati si trovano in una situazione che contraddice oggettivamente l’indissolubilità del matrimonio.

    Per fedeltà all’insegnamento di Gesù la Chiesa è fermamente convinta che il matrimonio è indissolubile.
    Il Vaticano II insegna: “Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità” (GS 48).
    La Chiesa ritiene anche che nessuno, neppure il Papa, ha il potere di sciogliere un matrimonio sacramentale rato e consumato (cfr. can. 1141).
    Pertanto essa non può “riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio” (Lettera, 4). Sicché è proibito “per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere” (FC 84).

    2. I fedeli divorziati risposati rimangono membri del Popolo di Dio e pertanto sono chiamati a sperimentare l’amore di Cristo e la vicinanza materna della chiesa.

    Sebbene questi fedeli vivano in una situazione che contraddice il messaggio del Vangelo, non sono scomunicati, e cioè esclusi dalla comunione ecclesiale. Essi sono e restano membri della Chiesa, perché hanno ricevuto il battesimo e conservano integra la fede cristiana.
    Il Direttorio di Pastorale familiare della CEI: “Quanti vivono in una situazione irregolare, pur continuando ad appartenere alla Chiesa, non sono in piena comunione con essa. Non lo sono perché la loro condizione di vita è in contraddizione con il Vangelo di Gesù, che propone ed esige dai cristiani un matrimonio celebrato nel Signore, indissolubile e fedele” (DPF 197).
    Seguendo l’esempio di Gesù che non escludeva nessuno dal suo amore, la Chiesa deve essere loro vicina mettendo a disposizione i suoi mezzi di salvezza (FC 84).
    I pastori devono discernere le diverse situazioni perché alcuni hanno distrutto l’unione matrimoniale per loro grave colpa, altri sono stati abbandonati dal coniuge; alcuni sono convinti in coscienza della nullità del loro precedente matrimonio, altri si sono risposati prevalentemente per assicurare l’educazione dei figli nati dalla nuova unione; infine vi sono quelli che nella seconda unione hanno riscoperto la fede e già hanno trascorso un lungo cammino di penitenza (cfr. FC 84).
    A partire da questo discernimento, che tiene conto della singolarità delle diverse situazioni, i pastori mostreranno ai fedeli interessati vie concrete di conversione e di partecipazione alla vita ecclesiale.
    In ogni caso “la Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza” (FC 84).

    3. In quanto battezzati, i fedeli divorziati risposati sono chiamati a partecipare attivamente alla vita della chiesa, nella misura in cui questo è compatibile con la loro situazione oggettiva.

    Come membri della Chiesa, i fedeli divorziati risposati sono esortati:
    – “ad ascoltare la Parola di Dio,
    – a frequentare il sacrificio della Messa,
    – a perseverare nella preghiera,
    – a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia,
    – a educare i figli nella fede cristiana,
    – a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio”(FC 84).
    In particolare la Lettera della CDF, a proposito dell’eucaristia, sottolinea il significato della comunione spirituale (n. 6) e ricorda che la partecipazione alla vita ecclesiale non può essere ridotta alla questione della ricezione della comunione, come spesso avviene.

    4. A motivo della loro situazione oggettiva i fedeli divorziati risposati non possono essere ammessi alla S. Comunione e neppure accedere di propria iniziativa alla mensa del Signore.

    La Chiesa ribadisce “la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati” (FC 84).
    Questa norma non è un regolamento puramente disciplinare, che potrebbe essere cambiato dalla Chiesa, ma deriva da una situazione obiettiva che rende impossibile in sé l’accesso alla S. Comunione.
    A dire il vero, non è la Chiesa che esclude tali fedeli, ma “sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia”(FC 84). L’Eucaristia infatti è il cibo che aiuta i coniugi ad amarsi e ad immolarsi vicendevolmente come Cristo ha amato la Chiesa e si è immolato per lei. Nel caso dei divorziati risposati l’immolazione per il vero coniuge viene palesemente contraddetta.
    A questo motivo primario se ne aggiunge un secondo, di natura più pastorale: “se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio” (FC 84).
    Qualcuno distingue fra ammissione ufficiale alla S. Comunione (che non è possibile) e autorizzazione in taluni casi della propria coscienza ad accedere alla mensa del Signore.
    Di contro la Lettera della CDF sottolinea: “Il fedele che convive abitualmente more uxoriocon una persona che non è la legittima moglie o il legittimo marito, non può accedere alla Comunione eucaristica. Qualora egli lo giudicasse possibile, i pastori e i confessori, date la gravità della materia e le esigenze del bene spirituale della persona e del bene comune della Chiesa, hanno il grave dovere di ammonirlo che tale giudizio di coscienza è in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa. Devono anche ricordare questa dottrina nell’insegnamento a tutti i fedeli loro affidati” (n. 6).
    Accettando la dottrina e la prassi della Chiesa, i fedeli divorziati risposati a loro modo continuano a testimoniare l’indissolubilità del matrimonio e la loro fedeltà alla Chiesa (cfr. Lettera, 9).

    5. A motivo della loro situazione obiettiva i fedeli divorziati risposati non possono “esercitare certe responsabilità ecclesiali” (CCC 1650).

    Il DPF scrive: “La partecipazione dei divorziati risposati alla vita della Chiesa rimane condizionatadalla loro non piena appartenenza ad essa. È evidente che essi non possono svolgere nella comunità ecclesiale quei servizi che esigono una pienezza di testimonianza cristiana, come sono i servizi liturgici e in particolare quello di lettori, il ministero di catechista, l’ufficio di padrino per i sacramenti.
    Nella stessa prospettiva, è da escludere una loro partecipazione ai consigli pastorali, i cui membri, condividendo in pienezza la vita della comunità cristiana, ne sono in qualche modo i rappresentanti e i delegati.
    Non sussistono invece ragioni intrinseche per impedire che un divorziato risposato funga da testimone nella celebrazione del matrimonio: tuttavia saggezza pastorale chiederebbe di evitarlo, per il chiaro contrasto che esiste tra il matrimonio indissolubile di cui il soggetto si fa testimone e la situazione di violazione della stessa indissolubilità che egli vive personalmente” (DPF 218).
    In particolare per l’ufficio di padrino si richiede “una vita conforme alla fede e all’incarico che assume” (can. 874).

    6. Se i fedeli divorziati risposati si separano o vivono come fratello e sorella, possono essere ammessi ai Sacramenti.

    Perché i divorziati risposati possano ricevere validamente il sacramento della riconciliazione, che apre l’accesso alla S. Comunione, devono essere seriamente disposti a cambiare la loro situazione di vita, in modo che non sia più in contrasto con l’indissolubilità del matrimonio.
    Questo significa concretamente che essi si devono pentire di aver infranto il vincolo sacramentale matrimoniale, che è immagine dell’unione sponsale fra Cristo e la sua Chiesa, e che si separino da chi non è il loro legittimo coniuge.
    Se questo per motivi seri, ad esempio l’educazione dei figli, non è possibile, essi si devono proporre di vivere in piena continenza (FC 84). Con l’aiuto della grazia che tutto supera e col loro deciso impegno, la loro relazione deve trasformarsi sempre più in un legame di amicizia, di stima e di aiuto reciproco.
    Rimane tuttavia l’obbligo di “evitare lo scandalo” (n. 4) presso i fedeli che li conoscono come irregolari. Sicché potranno ricevere l’assoluzione dei peccati e la S. Comunione pubblicamente là dove non sono conosciuti come tali.

    7. I fedeli divorziati risposati, soggettivamente convinti della invalidità del loro matrimonio precedente, devono regolarizzare la loro situazione in foro esterno.

    Il matrimonio, dal momento che crea per ciascun partner una specifica situazione ecclesiale e sociale, ha essenzialmente carattere pubblico.
    Pertanto non compete in ultima istanza alla coscienza personale degli interessati decidere, sul fondamento della propria convinzione, della sussistenza o meno di un matrimonio precedente e del valore della nuova relazione(cfr. Lettera, 7-8).
    Il CJC conferma la competenza esclusiva dei tribunali ecclesiastici circa l’esame della validità del matrimonio dei cattolici. Pertanto chi è convinto in coscienza dell’invalidità del precedente matrimonio deve rivolgersi al tribunale ecclesiastico, al quale compete di esaminare, con un procedimento di foro esterno, l’eventuale obiettiva invalidità.
    Il CJC offre anche nuove vie per dimostrare la nullità di un matrimonio perché ha stabilito norme per le quali (cfr. can. 1536 § 2 e can. 1679) le sole dichiarazioni delle parti possono costituire prova sufficiente di nullità, naturalmente ove tali dichiarazioni offrano garanzia di piena credibilità.
    D’altra parte, poiché il matrimonio ha essenzialmente un carattere pubblico-ecclesiale, e poiché anche qui vale il principio fondamentale nemo iudex in propria causa (nessuno è giudice nella propria causa), le questioni matrimoniali vanno risolte in foro esterno.

    8. I fedeli divorziati risposati non devono mai perdere la speranza di raggiungere la salvezza.

    “La Chiesa con ferma fiducia crede che anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità” (FC 84).
    Anche se la Chiesa non può mai approvare una prassi che si oppone alle esigenze della verità e al bene comune della famiglia e della società, nondimeno non smette di amare i suoi figli in difficili situazioni matrimoniali, di portare insieme con loro le difficoltà e sofferenze, di accompagnarli con cuore materno e di confermarli nella fede che essi non sono esclusi da quella corrente di grazia, che purifica, illumina, trasforma e conduce alla salvezza eterna.
    Pertanto “la chiesa invita i suoi figli, che si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste” (RP 34).”

    La fonte è Amici Domenicani.it:
    http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2726

  3. Amici Domenicani.it che è ben informato ci ricorda anche che la Tesi di Cereti (che è quella a cui si appoggia Kasper) è stata già contraddetta da “La civiltà cattolica” (allora, 1997 papa era l’indomito leone polacco):

    “La tesi di Cereti è stata subito contraddetta in una recensione della Civiltà Cattolica da Crouzel, patrologo della Compagnia di Gesù, nel quaderno n. 3046 del 21 maggio 1997, pp. 304-305.
    Scrive: “Si tratta di un libro scritto con notevole abilità giornalistica e capace di persuadere facilmente della validità della tesi che propugna, cioè che la Chiesa primitiva ha permesso, in modo continuo, le seconde nozze quando seguivano una separazione a causa di adulterio”.
    E definisce il tentativo di Cereti un bluff.

    http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2828

    • La superficialita’ della risposta su Amici Domenicani e’ palese gia’ nell’imprecisione del rinvio. Poi c’e’ quella della sostanza. I catari di cui parla il concilio di Nicea non sono cosi’ facilmente collegabili a quelli medioevali di novecento anni dopo e in tutt’altro contesto. Il concilio parla di chi e’ passato a seconde nozze e p. Angelo spiega “perche’ erano vedovi”, ma si e’ nella storia rivista ad uso e consumo dello scrivente. La verita’ e’ che Cereti, oltre che partecipe del dialogo ecumenico, e’ attuale consultore del Vaticano sull’argomento del matrimonio, altro che bluff. Dal che si dimostra che congiungere humilitas e sapientia non e’ sempre facile.

      • All’amico beppe risponderei col divertente proverbio napoletano: ” ‘A moneca ‘e Chianura, tuosto nun ‘o vuleva e muscio nun le piaceva. (La monaca di Pianura, duro non lo voleva e morbido non le piaceva).
        Questo per dire che prima invoca la sintesi per il primo commento e davanti alla sintesi del secondo dice che è superficiale. In realtà superficiale non è in quanto trattasi prporio di sintesi: se infatti si legge tutto l’intervento di Crouzel nel quaderno 3046 del 21 maggio 1997 si accorgera che offre una risposta precisa e articolata.
        Cordiali saluti.

        • Il superficiale era riferito al commento di p. Angelo e solo di riflesso a lei che lo faceva proprio. Tra l’altro lamentavo che la superficialita’ era anche manifestata dal riferimento sbagliato: lei ha provato ad andare al quaderno 3046 del 21 maggio 1997? Mi puo’ dire che cosa ha trovato?

  4. Puo’ leggere per esempio questo:

    http://rorate-caeli.blogspot.com/2014/02/no-council-of-nicea-did-not-admit.html

    e i riferimenti dettagliati al termine. I catari di novecento anni dopo non c’entrano ovviamente nulla (c’ero cascato anch’io all’inizio). E’ una questione chiusa da tempo, ritirata fuori adesso in modo evidentemente strumentale.

    Quando potro’ scrivero’ qualche commento al post di Manuel2014 che, confesso, trovo piuttosto inquietante.

    • Ok allora aspetto a procedere con la mia riflessione: non si sa mai…
      Per il momento approfondisco questo…
      La Chiesa ribadisce “la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati” (FC 84).
      Se qualcuno intanto mi aiuta a trovare i testi corrispondenti, mi fa un favore…

      • Puo’ ovviamente scrivere quel che crede reverendo, io mi limitero’ (quando riusciro’ ad avere il tempo per non scrivere di getto) a dire la mia da semplice fedele (preoccupato). Vede, e’ che mi sembra tutto al rovescio: il problema pare non sia il fatto che il matrimonio cristiano, per cio’ che e’ e non per cio’ che si vorrebbe, stia di fatto scomparendo (anche se, come diceva, “negli occhi” delle persone che sposa vede sempre la retta intenzione del “per sempre”, nel cuore di ciascuno di noi, e mi ci metto anch’io per evitare di giudicare il prossimo, sfido chiunque a negare che ci sia un posto bello grande in cui si dice “a meno che non vada storta”), sembra invece sia trovare un modo attraverso il quale le conseguenze di questo fatto, come per magia, scompaiano. Che l'”abbandono della situazione precedente”, per usare la sua terminologia, non sia un peccato, e’ secondo me semplicemente falso se cio’ deriva da una propria libera decisione. Che l’abbracciarne coscientemente un’altra, di fatto di bigamia, esponendosi con cio’ stesso, in maniera cui e’ di norma impossibile resistere, all’adulterio, anch’esso non lo sia e non continui ad esserlo durante la prosecuzione del rapporto, e’ una sua tesi, che a me pare allo stesso modo errata. Vede, supponga che io faccia cosi’: non mi piace piu’ mia moglie, e me ne voglio prendere una di vent’anni piu’ giovane. Benissimo, la pianto, divorzio e mi “risposo” civilmente, faccio un paio di figli con la donna nuova, e nel frattempo (come fanno quasi tutti, vedi articolo di Introvigne citato in passato) magari me ne frego di quei preti che mi dicono che non devo fare la comunione (o magari no, ma non e’ questo il punto principale). A questo punto il gioco e’ fatto: non e’ piu’ possibile ricostruire l’unione precedente, non posso lasciare la nuova casa, e ovviamente avro’ rapporti con la nuova “moglie” perche’ la situazione renderebbe praticamente impossibile, anche nel caso improbabile lo volessi, non averne (magari mi pianta lei, altrimenti: d’altronde non mi avrebbe certo “sposato” con la prospettiva della castita’, no?). E che succede? Niente: basta che vada ogni tanto a confessarmi, non si sa con quale simulacro di pentimento (a me, in tutta franchezza, una cosa del genere pare si avvicini a un sacrilegio), e mi danno anche, ben autorizzato stavolta, la comunione, cosi’ stiamo tutti meglio. Cosa ne sia poi della mia anima in una situazione, chiedo scusa, cosi’ piena di ipocrisia, io francamente non lo so.

        • Pertanto “la chiesa invita i suoi figli, che si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste” (RP 34).”

          Tante cose sono inquietanti nella vita, GG. Io penso che le mie affermazioni non siano poi così inquietanti, anche se poi il concetto di inquietante è soggettivo.
          A me, ad esempio, pare più inquietante la frase che ho incollato qua sopra, soprattutto perché ufficiale.
          Tutto diventa estremamente più semplice e liberante. Se vi sono precluse le vie della riconciliazione e dell’Eucaristia, perché vi preoccupate? Per altre vie otterrete la misericordia di Dio! Vi proponiamo la confessione e la comunione spirituale e raggiungerete la salvezza. Non ci sono problemi di sacrilegio o cose simili.
          Tuttavia io condivido al riguardo le preoccupazioni del card Kasper: infatti in questo modo si relativizza il valore del sacramento della Riconciliazione e dell’Eucaristia in quanto sarebbero non strumenti necessari per la salvezza delle anime ma solo opzionali. Inoltre tale ragionamento potrebbe essere reso valido per coloro che si trovano in situazione “regolare” che troverebbero una “scorciatoia” per la salvezza. Ma allora l’Eucaristia sarebbe veramente fons et culmen della vita cristiana?

          • mi dico
            una persona ke divorzia buttando altrove la croce sua non credo abbia gran voglia rientro in Kiesa
            perkè della Kiesa ha disprezzato termini
            prima di fà cose occorre ben diradare propri fumi cortine interne
            quando ci si è effettivamente purificati si puo’ volgere se’ stessi al continuo della santificazione ke credo sia na strada stretta e impervia
            si porti la propria croce
            poi ki voglia scegliere strade meno impervie libero arbitrio ma non si spaccino per aspiranti ritorno cattolicesimo
            questo è mio pensiero kiaramente vissuto nella realtà purtroppo ma forse c’è anke di peggio ciao

          • Con questo criterio, la comunione e la previa assoluzione, anche se magari disgiunta dalla sincera coscienza dell’errore nel proprio comportamento, non si dovrebbero negare in nessun caso: liberi tutti, basta comunicarsi con un po’ di buoni sentimenti, e continuare tranquillamente a ritener giusto cio’ che non lo e’. Che riconciliazione ed Eucarestia non siano di per se’ necessari per la salvezza e’, mi sembra, fatto assodato: altrimenti un non cristiano, o un cristiano di altra confessione, sarebbe dannato per il solo fatto di esser nato nel posto sbagliato: ritorniamo allora all’extra ecclesiam nulla salus?

          • E’ inquietante per il semplice fatto che chi non viene ammesso alla santa comunione deve trovarsi tra i catecumeni perché se pur cristiano deve essere penitente, e questi non esistono più. Addirittura gli atei entrano in Chiesa durante i santi misteri quando sappiamo tutti che non può essere ammesso.

          • Comprendo e apprezzo il desiderio di GG di giungere ad una riflessione non condizionata dall’improvvisazione. In vista di quella mi sembra forse utile vedere il problema nella sua radice, perche’ dalle parole come adulterio o bigamia non puo’ uscire che una soluzione preconfezionata, ma non chiarificante.
            Intanto ringrazio per il rinvio all’articolo di Rorate Caeli. Puo’ essere che nel caso specifico del Concilio di Nicea il riferimento fosse a risposati vedovi. Ma questo non chiude il caso storico e tantomeno quello teologico. La conclusione del Prof. John Lamont che quando si parla di risposati civilmente, di fatto si parla di bigami e quindi il problema sarebbe quello di concedere la comunione ai bigami, indica che probabilmente non conosce il problema teologico. Esso nasce dal Nuovo Testamento, sia dai testi dei Vangeli, sia dall’interpretazione che ne fa s.Paolo, sia dal contesto storico di matrimoni interreligiosi.
            In estrema sintesi: il matrimonio impegna alla vita in comune e questo impegno non deve essere infranto. Ma il vincolo, cioe’ l’obbligo alla vita in comune, permane anche quando non puo’ piu’ essere adempiuto? Tutta la storia dimostra che la Chiesa, anche in occidente, si e’ arroccata su precise scelte, che hanno pochi agganci al senso dei testi originali, ai quali si dice di voler restar fedeli.

          • La conclusione di cui si parla non e’ di Lamont, ma riprende solo la tesi di Crouzel, che e’ inattaccabile. Dunque, per cominciare, il fulcro del discorso da cui si e’ partiti si basa su un’affermazione falsa, tirata fuori a distanza di decenni per scopi puramente strumentali (e gia’ questo dovrebbe far riflettere a lungo, visto che i riferimenti a Cereti si trovano anche nell’intervento di Kasper). Nel tuo commento dell’ 8 aprile 2014 • 02:14 la dai invece per buona, dando anche, mi sembra, dello sprovveduto a chi non lo fa. Questo mi pare mostri un primo punto sia riguardo al metodo sia alla verita’ delle cose.

            Questo detto, l’idea di ripensare ogni singolo problema senza tener fede a come esso e’ stato interpretato storicamente dalla Chiesa nel corso dei secoli, e’ in un certo senso la quintessenza del protestantesimo, non lo dico come insulto ma solo come dato di fatto. L’esito secondo me inevitabile di questo tipo di posizione e’ quello di appiattirsi sulla mentalita’ del tempo in cui si vive, mentre la Chiesa pretende di parlare all’uomo per come esso e’ in ogni tempo, rivolti alla sua natura immutabile. Perche’ se bisogna reinterpretare, partendo da zero, anche frasi come “chi ripudia sua moglie e ne sposa un altra commette adulterio”, chiare dal momento stesso in cui sono state pronunciate (tanto e’ vero che gli astanti dicono “allora non conviene sposarsi”) allora a me sembra chiaro che la questione non e’ tanto cosa Gesu’ abbia detto o meno (perche’ qui come forse mai nel Vangelo ha voluto essere chiarissimo), ma se sia possibile fare quel che ha detto, concludendo che per l’uomo moderno certe cose sono impossibili, e bisogna tornare a quel permesso che Mose’ diede, “per la durezza del vostro cuore” ai tempi dell’antico testamento. Di questo si puo’ forse parlare, ma non si puo’ far dire a Gesu’ il contrario di quel che dice.

          • @GG
            e’ inutile che tu mi fai le pulci su cose che non conosco direttamente e per le quali devo rifarmi a quello che falsamente viene proposto sul blog. Ho detto che il rimando a Crouzel di p. Angelo era sbagliato, quindi non ho potuto controllare il rinvio. Tu mi mandi ad un articolo che riferisce quanto detto da un certo prof. Lamont ed ora salta fuori che la sua conclusione riportava quella di Crouzel. Proprio per l’inaffidabilita’ dei riferimenti, che permane, il mio discorso mai ne fa un argomento conclusivo. Se il modo poco professionale di p.Angelo mi faceva dubitare della limitazione ai vedovi del riferimento del Concilio di Nicea, posso invece darlo per ammesso e non concesso se esso viene confermato da uno che potrebbe essere uno storico (il prof. Lamont). L’argomento pero’ non cambia, e’ inutile che ci si giri intorno, prendendoci in giro. Ne’ il Vangelo, ne’ s.Paolo, ne’ la storia della Chiesa sono in accordo con la dottrina del matrimonio oggi comunemente professata, dell’indissolubilita’ assoluta del vincolo (sacramentale, del rato e non consumato, al di fuori del privilegio paolino e petrino e salvo che non si tratti di poligamia: un po’ troppe eccezioni…evangeliche!). Mentre e’ pienamente accettabile che la Chiesa sviluppi le istituzioni originali, mantenendole lo spirito, e’ inaccettabile che essa venga a dire che tutto sia esattamente come prima.Il tragico e’ che si gioca sulla pelle spirituale dei fedeli, sia pure solo (!) di quelli che hanno visto fallire il loro matrimonio. Ma naturalmente dai singoli comportamenti si giudica anche l’istituzione.
            Mi dispiace che tu abbia capito che io voglia il ripristino della concessione mosaica. Per nulla! vuol dire che non mi sono spiegato. Sara’ per la prossima volta.

            Questa dovrebbe essere solo l’introduzione alla critica del tuo intervento, pieno, purtroppo, di luoghi comuni che falsano il Vangelo e la storia ecclesiastica. Figurati se mi sogno di iniziare da zero qualcosa, e’ la recente tradizione scolastica, ignorante di storia come di esegesi, che su questo come su tutto il resto, aggiustava il passato ad uso del presente, incolpando gli altri di non conoscere la storia e la Scrittura. Per questo lei e le sue argomentazioni si sono dissolte al vento. Ulteriori argomenti a piu’ tardi.

          • Le pulci? Mah, se tu scrivi

            “Il concilio parla di chi e’ passato a seconde nozze e p. Angelo spiega “perche’ erano vedovi”, ma si e’ nella storia rivista ad uso e consumo dello scrivente.”

            io leggo un’affermazione assolutamente precisa, che pero’ e’ sfortunatamente del tutto falsa, e cio’ va detto chiaramente visto che e’ cosa che gira da un po’. I nomi che ci si mette intorno sono irrilevanti e non e’ questo il punto: ho riportato la questione allo studio di p. Crouzel solo perche’ e’ quello il riferimento piu’ preciso, in modo che tu possa consultarlo, se credi.

            Quanto al resto, se scrivi

            “Ne’ il Vangelo, ne’ s.Paolo, ne’ la storia della Chiesa sono in accordo con la dottrina del matrimonio oggi comunemente professata”

            fai un’affermazione per te apodittica, che pero’ non lo e’. Leggero’ volentieri le tue argomentazioni se credi, ma detta cosi’ e’ una frase priva di giustificazioni: sarei infatti per esempio interessato a sapere quando, nella storia della Chiesa, che pure nomini nel passo riportato, si sono ritenute accettabili le seconde nozze.

            Se pensi che il tuo post permetta di “dissolvere al vento” qualcosa, buon per te. Quel che dico io e’ poco o per nulla rilevante, ma mi limitavo a citare un paio di frasette di Gesu’ che, ahime’, sarebbe assai meglio non “dissolvere al vento”, e che non commenti.

            Il ripristino di qualcosa di simile alla tradizione mosaica (ovviamente non il ripudio, ma la possibilita’ a certe condizioni di seconde nozze) e’, di fatto, quel che molti chiedono con nomi diversi. Mi parrebbe piu’ ragionevole chiederlo per ragioni di impossibilita’ a far diversamente, cioe’ per debolezza umana, piuttosto che citare a sproposito Gesu’, tutto qui.

  5. e mi par sciocco dire a men ke vada storta sull’altare,
    credo nessuno lo faccia a meno di esseri sciocchi

  6. e mi kiedo quanti confessanti e comunicanti non sian in peggior falsità magari di ki ha matrimonio rovinato alla luce del sole
    tanti giudici degli altri con kissà quali travi in sè stessi

  7. ma ki predispone sua vita a intrallazzi simili non è normale, capita nella vita purtroppo sbagliare accesi da sentimenti ferali distruttori ke non son solo adulterio o comandamento non desiderare persona di altri,
    ma anke altri ke son peggio di ciò mio avviso
    violenze assassini ladrocinii son tutti peccati mortali, mancanza di rispetto a ki è vero e ama oltre a Dio il prossimo i propri fratelli a ricerca bene generale…………………….

  8. @beppe
    Tutta la storia dimostra che la Chiesa, anche in occidente, si e’ arroccata su precise scelte, che hanno pochi agganci al senso dei testi originali, ai quali si dice di voler restar fedeli.

    Sparo un ragionamento e vediamo dove può esserci l’inghippo: chi ha scelto quegli scritti? La Chiesa.

    E perché? Perché forse erano gli unici? No. Erano quelli scritti meglio?! Tsk, chi sa il greco sa che Omero è altra cosa… Erano i più antichi?! Bah, anche se fosse (e quello di Tommaso non è proprio di ultimo pelo…) il problema non si pone perché ai tempi non c’era l’idea di “storia” come la intendiamo oggi quindi nemmeno l’idea che il manoscritto più anitco fosse il più “confome”..
    no, ‘spetta… ecco, forse perché erano i più conformi? Si.
    Ma conformi a cosa? DA capo: alla tradizione della Chiesa.
    Dunque chi ha scelto quegli scritti in soldoni?
    La tradizione orale della Chiesa.

    La Chiesa è precedente l’NT.

    Chi dunque può permettersi l’esegesi di questo NT? Colei che precede tale corpus di scritti.

    La Chiesa dunque può permettersi l’esegesi di tali scritti. E questi ultimi hanno senso e valore solo letti nella Chiesa. I testi non hanno “senso originale” – come se potesse esistesse un’esegesi univoca di un testo, una pretesa di ermeneutica unica su “testi originali” che in realtà non esistono affatto (!) -. I testi hanno solo “senso originante” cioè quello che la Chiesa stessa può dare facendone l’esegesi Vera, cioè quella secondo la Tradizione che essa salvaguardia e che quei testi scelse.
    O mi sbaglio?

    Qui mi sembra che tu beppe dica che la Chiesa ieri non sapeva leggere gli scritti che ella ha scelto perché conformi alla Tradizione della quale la CHhiesa stessa è depositaria.
    Se questo è, oltre che una presunzione (e poco mi tange), è una contraddizione.
    E quest’ultima mi tange non poco. Per uno come me, alla ricerca della logica in tutto questo discorso, puoi capirne il motivo…

    Al che la domanda: sto a sbaglià? Where?

    Grazie a tutti!

    • Caro Minstrel,
      giustissimo quello che dici, che cioe’ la tradizione precede gli scritti e quegli scritti sono stati scelti perche’ fedeli a quelle (plurale) tradizioni che si riferivano a Gesu’.
      D’accordo su questo, ma poi non la logica, ma un minimo di conoscenza storica ci fa vedere che la tradizione e’ stata riinterpretata nei secoli successivi, talora dimenticando certi aspetti, talora sottolineandone eccessivamente altri. Per questo e’ importante il confronto con la tradizione originale. Senza essere luterana, la FC, citata da Manuel, dice “la sua (della Chiesa) prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati ecc.” (FC 84), perche’ se si fosse solo richiamata alla disciplina odierna non avrebbe convinto molti.
      Quanto dico non contraddice il fatto che la Chiesa abbia continuato ad annunciare il messaggio evangelico, pure se attraverso le limitazioni che in ogni tempo appannavano l’annuncio. E’ la comprensione di questo aspetto che segna l’epoca presente, ma che era di fatto nella coscienza di tutti i secoli, perche’ il richiamo alla conversione di una prassi non evangelica precede di secoli Lutero.

  9. Per rispondere al commento di ” beppe12 8 aprile 2014 • 22:59″ (e non capisco perchè non trovo il tasto rispondi).

    Premetto che nelle dispute secondo i Padri mai si dovrebbe citare il Vangelo, ma in questo caso lo faccio poichè la logica è stringente.
    NSGC nel Vangelo più volte mostra come si possa solo distinguere, senza mai separare (La “parabola del servo ingrato” docet).
    In Luca 23, 16-22 questa logica stringente viene mostrata al suo culmine: non si può separare l’oro dal tempio, non si può separare l’altare dall’offerta, non si può separare il cielo da Colui che vi è assiso.
    E’ la stessa logica con cui non si può separare la Chiesa dalla sua Tradizione, non si possono separare i testi dall’ermeneutica che SOLO la Chiesa può dare.
    Farlo vorrebbe dire venire meno al “Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”, conseguenza abbastanza pesante.

    • Ubi…
      S.Agostino, il principale dei “padri” della Chiesa occidentale non aveva gia’ piu’ le remore di cui parli ed e’ passato un millennio e 1/2. Lasciamo percio’ perdere queste pie rimembranze.
      Tu dici “non si possono separare i testi dall’ermeneutica che SOLO la Chiesa può dare”. E’ chiaro che per Chiesa intendi la gerarchia. Se e’ cosi’ bisogna mettere una bella limitazione per salvare il salvabile di questa tua affermazione: solo la gerarchia puo’ dare interpretazioni “infallibili”. Interpretazioni sono sempre state date da tutti in tutti i tempi ed oggi assistiamo ad un fiorire di studi esegetici che e’ una provvidenza.
      So di non aver risolto il grosso del problema perche’ lo scoglio che divide i cd tradizionalisti dalla massa degli odierni credenti e’ la concezione di infallibilita’, che i primi ampiano fino ad includere quasi qualsiasi esternazione papale (ad esclusione degli ultimi papi), come era la tendenza al tempo di PioXII.

      • Credo che più che infallibilità ci sia un rispetto (timoroso? molto rispettoso?) del Magistero autentico. L’ossequio cioè zittisce ogni disputa verso la gerarchia e si cerca di riportare a tale ossequio chi invece fa giudizi considerabili “temerari” solo perché su tali giudizi (che nessuno nega possano divenire magistero autentico in futuro) nessuna autorità si è mai espressa.
        Oppure quando si è espressa, si è espressa in modo decisamente (o cautelativamente) opposto.
        E infatti Ubi continua a citare il Magistero di Giovanni Paolo II proprio per far notare che il Magistero odierno è da un pò che percorre una strada che non è quella di Kasper.
        Per lo meno questo è quello che mi appare.

        Grazie per questi commenti.

        • @Minstrel
          Grazie a te per la tua disponibilita’. Se mi permetti, cerco di precisare il discorso,
          In primo luogo il card. Kasper. Da quello che ho capito non tocca la dottrina, ma la prassi. Purtroppo, perche’ e’ la dottrina (teologica) e i suoi presupposti storici che andrebbero affrontati, scontentando qualcuno, ma cosi’ gli scontenti perche’ non convinti sono ancora di piu’. Ma i tempi provvidenziali della storia non seguono i nostri consigli.
          Quanto al magistero odierno. Mi sembra che il riferimento sia a papa Francesco che era al corrente per simbiosi delle debolezze anche teologiche del magistero passato. Che fare? Ha richiamato il Vangelo a parole e con i fatti, piu’ che con argomentazioni che pochi avrebbero capito e che avrebbero diviso ancor piu’ la Chiesa. Per me e’ stato provvidenziale come il suo, allora incompreso predecessore, Giovanni XXIII.
          L’ossequio deve zittire ogni disputa? Ognuno faccia il suo lavoro. I teologi il loro, i laici possono dire ai vescovi e al papa che devono tener conto di certi risultati o che devono essere piu’ coraggiosi nel chiarire cio’ in cui si erano sbagliati (non solo sugli abusi).

      • Beppe i tradizionalisti come li intende lei stanno sulle scatole anche a me. Solo che qui, oggi, adesso non è un problema di “tradizionalismo” ma di Tradizione (e in questo caso con la maiuscola). Qui non è Lefebvre o il pingopallo tradizionalista o magari il cripto-sedevacantista; qui è il fatto che ci sono 27 anni di Magistero di San Giovanni Paolo II e 8 anni di Magistero di Benedetto XVI che sono in completa continuità con tutta la Tradizione precedente della Chiesa cioè1978 anni precedenti.
        Non siamo di fronte ad una anomalia temporale, anzi ci troveremmo di fronte ad essa nel momento in cui si decidesse di cambiare qualcosa.
        E l’argomento è dogmatico e non canonico come qualcuno vorrebbe insinuare.
        Genesi è chiara, i Vangeli lo sono ancor di più e da qui tutta la Tradizione successiva.
        Solo che, come si dice al peggio non c’è mai fine, alla tesi Kasper che propone una discussione che è almeno solo “ardita”, stanno facendo seguito nell’universo media (web stampa tv ecc) tesi che altro che ardite: non ho problemi a definire eretiche, che mettono addirittura in dubbio definizioni dogmatiche del Vaticano I e del Tridentino; e questo non ad opera di pingo pallo qualsiasi, ma ad opera di teologi che magari hanno pure qualche cattedra importante…

        • Ecco, questo è Magistero di Benedetto XVI:

          “Tanti predicatori del Vangelo hanno dato la vita proprio a causa della fedeltà alla verità della parola di Cristo. E così, dalla premura per la verità è nata la Tradizione della Chiesa. Come nei secoli passati così anche oggi ci sono persone o ambienti che, trascurando questa Tradizione di secoli, vorrebbero falsificare la parola di Cristo e togliere dal Vangelo le verità, secondo loro, troppo scomode per l’uomo moderno. Si cerca di creare l’impressione che tutto sia relativo: anche le verità della fede dipenderebbero dalla situazione storica e dalla valutazione umana. Però la Chiesa non può far tacere lo Spirito di Verità. I successori degli Apostoli, insieme con il Papa, sono responsabili per la verità del Vangelo, ed anche tutti i cristiani sono chiamati a condividere questa responsabilità accettandone le indicazioni autorevoli. Ogni cristiano è tenuto a confrontare continuamente le proprie convinzioni con i dettami del Vangelo e della Tradizione della Chiesa nell’impegno di rimanere fedele alla parola di Cristo, anche quando essa è esigente e umanamente difficile da comprendere. Non dobbiamo cadere nella tentazione del relativismo o dell’interpretazione soggettivistica e selettiva delle Sacre Scritture. Solo la verità integra ci può aprire all’adesione a Cristo morto e risorto per la nostra salvezza. ”

          http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2006/documents/hf_ben-xvi_hom_20060526_varsavia_it.html

          Analisi perfetta che si attaglia alla situazione attuale!

          • Focus on:

            “Però la Chiesa non può far tacere lo Spirito di Verità. I successori degli Apostoli, insieme con il Papa, sono responsabili per la verità del Vangelo, ed anche tutti i cristiani sono chiamati a condividere questa responsabilità accettandone le indicazioni autorevoli. Ogni cristiano è tenuto a confrontare continuamente le proprie convinzioni con i dettami del Vangelo e della Tradizione della Chiesa nell’impegno di rimanere fedele alla parola di Cristo, anche quando essa è esigente e umanamente difficile da comprendere.”

            Minstrel mi auguro mi perdonerà per i continui riferimenti!

          • Benedetto XVI: “Ogni cristiano è tenuto a confrontare continuamente le proprie convinzioni con i dettami del Vangelo e della Tradizione della Chiesa nell’impegno di rimanere fedele alla parola di Cristo, anche quando essa è esigente e umanamente difficile da comprendere. Non dobbiamo cadere nella tentazione del relativismo o dell’interpretazione soggettivistica e selettiva delle Sacre Scritture.”
            Condivido in pieno. L’unico problema e’ che, come i politici non hanno ancora imparato a usare le conoscenze degli esperti in modo istituzionalizzato e trasparente, cosi’ la gerarchia non ha ancora imparato che per essere fedeli al Vangelo e alla Tradizione bisogna conoscerli, non basta pensare di conoscerli. E conoscerli e’ oggi impossibile senza la mediazione delle discipline storiche ed esegetiche, cioe’ senza la mediazione degli studi di chi e’ specializzato in quelle discipline.
            Non condivido invece quando poco prima il papa parlava in modo riduttivistico della responsabilita’ dei fedeli, riducendola all’ascolto: “ed anche tutti i cristiani sono chiamati a condividere questa responsabilità accettandone le indicazioni autorevoli (dell’autorita’ ecclesiastica)”. La teologia di Ratzinger aveva notevoli lacune, che non erano cancellate dall’assistenza dello Spirito Santo.

    • non capisco perchè non trovo il tasto rispondi

      Esplico: ho abilitato la cosidetta “nidificazione” dei commenti a 5 livelli di profondità e non di più, questo per mantenere una lettura comoda del blog sia su computer, che su tablet e su smartphone. 🙂

  10. In risposta a “beppe12 9 aprile 2014 • 12:46”.
    La teologia di Ratzinger di sicuro al 100 % è quella che è alla base delle Encicliche di Giovanni Paolo II come la Veritatis Splendor, Evangelium Vitae e soprattutto la Fides et Ratio.
    Cosi come la teologia di Ratzinger è alla base della Dominus Iesus, dichiarazione di Ratzinger fortemente voluta da Giovanni Paolo II (“Al vertice dell’Anno Giubilare, con la Dichiarazione Dominus Iesus – Gesù è il Signore – approvata da me in forma speciale” http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/angelus/2000/documents/hf_jp-ii_ang_20001001_it.html ).
    Ratzinger è stato in realtà il teologo di Wojtyla: dire che la sua teologia “aveva notevoli lacune”, oltre che non esser vero e rendere onore ai due, ai miei occhi, non si offenda, la squalifica come interlocutore. A questo punto credo non abbiamo più nulla da dirci.
    Cordiali saluti.

    • Ubi, si deve comunque accettare che un teologo possa presentare una teologia complessivamente pertinente ed ortodossa, ma con alcune lacune settorializzate.
      Pure San Tommaso ha lacune teologiche, vuoi mettere che non ce le abbia Ratzinger?
      Ad esempio per qualcuno una lacuna ce l’ha proprio nella visione biblica. Ricordo infatti che scrisse al riguardo: “Rimane vero che il Magistero, con le decisioni citate, ha allargato troppo l’ambito delle certezze che la fede può garantire; per questo resta vero che è stata con ciò diminuita la credibilità del Magistero e ristretto in modo eccessivo lo spazio necessario alle ricerche e agli interrogativi esegetici. Ma resta altresì vero che, per quanto concerne l’interpretazione della Scrittura, la fede ha da dire una sua parola e che quindi anche i pastori sono chiamati a correggere quando si perde di vista la particolare natura di questo libro e una oggettività, che è pura solo in apparenza, fa sparire quel che la Sacra Scrittura ha di suo proprio e di specifico. È stata dunque indispensabile una faticosa ricerca, perché la Bibbia avesse la sua giusta ermeneutica e l’esegesi storico-critica il suo giusto posto.”
      Ratzinger, Joseph. Il rapporto fra Magistero della Chiesa ed Esegesi, 2003, Pontificia Commissione Biblica, 10 maggio 2003

      Il Magistero ha allargato l’ambito. Non l’ha scritto, ma è come se dicesse che il Magistero ha errato in alcuni giudizi che non gli competono.
      Secondo me c’aveva azzeccato, secondo altri era lui (Ratzinger) in pieno errore.
      Ecco, questo per costoro è un esempio di lacuna teologica.

      Sarebbe bello piuttosto che beppe chiarisse dove – secondo lui! – la teologia di Ratzinger ha lacune. Allora si che si può chiarire le posizioni e quindi vagliarle.

  11. @beppe
    Ulteriori argomenti a piu’ tardi.

    Se ti interessa pubblicarli sotto forma di un articolo su Croce-via non farti problemi di sorta. Il blog non è nato per dare voce alle mie idee/ricerche o a quelle di Simon e di pochi altri. E’ nato per cercare un confronto fra le parti, un crocevia appunto di riflessioni disparate, che si mettano in gioco per procedere verso la Verità in un cammino comune di pulizia delle idee in campo in un dato argomento.
    E’ nato, letteralmente, per far disputa medievale ad uso e consumo dei nostri cammini personali che si sono incontrati, appunto, in questo crocevia virtuale.

    Ho invitato Don Manuel ed Ubi a scriverne, come e quando vogliono anche sotto forma di articolo (mail in contatti e pubblico poi io); estendo dunque anche a te l’invito, senza alcun impegno.

    • Ti ringrazio ma non ho la capacità di scrivere articoli originali.
      Ti auguro se mi perdonerai della missio che mi sono dato di riportare il Magistero di Giovanni Paolo II fino alla canonizzazione, quanto più posso, sui temi di cui si discute, famiglie e tutto ciò che ne discerne. E sapendo in anticipo che sei buono e paziente 😉 riporto sotto un poco di Magistero di Giovanni Paolo II sul tema matrimonio, che si allarga anche al discorso procreazione. Da notare il grado di autorevolezza che l’indomito leone polacco rivendica per il documento di Paolo II e implicitamente anche per il suo :-).

      • Non c’è niente da perdonare. C’è da ringraziarti e leggere quel che proponi.
        Esattamente come c’è da ringraziare tutti quelli che stanno intervenendo qui con le loro proposte. 🙂

    • Caro Minstrel,
      come dice Ubi sei buono e paziente, ma anch’io non so se potro’ andare oltre interventi occasionali, almeno fino all’estate. Ti sono pertanto molto riconoscente per l’invito, ma per ora “ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli”, scusami!

  12. Giovanni Paolo II:

    “Il ventesimo anniversario dell’enciclica Humanae Vitae offre a tutta la Chiesa una occasione propizia per riflettere seriamente sulla dottrina in essa insegnata, una dottrina da me ripresa nell’esortazione apostolica Familiaris Consortio e in numerose altre occasioni. Si tratta, infatti, di un insegnamento che appartiene al patrimonio permanente della dottrina morale della Chiesa.

    L’ininterrotta continuità con cui la Chiesa l’ha proposto nasce dalla sua responsabilità per il vero bene della persona umana. Della persona umana dei coniugi, in primo luogo. Infatti, l’amore coniugale è il loro bene più prezioso. La comunione interpersonale, che in virtù di tale amore si stabilisce tra due battezzati, è il simbolo reale dell’amore di Cristo verso la sua Chiesa. La dottrina esposta nell’enciclica Humanae Vitae costituisce pertanto la necessaria difesa della dignità e della verità dell’amore coniugale.

    NON POSSO TUTTAVIA TACERE il fatto che non pochi, oggi, non aiutano i coniugi in questa loro grave responsabilità, ma creano loro dei notevoli ostacoli.

    Al riguardo, ogni uomo, che abbia percepito la bellezza e la dignità dell’amore coniugale, non può rimanere indifferente di fronte ai tentativi che si vanno facendo di equiparare, a tutti gli effetti, il vincolo coniugale a mere convivenze di fatto. Equiparazione ingiusta, distruttiva di uno dei valori fondamentali di ogni convivenza civile – la stima del matrimonio – e diseducativa delle giovani generazioni, tentate così di avere un concetto e di realizzare un’esperienza di libertà, che si rivelano distorti nella loro stessa radice. I coniugi inoltre, possono essere seriamente ostacolati nel loro impegno di vivere correttamente l’amore coniugale da una certa mentalità edonistica corrente, dai mass-media, da ideologie e prassi contrarie al Vangelo; ma ciò può anche avvenire, e con conseguenze davvero gravi e disgregatrici, QUANDO LA DOTTRINA INSEGNATADALL’ENCICLICA SIA MESSA IN DISCUSSIONE, COME TALORA è AVVENUTO, ANCHE DA PARTE DI ALCUNI TEOLOGI E PASTORI DI ANIME. QUESTO ATTEGGIAMENTO, infatti, PUO’ INDURRE IL DUBBIO SU UN INSEGNAMENTO CHE PER LA CHIESA E’ CERTO, OSCURANDO COSI LA PERCEZIONE DI UNA VERITA’ CHE NON PUO’ ESSERE DISCUSSA. NON E’ QUESTO UN SEGNO DI “comprensione pastorale”, ma di INCOMPRENSIONE DEL VERO BENE DELLE PERSONE. La verità non può essere misurata dall’opinione della maggioranza.

    http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1988/march/documents/hf_jp-ii_spe_19880314_famiglia-africa-europa_it.html

    La posta in gioco è alta. Dopo la botta al Matrimonio viene la botta all’Humanae Vitae.
    In Germania Austria e Olanda l’idea è che “noi siamo chiesa”, facciamo e disfaciamo.

    • la croce la si porta, non la si puo’ scaricare, certo quando si è a pezzi e’ bello e augurabile trovare Simon de cyrene ke ci aiuta portarla sino alla fine…..
      arriva la settimana della passione intrisa di mestizia ma con quell’aria di salvezza ke si avverte anke col risveglio della natura, tutto si rigenera Dio ce ne da’ sempre la chance come dice Papa Francesco per trovare nuova vita gioiosa

      • arriva la settimana della passione intrisa di mestizia ma con quell’aria di salvezza ke si avverte anke col risveglio della natura

        E’ vero lieta, hai proprio ragione.

  13. le mere convivenze di fatto se son oneste son matrimonio i ministri son gli sposi, ke abbiano saggezza e fortuna sino alla fine

    • le convivenze delle persone anagraficamente libere ke vedendo lo sfascio non sanno mettere su carta la loro cmq relazione totale

  14. salve a tutti.
    sulla questione, faccio un appello ai lettori-passanti-persone di buona volontà’ in genere; c’e’ un libro-testo-autore autorevole da consultare per sapere i come-quando-perche’ le Chiese ortodosse hanno cominciato ad autorizzare ‘per epikeia’ le seconde nozze?
    Io pensavo che fosse una prassi comune sia per l’Oriente che per l’Occidente, poi abbandonata da noi e mantenuta da loro; invece leggo che questa pratica deriva da aggiustamenti tra Chiesa e Codice Giustinianeo (quindi una roba che più’ secolare non si può’), che per ovvi motivi ha influenzato le Chiese Orientali, ed e’ stata poi riaffermata nel 920 al Concilio di Costantinopoli, un Concilio locale (quindi non vincolante per tutta la cristianità’) in cui il fulcro delle discussioni furono le quarte nozze dell’imperatore Leone VI ( http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/9781444338386.wbeah03058/full se interessati all’articolo intero lasciate un recapito a me o a Minstrel e sarete contattati e riceverete un ciao e un pdf omaggio).
    In sintesi, da quel che ha capito il vostro umile scrivente per quanto si vada a ravanare nel passato della Chiesa citando polemiche coi novaziani -ortodossi-prime comunità’ cristiane-San P Paolo-San Pietro e tutta la Comunione dei santi appresso l’ammissione sic et simpliciter dei divorziati risposati all’Eucaristia NON C’E’ E NON C’E’ MAI STATA , e quando e se c’e’ stata si e’ trattato di, perlopiù’ tarde, umane troppo umane concessioni al potente- alle leggi del tempo che col Vangelo hanno poco a che fare, altro che prassi meritorie e sante colpevolmente fatte cadere nel dimenticatoio dalla cattivissima&legalista Chiesa di Roma.

    In praticamente tutte le religioni a parte il Cattolicesimo Romano il divorzio viene ammesso. Per un cattolico, il Cattolicesimo Romano e’ la religione vera, le altre sono o false o presentano errori più’ o meno gravi. dura lex sed lex. L’unica strada percorribile mi sembra quella indicata dal ‘lacunoso’ Benedetto XVI, ovvero ‘sveltire’ i processi di annullamento e tenere conto del fatto che molti, tragicamente, si sposano in Chiesa per far contente le nonne-perche’ senno’ cosa pensera’ la gente-perche’ si tratta di una location suggestiva e senza manco sapere la differenza tra Nostro Signore e Topo Gigio.Poi magari divorziano, si risposano, ritrovano la Fede e il problema si pone.
    Con tutta la solidarieta’ possibile per I divorziati risposati ( e quanti ne conosco)il matrimonio cristiano e’ una roba seria, mortalmente seria; non per niente gli apostoli stessi si chiesero se non fosse meglio non sposarsi….

    • MEGA OT on
      dura lex
      “prendiamoci una becks e facciamo del sano sex…”

      ok ok, scusate. E’ che con claudio ho una gara privata in corso su chi cita più cantautori italiani… Questa non me la potevo far sfuggire! 😛
      MEGA OT off

      Grazie Claudio.

    • Caro Claudio,
      grazie delle informazioni, ma purtroppo la gente non conosce il problema. Non e’ vero che la Chiesa cattolica sia l’unica che non riconosce il divorzio. Cerco di spiegarmi meglio che posso perche’ la questione e’ piuttosto complicata.

      Il punto di partenza e’ il Vangelo. In esso Gesu’ :
      1. condanna il ripudio mosaico del marito nei confronti della moglie, salvo il caso di porneia.
      2. Condanna il ripudio del marito da parte della donna, possibile tra i pagani.
      3.Da’ la motivazione delle sue condanne: essa si richiama alla volonta’ originaria di Dio che l’unione dei coniugi fosse per tutta la vita.
      E’ importante notare che l’indissolubilita’ affermata da Gesu’ riguardi direttamente il matrimonio naturale e viene quindi applicata a quello ebraico e per conseguenza a tutti gli altri. Inoltre, Gesu’ non dice che cosa bisogna fare nei casi nei quali il ripudio sia avvenuto, se cioe’ i matrimoni successivi al primo debbano essere annullati per ripristinarlo. E’ immaginabile che quest’ultima soluzione avrebbe provocato uno sconcerto notevole, teorico e pratico.

      Il secondo punto, decisivo per interpretare il senso del comando evangelico, e’ la decisione di san Paolo di 1Cor,7,15. Per metterla nel contesto bisogna sapere che nei primi anni le coppie cristiane si erano sposate con matrimoni ebraici o pagani prima del battesimo, o probabilmente anche dopo, ma in quest’ultimo caso con la consapevolezza di doversi impegnare secondo il comando evangelico.
      San Paolo considera una coppia non cristiana nella quale solo una parte si converte e l’altra non accetta la conversione e vuole separarsi: “Se il non credente vuole separarsi si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a schiavitù; Dio vi ha chiamati a stare in pace”. L’interpretazione della Chiesa ha poi precisato che la separazione poteva anche consistere nell’indisponibilita’ a convivere senza contestare la fede del coniuge o senza accettare che i figli fossero allevati nella fede cristiana. A questo cd “privilegio paolino”, negli ultimi secoli la Chiesa ha affiancato un “privilegio petrino”, cioe’ del papa, di accordare lo scioglimento del matrimonio in favore della fede in casi di matrimoni tra non cattolici, dei quali un coniuge si converte e vuole sposare un cattolico. Per i particolari dell’uno e dell’altro caso rinvio al sito che citero’ dopo aver chiuso questo commento, per non rischiare di perdere tutto lo scritto nella ricerca.

      In conclusione, il comando evangelico e’ stato interpretato da san Paolo e poi dalla Chiesa non come comando assoluto, ma sottoposto alla clausola che viene detta del favor fidei, cioe’ che le eccezioni, cioe’ i divorzi, sono possibili in favore della fede. In entrambi i casi sembrano pero’ entrare in ballo anche altre motivazioni, che oggi vanno spiegate bene perche’ siamo in un mondo nel quale i cristiani devono rendere conto della loro fedelta’ al vangelo e non solo discutere tra fedeli.

      • Ecco il rinvio, naturalmente sull’argomento e’ possibile trovare molti altri siti, meglio se tengono conto, come questo, della dottrina del nuovo codice canonico del 1983.

        http://www.iuraorientalia.net/IO/IO_06_2010/III_09_Salachas.pdf

        • Questo documento va a finire dritto in biblioteca del blog!
          Intanto grazie beppe dei tuoi interventi mirati e pacatissimi che aiutano nella disputa. 🙂

          Io personalmente resto ad ascoltarvi, leggo a tutto spiano et in cor mio benedico il fatto di non essere chiamato a decidere su tale questione. 😛

      • Grazie mille per l’articolo, Beppe. In effetti avrei dovuto dire ‘il divorzio tra battezzati’ etc, dato che appunto esiste il privilegio paolino in favor fidei. questo la Chiesa romana l’ha sempre riconosciuto; quello che pero’ non riconosce, e non vedo perche’ dovrebbe, sono le seconde nozze tra battezzati, in cui le prime nozze siano state debitamente rate e consumate.

        e’ di questo che stiamo discutendo, no?
        Da quel che leggo nell’articolo, le dispense vengono date; in favor fidei, ovvero quando uno dei due coniugi diventa cristiano e-o quando un matrimonio ‘naturale’, ovvero non sacramentale, e’ rato ma non e’ consumato( anche un matrimonio ‘naturale’ rato e consumato ha valore per la Chiesa) piu’altre varianti; ma non vedo come possa essere rilevante per il problema dei divorziati risposati (battezzati) di cui si occupera’ il Sinodo.
        e le stesse dispense papali mi sembrano piu’ simili ad annullamenti in senso lato che a veri e propri divorzi.
        A me premeva verficare se nella Chiesa ci fossero precendenti di riammissione ai sacramenti tra battezzati in seconde nozze, e questi non c’erano a Nicea e non ci sono adesso, e il rationale dietro le seconde nozze ortodosse mi sembra piu’ basato su motivi secolari che evangelici, quindi…

        • Caro Claudio,
          problemi non ci sarebbero se non ci fosse l’ombra lunga del periodo della Riforma che ha portato la Chiesa ad abbandonare il dialogo, abbandonare il ricorso alla Scrittura, bloccare lo sviluppo delle autonomie, sia locali, che laicali.

          Che cosa c’entra con il nostro tema?

          Che e’ stato presentata come comando divino diretto l’indissolubilita’ assoluta del matrimonio sacramentale rato e consumato. Mezza verita’/mezza falsita’ che sta bloccando anche il discorso tra vescovi, come si e’ visto dalle dichiarazioni del prefetto della CDF, il card. Mueller, che ne ha fatto questione di fedelta’ alla Scrittura, secondo la falsa vulgata tradizionale.

          Se invece e’ vero, come e’ vero, che l’indissolubilita’ di cui parla il Vangelo e’ stata di fatto interpretata come linea di principio che non impediva l’annullamento (ex nunc, non ab origine, come erroneamente tu supponi), allora bisogna essere sinceri e dire che l’odierna disciplina puo’ avere delle motivazioni, ma che vanno chiarite. Questo e’ detto da decenni nell’ambito canonistico, ma non e’ stato facilmente recepito nell’ambito teologico dottrinale, diversamente che in quello storico ed esegetico, perche’ c’e’ stata storicamente una divisione dei compiti e il matrimonio con le sue problematiche e’ stato lasciato prevalentemente ai canonisti e alle loro categorie piuttosto tecniche.

          Non solo l’indissolubilita’ prevista dal Vangelo e’ stata abbandonata nei casi dei privilegi paolino e petrino, ma lo e’ stata in modo continuativo e, concretamente, scandaloso nella posizione “aperturista” che la Chiesa ha sempre avuto nei confronti della separazione, di fatto o di diritto, degli sposi. L’obbligo di non separare cio’ che Dio ha unito non sussiste in questi casi, per i quali non si fa problema di accesso ai sacramenti?

          Come vedi, la mancanza di franche e aperte discussioni, di riferimento alle Scritture e la cappa di un esagerato centralismo non hanno giovato alla Chiesa. Per questo, il presente papa sta raddrizzando il timone, senza polemiche ma anche senza esitazioni.

          • L’annullamento opera ex nunc, ma la dichiarazione di nullita’ opera ex tunc: il matrimonio sacramentale si dichiara mai avvenuto quando la dichiarazione di nullita’ ha luogo. Su altre questioni, come la presunta “falsa vulgata tradizionale”, mi pare che se pure i toni siano cortesi, cosa certamente ottima e della quale ti ringrazio, il dissenso sia tanto radicale quanto poco motivato. Si presume che il Papa stia da una parte, lo vedremo, la mia sensazione e’ opposta.

            La separazione e’ consentita per casi estremi: per esempio la moglie che subisce percosse dal marito, o che ne viene tradita ogni giorno, non ha la possibilita’ materiale di restar li’ a meno di farsi magari ammazzare o di impazzire. Puo’ dunque badare alla propria incolumita’ separandosi, solo come extrema ratio, e sempre con la prospettiva di una possibile riconciliazione. Mantiene tuttavia il suo unico legame sacramentale. E’ l’esatto contrario dell’ipocrisia, perche’ e’ l’unica scelta materialmente possibile in tali casi estremi. Ai sacramenti si puo’ accedere se non si hanno altre relazioni.

            Questo detto, io ribadisco per l’ennesima volta (ogni volta spero che sia l’ultima, ma non riesco a trattenermi) che sono stupefatto nel vedere come la discussione sul matrimonio si riduca a trovare escamotage simil-teologici per ammettere, in un modo o nell’altro, il divorzio, cioe’ per “conformarsi alla mentalita’ di questo secolo”, il contrario di quanto diceva Paolo. Un mio ex-studente, ora carissimo amico, di poco meno di 40 anni, mi ha raccontato che, nella sua numerosissima cerchia di amici, la percentuale di coloro che si sono sposati e’ circa 1/3 (2/3 non ci hanno nemmeno provato, e in larga parte passano da un letto all’altro). Di questi, tutti i matrimoni salvo due sono falliti: quelle due coppie vengono viste come dei panda in via d’estinzione dagli amici. Il divorzio c’e’ gia’ da un pezzo, anche tra i cattolici, e ha eroso alla radice la vita di tutti i nostri ragazzi, che non credono semplicemente piu’ nel matrimonio. Ora noi che facciamo? Ci mettiamo a discutere non del perche’ un disastro simile sia accaduto, o del perche’ sembri impossibile comunicare la gioia e la bellezza del matrimonio cristiano: discutiamo invece del problema di come dare una “patente cattolica” al disastro, come se fare la comunione sistemasse le cose.

          • A GG

            Guarda che sono cinquantacinque anni che conosco la distinzione tra dichiarazione di nullita’ e annullamento. Poiche’ pero’ la terminologia non e’ sempre costante ed e’ tecnica, percio’ non nota a tutti, ho ritenuto bene usare un termine solo con le indicazioni “ex nunc” e “ab origine”.

            Mi sembra che ogni volta tu, invece di entrare in dialogo, cerchi appigli per inutili polemiche.

            Sulla separazione vorrei fare delle precisazioni. Ho definito “scandaloso” il modo in cui viene considerata di fatto nella Chiesa contemporanea non perche’ non sappia che essa sia spesso l’unico rimedio a tristi situazioni, del genere di quelle da te ricordate, ma perche’ con il discorso del permanere del vincolo, ricordato da te, si dimentica il comando divino. Il vincolo permane e allora tutto sarebbe a posto. Questo va bene per chi non ha mai riflettuto sul “non divida l’uomo cio’ che Dio ha unito”. Questa superficialita’ fa si’ che non ci sia una vera pastorale dei separati e senza questa un certo numero di sposi giunge alla separazione probabilmente senza le motivazioni sufficienti a giustificarla. Si tratta di un’attitudine lassista nei confronti dei separati che e’ scandalosa se e’ confrontata al rigorismo nei confronti dei divorziati.
            Per il resto: non pretendo che il papa condivida lo specifico di quello che dico, ma ho detto che sta andando nella giusta direzione riformando molte cose nei settori che ho indicato: dialogo, richiamo al Vangelo, decentralizzazione e valorizzazione del laicato.
            Il mio argomento non lo affronti, ma nessuno ti obbliga. Quanto alle tue sparate sulla mia malafede, non commento, se non che forse sarebbe meglio riflettere un po’ di piu’ prima di dare fuoco alle polveri.

          • La parola malafede te la sei inventata.

            Quale sia l’argomento che secondo te non affronto non lo so, se mi spieghi meglio lo faccio volentieri. E’ probabile pero’ che tu ti riferisca a quanto commenta Claudio, in tal caso sono del tutto d’accordo con lui dunque e’ inutile aggiungere altro. L’indissolubilita’ non si riferisce affatto al matrimonio naturale, esso e’ orientato all’indissolubilita’ per natura ma e’ lo specifico consenso dei coniugi a cio’ che lo rende tale (altrimenti non e’ una firma in comune che cambia la natura delle cose rispetto, che so, a una convivenza temporanea).

            Per il resto, a me la polemica non interessa, solo mi pare che si sia in radicale disaccordo, buone maniere o meno, e le cose vanno dette con chiarezza. Pero’ la polemica puo’ esserci anche se accompagnata dalle buone maniere, perche’ tu scrivi, tanto per prendere qualche frase a caso: “si e’ nella storia rivista ad uso e consumo dello scrivente”, “Tutta la storia dimostra che la Chiesa, anche in occidente, si e’ arroccata su precise scelte, che hanno pochi agganci al senso dei testi originali” “la recente tradizione scolastica, ignorante di storia come di esegesi, che su questo come su tutto il resto, aggiustava il passato ad uso del presente”, “la gerarchia non ha ancora imparato che per essere fedeli al Vangelo e alla Tradizione bisogna conoscerli, non basta pensare di conoscerli” (chi conosce queste due cose invece?), “l’indissolubilita’ prevista dal Vangelo e’ stata abbandonata…in modo continuativo e, concretamente, scandaloso” “La teologia di Ratzinger aveva notevoli lacune” (wow! ma, accidenti, te ne devi intendere proprio tanto per dare giudizi cosi’ drastici). Questa e’ piu’ che polemica: si tratta di critiche radicali, in alcuni casi vicine all’insulto, e tanto decise nei toni quanto prive di appoggi precisi, altro che presunte accuse di malafede ad altri. Ti ho chiesto, per esempio: mi sai dare un esempio preciso di un periodo storico in cui le seconde nozze di battezzati fossero accettate?

            Sul tunc e nunc spiegavi a Claudio si sbagliava, ma e’ il contrario, tutto qui.

            Il tuo argomento sulla separazione, che riteneva l’approvazione della stessa scandalosa, era secondo me errato, e mi e’ sembrato giusto farti notare perche’: non si approva affatto la separazione come libera scelta perche’, che, so, la moglie non mi piace piu’, ma solo come estremo rimedio in caso di pericolo grave, non evitabile in altro modo. Altrimenti non e’ che uno prenda e se ne vada perche’ ha litigato con il coniuge, e la chiesa gli dica: va bene, accomodati, e’ normale che tu te ne vada. Non c’e’ nessuno scandalo, si permette solo di salvare pelle e salute se non c’e’ altra scelta

            L’unico vero problema che la Chiesa, come dice Claudio, dovrebbe urgentemente affrontare, e’ quello dell’assurdita’ della macchina che gestisce i processi di annullamento. Occorre tempo infinito, denaro, procedure a volte umilianti. Ma se uno, che so, dichiara di aver mentito sulla propria intenzione di avere figli, l’unica prova richiesta dovrebbe essere proprio la sua dichiarazione, almeno nel caso l’altro coniuge confermi (dopotutto i ministri del matrimonio sono stati loro): se poi si tratta di spergiuro, con il buon Dio i conti se li faranno loro.

            Infine, che devo dire: ribadisco che a me che si stia a parlare di questo nella situazione attuale pare una roba proprio dell’altro mondo. E, oltre a questo, mi pare cosa che fa per il fatto stesso che se ne parli ulteriore danno. Ci si prende una precisa responsabilita’ (ehi, non dico a te Beppe, se no ti offendi di nuovo :-))

          • @GG
            concordo che tendenzialmente sono polemico e talora potrei esserlo meno. Siamo in disaccordo su alcuni punti, ma in questa vita non si puo’ essere sempre tutti d’accordo e la discussione aiuta a chiarirsi le idee. Quindi grazie e…buona notte!

          • Grazie della risposta. Si’, discutere chiarisce le idee anche se e’ difficile perche’ ognuno di noi tende a “buttare in faccia” all’altro le proprie posizioni, specie quando si scrive e non si parla, e ogni replica rischia di finire per radicalizzare le incomprensioni. Qui la faccenda e’ seria, perche’ non si parla di opinioni ma della verita’ su una questione cruciale (su cui secondo me le parole di Gesu’ sono tra le piu’ chiare di tutto il Vangelo: tanto e’ vero che gli astanti dicono allora di non sposarsi, e allora se si discute pure su questo per me non rimarrebbe piu’ niente di certo), e io confesso che, come gia’ detto, fatico molto a parlare di un argomento che a me sembra non essere quello di cui si dovrebbe discutere oggi e che e’ comunque un problema, ammesso che esso esista in forma significativa (vedi l’articolo di Introvigne che avevo segnalato a suo tempo: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-sorpresa-i-divorziati-risposati-gia-fanno-la-comunione-8619.htm), che e’ proprio di una piccola parte di mondo, l’occidente industrializzato in larga parte secolarizzato (e il problema reale qui e’ proprio la secolarizzazione, non i suoi effetti pur gravi). Che il discorso introduttivo di Kasper, pur bello nella sua parte iniziale, pero’ puramente teorica, nei fatti si sia concentrato invece proprio su questo, e non sulle mille gravissime emergenze che toccano la famiglia e l’educazione dei figli, mi e’ parso francamente conseguenza della provenienza dello stesso Kasper da un paese ricco e sazio, e che e’ purtroppo modello della tendenza alla protestantizzazione del cattolicesimo (sia detto questo senza giudicare il singolo: chi e’ senza peccato..). Non sono al corrente di un solo vescovo africano o asiatico che veda quello della comunione ai battezzati separati e risposati civilmente come problema urgente.

            Buona giornata.

  15. becks?

  16. @ Beppe; ciao ,
    in questo periodo sto perdendo notevolmente colpi,sara’ l’eta’, la primavera o chissa’ chi lo sa. Comunque, sinceramente il tuo argomento non mi e’ del tutto chiaro. Provo a farti capire come l’ho capito, e poi vediamo;
    P1)La Chiesa esclude come non scritturali le seconde nozze e di conseguenza l’eventuale riammissione dei divorziati risposati ai sacramenti
    P2) al tempo stesso, le Scritture (San Paolo) prevedono scioglimenti del Vincolo matrimoniale, ed anche la Chiesa le concede in circostane particolari
    C) La Chiesa puo’ e dovrebbe ripensare la questione dei divorziati risposati, sulla base delle Scritture stesse, molto meno ‘univoche sull’argomento di come ce le vogliono presentare.

    se l’argomento e’ questo, il problema e’ la seconda premessa; il privilegio Paolino-Petrino si occupa di relzioni che dal punto di vista della Chiesa sono considerate ‘non-matrimoni’, ne piu’ ne meno come dopo le sentenze di annullamento;in questi e quei casi, il matrimonio sacramentale non e’ mai avvenuto.
    Diverso e’ il caso di molti divorziati risposati; il loro matrimonio sacramentale per la Chiesa e’ ancora valido, e neanche il Papa puo’ scioglierlo.E non puo’ perche’ si tratta di matrimoni tra battezzati rati e consumati e in cui ci sono anche figli di mezzo; i due sono diventati una cosa sola.
    Non comprendo poi il tuo richiamo alla ‘tolleranza’ nei confronti dei separati’ il ‘peccato contestato’ ad un divorziato risposato non e’ l’abbandono del tetto coniugale versione cristiana, ma l’adulterio; ovvero aver contratto matrimonio sacramentale con la persona a) e convivere more uxorio (quindi in soldoni facendo all’ammmore) con la persona b) ; adulterio, secondo le parole di Gesu’, e non mi sembra ci sia molto da interpretare.
    Molti divorziati risposati che vivono ‘come fratello e sorella’ e-o anziani vengono infatti ammessi ai sacramenti.
    sul serio, mi sfuggono gli estremi per ogni eventuale manovra-discussione; il Vangelo parla chiaro ( a parte l’eccezione paolina di cui sopra, ma si tratta di situazioni diverse), la prassi ortodossa e’ tarda e ha origini squisitamente imperiali piu’ che evangeliche e i protestanti…per me non fanno neanche testo ( e su questo come su altri temi hanno duemiladuecentoquarantamiliardi di opinioni diverse…perche’ seguire i Valdesi e non, chesso’ i Battisti, per esempio?).

    Piu’ ci penso piu’ il problema mi sembra squisitamente pastorale, ovvero come comportarsi nei confronti di situazioni diverse e come trattare concretamente le coppie, caso per caso(giovani, anziani, etc) e sopratutto rendere piu’ trasparenti e meno mazzetta dipendenti i processi di annullamento, considerando che il molti non credenti de facto si sposano in Chiesa just because.
    Ma magari mi e’ sfuggito il 90% del tuo ragionamento ( sto perdendo colpi, l’ho gia’ detto?:)

    • Ciao Claudio,
      in questo momento anch’io perdo colpi e rischierei di confondere le idee piu’ che chiarirle. Se riusciro’ a scrivere qualcosa che spieghi meglio quello che volevo dire, ben volentieri ne riparliamo. Intanto buonanotte se sei ancora sveglio o buongiorno se mi leggi al risveglio.

  17. Caro Claudio,
    cerchero’ di fare del mio meglio e non mi offendero’ se mi dirai che qualcosa ancora non sara’ stato chiarito o sara’ sbagliato.

    Premetto un’osservazione su un problema terminologico, del tutto secondario. Prima del concilio, quando si doveva essere precisi, non si poteva chiamare “annullamento” la sentenza con la quale si dichiarava il matrimonio nullo dall’origine, perche’ essendo nullo, il matrimonio non c’era e non poteva essere annullato. Si doveva parlare di “dichiarazione di nullita’”. Invece, si puo’ parlare di annullamento per la sentenze che sciolgano i matrimoni rati e non consumati o i matrimoni previsti dal privilegio paolino e da quello petrino. Penso che la terminologia non sia cambiata, ma non lo so.

    Quanto al problema. Non discuto se la Chiesa faccia male o no a non sciogliere un matrimonio rato e consumato, perche’ sarebbe una questione complicatissima.
    Nego soltanto che sia vero che il matrimonio sacramentale rato e consumato sia indissolubile direttamente a causa del comando evangelico e che quindi, sempre per diretto comando evangelico, siano da considerare in situazione di costante peccato i divorziati-risposati che vivano coniugalmente e per ultima conseguenza che queste persone per comando evangelico siano da escludere dai sacramenti.
    La distinzione tra comando evangelico e norma ecclesiale non corrisponde alla distinzione tra legge divina e legge umana (anche se ecclesiale), perche’ ci possono essere norme della Chiesa che chiariscono norme divine e, in quanto tali sono “de jure divino”, anche se non sono esplicite nella Scrittura ed esternamente appaiono come semplici leggi ecclesiali. Per questo motivo la mia tesi e’ che la legislazione matrimoniale di oggi non trova precedenti nella Scrittura e ha quindi bisogno di altre giustificazioni per sostenere di essere conforme alla Scrittura e il suo corretto sviluppo interpretativo e applicativo. Puo’ esserlo, ma bisogna dimostrarlo.

    Positivamente che cosa sostengo?

    Parto dal comando evangelico, che tu non consideri e invece parti da san Paolo, che e’ soltanto l’unico interprete qualificato che ci rimane del periodo originario.
    Del comando evangelico faccio notare che:

    1. esso non riguarda direttamente il matrimonio sacramentale, ma quello umano “naturale” e per analogia quello tra ebrei. Ne dichiara l’indissolubilita’, ma prima san Paolo e poi la Chiesa dichiarano che quell’indissolubilita’ non era assoluta e non valeva in alcuni casi. Se pertanto il comando divino “non divida l’uomo cio’ che Dio ha unito” puo’ essere giudicato non pertinente e quindi legittimamente trasgredito in alcuni casi dell’ambito primario al quale si riferisce, cioe’ del matrimonio naturale, dovrebbe permettere analoghe eccezioni quando viene applicato al matrimonio sacramentale. Salvo contraria dimostrazione che finora non e’ stata data. Invece si continua a ripetere che l’indissolubilita’ assoluta del matrimonio sacramentale rato e consumato deriva direttamente dal Vangelo. L’obiezione che condivido e’: non deriva direttamente dal Vangelo, indirettamente e’ da dimostrare, ma se non c’e’ questa ultima dimostrazione, datur tertium: cioe’ si tratta di una normativa di diritto puramente canonico, non divino.

    2. Inoltre il comando evangelico condanna il ripudio e il successivo matrimonio come adulterio, ma non dice che cosa sia da fare dopo questo adulterio. La risposta che oggi comunemente si da’ e’ che, finche’ il secondo matrimonio permane, l’adulterio continua. Ma questo ragionamento pecca probabilmente di anacronismo, perche’ non considera la situazione della societa’ ebraica di allora, giuridicamente non molto dissimile da quella degli ebrei a noi contemporanei. Per loro l’adulterio era motivo valido per la dissoluzione del matrimonio e per la possibilita di un nuovo matrimonio, non essendo praticamente contemplata come consigliabile la situazione del celibe. Gesu’, se avesse richiesto l’annullamento dei secondi o terzi matrimoni, avrebbe creato un vero e proprio problema sociale, cosa che non sembra avvenuta. A conferma si aggiunga che per alcuni anni i cristiani vissero come membri della sinagoga, finche’, con l’uccisione di Giacomo e la loro espulsione, le strade si biforcarono. Se i cristiani avessero considerato come adulteri continuativi quelli che oggi definiremmo i “divorziati-risposati”, anche in questo caso sarebbe successo un finimondo e lo sapremmo.

    Punti da chiarire?

    Intanto cordiali saluti

    • Brevemente:

      0) prima di rispondere, una domanda: ma Gesu’ cosa mai ha detto? Dal tuo discorso si dedurrebbe che forse ha detto delle cose, ma ci sono tali e tante eccezioni che, di fatto, e’ come se non non avesse detto niente. O meglio: al massimo ha dato un consiglio, ma poi se uno non ce la fa faccia un po’ come vuole.
      1) No. Gesu’ non si riferisce affatto al matrimonio naturale, tanto e’ vero che parla del ripudio ebraico esplicitamente. Il matrimonio naturale e’ un concetto mal definito: che cosa distingue un unione non matrimoniale (esistono, no? Due che stanno insieme sono necessariamente sposati in senso “naturale”? La risposta e’ ovviamente no) da una matrimoniale? Il matrimonio naturale e’ orientato, per nostra natura, all’indissolubilita’, ma non e’ affatto indissolubile in quanto tale. Lo e’ solo quello sacramentale. Da qui gli equivoci in cui cadi.
      2) L’affermazione di Gesu’ e’ ontologica, non pragmatica: “in principio non era cosi'”. Come tale, si tratta di un affermazione della massima chiarezza e radicale, e percepita immediatamente come tale dagli ascoltatori; “allora non vale la pena sposarsi”. Che ci piaccia o no. Dici: “se avesse richiesto l’annullamento dei secondi o terzi matrimoni, avrebbe creato un vero e proprio problema sociale, cosa che non sembra avvenuta”. Certo che non e’ avvenuta, ma per una ragione semplice: gli ebrei non gli hanno creduto. I cristiani invece si’, e difatti hanno agito come lui comandava, almeno per gli scorsi duemila anni (si attende ancora un singolo esempio di un tempo in cui si siano permesse seconde nozze di battezzati nella chiesa cattolica). Ora invece abbiamo deciso di tentare di diventare protestanti (che certe spinte vengano dalla Germania, ripeto, non e’ un caso), e di far dire alle parole piu’ chiare del Vangelo il contrario di quel che dicono. Se ci si riuscira’, ne uscira’ presumibilmente il peggior scisma da mille anni a questa parte. Dio non voglia.

      • Caro GG,
        talora le molte parole non aiutano a spiegarsi. Quindi provo telegraficamente:
        1. Che cosa ha detto Gesu’? io credo di averlo detto. Comunque ci sono i Vangeli.
        2. Gesu’ parla del ripudio ebraico, non di ogni forma di divorzio ammessa dagli ebrei, e per escluderlo si richiama alla volonta’ di Dio creatore “Non divida l’uomo cio’ che Dio ha unito”, cioe’ ai doveri discendenti dal matrimonio “naturale”, espressione che indica tutti i matrimoni non sacramentali.
        3. Gli equivoci sono in chi li vuole trovare e cerca come te di far passare il discorso evangelico come riguardante solo il matrimonio sacramentale, allora non esistente se non “in mente Dei”.
        4.Lasciamo perdere l’ontologia, che secondo me qui non c’entra nulla, anche se a me piace la filosofia, anni fa mi ero laureato in filosofia del diritto e continuo ad interessarmene. Il Vangelo qui e’ chiarissimo? Per me si’.
        5.”Gli ebrei non gli hanno creduto, i cristiani invece si'”. Guarda che tutti, dico tutti, i primi cristiani erano ebrei, anche quelli di tutte le provenienze citate negli Atti.
        6. Avrebbe creato un problema sociale. Mentre alla samaritana Gesu’ poteva dire “quello attuale non e’ tuo marito”, non poteva dirlo agli ebrei regolarmente divorziati e risposati senza offendere non solo gli interessati, ma tutta la societa’. Diverso e’ dire: non dovete utilizzare il ripudio permesso da Mose’, che era unilaterale e ad libitum, cioe’ senza condizioni. Ma anche in questo caso mi sembra improbabile che volesse esplicitamente considerare come nulli tutti i matrimoni che legalmente erano seguiti ai ripudi.
        7. Che negli ultimi duemila anni la Chiesa non abbia mai ammesso il matrimonio dei divorziati da un rato e consumato e’ tutto da dimostrare, ma per me e’ abbastanza ininfluente, visto il modo “libero” con cui ha trattato l’indissolubilita’ richiamata nel Vangelo.
        8. Non approvo le obiezioni di protestantizzazione, sia perche’ molte delle idee sostenute dai protestanti erano in gran parte giustificate, sia perche’ nel caso specifico della Germania sono veramente ingenerose in quanto le zone cattoliche (soprattutto Vestfalia e Baviera) lo erano veramente, anche se oggi come in ogni altra parte del mondo i giovani si allontanano dalla Chiesa. Lei parla di Giovanni Paolo II come di un leone della fede. Mia madre ha avuto per sette anni come parroco quello che e’ poi diventato vescovo di Muenster, il card. von Galen, detto appunto il “leone di Muenster”. Come vedi, campioni della fede ce ne sono sotto ogni cielo.

        • Ciao Beppe
          1) Ricordiamolo allora:
          Matteo:
          3 Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «E’ lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». 4 Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: 5 Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? 6 Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi». 7 Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». 8 Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. 9 Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio».
          Luca
          «Chiunque manda via la moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; e chiunque sposa una donna mandata via dal marito, commette adulterio»

          2) quali altre forme di ripudio-divorzio esistono?

          3) Esisteva il matrimonio e il concubinato. Il concubinato era considerato una cosa, il matrimonio un’altra. Se entrambi fossero ‘naturali e non sacramentali, non ci sarebbe stata ragione di distinguerli, come invece Gesu’ sembra fare.

          4) L’ontologia c’entra sempre,SEMPRE!!!! (ma io son filosofo , almeno accademicamente parlando, quindi sono biased). Nel dubbio anche a me il Vangelo sembra abbastanza chiaro:)

          5)Non stiamo parlando di ebrei etnici. ebreo= chi non riconobbe Gesu’ come Messia, Cristiano= chi riconobbe Gesu’ come Messia. Che i primi cristiani fossero etnicamente ebrei e frequentassero le sinagoghe (per pochissimo tempo tralaltro) non vuol mica dire che farisei-sadducei etc e ‘Nazareni’ fossero e credessero le stesse cose!Cosi’ sara’ stato per i divieti alimentari e la circoncisione, cosi’ probabilmente anche per il divorzio.Pratiche tutte abbandonate.

          6)Non mi sembra che a Nostro Signore fregasse molto di non offendere chicchessia, e durante la sua predicazione ha detto e fatto cose molto piu’ ‘scandalose’ e ‘offensive'(curare gente durante lo Shabbath, parlare con donne e samaritani-e, dichiararsi Figlio di Dio….)

          7) qui ho trovato una utile lista sulle view degli early Christians sul divorzio:https://bible.org/article/divorce-teachings-early-church
          ‘Il pastore di Hermas’, Atenagora, San Giovanni Crisostomo, Tertulliano, Clemente Alessandrino, I Canoni Apostolici, il Concilio di Aries, e last but not least Sant’Agostino, tutti insieme appassionatamente si sono occupati in maniera ‘sistematica’ del tema e negano la liceita’ delle seconde nozze; scritti che vanno dal primo secolo dopo Cristo al IV-V. QAualcosa che vagamente si potrebbe usare per sostenere la tesi della riammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia sarebbe un articolo dei Canoni di Basilio (che prevede un lungo percorso di penitenza) e una frasetta abbastanza oscura di Origene. Cosi’ su due piedi mi sembra pochino per mettere in dubbio la tesi dell’indissolubilita’ del matrimonio.

          8) Sono un grande fan del Leone di Munster, e spesso lo sbatto in faccia a chi (stra)parla di ‘superiorita’ morale dei luterani (che a parte Boenhoeffer e qualcun’altro, si innamorarono en masse di Hitler). Personalmente, piu’ dell’influsso protestante in questa questione ci vedo due cose; secolarizzazione e il fatto che i cattolici tedeschi…pagano la Kirchensteuer (o come diamine si chiama). dice; con quello che pago, manco l’Eucaristia mi date? Poi vabbe’, Kung e Wir Sind Kirche e dissenzienti vari avranno avuto il loro peso.

          Comunque grazie , sto scoprendo un sacco di cose! E se ovviamente qualcuno ne sa di piu’ e-o si occupa proprio di letteratura sub-apostolica-Padri della Chiesa-Storia del cristianesimo antico e ha qualcosa da dire-letture da consigliare, prego lo faccia (lo ripeto, son filosofo e abbastanza loffo come tale, non storico del cristianesimo).
          Incidentalmente, buone Palme!

          • un’altra cosa; sembri ritenere l’indissolubilita’ del matrimonio come un qualcosa di storico e ‘canonico’ un po come il celibato ecclesiastico, e di cui quindi si potrebbe discutere e che eventualmente si potrebbe cambiare. Non i sembra cosi’ ;’il Vangelo parla chiaro, le eccezioni paoline riguardano non battezzati, i Padri della Chiesa sono concordi all’unanimita’…..

          • Caro Claudio,

            mi e’ un po’ difficile seguire il tuo ragionamento, seguo almeno la tua numerazione:

            1. Mi citi il Vangelo. Perche’ l’ho citato/interpretato male?

            2. Non c’era solo il ripudio, Perche’ il divorzio poteva essere chiesto ad esempio per adulterio, come avevo gia’ detto. Comunque, poiche’ gli ebrei non hanno sostanzialmente cambiato la loro legislazione in proposito, puoi controllarla tranquillamente.

            3. Che cosa vuoi dire? Proprio per la diversita’ tra matrimonio legale, ed era legale anche il matrimonio dei divorziati, e altri tipi di unione, ho citato per questi ultimi il caso della samaritana, che era in situazione “illegale” non solo secondo Gesu’, ma anche secondo i suoi concittadini.

            4. L’ontologia c’entra sempre, ma bisogna saperla usare, per questo e’ spesso meglio non citarla a sproposito.

            5. Se dici che per alcuni decenni (questo sarebbe il “pochissimo tempo”) gli ebrei cristiani, cioe’ i primi cristiani hanno seguito anche nel divorzio l’uso tradizionale ebraico, dici molto di piu’ di quello che ho detto io, che ipotizzavo solo che e’ improbabile che potessero chiedere il ripristino dell’originario matrimonio ai nuovi convertiti legalmente risposati. Quello che dici mi sembra inaccettabile.

            6. Non ho fatto un’ osservazione sulla psicologia di Gesu’, ma sull’impatto sociale della sua predicazione. L’impatto sociale e’ stato talmente forte da causarne la morte, ma tra le accuse che gli sono state rivolte, ne’ subito ne’ poi c’e’ stata quella di offendere i divorziati legalmente risposati. Invece, la richiesta di non ripudiare era legittima, anche per chi non la condivideva.

            7. Forse non hai letto che ritengo irrilevante la dimostrazione dello scioglimento di matrimoni rati e consumati nella storia del cristianesimo, anche se probabilmente c’e’ stato. Comunque hai letto troppo velocemente il testo che citi, che conferma quanto ho detto. Nell’introduzione: “The inspired text determines the limits of position; extra-biblical interpretations (quelle dei padri) serve only as suggestions.” Poi alla fine dell’esposizione di Erma: “Though Hermas’ idea of prohibiting all remarriage later dominated the Roman Catholic Church, we shall see that the idea was not explicitly accepted by the Fathers for quite a number of years. I consider Hermas unique in his view, at the turn of the first century.” Piu’ chiaro di cosi’!

            8. Non sarei cosi ottimista sul parallelo cattolici/luterani di fronte alle dittature.

            Sull’appendice non commento nulla per non ripetermi.

            Comunque buona Pasqua e, finche non ci vedi chiaro, fai bene a restare della tua idea e ad informarti.

        • Ha gia’ risposto Claudio, ma aggiungo qualcosa. Da matematico, odio i discorsi che si basano su concetti mal definiti. Che cos’e’ il matrimonio “naturale”? Cosa lo distingue da un altro tipo di rapporto? Una firma, una cerimonia con qualche autorita’? Un’intenzione? Il matrimonio cui si riferisce Gesu’ da un lato era un concetto assai ben definito al tempo, e Gesu’ si riferiva esattamente a quello, non all’oggetto non definito di cui sopra, quando citava le leggi ebraiche, dall’altro Gesu’ lo rinnovava istituendolo in un certo senso di nuovo, con la dignita’ pensata per esso in origine: quindi certo, Gesu’ rivela la mens Dei sul matrimonio in quel preciso momento, cosi’ come in precisi momenti del Vangelo istituisce gli altri sacramenti, e da quel momento il matrimonio diventa un’altra cosa. Da allora, le cose sono diverse, e sono cosi’ diverse che gli astanti dicono “allora non conviene sposarsi”. L’ontologia c’entra eccome: se due diventano una cosa sola (lo dice lui, non io), si tratta di una novita’ che riguarda la loro natura, cioe’ l’ontologia degli stessi. Per questo quella nuova unita’ non si puo’ piu’ spezzare: Dio ne fa una cosa sola, quest’unica natura puo’ poi svilupparsi verso il bene o verso il male (si puo’ odiare anche se stessi, dopotutto), ma rimane una cosa sola in ogni caso. Non e’ possibile alla chiesa, anche se lo volesse (Dio non voglia), spezzare quest’unita’.

          Trovo curioso che tu ti senta in obbligo di ricordarmi, immagino pedagogicamente, il fatto che tutti i primi cristiani fossero ebrei. Tuttavia non hai capito quel che dicevo, o io non mi sono spiegato: i primi cristiani, tutti e da subito, hanno preso quel che Gesu’ ha detto per cio’ che era, e di seconde nozze non se e’ piu’ parlato per due millenni, fino alle bizzarrie odierne. Coloro che sono rimasti ebrei invece non gli hanno creduto e non hanno seguito cio’ che lui ha proposto, su questo e su tutto il resto.

          Come gia’ detto, senza alcuna offesa (ho letto vari teologi protestanti interessanti e profondi) trovo che l’approccio alle questioni teologiche che prescide completamente da come tali questioni sono state affrontate storicamente nei precedenti duemila anni, sia quasi per definizione definibile come protestante. Hai cominciato citando gli studi di Cereti i quali pero’, con tutto il rispetto, non sembrano basarsi su alcuna fonte patristica e, da quel che ho letto, sono unanimamente screditati salvo da coloro che li usano strumentalmente. “Che negli ultimi duemila anni la Chiesa non abbia mai ammesso il matrimonio dei divorziati da un rato e consumato e’ tutto da dimostrare” e’ poi una frase metodologicamente sbagliata: se tu affermi che le seconde nozze sono state permesse, come fa Cereti, occorre darne almeno un esempio. Se l’esempio non c’e’, l’affermazione e’ falsa. Elementare, Watson.

          Sei libero di ritenere le affermazioni dei protestanti “in gran parte giustificate”. Qui pero’ allora il problema e’ piu’ serio e si sposta su un altro piano. In Germania, di nuovo senza offesa, il problema e’ particolarmente grave, perche’ si tratta di un paese storicamente a maggioranza protestante e anche il cattolicesimo ne e’ stato influenzato (non tutto, certamente, e sto poi parlando di ora, non di settant’anni fa). Il resto del mondo ha problemi diversi da quelli che sembrano cosi’ pressanti li’.

          • Credo di aver chiarito alcune cose nella risposta a Claudio. Per il resto non condivido le tue posizioni, ma ti auguro una santa pasqua.

          • GG
            Mi scuso di non averti risposto in modo piu’ esauriente ieri sera perche’ tardi. Purtroppo anche oggi non ho molto tempo, anche se spero, appena potro’, di fare una sintesi che riassuma la questione. In genere non rispondo ad personam, ma solo su argomenti che ritengo di interesse piu’ generale. Vedo pero’ che ci sono in te difficolta’ pregiudiziali a comprendere il nocciolo della discussione. La prima e’ che quando si deve esaminare un argomento di esegesi devi tralasciare l’aspetto apologetico, ma stare agli argomenti. La seconda e’ che dell’origine dei sacramenti hai una concezione decisamente insostenibile. La terza e’ che di storia i protestanti e in minima parte anch’io siamo interessati e competenti molto piu’ di te, che da quello che scrivi non ne mastichi piu’ di quella dei ricordi scolastici. L’interpretazione del richiamo evangelico, non esclude la storia di come e’ stato interpretato, ma non ne e’ condizionata. Ormai gli storici e gli esegeti cattolici e protestanti condividono presupposti comuni, che non sono spiegabili in una frasetta a chi non li conosce. Io ho affermato che le seconde nozze sono state permesse almeno nei casi dei privilegi paolino e papale (petrino), anche se tu non ne comprendi la motivazione e mi basta questo aspetto dell’interpretazione storica del comando evangelico per criticare l’approccio usato da molti. Aggiungo che da tutto il contesto del Cristianesimo primitivo sembra improbabile che le seconde nozze non siano state permesse anche in altri casi, ma non discuto di questo argomento, che non e’ cosi’ semplice come tu sembri pensare.
            Comunque appena potro’ tornero volentieri sull’argomento.

          • Sono lieto di vedere che il nostro punto di vista e’ simmetrico nel ritenere che la controparte non capisca il nocciolo della questione. Tanto per fare un esempio (tra i molti, purtroppo), continui a parlare di matrimonio naturale ma non lo definisci, cosa che e’ peraltro naturale visto che una definizione precisa non puo’ esistere. Dunque si tratta di parole al vento, e come tali e’ inutile commentarle. Sei partito da una tesi del tutto screditata (quella di Cereti), quando hai visto che non reggeva sei passato al privilegio petrino e paolino (e non c’e’ verso di spiegarti la natura eccezionale degli stessi, ne’ il loro non applicarsi al matrimonio sacramentale nel secondo caso) poi, come spesso accade, non avendo altri argomenti devi terminare dicendo che chi ti risponde e’ ignorante. E, vedi, di me si possono dire molte cose negative purtroppo, ma quella dell’ignoranza di tutte e’ la meno credibile.

            Resta, al di la’ di questa discussione che e’ inutile proseguire perche’ non sei interessato ai fatti ma solo a far dire a Gesu’ il contrario di quel che dice, che da quanto discusso risulta chiaro come la posizione che difendi sia in larga misura (a mio parere interamente) non cattolica, non abbia corrispondenze storiche ne’ patristiche, e metodologicamente si appoggi a un’esegesi di origine protestante. A me questo basta. Un saluto e buona Pasqua anche a te.

  18. Beppe; che dire, siamo d’accordo di non essere d’accordo, e mi sembra ci sia poco da aggiungere. Giusto qualche precisazione 1)Perche’ a me sembra chiarissimo e univoco, mentre a te, evidentemente, no☺
    1)Perche’ a me sembra chiarissimo e univoco, mentre a te, evidentemente, no☺
    2) I motivi per richiedere il divorzio possono essere diversi, ma il divirzio e’ uno. No?
    3) Intendo dire che due persone che vivevano insieme ‘come marito e moglie fossero concubine, mentre due sposati fossero appunto…sposati. E che una concubina non aveva neanche quella (minimissima) protezione di una moglie, ora come allora. Concubinato e’ una cosa, matrimonio e’ un altra. Per questo con Beppe non colgo la tua idea di matrimonio natural; i concubine non erano sposati
    4) Vedi Beppe su ‘I due diventano una cosa sola’. Mi sembra pertinente l’ontologia in questo caso
    5) Non ho detto questo. Sarebbe interessante pero’ scoprire come si sono comportati I neo cristiani che erano gia divorziatie risposati. Presumibilmente la loro prima unione era stata con non cristiani-e quindi si applicava il privilegio paolino.
    6) L’impatto sociale…Gesu’ insegnava ‘cose nuove’ con grande autorita’ ( e la cosa sembrava blasfema a molti). Per me, e per la Chiesa, la risposta degli apostolic dimostra la innovazione e lo ‘scandalo’ causato dall’insegnamenti di Gesu’
    7) Ho citato apposta un articolo, tra I tanti reperibili in rete, che sostiene la tua tesi e nonla mia (che poi e’ quella della Chiesa); e le motivazioni portate dall’autore non mi sembrano convincenti. Per un cattolico, quello che hanno scritto I Padri (praticamente all’unanimita’) e’ normative, e I padre parlano chiaro (per quanto li si voglia tirare per la giacchetta). Per questo gli esperimenti dei vari Cereti etc mi sembrano sostanzialmente protestanti; che non significa che siano cacca, ma che siano irrilevanti per il dibattito in sede cattolica e su come comportarsicoi divorziati risposati cattolici.
    8) Mi riferivo a una dittatura specifica, ovvero il nazismo.

    Per il resto, abbiamo tutti da imparare credo, reciproche accuse di ignoranza non portano lontano ( e gli ad hominem sarebbero sempre da evitare…)

    • @ GG e Claudio,
      visto che probabilmente avete idee simili almeno su molti punti che contrastano con cio’ che ho detto, scrivo una risposta unica, ma seguendo la numerazione di Claudio, evitando cosi’ di dover ripetere ogni volta l’argomento dibattuto.
      1. A me sembra chiarissimo che sbagliate l’interpretazione, che per me e’ chiarissima. Dai punti seguenti dovrebbe risultare il perche’.
      2. Il ripudio e’ una forma di divorzio, ma non ogni divorzio e’ ripudio. Con questo errore di logica si parte male, non perche’ l’interpretazione sia una questione di logica, ma perche’ categorie interpretative confuse sono fonte di confusione.
      3. Qui la confusione e’ al massimo: voi distinguete solo due categorie matrimonio e concubinato e siete liberi di creare una vostra terminologia, ma il problema e’ che non capite quella corrente da secoli nella dottrina cattolica che distingue non uno, ma due matrimoni, cioe’ quello sacramentale e quello non sacramentale. Quest’ultimo non e’ assolutamente una forma di concubinato. Di nuovo la confusione delle categorie rrende quasi impossibile una corretta interpretazione.
      4. Nulla da obiettare anche se sono piuttosto scettico sulle conclusioni “ontologiche” che potrete raggiungere. Ma le prendero’ in considerazione.
      5.Credo anch’io che tu non volessi dire quello che sembrava che tu avessi detto. Resta che ti sei perso un paio di passaggi probabilmente a causa delle confusioni indicate ai punti 2 e 3. Ho ripetuto a iosa che Gesu’ non parla soltanto dell’indissolubilita’ del matrimonio sacramento, ma in primo luogo del matrimonio non sacramento. Quello che dice sara’ correttamente applicato al matrimonio sacramentale. La dichiarazione di Gesu’ sull’indissolubilita’ non e’ comunque il momento dell’istituzione del matrimonio sacramentale, anche se mette in luce l’elemento unitivo che caratterizza ogni matrimonio. quindi anche quello sacramentale. Il secondo punto che ti sei perso e’ che la soluzione data da Paolo nel cd privilegio paolino e’ o una violazione del comando evangelico, o, come penso, l’elaborazione e l’applicazione di criteri per interpretarlo nel suo vero significato. Nei primi decenni c’era pero’ un problema in piu’, se e’ vero che quello ebraico era vero matrimonio e che esistevano ripudio e altre forme legali di divorzio e quindi la possibilita’ di seconde nozze legali di divorziati. Che cosa capitava se una coppia ebrea di seconde nozze diventava cristiana? Il privilegio paolino non era applicabile, quello petrino ancora non esisteva, bisognava allora chiedere alla coppia di dividersi e al coniuge divorziato di andare a recuperare il precedente coniuge?
      6. Wir sind Kirche. Tu sei la Chiesa, ma non hai compreso il problema che avevo posto, ergo la Chiesa…
      7. La tesi sostenuta dalla Chiesa sara’ la tua? Certamente e’ allora inutile discutere. Purtroppo non tutti hanno la tua sfera di cristallo.
      8. Non vedo perche’ l’attenzione debba essere rivolta solo al nazismo. Ma anche nei confronti del nazismo i cattolici non furono esenti da debolezze. Fu decisiva, sembra, l’arrendevolezza di von Papen capo del gruppo cattolico, e la cattolica Austria non fece grande opposizione all’Anschluss se non nel musical “Tutti insieme appassionatamente”.

      • 2) “La parola ebraica che indica divorzio è gherushim; esso viene formalizzato davanti al tribunale, bet din. In origine, come rivela la parola ebraica, il divorzio era concepito essenzialmente come il ripudio della moglie da parte del marito; ancora oggi elemento essenziale è il ghet, il libello di ripudio, il documento che sancisce la fine dell’unione e viene consegnato alla moglie del marito. Sono molte le ragioni per le quali il Talmud giustifica il divorzio: l’incapacità di procreare, l’incompatibilità di carattere, la condotta sconveniente da entrambe le parti…”
        http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=295

        In soldoni, ripudio=divorzio.

        3) “non capite quella corrente da secoli nella dottrina cattolica che distingue non uno, ma due matrimoni, cioe’ quello sacramentale e quello non sacramentale.”
        non so gg, ma io non solo non la capisco, non credo neppure esista sta distinzione per la Chiesa.Gesu’ ha elevato il matrimonio a sacramento, e da quel momento il matrimonio da essere una specie di contratto e’ diventato un sacramento. La Chiesa riconosce il matrimonio/istituzione come ‘basic good’ e ‘naturale, ma da qui a riconoscere due matrimoni, uno sacramentale e uno naturale , ce ne vuole. Anche adesso due battezzati sposati solo civilmente per la Chiesa sono concubini, e non possono ricevere i sacramenti.
        http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=98

        5-6) forse ho capito che intendi ed e’ comunque una domanda interessante. Gesu’ eleva il matrimonio a sacramento’ ; ma questo insegnamento e’ retroattivo? Risposta, si; agli occhi di Gesu’,l’ebreo divorziato e risposato era un adultero, anche se per i farisei e i sadducei era ‘in regola’. Sarebbe interessante vedere pero’ che cosa si facesse in questi casi; probabilmente i malcapitati vivevano come ‘fratello e sorella’. Ma lo ripeto, da quel che sappiamo gia dal primo secolo il matrimonio tra cristiani era per sempre, quello tra un cristiani e pagani…no, tanto che poteva essere ‘annullato’.

        7) Viviamo, ne converrai, in tempi interessanti e confusi, quindi non so che accadra’. diciamo che spero che la Chiesa faccia quello che ha sempre fatto e che il Vangelo (chiaramente per me, meno chiaramente a tuo avviso) comanda.Niente sfera di cristallo, , chiamiamola ‘fondata speranza’.

        8) Perche’ gia’ sfioriamo la rissa e l’off-topic estremo a ogni post, e stiamo parlando solo di un tema specifico, immagina se la buttassimo in politica!’
        Ma anche nei confronti del nazismo i cattolici non furono esenti da debolezze’ ; i cattolici sono uomini, e gli uomini non sono esenti da debolezze e-o da schifezze.comunque, Mit Brennender Sorge non l’hanno scritta i luterani.De hoc satis?

        ciao

        • Ciao Claudio,

          grazie delle precisazioni, che prendero’ in considerazione personalmente, perche’ abbiamo effettivamente sforato i limiti. Quello che t’invito ad approfondire se ti interessa e’ il riconoscimento da parte della dottrina cattolica di due tipi di matrimonio, quello sacramentale tra cristiani e quello non sacramentale tra non cristiani.

          Infine, mi sembra che sia stato fatto torto al prof.Cereti, persona e studioso che merita il rispetto e non certo le accuse che gli sono state rivolte da GG.

          Ciao

          • E’ la traduzione di questo articolo apparso sul Die Tagespost, che ho citato anche nell’ultimo blog dei blogs. 🙂

          • Purtroppo e’ una traduzione incompleta, Brandmuller scrive piu’ per esteso e dando altri riferimenti. Il fatto stesso che Avvenire ne traduca solo una parte lascia perplessi.

          • E dai ragione a Magister.

            Probabilmente il direttore ha ritenuto che la riflessione storico-critica fosse troppo articolata per un quotidiano a tiratura nazionale senza pretese accademiche come Avvenire. Peccato.

          • Perche’ cosa ha scritto Magister?

          • Non avevo letto. Il testo di Brandmuller non mi pare cosi’ specialistico, e su Avvenire si leggono spesso lenzuolate assai piu’ lunghe e indigeribili. Penso quindi si sia trattato di una precisa scelta. Contenti loro..

          • Eh… appunto per questo che dicevo che dai ragione a Magister. 😉

            Io non essendo in grado di leggere il tedesco non sono in grado di stabilire quanto sia specialistico il dettato di Brandmuller. A questo punto sospenderei il giudizio; ovviamente se invece tu mi dici che è tutt’altro che accademico ti credo e vengo anche dalla “vostra” parte: il giornale dei Vescovi italiani ha una linea editoriale quanto meno cauta…

          • Ci sono per esempio citazioni di Basilio usate per affermare che l’eccezione presente in Matteo si riferiva alla possibilita’ di separazione in caso di adulterio, non al permesso di seconde nozze. E spiegazioni piu’ dettagliate del significato del termine digamoi. Niente di non comprensibile o particolarmente tecnico, almeno se ho capito correttamente.

  19. qualche anima pia conosce il tedesco e vorrebbe/potrebbe favorire una traduzione completa e-o indicare una traduzione in una lingua meno esoterica (say, l’inglese?)

    • Il mio tedesco e’ piuttosto scarso, mi ha permesso di capire a grandi linee le parti non tradotte ma non mi permette di farne una traduzione accurata, mi spiace. Ho provato a cercare ma non trovo nemmeno una traduzione in inglese.

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