Esiste una metafisica quantistica? Sì, in quanto il reale è basato sulla logica aristotelica.

Determinato ed imprevedibile

Determinato ed imprevedibile

Trianello nel post precedente inaugurato da Minstrel fa questa affermazione giustissima : « Il problema della meccanica quantistica …  è tutto di coloro che si rifanno al meccanicismo riduzionistico tipico della mentalità moderna, non certo di coloro che si rifanno alla metafisica aristotelico-tomistica. »

E Minstrel mi ha chiesto un nuovo post per rilanciare il soggetto chiedendosi anche se è possibile dialogare tra fisici e filosofi: vorrei accingermi rivolgendomi a chi è veramente fisico e/o veramente filosofo a cominciare a sgomberare lo spazio dove questo dialogo può essere fruttuoso. Ambizioso programma? Neanche troppo: il filosofo realista sa che c’è un’unità di essere e che l’essere ha potenza ad essere compreso razionalmente e che,quindi, il dialogo tra persone competenti dovrebbe condurre ad una conoscenza condivisibile. Il challenge è cercare di esprimere in un linguaggio semplice concetti ai quali la simbolica logica e quella matematica danno un efficacia ed una precisione portentosa ma al costo di un discorso reso criptico che rende difficile il dialogo tra filosofi e fisici in quanto gli oggetti descritti dalle due comunità nei loro specifici linguaggi non sono immediatamente e semplicemente in relazione diretta.

In questo mio intervento spero spianare tre crocevia cognitivi specifici di incontro e di dialogo efficace tra fisici e filosofi, in quanto, malgrado le difficoltà semantiche e semiotiche, non condivido il pessimismo mostrato, ad esempio, dal nostro amico “gg”nel thread già citato.

Ovviamente, per cominciare bisogna seguire la suggestione metodologia di Jaques Maritain “Distinguer pour unir”: cominciamo con distinguere le cose.

Tanto per cominciare risaliamo ad Elie Cartan che nel suo “Leçon pour les invariants intégraux” (Hermann Paris 1958) ha concettualizzato e chiarito nel 1920  un punto centrale: la descrizione di un sistema meccanico non deve essere fatta nello spazio fisico e neanche nello spazio di configurazione , ma in uno spazio astratto, chiamato ” lo spazio degli stati” (per i fisici: infatti le equazioni di Newton essendo di secondo grado non permettono di determinare il movimento con le sole coordinate iniziali e le forze in presenza, ancora bisogna dare le velocità iniziali): per risolvere questo problema E. Cartan introduce quindi, nel caso semplicissimo di una sola particella lo spazio degli stati R^7, cioè uno spazio a 7 dimensioni le cui coordinate sono la quantità di moto (3 dimensioni) , la posizione (3 dimensioni) e la coordinata temporale (1 dimensione): in questo spazio le equazioni di moto sono di primo ordine e il dato di un punto iniziale determina completamente un moto univoco. Tutti i punti di questo spazio rappresentano le proprietà potenziali del sistema considerato e per questo lo spazio stesso fu chiamato “degli stati” : qualunque sottoinsieme di R^7 rappresenta una proprietà del sistema: se lo stato considerato si trova in questo sottoinsieme allora possiamo dire che possiede tale proprietà ed è attuale sennò si dirà che non la possiede  e che è potenziale.

Prima constatazione: un punto in R^7 che rappresenta uno stato (potenziale o attuale) NON è la particella considerata ma è un’astrazione matematica che descrive le proprietà misurabili della particella. Questo punto è concettualmente estremamente importante: la fisica anche la più classica come in questo semplice caso considera: (a) le proprietà fisiche e non la cosa in sé ; (b) ne considera il sottoinsieme delle proprietà misurabili, il che vuol dire che non considera mai una proprietà in sé ma solo quelle proprietà che possono essere relazionate ad altre chiamate “norme” (metro, chilogrammo, volt); (c) le leggi fisiche le più semplici, come le equazioni di moto newtoniane, esprimono relazioni tra queste grandezze misurabili: cioè un’equazione di moto applicato ad un punto in R^7 non è una particella, ma è una relazione tra relazioni che descrivono l’evoluzione della rappresentazione delle proprietà misurabili della particella fisica che si considera in questo semplice caso. La nozione di atto e potenza in questo contesto non è quindi esattamente la stessa di quella del filosofo aristotelico ma ne è una rappresentazione nelle sue proprietà fisiche misurabili: una particella in atto nel reale ha proprietà la cui rappresentazione in R^7 si ritrova in un sottospazio specifico a 7 dimensioni mentre le altre rappresentazioni , gli stati potenziali, corrispondono al sottospazio che lo complementa.  Già qui non si può compiere quell’atto di riduzionismo  denunciato da Trianello senza compiere un errore epistemologico grossolano e ad incomprensioni profonde nel dialogo tra filosofo e fisico: ad esempio voler ridurre l’astratto spazio degli stati allo spazio fisico anche fosse metaforicamente.

Seconda constatazione: per il fisico “normale” , cioè dotato di senso comune, un sistema fisico esiste indipendentemente dal fatto che se ne conoscano oppure no le proprietà e se desidera provare che un sistema fisico ha una specifica proprietà egli procederà ad un esperimento appropriato: se il risultato del detto esperimento è positivo allora la nostra affermazione è confermata anche se non è provata. Se il risultato è negativo allora di sicuro l’affermazione è falsa e l’ipotesi/teoria che il fisico considerava inizialmente deve essere modificata. Se si facesse un esperimento per testare una certa proprietà  e che la risposta positiva è certa,  si affermerà che quella proprietà è in atto (cioè attuale o vera) sennò che tale proprietà è potenziale. A questo livello, cioè quello sperimentale, siamo esattamente nella stessa definizione di atto e potenza che il filosofo realista o aristotelico: un’esperimento è un’interazione con il reale e non è una rappresentazione di uno sottospazio dello spazio di fasi, mentre quest’ultimo è un’astrazione delle proprietà fisiche sperimentali ed è un unicum esistenziale. Questo è un  primo crocevia dove il filosofo ed il fisico si ritrovano: nell’esperimento, il quale conferma (o smentisce) l’attuazione di una proprietà. Ovviamente la differenza sorgerà nel discorso che ognuno avrà in seguito a tale esperienza: il fisico continuerà a considerare le relazioni misurabili e le funzioni matematiche che rilegano le rappresentazioni (matematiche) delle proprietà dell sistema considerato, mentre il filosofo si interrogherà sul significato a livello dell’esistente ( attuale e potenziale) che tale risultato sperimentale implica. Ovviamente forte è la tentazione del fisico di dare valenza ontologica alle sue rappresentazioni matematiche, proiettando metafore proprie alla propria cultura, ma questo è un abuso epistemologico: un esempio sarebbe di credere che le 7 dimensioni dello spazio di fase R^7  abbiano una realtà esistenziale  in quanto spazio fisico a 7 dimensioni . Come sarebbe un abuso dalla parte del filosofo voler inferire a livello delle rappresentazioni matematiche sulla base di un dato sperimentale: un esempio sarebbe voler “obbligare” il fisico ad esprimere le leggi fisiche nel contesto delle sole tre dimensioni fisiche che sperimentiamo nell’esistenza reale.

Terza constatazione: ad ogni sperimentazione di una proprietà è sempre possibile definire la sperimentazione inversa, cioè quella che testerebbe l’assenza di una proprietà, come è anche possibile definire un’esperienza la cui risposta sarà sempre positiva (triviale positiva)  e una che sarà sempre negativa (triviale negativa). Qui si stabilisce una struttura logica del reale costituito da tutte le proprietà misurabili in atto ed in potenza al quale corrisponde poi una struttura logica dello spazio degli stati , ad esempio come in  quello semplice di Cartan dato precedentemente, con operazioni logiche e con una struttura d’ordine (chiamata “lattice” in inglese, cioè in “reticolo”) . Questo è un altro crocevia importante dove il dialogo tra fisici e filosofi è possibile: sulla struttura logica del reale sperimentale fisco, dove il filosofo può poi trarne deduzioni sulla natura dell’essere e il fisico può trarne conclusioni e stabilire altri costrutti circa la struttura delle relazioni matematiche delle rappresentazioni misurabili che considera.  E’ un punto di  discussione importantissimo e nel quadro della discussione tra le differenze tra meccanica classica e quantistica esso è fondamentale: ad esempio,  le considerazioni  dell’ordine delle rappresentazioni matematiche circa la meccanica quantistica presuppongono  una struttura logica del reale diversa e, se sì, in che senso?

Da un un punto di vista logico, il “pregiudizio classico”consiste ad affermare che per ogni proprietà dello spazio degli stati corrisponde un’esperienza che definisce tale proprietà ed il cui risultato sia esso positivo o negativo è certo “a priori” appena dato lo stato del sistema. Questo pregiudizio è stato ammesso per secoli dai fisici, ma è un assioma fortissimo che va ben aldilà di quel che la fisica e la logica aristotelica abbiano mai richiesto ed è intrinsecamente giustificato dalla richiesta estremamente stringente che il risultato di un’esperienza debba essere certo “a priori”, non solo, ma, addirittura, chiede che il risultato sia certo anche prima di aver deciso di fare l’esperimento. Questo “pregiudizio classico” definisce completamente la struttura logica  dello spazio degli stati ed è possibile dimostrare, ad esempio per il caso di una “particella” newtoniana, che la struttura di R^7 è una rappresentazione isomorfa all’insieme logico di tutti gli esperimenti possibili.

L’ipotesi aristotelica, invece, si basa in realtà su due assiomi molto meno stringenti che il “pregiudizio classico” ma che lo stesso definiscono completamente uno spazio di fasi, a cui la struttura logica è isomorfa : primo assioma dice che se un sistema evolve sa uno stato in un altro allora si arricchisce di nuove proprietà ma ne perde altre al contempo: il secondo assioma dice che per ogni proprietà fisica ne esiste un’altra che è il suo contrario.

Nell’ipotesi aristotelica si può ritrovare una fisica “classica” ( ma senza alcun bisogno del “pregiudizio classico” di cui sopra) che può essere rappresentata da una struttura tipo R^7 per il caso di una sola particella quando si richiede in più che qualunque sia lo stato di un sistema ogni proprietà data, anche puntuale,  è attuale oppure (aut aut) che la sua proprietà contraria (detta usualmente ortogonale)  è attuale (questa è la definizione logica di “proprietà classica”).

Se solo la domanda triviale positiva e quella trivialmente negativa sono “proprietà classiche” (secondo la definizione appena data) della struttura logica allora abbiamo un sistema puramente quantistico : la struttura logica del sistema fisico è tale che per ogni suo sottoinsieme logico si può però definire un altro sottoinsieme contrario ( ortogonale), il che può essere rappresentato matematicamente da uno spazio di Hilbert caro alla fisica quantistica, l’equazione di moto essendo descritta da l’equazione di Schrödinger.

Questi ultimi tre punti sono importanti in quanto mostrano che l’ipotesi aristotelica comprende naturalmente una struttura sperimentale logica di tipo quantistico, il caso classico essendone semplicemente un caso particolare quando, cioè, i sottoinsiemi di proprietà possono essere ridotti a proprietà puntuali.

In altre parole, il principio di non contraddizione sperimentale (secondo assioma ) come anche il principio del tertium non datur sperimentale (primo assioma) sono lo stesso fondamento sperimentale delle due fisiche, la differenza tra le due risedendo nella struttura logica delle relazioni tra le proprietà dovendo essere misurate.

Ancora una volta questo genera un terzo crocevia tra fisici e filosofi dove la discussione sulla struttura logica del reale sperimentale può essere compartita sia essa classica o quantistica.

Nota bene: le due ipotesi aristoteliche non dicono niente sulla predittività del sistema, ma solo sulla sua determinazione, il che vuol dire che contesti sperimentali dove il sistema è perfettamente determinato ma non prevedibili sono in perfetta coerenza con un approccio aristotelico, quindi non solo una fisica di tipo quantistico ,ma anche sistemi caotici perfettamente determinati ma imprevedibili.

Spero questi tre  possibili crocevia tra fisici e filosofi siano sorgente di riflessioni proficue almeno sul nostro blog, fermo restando che poi il fisico rispetti il ragionamento sull’essere e la sua struttura logica tipico del filosofo e che il filosofo rispetti le valutazioni e le costruzioni matematiche delle proprietà misurabili le quali sono basate su costrutti  matematici correlati alla logica sperimentale, la sola che sia realistica.

In Pace



Categories: Cortile dei Gentili, Filosofia, teologia e apologetica

236 replies

  1. In pratica si prende la scorciatoia di relegare il mondo quantistico nel mistero, e dire che le proprieta’ aristoteliche (specialmente quello di non-contraddizione) valgono a partire dalle osservabili locali, che mantengono proprieta’ “classiche”?

    E quando si esplorano proprieta’ classicamente inspiegabili, e quindi si deve ammettere che esiste un livello della materia dove il principio di non-contraddizione non vale?

    • Si deve decidere se tali proprietà valgono spazialmente o no, perché “situarsi” prima della differenziazione è tecnicamente indistinzione il che significa dire che c’è materia prima, per il tomista, e che è eterna per lo scienziato.

      • La materia prima del tomista e soprattutto dell’aristotelico è pura potenzialità: per accedere all’esistenza deve riceve una forma almeno elementare.
        In Pace

        • appunto…ed essa è eterna? L’atto puro (Dio) è realmente atto puro e soltanto ciò?

          • Cosa vuol dire eterna quando ci si riferisce a potenza pura: strictu sensu la potenza pura non è dell’ordine dell’esistere nel senso etimologico del termine: ha bisogno di una forma minima per sorgere.
            La definizione tecnica di Dio da un punto di vista filosofico è atto puro: è proprio la sua definizione. Non si può die che in Dio c’è ptenzialità: come dire che un cerchio potrebbe essere quadrato.
            In Pace

          • Renditi conto che anche l’atto puro ha bisogno di un minima potenza per sorgere/apparire. Infatti esso e la potenza pura non esistono tecnicamente.
            Il problema è che se dici che la potenza pura è fuori di Dio, rendi Dio determinato e finito, giacché Egli è in realtà al di sopra di quel che è Atto e Potenza.

    • Non è quel che ho scritto, Andrea.

      La logica aristotelica è applicabile alla fisica classica, alla fisica quantistica e alla fisica del “caos”.

      La struttura logica tra sperimentazioni “classiche” , che corrispondono a proprietà specifiche è però differente di quella delle sperimentazioni quantistiche, anzi ne sono un caso particolare.

      Ho paura che tu continui ad associare “classica” con “Aristotelica” , mentre invece ho ben precisato che l’assunto “classico”, che ho chiamato “pregiudizio classico”, chiede molto di più di quel che richiede la semplice logica aristotelica e non ce n’è bisogno neanche per la fisica “classica”!

      Gli effetti sperimentali delle proprietà quantistiche soddisfano pienamente la logica aristotelica.

      E non esiste un livello della materia dove il principio di non contraddizione non vale sperimentalmente.
      In Pace

      • Ad esempio come si configura la disuguaglianza di Bell in questo gergo?

        • Come un bel esempio di fisica quantistica: non vedo nessuna violazione dei due o di uno dei due principi aristotelici citati nel post, i soli fondanti la logica aristotelica.

          Ma forse tu mi/ce lo puoi dimostrare. Rimango aperto alle tue interpretazioni in quanto amo lasciarmi “sorprendere”!
          In Pace

          • Le particelle vengono preparate in una superposizione di stati spin-up e spin down, misurate e verificata la correlazione della funzione d’onda.

            Quindi le particelle erano effettivamente in una superposizione di stati spin-up e spin-down e avevano una proprieta’ e il suo contrario.

          • @Andrea
            Ma quando l’esperimento si fa per una particella, il risultato finale è ambiguo? Cioè l’apparecchiatura sperimentale risponde positivamente (o negativamente) due volte? Ovviamente no: ogni particella misurata darà individualmente sia una risposta up oppure una risposta down. Questo è il mondo reale: quando si misura concretamente una proprietà.

            Ovviamente statisticamente prendendo mille particelle preparate nello stesso modo, la metà ( ad esempio) apparirà up e l’altra metà down. Questo è il punto: la congettura che ho chiamato “pregiudizio classico” pretende che a priori lo stato fisico sia già definito prima dell’esperienza.

            Nei due assiomi aristotelici, è solo detto che quando c’è un’esperienza, cioè una particella realmente misurata essa sia up oppure down ma non le due al tempo stesso ( tertium non datur). L’altro principio dice che se questa particella di cui avremmo misurato il valore up, dovesse evolvere per una ragione qualunque (ad esempio la “rigiriamo” con campi magnetici) essa perderà la sua proprietà “up” per prendere quella “down”.

            A nessun momento, come vedi, la logica aristotelica richiede di asserire che il risultato sia definito a priori.

            Da un punto di vista del fisico, quando egli “prepara” degli stati superposti di spin up e down, semplicement stabilisce che la rappresentazione matematica dei possibili risultati di una futura esperienza dovranno comprendere le due possibilità. La funzione d’onda è la rappresentazione dell’evoluzione della rappresentazione matematica delle proprietà misurabili del sistema: non può mai essere un’affermazione dello status ontologico di una particella in se. La fisica non può dirne niente, ma potrà solo valutare l’evoluzione nello spazio e nel tempo delle dette proprietà, cioè l’evoluzione dei possibili risultati sperimentali quando e se un’esperienza si farà.
            In Pace

          • Appunto come ho detto rileghi il mondo quantistico nel “non reale”, cosa che non è.
            Non ti interroghi affatto sulla costituzione, degli attributi e delle proprietà di quel mondo, ti limiti a dire “alla fine si ritorna sempre al caso classico e lì vale Aristotele”.

            Perdona il pessimo gioco di parole che sarà anche ritrito, ma più che meta-fisica mi sembra metà-fisica.

          • Non sai leggere, caro Andrea: fai metà-lettura.

            Non ho mai scritto ““alla fine si ritorna sempre al caso classico e lì vale Aristotele””.
            Anzi ho scritto il contrario semmai: il pregiudizio classico non è di Aristotele ed impone molto di più che Aristotele, casomai è dei fisici del XVIII secolo in poi.

            Inoltre ho scritto quanto la meccanica quatistica si basa sulla logica Aristotelica, la quale appunto non è il pregiudizio classico.

            Gentile Andrea, se non capisci quel che scrivo o la fisica stessa, non c’è bisogno di offendermi dicendo che questa sarebbe “metà fisica”, in quanto ci sono fiori di pubblicazioni accademiche su questo soggetto: basta che poni semplicemente domande ulteriori ed io sarò felice di riprendere altri esempi o , addirittura, di farti dimostrazioni formali.

            Intanto avrei preferito che invece di far sparate da bar tu avessi cercato di smontare l’esempio che io mi sono ldato la pena di darti, mentre tu non hai nememno tentato di farlo: perché non lo hai nemmeno capito? O perché in malafede?
            In Pace

          • Simon, semplicemente forse dovresti prima capire cosa stai dicendo col tuo esempio: “Questo è il mondo reale: quando si misura concretamente una proprietà”, significa che il mondo reale è quello delle osservabili, che sono classiche (anche tu leggimi… non “pregiudizio classico”, “variabili classiche”, FISICA CLASSICA).

            L’osservabile è definita come l’entaglement dello stato quantistico col mondo classico (non “pregiudizio classico”, FISICA CLASSICA) e ciò fa collassare la funziona d’onda nella variabile, per l’appunto classica (FISICA CLASSICA), che ha tutte le belle proprietà aristoteliche che ti piacciono.

            Tuttavia prima di essere correlata al mondo classico (FISICA CLASSICA) e averne causato il collasso, la funzione d’onda è lì, in tutta la sua non-aristotelicità.

            Gli esperimenti di superposizione, come quelli che provano la disuguaglianza di Bell, non fanno nient’altro che sperimentare e andare a sondare in questo mondo “non aristotelico”, e sono tanto reali quanto le percezioni “classiche” (FISICA CLASSICA) delle osservabili.

            Tu mi dici solo che è un costrutto matematico e non ontologicamente rilevante… Quindi, di fatto, mi stai dicendo che TU non sai dire nulla a tal proposito e ti limiti a dire della parte di Fisica che conosci, quella classica (che, fra parentesi, non suppone proprio il “pregiudizio classico” in sistemi termodinamici, caotici..etc… la fisica quantistica è molto più deterministica della fisica classica, per inciso).

          • Sarebbe curioso Andrea capire come giustifichi filosoficamente questo passaggio, perché dire che c’è qualcosa che sovrasta la logica, la determina e la domina è come dire, in matematica, che un enunciato dipende da un concetto primitivo, sopra-razionale.

            Lo scoglio è l’eternità della materia.

          • Ed infatti essere determinato non ha nulla a che vedere con l’essere previdibile: l’ho scritto nero su bianco alla fien del post qui sopra. Criticami quanto vuoi, ma criticami su cose che avrei detto, per favore.

            E ancora non mi hai portato la spiegazione in cosa l’entanglement si opponga ad un reale aristelico: l’aspetto sempre.

            C’è una grande differenza ontologica tra costruire uno spazio di fase ed il mondo reale: nessuno ha mai dimsotrato che lo spazio di fase sia il Reale, anzi non deve esserlo, se tu consideri l’esempio dato nel mio post inaugurale con Cartan che è un esempio di fisica classica.

            Spero che non ti venga in testa di credere che il valore ontologico dello spazio di fase a 7 dimensioni sia di essere lo stesso dello spazio tridimensionale fisico o di credere che la traiettoria calcolata colel equazioni di Newton sia la traiettoria reale! Quello che hai calcolato lî è giusto la traiettoria delle possibili misure che tu hai rappresentato nel tuo spazio di fase.

            Lo stesso vale per la meccanica quantistica: lo spazio di fase hilbertiano non è più Reale che quello di Cartan eppure descrive bene le rappresentazioni matematiche delle proprietà che è possibile misurare.

            Il collasso della funzione d’onda non è dovuta alla misura “classica” ma al fenomeno descritto e misurato, addirittura, della decoerenua che si ha quando un sistema quatistico interagisce con un grande numero ( già quattro si misura il fenomeno) di altri sitemi quantistici: questo spiega la transizione tra fisica puramente quantistica e classica.

            Quanto all’entaglment esso è solamente evoluzione potenziale della posizione della particella, e questo non ha nessun effetto sul mondo reale finché tale particella non interagisce ad esempio a causa di un’esperienza che ne misura la posizione ( Aspect 1980 e 1982): quel che “sparisce non è nel mondo reale ma sono le probabilità di misurare potenzialmente tale particella altrove.

            La sola cosa che la violazione delle inequazioni di Bell dimostrano è semplicmente che le “Particelle” non veicolano con loro le loro proprietà, il che è ancora un’ipotesi della congettura classica che rifà capolino e chiede qualcosa che mai la logica aristotelica abbia mai chiesto. Di certo non c’è nessuna violazione di alcun dei due assiomi aristotelici o, allora, dimostralo.
            In Pace

          • Io non ho ancora trovato una posizione che non tratti la meccanica quantistica come una black box. Prima di allora non c’è davvero nulla su cui discutere.

      • La discussione si sta scaldando un po’ troppo, e io non ho tempo di intervenire se non per dire, prima di tutto, che un po’ di tranquillita’ non guasterebbe. Inoltre, come detto, non sono piu’ fresco ahime’, ormai dimostro solo teoremi, e spero di non dir sciocchezze (come quando ho involontariamente scritto infinito invece di finito 🙂 ). Tuttavia, Simon, penso tu semplicemente ti sbagli nel non attribuire una valenza ontologica alla funzione d’onda. L’esempio classico che tu fai e’ effettivamente una descrizione matematica utile di un fenomeno che e’ comunque descrivibile in termini di oggetti fisici piu’ primitivi (sebbene convenzionali: come dicevo anche in meccanica classica il concetto di onda elettromagnetica nel vuoto ci sembra piu’ reale di altri perche’ ce l’hanno raccontato da piccoli, ma e’ totalmente incomprensibile). In meccanica quantistica la particella E’ proprio la funzione d’onda: non c’e’ nessuna sua descrizione fisicamente realistica piu’ semplice di quella, e che permetta di riprodurre quel che si vede. Il fotone singolo che passa attraverso una delle due fenditure o lo spiega dicendo che c’e’ un diavoletto che lo manda anche dove non potrebbe andare, oppure la spiegazione e’ che lui sia proprio un’onda che interagisce con se stessa, ma che dopo questo fatto, che avviene indipendentemente dall’osservatore, si manifesti con un’altro dei suoi due aspetti, quello corpuscolare, quando interagisce con il mondo macroscopico. La lista di fenomeni che si spiegano solo con l’identificare particella e funzione d’onda e’ lunga. La QM non e’ una specie di scatola nera in cui si fa finta che succeda qualcosa su piccola scala per giustificare degli esiti che non sapremmo riprodurre altrimenti, e’ proprio un mondo diverso da quello classico e che ha leggi proprie, che sono leggi fisiche tanto quanto quelle macroscopiche, solo che non vedendole in atto nell’esperienza quotidiana esse ci sembrano piu’ strane. Ma anche F=ma e’ una legge piu’ o meno esoterica.

        Questo detto io, certamente per i miei limiti, fatico a trovare interesse nel problema di comparare l’aristotelismo con la meccanica quantistica e, malgrado il dialogo che parte da conoscenze diverse sia sempre interessante, penso siano pochi i fisici che si pongano questo come problema interessante. In ogni caso, il tuo post (che, confesso, ho letto per ora solo di fretta e su cui non ho riflettuto abbastanza) e’ interessante come progetto e come spunti, fammici riflettere di piu’.

        • Infatti anch’io fatico a trovare interesse se non mi si può dire assolutamente nulla sul mondo quantistico tranne che non lo conosciamo, quando invece è forse l’unica cosa che conosciamo bene…

  2. Stai dicendo che l’anima è energia in definitiva e non agevola affatto il dialogo tra chi professa il naturalismo e chi allo spazio dedica poca considerazione.

    L’utilitarismo scientista crea il surrogato di quel che l’uomo ha perso, e già tale affermazione implica un ridimensionamento della tecnologia radicale negli ambiti culturale, strategico ed industriale, in cui essa , e la scienza da cui sorge, è semplicemente un intrumentum regni.

    Il rischio della scienza attuale nella sua fumosità è di servire istanze spiritualiste, o meglio, ristretta ormai l’immaginazione umana e quindi atrofizzate altre capacità che necessitavano di più ampio sguardo, spiritualizzare la materia per sbocco naturale ( ecco il perché della mia prima frase, ossia, Simon, ti credo un po’ inverso nel tuo modo di ragionare ). Tutto quello che si narra sugli alieni è tecnologia , scienza, votata al dominio.

    Il filosofo, per essere tale, non può scindere la theoria dalla praxis, l’insegnamento dall’ottenimento di un previo stato di realizzazione. Ugualmente la scienza, che nelle sue varie branche e peculiarità, dovrebbe essere un supporto alla meditazione, studiando il cosmo scorgere i principi e facilitarne quindi l’assimilazione, donando a cascata applicazioni contestualmente favorevoli ergo NON SCISSE dall’utilità generale.
    Esistono anche conoscenze che non servono.

    • L’universo è insomma troppo piccolo per contenere un briciolo della virtù e dalla contemplazione identificante frutto della grazia e dell’ascesi di cui l’uomo può fruire, ed è per questo appunto che ce ne sono vari, indefiniti, per ovvia conseguenza come gli antichi sempre hanno sostenuto.

    • Qui esuliamo dal post, caro Daouda.

      Comunque l’anima non è “energia”: l’anima è una forma ed è una forma la cui forma è essere forma.
      Cioè è un principio intellegibile, il cui soggetto di intelligibilità è la propria intelligibilità.

      Il discorso scientifico deve essere effettivo ed efficace nella società nel quale è operativo: è un discorso. Un discorso socialmente non effettivo ed inefficiente è destinato a scomparire.

      Non credo si possa dire che la scienza attuale sia “fumosa”: bisogna definire cosa si aspetta dalla scienza attuale. Le categorie per qualificare un discorso scientifico non è quello di “vero” o “falso” ma quello di “efficace” ed “effettivo” nella sua operazionalità. Come i miti antichi: né più , né meno. Almeno secondo me.
      In Pace

      • Molto wittgensteiniano da parte tua Simon, mi piace! Distinguere i language games in funzionali-non (o non piu’) funzionali, piuttosto che in veri/falsi…

        Aproposito di fil; Minstrel se ci sei, hai ricevuto i millemila files che ti ho mandato? as usual ho ricevuto messaggi inquietanti dal tuo account di posta, quindi non so se la cosa e’ andata a buon fine…

      • La scienza attuale non si aspetta nulla, ma semmai aspetta noi per coltivarci e fregarci, come ogni dispositivo in mano a chi ha una elaborata strategia.

        Nel tempo in cui è possibile andare sulla luna , estremamente pochi riescono ad andarci simbolicamente.
        Calcolando che il processo di evoluzione materiale si accompagna ad una correlativa involuzione spirituale, non c’è nessuna condanna da esprimere, ci mancherebbe.

        • come dicevo, scienza è utilitarismo. A tal livello si è giunti.

          • Lo è sempre stata. Daouda.
            Non è il caso della filosofia che riflette sull’essere in quanto tale e che è interessata dalle categorie di vero e di falso: la filosofia è quella cosa colla quale e senza la quale si rimane tali e quali.
            Il discorso scientifco cerca efficacia ed efficenza, invece: vuol servire a qualcosa.
            In Pace

          • Perché hai mai avuto senso “filosofare” senza congiungersi all’Uno? Tolti i mezzi e la coerenza deontologica, abbiamo avuto Cartesio e Kant e via discorrendo…

      • Eh Simon, sai che non sono d’accordo. Con questo criterio, la teoria degli epicicli (che, in certe condizioni, funzionava) e la relativita’ generale sarebbero oggetti paragonabili come un triciclo lo e’ con una ferrari, solo che con la seconda si va piu’ veloce e piu’ lontano. Non funziona cosi’: la ragione ci e’ data, per quanto riguarda la filosofia naturale, proprio per cercare una Verita’ con la maiuscola e non per costruire algoritmi che funzionino. Non conosco un solo fisico teorico che non abbia fatto i suoi studi, pur con le storie e le fedi piu’ diverse, proprio per arrivare a comprendere quanto piu’ possibile la verita’ sulla natura. Le leggi sono parte indissolubile del piano con cui Dio ha creato l’universo, il fatto che entro certi limiti le si possa comprendere (comprendere, non costruire strane scatole nere con l’unico requisito di far venir fuori un esito che riproduca quel che si vede) e’ qualcosa da contemplare con meraviglia. La fisica cerca si’ descrizioni che siano efficaci, ma lo fa perche’ saranno efficiaci solo se vere.

        • Lo so che ti possa essere diffficlie di essere d’accordo: molto spesso il fisico è convinto che la sua teoria è “vera”.

          (1) Già la nozione di verità nel quadro scientifco è qualcosa difficile da afferrare: una teoria “vera” non esiste, Esistono teorie confermate e teorie false.

          Se ho una scatola di bicchieri di vetro ed affermo che il contenuto della scatola è composto di bicchieri fragili questa affermazione non sarà mai vera. Infatti quel che è vero è se ogni bicchiere è rompibile oppure no ed il solo modo di saperlo è provando a rompere tali bicchieri.
          Saprò che la mia affermazione è vera solo quando avrò rotto tutti i miei bicchieri, ma nel qual caso, non avrò più una scatola di bicchieri fragili ma una scatola di bicchieri rotti, il che è un’altra realtà.

          Quindi già hai solo teorie false o teorie confermate e mai teorie vere.

          (2) Inoltre, il discorso che ha il fisico non è un discorso sulla cosa in sé ( rileggi il post iniziale per favore): in filosofia si distingue tra l’essenza di una cosa e le “note” che le descrivono: ad esempio ho un pallone di fronte a me ed ho le sue “note”: nota geometrica la sua sfericità, nota qualitativa che è composto di cuoio, altra nota qualitativa che è di tal colore, nota misurabile che è di tale peso, nota sociale che è utilizzabile per giocare e cosî via di seguito.
          L’insieme delle note NON sono ontologicamente il pallone stesso: giusto l’insieme delle sue caratteristiche.
          Il fisico sceglie delle “note” particolari: quelle legate all’estensione e quelle misurabili in un modo o nell’altro: questo sottoinsieme non è il pallone in alcun modo ma semplicemente la rappresentazione delle misure del tuo pallone.
          La tua equazione di moto qualunque essa sia descrive come le misure del tuo pallone evolveranno nel tempo in presenza di certe forze: ma mai potrai dire qualcosa su quegli aspetti del pallone che non sono misurabili ed in particolare il pallone stesso o quanto socialmente ludico sia tale particolare pallone.
          Voler ridurre il valore ontologico del tuo pallone alla descizione delle note misurabili è un abuso epistemologico

          (3) Il fatto di guardare tale sottoinsieme di note piuttosto che altre è una scelta dettata dai bisogni della società nella quale ci si trova: dipende dalla tecnologia a disposizione e la tecnologia a disposizione dipende dai fondi a disposizione ed i fondi a disposizione dipendono, tra l’altro, dagli interessi economici in gioco.
          Quindi si, il triciclo e la ferrari si differenziano solo per design e velocità, ma ambo sono mezzi di locomozione: ci sono società nelle cui bastano i tricicli e ce ne sono che hanno bisogno di ferrari.

          La categoria “verità” si riferisce solo al reale in quanto tale e non alle sue rappresentazioni: non esiste una teoria fisica “vera” ma esiste il reale che si esperimenta veramente. Esistono però teorie scientifiche più efficaci di altre nel prevedere il comportamento delle misure possibili e più o meno confermate di altre dall’esperienza, la sola pietra di paragone che “triggera” tra reale e non reale, vero e falso

          Se mi permetti qui una digressione in un altro campo che non ha da veder colle teorie fisiche questa è tutta la difficoltà del cammino del cristiano: stabilire una relazione personale con Cristo, cioè nella verità e rifuggire le proprie idee su cosa sia o voglia Dio. Non si può avere un’idea “vera” di Dio, ma si può può veramente incontrare Dio.
          In Pace

          • Non ho tempo per rispondere ora, ma puoi immaginare come non sia d’accordo con quanto dici. Mi pare che la discussione metta in luce come l’incomunicabilita’ tra filosofia e fisica sia, se questi sono i punti di vista del filosofo, assoluta: il fisico ritiene di occuparsi proprio della cosa in se’, tu lo neghi. Mi sembra ci sia addirittura nel tuo ragionamento una tentazione hegeliana, di inconoscibilita’ profonda del reale osservabile, che mi spaventa. Mi sembra anche che, per confutare che la meccanica quantistica descriva UNA caratteristica ontologica della particella (il suo avere un aspetto ondulatorio), tu sia costretto a usare l’espediente della scatola nera, dentro alla quale non si sa cosa succede, e della quale vediamo solo il prodotto finale. Mi sembra un approccio ideologico, che non tien conto della realta’ come essa e’, ma si sforza di applicare appunto un’ideologia a cio’ che non riescirebbe altrimenti a descrivere con il proprio linguaggio. A questo punto, tanto varrebbe passare direttamente ai diavoletti che spostano gli elettroni dove non potrebbero andare classicamente, il che come mito sarebbe anche piu’ colorito (e, con un numero di diavoletti abbastanza alto, lo si potrebbe rendere predittivo come la MQ: dopotutto, ripeto, gli epicicli un po’ funzionavano). Liberissimi, ma a me non interessa.

          • Quel che mi pare generi incomunicabilita’ e’, da un lato, un concetto di essere che forse ti sembrera’ assai preciso, ma a me pare consista invece solo nel dire cosa non e’ essere (l’esempio del pallone mi colpisce, la percezione che se ne puo’ avere da un punto di vista emotivo non so come la si possa chiamare, ma non ha niente a che vedere con cio’ che il pallone e’). Per me la domanda su cosa sia l’essenza di un elettrone o non significa semplicemente niente, oppure le si puo’ rispondere solo affermando cio’ che mi permette di conoscere l’elettrone stesso. E’ una conoscenza ovviamente imperfetta, ma e’ l’unica che ci e’ disponibile, ed e’ la migliore, perche’ e’ verificabile e non dipende da giri di parole ma da esperienze ripetibili.

            Dall’altro lato, mi pare che il concetto che sfugga sia che una particella non esservata, in uno stato quantico misto, rimane tale eppure influenza, proprio in quanto in quello stato misto, la fisica di altre particelle in un modo che non si potrebbe spiegare se non assumendo che la particella sia proprio in una combinazione di stati. Non c’e’ nessun problema logico, purche’ si sia disposti ad ammettere che un elettrone, invece di essere la pallina che ingenuamente ci immaginiamo, e’ un oggetto piu’ complicato la cui natura si esprime con comportamenti sia corpuscolari che ondulatori, e che quel che sembra turbare le persone affezionate a un linguaggio inadatto a cio’ cui lo si vuole applicare, cioe’ la presenza di stati, che so, corrispondenti a due diversi momenti, non danno nessun problema perche’ il concetto di momento e’ un’altra cosa rispetto a quello di una pallina e puo’ ben essere combinazione lineare di due autofunzioni diverse.

          • Caro “gg” immagino perfettamente che ti sia difficile essere d’accordo.
            Io ti chiederei la pazienza di rileggere tutto il mio post iniziale inaugurante il thread e vedrai che le tue “paure” che io sia “hegeliano” non hanno nessun fondamento e neppure la nozione di scatola nera all’interno del discorso fisico: se c’è scatola nera è magari adilà del campo della fisica in quanto tale.
            Nel tuo secondo commento mi sembra che continuamente hai bisogno di riferirti a concetti “classici” come particella o onda per descrivere un elettrone: perché non assumi il fatto che un elettrone è “altro” che una metafora del mondo classico?
            In Pace

          • Ah, non avevo visto questo.

            Rileggero’ senz’altro il post. Parlo di onda e particella per comodita’ di scrittura e per il luogo in cui siamo, so bene cos’e’ una funzione d’onda, e anzi ho affermato piu’ volte che, al netto del fatto che ogni affermazione ontologica non puo’ che descrivere in modo imperfetto una realta’ che ci trascende, penso che la frase meno sbagliata sia che l’elettrone coincida, in ogni sua manifestazione misurabile, con la sua funzione d’onda. Il senso del secondo post (o meglio della sua seconda parte, perche’ nella prima dicevo altro), nel quale parlavo proprio di stati misti, e non di onde e particelle, era infatti proprio dire che sistemi in cui la funzione d’onda non e’ uno stato singolo influenzano, al di la’ di qualsiasi misurazione su di essi, la fisica di altre particelle, senza decadere in uno stato con numeri quantici assegnati. Dunque sono stati fisici, non rappresentazioni matematiche, “la cui natura si esprime con comportamenti sia corpuscolari che ondulatori” (scrivevo cosi’), ma che sono altro dall’una e dall’altra cosa. Se non e’ cosi’, il fotone che passa dalle fenditure puo’ andare dove non deve solo perche’ lo sposta un diavoletto

          • Caro “gg”, a difetto di essere d’accordo, penso che ce la faremo a capirci.
            Ti assicuro che ti capisco già,
            In Pace

  3. Eppure a me continua a tormentarmi tipo tarlo il principio di Superposizione Quantistica…

    • E perché?
      Per dialogare con profitto spiegaci forse il tuo problema a livello sperimentale: cioè un set-up sperimentale che verifica la superposizione quantistica e che violerebbe almeno uno dei due assiomi aristotelici.
      Non sarà per caso che confondi “fisica classica” con “logica aristotelica”?
      In Pace

  4. Guarda, mi sto confrontando con GG via mail su questo discorso.

    Sto cercando di comprendere bene pure io, non sono cose semplici, per nulla.
    Mi riferisco a quanto qui:
    http://en.wikipedia.org/wiki/Quantum_superposition

    Ed alle parole stesse di Dirac (sempre riportate nel link precedente):

    The general principle of superposition of quantum mechanics applies to the states [that are theoretically possible without mutual interference or contradiction] … of any one dynamical system. It requires us to assume that between these states there exist peculiar relationships such that whenever the system is definitely in one state we can consider it as being partly in each of two or more other states. The original state must be regarded as the result of a kind of superposition of the two or more new states, in a way that cannot be conceived on classical ideas. Any state may be considered as the result of a superposition of two or more other states, and indeed in an infinite number of ways. Conversely any two or more states may be superposed to give a new state…

    The non-classical nature of the superposition process is brought out clearly if we consider the superposition of two states, A and B, such that there exists an observation which, when made on the system in state A, is certain to lead to one particular result, a say, and when made on the system in state B is certain to lead to some different result, b say. What will be the result of the observation when made on the system in the superposed state? The answer is that the result will be sometimes a and sometimes b, according to a probability law depending on the relative weights of A and B in the superposition process. It will never be different from both a and b [i.e, either a or b]. The intermediate character of the state formed by superposition thus expresses itself through the probability of a particular result for an observation being intermediate between the corresponding probabilities for the original states, not through the result itself being intermediate between the corresponding results for the original states.[1]

    Ritorniamo quindi all’affermazione “una particella non osservata è in tutti gli stati quantici possibili”, possibili per quella specifica particella ovviamente e non nel senso di tutti gli stati quantici possibili in assoluto.
    Ma questo comporta che una “cosa” è più “cose” contemporaneamente.

    Alla fine dell’articolo, sotto la voce “Formal Interpretation” poi viene affermato questo:

    “For any physical property in quantum mechanics, there is a list of all the states where that property has some value. These states are necessarily perpendicular to each other using the Euclidean notion of perpendicularity which comes from sums-of-squares length, except that they also must not be i multiples of each other. This list of perpendicular states has an associated value which is the value of the physical property. The superposition principle guarantees that any state can be written as a combination of states of this form with complex coefficients.”

    Ora, chiedo perchè davvero mi muovo su di un terreno che conosco poco, ma “perpendicolare” non è sinonimo di “ortogonale” in questo senso?
    Sto davvero chiedendo, non è una domanda retorica.

    • Le intepretazioni dei “Padri” della MQ furono varî e dato che non facciamo teologia le citazioni degli “anziani” hanno senso solo nella misura in cui sono ancora valide colle consocenze attuali sui principi della meccanica quantistica.

      Ad esempio il paradosso EPR non è più un paradosso da quando D.Aerts nel 1981 ha dimostrato che c’è contraddizione formale nel formalismo quantistico tra le due affermazioni seguenti (a) “il sistema è separato in due sottosistemi” e (b) “gli elementi di realtà ( le proprietà) sono in corrispondenza completa con i proiettori di uno spazio di Hilbert”.

      Allora, ad esempio, citare Einstein, Poldoski e Rosen è cosa surannata.
      In Pace

      • Ma guarda, la “superposizione quantistica” non è semplicemente un principio vetusto, ma se ti metti a fare un po’ di ricerche in rete, noterai che è proprio uno dei pilastri della MQ ed è una delle differenze principali e sostanziali tra la Meccanica Classica e la MQ.

        E’ vero che in parte ho usato un argomento ad autorità, ma Dirac è un’autorità nel campo, ed anche solo sul link di Wiki c’è ben altro oltre Dirac, per chi di voi ne mastica come si deve c’è pure tutta la matematica.

        Trovo quindi questo tentativo di delegittimazione del tutto assurdo e senza basi.
        E’ come se mi stessi dicendo che le equazioni di Shroedinger non sono più valide perchè il paradosso EPR è stato risolto.

        Una cosa è il paradosso EPR, un’altra sono le basi della MQ.

        In questo caso, invece di un parallelismo che in realtà non è tale, sarebbero da falsificare gli argomenti, non cercare di delegittimare Dirac con metodi discutibili.

        • Non ho mai detto che le equazioni di Schrödinger non sono valide perchà EPR è risolto, anzi ho detto il contrario, in effetti se il paradosso d EPR fosse un vero paradosso allora uno potrebbe opporre che Schrödinger non può che essere errato (era l’intenzione di Einstein e compari).
          Aerts dismostrando che non c’è paradosso ha mostrato che Schrödinger ( e tutta la MQ) non contengono contraddizini logiche.
          In Pace

          • Così però continui a non rispondere alle mie accezioni. Non ho mai detto che tu affermi qualcosa di simile, solo che esiste la “Superposizione”, per cui, per fare un esempio, un fotone è sia onda che particella, contemporaneamente, non un po’ l’uno ed un po’ l’altro.
            La funzione d’onda non mi dice le probabilità che una particella sia in uno stato rispetto ad un altro, mi dice le probabiltà che al collasso della stessa la particella prenda uno stato o un’altro.
            Almeno sino a prova contraria.

          • mi dice le probabiltà che al collasso della stessa la particella prenda uno stato o un’altro : esatto.
            Ed il detto collasso avviene al momento dell’esperienza della misura o durante un processo naturale di decoerenza.
            Non vedo in cosa questo tuo commento contraddica le mie affermazioni, casomai le conferma.
            In Pace

          • Come già asserito, il problema non sussiste una volta evvettuata l’osservazione, ma prima. E lo stato di un sistema isolato ad esserlo.

            Ne stiamo parlando da giorni, mi ritiri fuori lo stato della particella osservata?

  5. E’ sinonimo di ortogonale perche’ gli stati formano una base, cosi’ come la formano i vettori x,y che descrivono un piano cartesiano.
    Ma se non vuoi forti mal di testa mi terrei lontano dall’interpretazione formale della MQ. 🙂

    La sostanza della tua domanda, e della mia, e’ appunto che non vedo come questo gergo potrebbe essere usato per descrivere le proprieta’, sperimentalmente verificate anch’esse, che testimoniano il principio di sovrapposizione.

    • Più che il gergo, è che se una particella è in più stati contemporaneamente, o meglio in uno stato che è la sovrepposizione di tutti gli stati per questa possibili, mi sembra che il principio della discussione precedente:

      «È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo»
      Aristotele, Metafisica, Libro Gamma, cap. 3, 1005 b 19-20.

      venga violato. O no? Sto cercando di comprendere questo.

      Tu che ne dici Andrea?

      • Non è violato, in quanto quella frase si riferisce ad attributi “attuali” non ad attributi “potenziali”. Leggete il mio commento ad Andrea alle 19:09 che , spero, chiarisce ciò.
        In Pace

        • Non mi sembra che Dirac faccia questo tipo di differenza. La funzione d’onda, sempre da quello che ho compreso, è del tutto “attuale” in un sistema isolato. Per fare un esempio, un fotone non è potenzialmente sia corpuscolare che ondulatorio, ma è attualmente entrambi, sino ad osservazione.

          • Una funzione d’onda è una rappresentazione matematica delle proprietà misurabili del sistema: se queste proprietà sono misurate non è la stessa cosa che se non lo sono. Nel primo caso abbbiamo proprietà misurate attualmente nel secondo siamo con proprietà misurabili potenzialmente.
            Una potenzialità non è mai reale, finché non se ne riscontra la proprietà nel mondo reale con un esperienza.
            L’evoluzione delle proprietà potenziamente misurabili nello spazio e nel tempo segue le leggi della meccanica quantistica,
            In Pace

          • Ammesso e non concesso che una funzione d’onda sia solo una rappresentazione (le funzioni d’onda si misurano anch’esse, possiamo misurare il raggio quadratico medio e la distribuzione angolare di un livello atomico ad esempio), una potenzialità in senso aristotelico non agisce proprio. Mentre queste “potenzialità” agiscono l’una con l’altra.

          • Una potenzialità Aristotelica non agisce e quella quantistica agisce? Cosa intendi per “agire”?

            Prendiamo il caso di un tizio che cammina lungo una strada che ad ogni unità di spazio ha una biforcazione e ch eil tizio in questione dopo ogni unità di tempo percorre un’unità di spazio: dope due unità si potrà trovare in quattro direzioni diffrenti, dopo 3 in otto e così via di seguito: più il tempo avanza più le direzioni nelle quali lui può trovarsi cresce. La funzione d’onda che descrive la posizione del tizio accresce nel tempo. Allora . agisce o non agisce questa potenzialità? Possiamo anche complicarla permettendo altre persone di incrociare la sua via….

            Di che stai parlando?
            In Pace

          • Confondi la probabilita’ classica, che descrive il moto del tuo viandante non conoscendolo esattamente, e dunque puo’ farlo solo per mezzo di una inferenza statistica (quel concetto di probabilita’ dice solo che, se ripetessimo quell’esperimento N volte e ci fossero k passi, un singolo cammino sarebbe preso un numero di volte che, al tendere di N all’infinito, dipende solo da k in un modo esplicito) con la incertezza intrinseca della distribuzione di probabilita’ dell’elettrone. Nel primo caso il singolo viaggiatore fa il cammino che fa, e il problema e’ tuo che non lo sai per carenza di informazione. Nel secondo l’elettrone e’ proprio (anche) un’onda, per la quale il concetto di posizione non ha senso, che influenza cio’ con cui interagisce come solo un’onda potrebbe fare.

          • Caro “gg”: questa differenza la conosco e non è il punto sul quale metto l’accento, ma su quello di “potenzialità agente”, concetto fumoso di Andrea.

            Nel mio esempio, ho solo mostrato che la funzione d’onda della probabilità di presenza del viandante , benché descritto all’interno di un paradigma classico, “agisce” nello stesso modo che nel caso quantistico: sempre di probabilità di misura si tratta e questa è dipendente anche da possibili interazioni neanch’esse misurate.

            Non c’è differenza ontologica a livello dell’atto.

            Nulla dico in questo esempio circa l’elettrone il quale è uno stato quantico, cioè un insieme di possibili misure che,asseconda dell’esperienza scelta metterà in evidenza misure più efficaci quando l’evoluzione dei loro possibili valori effettivamente misurabili è descritta da un’onda o quando una particella.

            Ancora una vola, è un abuso epistemologico pretendere che un elettrone sia una particella e/o un’onda: su cosa sia un elettrone nessuno ne sa niente e la domanda è pure sbagliata.

            Quel che sappiamo è che le prioprietà misurabili dell’elettrone evolvono nello spazio logico matematico che le descrivono secondo le regole della meccanica quantistica: inferire che l’elettrone sia un’onda o una particella non ha senso. D’altronde fare questo tipo di affermazione è voler ridurre un concetto quantistico ad un’immagine classica.
            In Pace

          • Simon, la “funzione d’onda del viandante” e’ un oggetto non definito, al massimo puoi parlare di distribuzione di probabilita’, che e’ una cosa radicalmente diversa.

  6. Tizio incontra Caio e gli dice che Sempronio lo aspetta al bar, e ci va. Se non avesse incontrato Caio, Tizio sarebbe andato a casa.

    Questo accade tanto nel mondo classico quanto quantistico. Nel mondo classico Aristotele chiama il loro incontro “La potenza che si fa atto”, nel mondo quantistico tu dici di no perché Tizio è potenza, Caio e potenza, solo Tizio al Bar o a casa è atto, e tu manifesti di non interessarti se è stato incontrato Caio e di come abbia AGITO per far cambiare idea a Tizio.

    • Da questo punto di vista dovresti allora capire bene perché sia molto più grave desiderare il male che compierlo.

    • Scusa ma se tu non misuri cioè guardi subito cosa è succeso tra tizio e caio allora la potenzialità degli atti possibili di tizio è cambiata e moltiplicata con i possibili di caio: quindi l’interazione del possibile incontro è tanto “agente” quanto nel caso quantistico. Non vedo nessuna discriminazioe tra “potenziale” in senso aristelico e potenziale in senso “quantistico” fintanto che tu non assumi che tizio abbia a priori già deciso dove andare e che quindi vai oltre al fatto di guardare le proprietà misurabili di tizio e ti permetti di assumere che sai cosa succede nella sua testa, che poi è la congettura classica e non l’assioma aristotelico.
      In Pace

      • Hai presente lo scattering di Rutherford?
        Un fascio di Alfa su un foglio d’oro, gli alfa vengono deflessi da i nuclei d’oro.

        L’interazione (di Coulomb) fra Alfa e nuclei è squisitamente quantistica.

        Quindi il fatto che l’alfa venga deflesso, l’interazione quantistica fra alfa e nucleo, cos’è? Potenza o Azione?
        La posizione e molte variabili di stato del nucleo rimangono indeterminate, la posizione dell’alfa viene cambiata.

        Ora prendiamo lo scattering delle palle da Biliardo, una palla si scontra con un’altra e viene deflessa elasticamente.
        Tutto è determinato.

        Il contatto fra le due palle cos’è? Potenza o Azione?

        • Finché non misurata è potenza. Quando misurata è azione.
          In Pace

          • e cos’e’ la misura per te?

          • E per quale motivo un sistema isolato non sarebbe azione? E’ azione. Come dice GG è la funzione d’onda. Non sta in una sorta di limbo, sta in un stato “nuovo” che èla sovrapposizione degli stati possibili (per quella particella).

            definire questo stato “potenza” di altri stati è del tutto arbitrario. Non è coerente con quanto affermato dalla MQ.

          • La domanda non è cosa sia la misura, ma cosa sia l’atto in metafisica tomista:

            in metafisica è un termine fondamentale; accanto al suo correlativo, la “potenza” (v.), l’a. designa tutto ciò che è perfezione, completezza, realizzazione, mentre la potenza indica ciò che è imperfetto, incompleto, non ancora realizzato.
            Nelle cose materiali l’a. non si identifica mai con l’essere (v.) stesso della cosa, ma soltanto con la forma (v.); mentre la potenza si identifica con la materia (v.). Perciò a. e potenza non sono enti, ma princìpi metafisici dell’ente (v.): l’a. è il principio attivo e la potenza il principio passivo. Cfr “Actus essendi”. Nella fi losofi a cristiana l’atto è studiato anche riguardo all’etica (morale metafi sica) e designa le azioni (v.) compiute da una persona. Per assumere connotazione etica, un a. dev’essere libero, cioè consapevole e volontario.

            Actus essendi (latino = “atto d’essere”): è per Tommaso d’Aquino l’espressione metafisica della realtà, ossia dell’essere (v.) come atto (v.), nel quale consiste la realtà di ogni cosa. Lo “actus essendi” è “atto puro” (v.) solo in Dio (v.), mentre è limitato dalla potenza (v.) negli enti (v.), che sono dunque composti di “actus essendi” e di essenza (v.).

            al che è necessaria anche questa precisazione:

            Actus praecedit potentiam” (latino = “L’atto precede la potenza”): il principio si trova enunciato in Tommaso d’Aquino in questi stessi termini (cfr In II librum Sententiarum Petri Lombardi, dist. 1, q. 1, art. 1) oppure in una forma analoga: “Actus est prior potentia [= L’atto è anteriore rispetto alla potenza]” (Summa theologiæ, I, q. 82, art. 3); esso risale ad Aristotele (cfr Metafi sica, IX, 13) e sta a indicare il primato dell’atto (v.) sulla potenza (v.); questa legge metafi sica vale anche dal punto di vista gnoseologico, in quanto si conosce una potenza o possibilità (v.) proprio a partire da ciò che è in atto: cfr “Ab esse ad possevalet illatio”.

            Ultima ma non ultima (bensi principio primo):

            “Ab esse ad posse valet illatio” (latino = “Da ciò che è si può legittimamente inferire ciò che può essere”): effato scolastico che sta alla base della logica realistica, per la quale i dati (v.) dell’esperienza (v.) – la quale ci mette a contatto con realtà attuali, con l’esistenza di fatto – costituiscono il punto di partenza di ogni congettura sulle realtà possibili; in altri termini, questa norma logica rifl ette il processo della conoscenza metafi sica, che individua la potenza (v.) a partire dall’atto (v.). La norma contraria è questa: “A posse ad esse non valet illatio [= Non si può inferire una realtà di fatto da una mera possibilità]”.

            taken from Antonio Livi, Dizionario critico di Filosofia

            Ora forse il percorso epistemologico di Simon è più chiaro.

          • Ogni conoscenza mediata dai sensi e’ una rappresentazione, che coglie un aspetto della realta’ che si osserva, ma non la esaurisce. Quel che il fisico afferma e’ che cio’ che permette di descrivere coerentemente con i fatti un elettrone e’ una funzione d’onda, dire che l’elettrone e’ tale funzione e’ quindi sicuramente un po’ una forzatura, ma lo e’ molto meno che dire che la funzione d’onda e’ un artificio/diavoletto/omino verde che fa tornare i conti. Io trovo assai poco interessante definire a parole queste cose (si rischia di elencare quel che a me sembrano parole piu’ o meno ambigue nella definizione da te riportata sopra), che si definiscono da se’ attraverso la formalizzazione che se ne da’, ma se proprio lo si vuole fare si puo’ forse dire che non si puo’ parlare della particella come ente senza considerarne l’aspetto ondulatorio, che non ne e’ una proprieta’ accidentale ma e’ qualcosa che la costituisce come il corpo e’ parte dell’essenza dell’uomo, pur non esaurendola. Se si esce da questo, si arriva alla non intellegibilita’ del reale, e in ultima analisi ad affermare la sua non esistenza. E’ il paradosso di una razionalita’ che, pretendendo di applicare i propri modelli ad ambiti non adatti e con linguaggi non adeguati, finisce per distruggere il reale stesso in quanto razionalmente comprensibile.

          • GG, tu non puoi parlare di ESSERE, ma al massimo di una proprietà dell’ESSENZA che si rapporta all’ESSERE secondo il principio della POTENZA e dell’ATTO in questo mondo concreto.
            Questo mi sembra che voglia intendere Simon. Della serie: voi fisici fate le vostre misure e dichiarate le proprietà di ENTI che in questo mondo appaiono reali. Il resto fatelo fare ai metafisici che se vorranno discorreranno dell’essere e dell’apparire e del divenire tenendo conto di queste proprietà. Ma anche no (attendo la risposta alla domanda sotto per capire meglio questo punto)…

            Ad esempio un metafisico tomista ti dirà che tu stai misurando una proprietà di un ente che appare nel mondo in forza di un atto emerso da innumerevoli potenze e che tale potenza è espressione dell’essere in rapporto all’essenza che nel mondo concreto appare unito, ma è in rapporto subordinato (l’essenza dipende dall’essere). Al che quando dirai che l’elettrone E’ onda e particella il metafisico sorriderà e dirà che non puoi dirlo perché l’essere non è certo POTENZIALITA’ di un ente essendo L’ESSERE per definizione ATTO!

            ATTENZIONE ORA:
            Dire che un elettrone E’ onda/particella è una affermazione metafisica che comporta la successiva esplicazione di cosa sia dunque l’essere e di renderlo coerente con tale affermazione! O mi sbaglio?
            Bona, ribaltiamo tutto e proviamo a sostenere che il mio parlare di “essere” in questa frase va inteso in senso FORTE: cioè METAFISICAMENTE l’ontologia di un elettrone è essere e non-essere insieme! Ma come spiegare che l’essere può anche non-essere allo stesso tempo? dunque ciò che esiste in realtà non-esiste allo stesso tempo e dunque io sto scrivendo e non-scrivendo allo stesso tempo e quindi il mio definire l’essere è un non-definire l’essere.
            Come ne esci da una tale incoerenza? Come puoi affermare una cosa che smentisce la cosa stessa? Non puoi.
            Ma se invece non puoi fare altro? Se ti ritrovi con in mano una metafisica incoerente? Dovrai necessariamente tacere poiché ogni cosa che pensi circa l’essere è e NON-è necessariamente dunque tu hai ragione e torto. Ma anche il tuo pensare l’essere è e non-è giusto necessariamente!
            Pertanto concluderai che semplicemente l’uomo non può comprendere il reale e dunque il comprendere è pura illusione e gli scienziati (tutti, metafisici compresi) sono scopatori di mare.
            MA ESISTE UN MODO PER NON RITROVARTI CON UNA ILLUSIONE IN MANO?

            SI! Simon sta salvando tutti, capite? 🙂

            Al che la domanda: ma chi ha deciso tutto questo?! Da dove saltano fuori ‘sti principi metafisici di “essere” ed “essenza” e blablbal?!
            Eh… dal senso comune che il reale percepito, COME E’ PERCEPITO, esista a priori (!) e poi dalla storia della metafisica: questi principi FUNZIONANO come teorie filosofiche e PARE SPIEGHINO l’ESISTENZA e l’ONTOLOGIA del REALE! Ci sono metafisiche sceme e metafisiche strepitose. Quella tomista è una teoria metafisica strepitosa.

            “Dunque essendo teoria anche questa è come la fisica, che non può parlare dlel’esssere! Quindi nemmeno la metafisica può pretendere di sapere cosa sia l’essere e blabla..”

            Calma.
            Primo la metafisica pretende di parlare dell’essere e lo fa secondo regole non empiriche, ma razionali e logiche. Certamente essendo TEORIE SCIENTIFICHE METAFISICHE non possono pretendere di definire COSA SIA IL REALE e COSA SIA L’ESSERE senza se e senza ma, ma questo è il bello di essere (ehm…) uomini finiti all’interno di un panorama CHE CI COMPRENDE.
            Infatti la domanda cardine è sempre quella: come si può pretendere di comprendere cosa sia L’INTERO, e con esso le proprietà di parti di questo intero, se si è parte dell’intero stesso?! Ovvio che la conoscenza sarà sempre parziale. Questo vale per la fisica e vale per la metafisica, perché vale per la conoscenza umana tout cour.

            L’uomo può al massimo puntare ad un PRINCIPIO di COERENZA fra le scienze possibili. E dalla mia conoscenza banale e massimale arrivo ad affermare che l’unica coerenza finora disponibile fra le scienze umane è quella aristotelico-tomista che riesce ad unire vari ambiti in una teoria del reale perfettamente logica, anche se naturalmente in fieri: il filosofo di natura è scettico ed eterno studente del reale.

          • @ Andrea 25 marzo alle 09:52 : alla tua domanda e cos’e’ la misura per te? : ho descritto cosa intendo misura ed esperimento nel post introduttivo di questo therad.

            @ Mauro1971 25 marzo alle 11:07: alla tua domanda E per quale motivo un sistema isolato non sarebbe azione? : (a) e chi ha mai detto il contrario? La funzione d’onda descrive le probabilità di quel che si potrebbe ottenere come risultato se si facesse una misura in un tempo dato ed in uno spazio dato: niente di più e niente di meno.
            In Pace

          • Mi spiace non sei stato abbastanza esaustivo per permettermi di capire. Sono tardo e cocciuto e richiedo molte spiegazioni.

            Hai parlato di proprietà “misurabili” e tutto si basa su quello, ma non ho capito cosa esattamente avviene in una misura, secondo te?

            Come, istante per istante, si trasforma una potenza in azione, cosa la fa cambiare, e soprattutto come avviene e perché avviene automaticamente il viceversa (dato che se faccio cadere il sistema in un autostato di qualcosa, diventerà indeterminato su un’altra proprietà).

          • Andrea, e’ una domanda cattiva, lo sai che e’ uno dei peggiori problemi…

            e tra l’altro e’ il cuore del problema della mancanza di realismo, o piu’ esattamente del soggettivismo, della posizione per cui l’ente esiste come tale (o in atto, o come si voglia dire) solo quando e’ osservato, tesi che hanno sostenuto fisici di prim’ordine

          • E’ una domanda ottima alla quale rispondo in modo metafisico sotto. 🙂

        • Ogni esistente è per definizione potenzialità ed attuazione. Non si confonda l’azione con l’agire perché l’azione è del tutto pratica-dinamica.

          Tecnicamente la successione di momenti fino all’impatto è sempre attuale, essendo però determinato, è tutto potenziale.

          • Non ho capito, potresti parafrasare di piu’ per favore?

          • Manca forse l’idea di cosa sia L’ESSERE in metafisica tomista, Andrea. Ed è necessaria anche l’introduzione del concetto ESSENZA quando si parla di enti che non siano puri e semplicissimi.

            Sono due principi METAFISICI DIVERSI che nella realtà appaiono uniti poiché uno dipende dall’altro, ma lo sono solo nel rapporto fra potenza ed atto nelle realtà concrete (in teoria filosofica della creazione si dice “nelle realtà create).
            Da un punto di vista metafisico esiste uno e un solo ente dove tali principi trovano unione sostanziale ed è nell’actus essendi proprio dell’essere per sé sussistente, l’atto puro quale somma di perfezioni – il necessariamente semplicissimo, l’increato o meglio il creatore per la teoria della creazione – che qualcuno chiama insistentemente Dio.
            L’essenza è l’elemento formale costitutivo di una cosa, ossia ciò che la assegna a una determinata specie, e allo stesso tempo la separa da tutte le altre cose e la limita (perché è quello e non altro necessariamente).
            Entriamo dunque qui nel concreto della mia banale intuizione che Simon ha saputo correggere nell’impostazione e nei termini per dargli finalmente la forma che stavo cercando.
            I due princìpi, ESSERE/ESSENZA, appaiono fisicamente uniti nell’esistente concreto, ma si distinguono dal punto di vista logico per una diversa funzione metafisica: infatti come dicevo essenza e atto d’ essere si trovano nel rapporto di potenza e atto, perché è solo in virtù dell’essere che può avere realtà attuale ciò che è meramente possibile.
            Senza essere non esiste nemmeno l’esistenza. Senza essere dunque non può esistere nemmeno la possibilità di esistere. Dunque tutto discende da cosa sia questo benedetto Essere e per Tommaso l’essere è “atto”, come specificato sopra e i due principi si identificano solo in un ente che NON ABBIA DELIMITAZIONI e che sia atto puro eterno ed immutabile e per sé sussistente. Quello che molti chiamano Dio.

            L’essenza non basta da sola a formare l’essere di un ente poiché l’essenza nel mondo materiale reale presuppone l’atto di essere.

            L’essere per Sé sussistente benedica Livi da cui ho attinto per queste informazioni e mi perdoni se ho scritto baggianate. Piuttosto, qualche filosofo all’ascolto faccia pure la parte del leone correggendomi, mentre io torno mestamente a studiare.

          • E’ forse migliore, viste anche le aspirazioni della cosmologia fisica, chiamare l’essere Uno e potenza ed atto le sue polarità della dualità primordiale.
            Quel che è puro accidente è il puro quantitativo, l’essenziale la qualità prima, Spirito e Materia.

            La materia è un mero campo di indagine e descrizione delle qualità messe in esistenza, colte queste, è ad esse che ci si deve correlare giacché il principio d’individuazione è inintelligibile ergo non permette un’ascesa realizzativa, una liberazione sintetica, un’integrazione.
            Questo è il senso della religione.

            Il problema delle scoperte scientifiche attuali è che servono il consumo,il conflitto, la circuizione ( in analogia alle tre concupiscenze ) e rimangono estranee alla meditazione ed alla deontologia che ogni scienza implica.

        • Vedi Minstrel, ciascuno di noi e’ abituato a usare linguaggi che gli sembrano del tutto naturali, e trova strano che altri non li capiscano. E’ sicuro che io non sia a mio agio con un qualsiasi tipo di quel che tu chiami metafisica. Ad esempio, non riesco a evitare di ritenere un gioco di parole il discutere di essere o essenza, senza che di tali parole sia data una definizione precisa: e, vivaddio, la definizione, scusami, non c’e’, se non con un po’ di altre parole che spostano il problema. Non riesco a non appassionarmi al concetto di potenza e atto, quando poi vedo discutere, come spiegazione, di funzioni d’onda per descrivere un concetto classico. Ma il discorso vale anche al rovescio, perche’ da parte del tuo post deduco che, come e’ naturale, la materia del contendere ti sia poco chiara. Non si sta assolutamente discutendo di coesistenza tra essere e non essere, bensi’ di un concetto assai diverso, che e’ impossibile descrivere se non con formule ma che qualitativamente dice, ad esempio, che il concetto di posizione di una particella e’ mal definito in termini di fisica classica, ma e’ invece descritto da una distribuzione di probabilita’, in modo simile (ma, in realta’, profondamente diverso) al fatto che un’onda sonora non e’ in un solo posto. Se questo e’ difficilmente compatibile con delle parole dette qualche millennio fa, la soluzione non e’ negare quel che l’esperienza mostra essere proprieta’ intrinseca degli oggetti osservati, ma discutere quelle parole.

          La posizione di Simon mi lascia quindi assai perplesso, perche’ mi sembra neghi che le possibilita’ di interazione con il reale siano a livello piu’ profondo di quello simbolico/mitologico o come diavolo si voglia dire. Le scienze dure sono rispettabili perche’ funzionano, ma se avessimo un corano scientifico che, calato dal cielo al posto degli esperimenti, ci comunicasse con esattezza tutte le grandezze fisiche che vogliamo conoscere, sarebbe esattamente lo stesso: se non c’e’ alcun aspetto dell’essenza delle cose che viene svelato dal metodo scientifico, esso non ha valore che di strumento. Non c’e’ alcuno scienziato che la pensi cosi’, e questo tipo di posizione oltre a scavare un abisso incolmabile (e a far venir assai poca voglia di studiare discipline che propongano tali tesi 🙂 ) mette secondo me in dubbio la conoscibilita’ del reale in quanto tale, una posizione hegeliana potenzialmente distruttiva. Ma non avro’ capito io, probabilmente. Tuttavia mi sembra assai difficile trovare una sistesi tra posizioni che ormai mi sembrano radicalmente diverse.

          • la soluzione non e’ negare quel che l’esperienza mostra essere proprieta’ intrinseca degli oggetti osservati, ma discutere quelle parole.

            Simon non dice affatto questo, dice solamente che i fisici non possono pretendere che tali proprietà osservate negli enti abbiano NECESSARIAMENTE una valenza ONTOLOGICA!
            L’ontologia di un ente sta un piano più in alto rispetto alla comprensione di una proprietà dell’ente stesso poiché tale proprietà DIPENDE IN QUESOT MONDO REALE dall’ontologia stessa ed è il reale a dimostrarlo, cioè senza essere non esisterebbe nemmeno la possibilità di esitenza di quello che tu pretendi di misurare e/o chiarire cosa sia! E’ la logica, no? E’ il senso comune di Livi per dirla in logica aletica.
            Dunque dire che la proprietà definisce l’ontologia dell’ente significa NEGARE questa DIPENDENZA di cui sopra e dunque è definire LA PROPRIETA’ di un’ESSENZA come ESSERE!
            Dunque TUTTO è ESSERE ed è NECESSARIAMENTE immutabile!
            Dunque eccoti a Severino che rilegge Parmenide.
            E infatti Severino ebbe come maestro Bontadini, un tomista che però cercò di leggere il reale secondo la CONTRADDIZIONE!

            Dunque ecco che io scrivo ma non-scrivo affatto perché tutto l’essere è ETERNO, IMMUTABILE e il divenire (comprensivo del vostro lavoro di comprensione del reale fisico e del lavoro dei metafisici di comrepnsione del reale in aspetto metafisico) è una cazzata.
            E’ la morte della metafisica. Inizio 900. E con essa la morte della fisica.

            Ehi calma calma! Però la fisica “funziona”. Cioè? Cioè è UTILE! quindi?
            Beh, allora da una parte si demolisce la metafisica perché da fastidio con i principi primi che praticamente parlano di Dio ogni due per tre e dall’altra si innalza la scienza seconda a costruttrice del reale ontologico, non fa niente se poi alla fine non c’è coerenza e così facendo la logica vuole che la fisica sia scopare il mare.
            Per questo ogni due per tre dico (e non solo io) che il mondo di oggi si basa su una metafisica contradditoria.
            Va beh, acqua passata. Il tomismo sta tornando, tremate.

            😀

          • “dire che la proprietà definisce l’ontologia dell’ente”

            e chi ha detto questo? Ho detto invece che la natura della particella non si puo’ comprendere senza quella proprieta’, il che e’ ben diverso. Mi pare, e se sbaglio basta dirmelo perche’ potrebbe benissimo essere, che invece qui si sia detto che quel che si osserva NON E’ legato all’essere della particella che si osserva, ma ne e’ in qualche modo una connotazione accidentale, il che secondo me e’ semplicemente falso e mina alla radice la possibilita’ di conoscenza del reale.

          • Da lì la mia domanda a Simon in fondo: in quale misura dunque il metafisico dovrà tener conto del lavoro del fisico sulle proprietà di un ente in uno spazio logico matematico, per la sua riflessione sull’ontologia di tale ente?

            🙂

          • Resta il fatto che la metafisica può inlinea di principio prescindere da una proprietà di un ente per cercare di comprendere l’ontologia di tale ente e credo che tutto deriva da quella distinzione Essere/essenza di cui sopra.
            Ma mi astengo dal crearti confusione finché Simon o Trianello o Claudio (gli unici qui titolati per una risposta accedemica) non arrivi con un chiarimento per me finale.

          • Mi riesce difficile capire Minstrel. Tu puoi studiare l’ontologia, qualsiasi cosa essa sia, di un ente (in questo caso, che so, un elettrone) prescindendo da quel che l’osservazione dice su di esso? A cominciare dal fatto che senza qualcuno che l’abbia osservato, con metodi adeguati all’oggetto in questione (che mostrano come esso abbia sia un aspetto corpuscolare che uno ondulatorio) tu non avresti nemmeno idea che di una cosa chiamata elettrone si debba parlare?

  7. e ke dovete fa la bomba a tomica?

  8. ai reverendi
    ma quando predicate fate lezioni fisica matematica teologia………….

  9. trini t c s

  10. Leggendo tutti i commenti eccomi con due domande.

    Correggimi se sbaglio Simon.

    Dichiarare che un elettrone è Onda e particella insieme dunque non è fare una affermazione fisica (supportata cioè dalla scienza esatta della fisica), ma bensì metafisica poiché si pretende di definire l’ontologia di un ente semplicemente basandosi sulle sue diverse proprietà misurabili?

    Altra domanda in caso di risposta positiva: in quale misura dunque il metafisico dovrà tener conto del lavoro del fisico sulle proprietà di un ente in uno spazio logico matematico, per la sua riflessione sull’ontologia di tale ente?

    • (a) La risposta alla tua domanda è sì per la seconda parte di essa: cioè è vero che pretendere che l’elettrone sia davvero onda e particella strictu sensu al tempo stesso è fare ontologia ed è entrare in un campo che và aldilà della fisica, cioè etimologicamente che è metafisica.

      Onda e particella sono due realtà differenti del mondo macroscopico: l’onda del mare ed il pallone che si comportano in modo molto differente quando li si osserva. In altre parole quando guardo un’onda guardo cose differenti che per un pallone: ad esempio un pallone si muove solo in una sola direzione in linea retta mentre un’onda del mare si propaga in due direzioni contemporaneamente. Affermare che qualcosa nel mondo reale è onda e particella è dunque profondamente contraddittorio e semanticamente non vuol dire niente anche se c’è una semiotica che lo esprime. Al meglio è preferibile riconoscere lo “status” epistemologico particolare di quella realtà senza volergli appiccicare un valore ontologico impossibile: per questo preferisco dire che un elettrone è uno “stato quantistico” della materia senza emettere un giudizio affibbiandogli nature contraddittorie.

      (b) La prima parte della tua domanda invece non è precisa come dovrebbe. Cosa vuol dire fare un’affermazione fisica? Vuol dire guardare alle proprietà misurabili della materia: siamo in un’ottica ristretta , e di molto , rispetto allo sguardo ontologico/metafisico. Ci si limita alle misure attuali o potenziali e si consta che le relazioni matematiche che rilegano queste proprietà tra di loro sono logicamente strutturate in un modo particolare differente di quando si guarda un pallone o un’onda. Quindi metaforicamente il fisico ha il diritto di dire che è un’onda ed una particella assieme, stenografando in realtà la frase completa che sarebbe “le proprietà misurabili dello stato quantistico chiamato elettrone obbediscono a leggi di moto che, dipendenti dai potenziali contesti sperimentali, possono considerarsi analoghe alle proprietà misurabili di una particella e/o a quelle di un’onda nella fisica classica”

      (c) Il metafisico deve assolutamente tener conto delle proprietà scoperte dal fisico in quanto queste partecipano veramente della natura dell’oggetto studiato sotto la perspettiva della misura: cioè il metafisico non può asserire qualcosa le cui note matematiche, geometriche, fisiche non tenessero conto delle costrizioni che il fisico ha scoperto. Sarebbe errato ad esempio per il metafisico dire che un elettrone è una particella nel senso classico del termine, cioè una pallina.

      L’altro punto di incontro importante è nel tener conto della struttura logica del reale: la fisica è la sola scienza capace di stabilire quale sia la struttura logica del mondo fisico e questo è importantissimo perché su questa logica del mondo fisicosi costruisce poi il metodo della ricerca metafisica .

      In Pace

      • Affermare che qualcosa e’ sia onda che particella e’ profondamente contradditorio nel mondo macroscopico, ma e’ invece quel che accade nel mondo microscopico, che ha le proprie leggi che vanno contemplate con umilta’: se fosse necessario considerare assurdo che una particella si comporti come un’onda, i fotoni singoli che nell’esperimento delle due fenditure vanno dove non potrebbero andare allora mostrerebbero nientemeno che l’inconoscibilita’ del reale, o la sua dipendenza da una divinita’ di tipo islamico, non cristiano, che fa quel che vuole senza darci traccia del perche’: che ci siano degli strani geroglifici matematici che invece spiegano dove essi vanno non sarebbe allora una forma di conoscenza, ma l’equivalente di un diavoletto che ci indica dove sono finiti, a suo capriccio. La faccenda del dualismo sembra piu’ contradditoria di altre ma, come ho gia’ detto, non c’e’ invece una sola legge fisica (a partire dal concetto di forza, per passare dal misteriosissimo concetto di campo classico, ed arrivare, ad esempio, al quello di curvatura dello spazio-tempo, pur quando il tensore energia-momento e’ zero) che non superi la nostra comprensione ma che, ciononostante, non sia almeno in parte razionalmente comprensibile e non mostri la traccia di cio’ che e’ l’oggetto che si descrive.

        Condivido invece il fatto che ci sia un aspetto metaforico nella descrizione. Ma e’ molto piu’ forte il legame con la realta’ di cio’ che si osserva di quanto lo sia il limite della nostra costruzione.

        Resto dell’idea che ci sia un serio pericolo in una posizione che, a mio parere, rischia di finire per essere radicalmente non realista.

        Grazie Simon per la pazienza, ma su questa faccenda ho convinzioni molto radicate, e mi sembra ci sia in gioco qualcosa di serio.

        • mi sembra ci sia in gioco qualcosa di serio. : già! 😉
          In Pace

        • Caspita, ma perché a me sembra che l’esatto contrario ponga serie minacce al reale visto che presupporre che l’ente ontologicamente è contradditorio pone di fronte il pensatore alla insanabile necessità che l’essere sia per propria natura inconoscibile poiché se credi di poterlo conoscere e ciò che conosci è contradditorio allora il tuo conoscere è in realtà illusione di conoscenza.
          Severino Docet.
          Bontadini dimostrava l’esistenza di Dio mediante il contradditorio nel reale.
          Severino è andato oltre dicendo che se ilr eale è contradditorio allora è impossibile che esista, ma se esiste necessariamente è IMMUTABILE, dunque il divenire è illusione.

          E infatti ci sono tomisti come Alessandro Sanmarchi che denunciano il contradditorio di Bontadini.
          Ma al di làd iq uesti aspetti puramente storici della filosofia, quello che mi sembra faccia Simon è proprio cercare di salvare il reale.
          Il reale se è contradditorio non esiste.
          PUNTO.

          • Ma esiste, quindi non può essere contraddittorio.
            Grazie Minstrel
            In Pace

          • Il punto e’ che quel che a voi sembra una contraddizione per me non lo e’ affatto, ma evidentemente non riesco a spiegarmi. E mi sembra inoltre che negare che quell’oggetto che chiamiamo informalmente particella abbia le proprieta’ che ha, sulla base di presunte contraddizioni con un ragionamento che a me sembra a priori e non docile alla realta’ stessa per come essa e’, almeno potenzialmente porti a negare la conoscibilita’ del reale stesso. E ogni fisico desidera per prima cosa proprio salvare il reale (non so se questo si possa dire di ogni filosofo 🙂 ). Se quella cosa che, come sopra, chiamiamo particella, non ha nella sua natura un aspetto che noi, in modo analogico, chiamiamo ondulatorio, e’ il solito diavoletto che allora la fa andare dove va, e il reale non e’ conoscibile. Non importa niente, in linea di principio, che la meccanica quantistica funzioni, perche’ lo stesso tipo di conoscenza, non ontologica, verrebbe equivalentemente anche da un elenco di traiettorie fornitoci dal diavoletto a proprio capriccio: importa proprio che quella conoscenza riveli una parte essenziale, l’unica descrivibile in termini precisi, dell’oggetto che si vuol conoscere.

          • Certamente quello che misuri è PROPRIETA’ dell’essere, ma non può ESSERE l’ESSERE INTEGRALMENTE PENSATO pena la dissoluzione del reale che TUTTI NOI QUI abbiamo a cuore! 🙂 E non lo fai solo perché così salvi il tuo lavoro da fisico e il nostro da metafisici (mi butto dentro anche io!), ma perché è la logica stessa del reale ad imporre che l’essere sia presupposto dell’essenza di un ente, essenza che possiede molteplici proprietà. tento di spiegare meglio sotto riprendendo quel che scrivevo in PM ad andrea.

  11. Pur se di quello che si parla non capisco niente -per colpa della mia ignoranza in materia- mi sono letto tutto l’articolo e i commenti, e trovo il tutto semplicemente FANTASTICO!
    Ci mettete passione e avete talento, c’è spirito agonistico ma senza falli, e male che vada che uno gli scappa una palla nulla cambia.
    Questo è fare blog e blogging. -altro che pensare ai lefebvriani- i miei comlimenti (e a scanso di equivoci il tutto è detto con la massima sincerità senza alcuna ironia). Bravi!

    • Grazie. Anche a te per la tua pazienza e del tuo sprono. 🙂
      Io non posso che essere infinitamente grato a chi sta partecipando a questa che si sta dimostrando essere una vera e propria DISPUTA MEDIEVALE. Stiamo infatti “pulendo le idee” gli uni gli altri, per arrivare ad compartire un concetto sul reale che possa essere condiviso, che sia quanto meno coerente con il nostro stesso parlare e possa soddisfare il nostro inesauribile desiderio di comprensione dello stesso reale.

      Tu lo chiameresti desiderio di infinito. E sappiamo entrambi in fondo alla strada chi c’è. 😉

    • Grazie Ubi per lo sguardo positivo.
      Croce-Via vuole essere un crocevia: in questo specifico thread proviamo a farlo tra fisici e filosofi.

      Anche io, come Minstrel,desidero ringraziare tutti gli interlocutori malgrado la difficoltà di esprimersi solo per iscritto e senza l’uso di “formule” matematiche o logiche.
      L’interesse non è di convincere oppure no: il nostro obiettivo dovrebbe essere semplicemente di capirci: finché non ci capiamo vale la pena di proseguire.

      In Pace

  12. Mi riesce difficile capire Minstrel. Tu puoi studiare l’ontologia, qualsiasi cosa essa sia, di un ente (in questo caso, che so, un elettrone) prescindendo da quel che l’osservazione dice su di esso? A cominciare dal fatto che senza qualcuno che l’abbia osservato, con metodi adeguati all’oggetto in questione (che mostrano come esso abbia sia un aspetto corpuscolare che uno ondulatorio) tu non avresti nemmeno idea che di una cosa chiamata elettrone si debba parlare?

    Vediamo se riesco a far casino: una proprietà misurata di un ente in un dato spazio logico non può corrispondere ovviamente alla ontologia INTEGRALE dell’ente stesso poiché ciò che hai in mano è solo UNA PROPRIETA’ fra POTENZIALI proprietà (finite o infinite) misurabili IN ALTRI SPAZI LOGICI.
    Da qui l’analogia del pallone di Simon.

    Ma nemmeno si può dire che una proprietà misurata in un certo momento in un certo spazio logico debba necessariametne far parte dell’essere in quanto essere di quell’ente! QUI STA IL QUID!
    L’essere metafisico non corrisponde infatti con le caratteristiche prorpietarie di un ente misurabili in un dato spazio logico, bensi con la sua ESISTENZA A PRIORI stessa dell’ente, l’a-priori è principio primo del realismo infatti. Cioè in altre parole l’essere stesso è PRESUPPOSTO di ogni proprietà di un ente, COMPRESA la possibilità di esistenza dell’ente stesso, possibilità che possiamo definire ESSENZA MISURABILE CONTESTUALE (è un mio neologismo filosofico nato in due minuti, occhio a non cercarlo o a volerlo prendere per buono perché necssiterebbe di studi decennali per meglio comprenderlo per me e quindi figuratevi per compartirlo, o lo cogliete per intuizione come mi pare di coglierlo io oppure gettate questa frase e andate avanti). L’esistenza di un ente dunque presuppone un livello più alto che è l’ESSERE. Se dunque è verissimo dire che la prorpietà misurata in un determinato contesto comparabile ad un reale per analogia, corrisponde all’essenza misurabile in quel contesto di tale ente IN ATTO IN QUEL CONTESTO, non è possibile dire il contrario e cioè che tale essenza misurabile debba necessariamente parlare del presupposto di tale essenza, presupposto che qui abbiamo sempre chiamato ESSERE.

    Non è possibile perché la logica lo vieta. O almeno così mi pare.

    E’ la DIPENDENZA fra ESSERE ed ESSENZA, in rapporto atto/potenza, a creare tutto.

    Questo è quello che ho capito. 🙂

    • Io invece non ho capito!!!

      Ci sono dei tizi che scoprono delle particelle. Dopodiche’ succede che pero’ queste cose, della cui esistenza nemmeno si saprebbe se qualcuno non le avesse scoperte, non possono avere le proprieta’ che quei tizi hanno visto, perche’ queste sono contro un qualche principio, e tali proprieta’ diventano solo allegorie di qualcosa di inconoscibile, allegorie che, come dicevo, potrebbero parimenti comparire in un ipotetico corano scientifico disceso dal cielo, visto che l’osservazione e’ una specie di mito o di narrativa. L’osservazione serve solo a stabilire che esiste un ipotetico ente, che non e’ accessibile direttamente, e quel che vediamo e’ una specie di rappresentazione, per cui invece di un elettrone potremmo vedere, che so, una ballerina di flamenco, e il contenuto di realta’ delle due cose sarebbe lo stesso, cioe’ nessuno. Se le cose stanno cosi’, mi sembrerebbe piu’ ragionevole togliere quasiasi ruolo all’osservazione, che potrebbe essere, forse piu’ logicamente, un puro inganno. Se questo e’ quanto si sta dicendo, la frattura tra questa posizione e il metodo scientifico mi sembra totale e irrimediabile.

      A me pare infatti che separare cio’ che la nostra natura sensibile sperimenta, dalla natura ultima di cio’ che si e’ sperimentato sia un gravissimo rischio. Tu non puoi separare te stesso dal tuo corpo, sappiamo che lo ritroveremo in una forma che per ora ci e’ misteriosa, ma esso e’ parte inscindibile di noi, e il modo in cui esso si esprime ora non coincide magari con il corpo stesso come ente (qualsiasi cosa cio’ voglia dire, perche’ purtroppo per me queste rimangono frasi incomprensibili), ma come e’ errato (forse, ho i miei seri dubbi) far coincidere la natura del tuo corpo con cio’ che tocchi quando ti gratti la testa, e’ altrettanto errato separare la testa che tocchi dalla natura del tuo corpo, come se il fatto che tu abbia un corpo sensibile qui e ora fosse un mero accidente. Mi sembra, ripeto ancora, un procedimento tipico del disastroso idealismo hegeliano, se gli specialisti non mi sparano per questo. Su questo, mi spiace, non penso sara’ possibile smuovermi, mi sembra il principio di qualsiasi visione realista.

      • simon kiedo lavori al cern a ginevra?

        • Tra i miei preccati di gioventù, cara Lieta, ho fatto un master in fisica matematica ( quella parte della fisica teorica che si occupa di vagliare le matematiche usate dai fisici) eppoi un dottorato in fisica delle particelle e effettivamente parte della ricerca ebbe luogo al CERN.
          Gioventù, gioventù, che ci hai visto fare! Ma nessun rammarico 😉
          In Pace

      • Direi che ha cominciato a rispondere SImon. Effettivamente alla mia riflessione mancava completamente il ruolo fondante della filosofia della natura atto a comprendere mediante quale logica agisce il reale fisico e quindi su questa medesima logica il filosofo costruisce il metodo della ricerca metafisica.

        • Il problema è: con quali strumenti?

          A occhio nudo vedo un puntino luminoso e posso scoprire che si muove in modo diverso dalle altri luci nel cielo che invece sono fisse nella loro distanza tra loro. Posso vedere che è più luminoso delle altre luci, che ruota intorno alla terra è che è la prima luce che sorge di notte. La posso chiamare Venere quella luce.
          Posso notare che le varie luci nel cielo non ci sono sempre, che appaiono e scompaiono dal cielo lasciando posto ad altre e che questo segue il ciclo delle stagioni, così come l’altezza del sole nel cielo, e quindi pensare che così come agiscono sul grano e sulla natura, influenzino anche la nostra vita. E nasce l’astrologia.
          Se in questo processo ci interpongo un cannocchiale, cambia tutto. Se poi ci metto Hubble, cambia ancora di più, soprattutto se lo associo a strumenti che misurano i raggi x o altre radiazioni cosmiche, vedo cose che neppure potevo immaginare neanche col cannocchiale, e cambia tutto.

          Alla base anche della filosofi c’è l’osservazione di un oggetto o di un evento, è il renderci conto che senza strumenti con le loro sacrosante misure, ciò che possiamo sapere di questi è quantomeno molto limitato se non addirittura sbagliato o fuorviante.

          Per non parlare poi quando si va su temi particolarmente complessi come “il pensiero”. tema sul quale con Minstrel abbiamo chiacchierato altrove. Una persona che si mette a pensare cosa sia il pensiero… beh, rispetto alla scienza odierna non ha davvero alcuno strumento di osservazione, per il semplice motivo che non può nè individuare cosa esso realmente sia, nè capire come funzioni.
          Il nostro pensiero non è uno strumento di osservazione, ma di elaborazione dei dati che gli arrivano da strumenti di osservazione che noi chiamiamo sensi, e dal discorso astrologia di cui sopra, ed anche per l’estrema evidenza della cosa, sono molto limitati per un’analisi approffondita della “realtà”.
          Noi non percepiamo il nostro pancreas produrre insulina, o le ghiandole produrre ormoni (ma ne sentiamo gli effetti sul nostro stato emotivo, anche se non abbiamo idea arrivi da li), o la cistifellea produrre la bile.
          Noi non siamo consapevoli del nostro funzionamento interno, e così anche per il nostro cervello.
          Solo recentemente, rispetto ad un Aristotele o ad un Tommaso, abbiamo acquisito questa conoscenza e si è potuta “osservare” l’attività celebrale e comprendere che è con quello che non solo pensiamo, ma prpoviamo emozioni e molto, molto altro.

          E’ assurdo pensare che le osservazioni fatte anche millenni fa da persone con una conoscenza limitata e senza strumenti adatti di osservazione possa risultare accurata o valida ancora al giorno d’oggi.
          Ciò che osservavano loro non è ciò che vediamo oggi.

          Ergo, anche qui con la MQ siamo di fronte alla stessa cosa. Non capisco il motivo di voler piegare la scienza ad una coerenza a priori con filosofie basate su osservazioni spesso incomplete o addirittura errate.

          Ma non è il caso di adeguare determinati “principi” al nuovo osservato? A me sembra più logico.
          Il contrario è un lavoraccio, e comunque resta sempre un po’ sbilenco.

  13. be qualcosa azzeccato sei multieclettico Simon

  14. Aspetto di capire se le mie riflessioni sono carenti in terminologia e concetti prima di ricominciare con le domande. Vorrei capire infatti se ho azzeccato parlando di essere ed essenza basandomi su Tommaso e se ho descritto in maniera quanto meno passabile il loro rapporto nel reale fisico. Personalmente poi credo sia importante che i fisici qui presenti capiscano la posizione di Simon.

    • Dal mio punto di vista caro Minstrel i tuoi commenti sono giusti: ovviamente fraserei a volte le cose in modo un po’ differente, ma non ho niente da ridire sul quel che dici in quanto tale.
      Tommaso azzeccato quindi.
      Beh sarebbe bello che ci si capisse:capirsi non vuol dire per forza essere d’accordo, ma è il solo modo per stabilie in seguito un dialogo fecondo.
      In Pace

  15. Ho ripetuto ad una mia allieva di canto che tentava di seguirmi il tutto e credo di aver inteso. Assurdo, ma forse è così 🙂
    In pratica è proprio come dicevo io nel discorso arzigogolato sopra riportato. 🙂

    Principio primo: Il reale ESISTE e per esistere non può essere contradditorio perchè in logica (quella che stiamo usando per cercare di capirci qui! qeulla che impone che se sto scrivendo, sto scrivendo e basta! Non sto scrivendo E NON SCRIVENDO, chiaro?), in logica dicevo il contradditorio è nulla e se l’essere (ONTOLOGICO!) è contradditorio, tale essere è nulla, nulla è essere, nulla cioè esiste.

    Nel momento in cui si ritiene che il reale non solo esista, ma addirittura può essere compartito (come tutti noi qui decretiamo! TUtti!) è necessario dunque che il reale in sé non sia in alcun modo contradditorio .
    Se rileggete tutto in questa ottica noterete infatti che simon non fa altro che cercare di “salvare” il reale (virgolette d’obbligo, il reale si salva da solo ESISTENDO, ma teniamola così pe rora!) da una lettura contradditoria che il vostro pensare che uno stato quantico E’ 1 ed E’ anche non1 allo stesso momento necessariamente crea PER LOGICA.

    Dunque se la proprietà misurata dell’elettrone in questione è onda E particella insieme, e quindi si vuole attribuire a queste due proprietà ORTOGONALI la patente ontologica, cioè si dichiara che quelle due proprieta SONO NECESSARIAMENTE l’ESSERE ONTOLOGICO ed INTEGRALE di quella particella chiamata elettrone, praticamente demolite il reale completamente!
    Altro che simon che attribuisce patenti di illusorietà. Fa esattamente il contrario: fonda con la sua metafisica il reale su cui lavorate!

    E questo non significa che per salvare il reale (e con esso il vostro lavoro e pure il nostro) è necessario pensare che i fisici lavorino ad una blackbox, quanto piuttosto che Simon stia cercando di dire ce ciò che appare alle descrizioni di proprietà di UN ENTE non può NECESSARIAMENTE ESSERE L’ESSERE INTEGRALE (l’ontologia cioè!) DI QUEL ENTE stesso ALTRIMENTI LA LOGICA VUOLE che quell’ente sia INESISTENTE!
    Per salvare l’essere stesso, capite?
    –Parte di approfondimento, si può saltare
    C’è un altro modo di salvarlo? Certo, pensare che quello che misurate NON FA ASSOLUTAMENTE PARTE DELL’ONTOLOGIA di un ente, ma questo Simon NON LO STA DICENDO!
    Voi scambiate il suo ragionamento con l’eterno immutabile di Parmenide riletto da Severino, questi infatti proprio per salvare il reale dichiara che quello che voi misurate, quello che noi vediamo è ILLUSIONE e che il reale esiste perchè è ETERNO ed IMMUTABILE. Il divenire è illusione, tutti noi scopiamo il mare tranne lui che sa che il reale esiste, ma non è compartibile dall’uomo.
    Ma questa è una Pazzata, lo so io e lo sapete tutti voi.
    –fine della parte di approfondimento

    Perché tutti noi cediamo (Deo gratia!) al senso comune che ci fa dire che: OCCHIO ARRIVIAMO AL PUNTO

    se il fisico descrive delle proprietà di un ente in un dato spazio NECESSARIAMENTE quelle proprietà DEVONO far parte dell’essenza IN ATTO IN UN CERTO SPAZIO LOGICO di quell’ente E NECESSARIAMENTE e contemporaneamente tali proprietà NON POSSONO ESSERE l’ONTOLOGICO (l’integralità cioè, cioè l’essere PENSATO IN TUTTI GLI SPAZI LOGICI PENSABILI, come osservato dall’alto!) dell’ente stesso!

    Stiamo dicendo la stessa cosa, solo che simon (e io adesso), andiamo oltre cercando di far di tutto per fondare razionalmente ciò che è palese a tutti PER SENSO COMUNE!

    Quanto a questa domanda di Andrea Come, istante per istante, si trasforma una potenza in azione la risposta metafisica è una: la potenza diviene atto ISTANTANEAMENTE. Non può essere misurato secondo una serie di passaggi, avviene e basta. E’ come l’intuizione, avviene infatti IMMEDIATAMENTE cioè IM-MEDIATAMENTE cioè NON MEDIATAMENTE cioè SENZA MEDIAZIONI. Questo impone la logica.
    Ed è da questo modo di ragionare che va compresa quella famosa prima via di Tommaso nella quale egli discorre di “muovere come passaggio da potenza ad atto” e che oggi non si riesce ad intendere in tutta la sua profondità poiché si decontenualista il termine “muovere”! Simon riporta il tutto in una visione moderna e dimostra così che le intuizioni tomiste sono le uniche che “salvano” il reale ed inoltre lo fondano razionalmente!
    DIAOL CANE aggiungerei! 🙂

    Domanda secca: ma non è che non vi piace l’idea di “essere salvati” dalla logica aristotelico-tomista perché questa necessariamente comporta anche la trascendenza? 😉

    • Eh no caro Minstrel, insisti ma secondo me, ancora, e’ sbagliata la premessa, dunque tutto il resto non fila. Che una particella abbia una natura che si esprime sia con aspetti ondulatori che, all’atto dell’interazione con altro, con aspetti corpuscolari, e’ una contraddizione solo per chi si ostina, sinceramente non so perche’, a usare categorie macroscopiche per descrivere realta’ che totalmente diverse. Se dunque la premessa e’ questa, non c’e’ altro da dire: penso che la tua premessa sia falsa, che il problema che ti poni non sussista nei termini che poni, e la cosa finisce li’. Quando usi la parola “ortogonale” fai attenzione, quello e’ un concetto che ha un significato preciso e qui non c’entra, “due proprietà ORTOGONALI” non ha alcun significato, immagino tu voglia dire quanto sopra, cioe’ che ti riesce difficile comprendere l’esistenza di enti quantistici che manifestano la propria natura in modi non simili a quelli del mondo macroscopico (e lo capisco), ma sta di fatto che tali enti esistono, e il loro comportamento osservato differisce sia da quello di una particella che da quello di un’onda (peraltro, allora non capisco perche’ non ti faccia problema il concetto di onda elettromagnetica classica, anche quella non e’ in un solo posto a tempo fissato, e oltretutto non c’e’ niente che vibri…): e la funzione d’onda, in un certo senso (preciso) e’ osservabile, c’e’ poco da fare. Dalla realta’ bisogna imparare, non violentarla con i nostri schemi quando si vede qualcosa di diverso da quel che pensiamo, altrimenti siamo al contrario del realismo. A nessuno sarebbe venuto in mente di inventarsi la meccanica quantistica se non la si fosse vista in atto.

      Non ritengo affatto che le proprieta’ di un ente coincidano l’ente stesso, ma ritengo che esse non siano proprieta’ accidentali (cioe’ che potrebbero esserci o non esserci, e in entrambi i casi l’ente rimarrebbe cio’ che e’), bensi’ proprieta’ costitutive dello stesso, inoltre che esse siano le uniche con cui possiamo realmente avere a che fare, qui e ora, in modo costruttivo e realista (vedi quante volte appare la radice “reale” 🙂 ), perche’ tali proprieta’ sono tutto cio’ alla nostra natura e’ dato conoscere dell’ente, che ci piaccia o no.

      Quando Simon parla di modelli matematici come rappresentazione di tipo mitologico, per come la capisco io si rischia di distruggere la comprensibilita’ del reale, e ci si mette in un ottica soggettivista. La cosa e’ ancora piu’ seria perche’ mi sembra si pensi che l’unico evento che si ritiene oggettivo sia la misura, cioe’ l’interazione con l’osservatore: a questo punto, cosa impedisce di pensare che sia l’osservatore stesso l’unica cosa esistente, in puro stile idealistico? La divisione artificiosa tra noumeno e fenomeno l’ho sempre trovata, potenzialmente, perniciosa (poi, per carita’, con le parole si puo’ far dire tutto e il contrario di tutto, per questo io sono cosi’ piu’ a mio agio con le formule..)

      Il ragionamento mi piace assai poco anche perche’, ritenendo la natura della conoscenza scientifico di tipo mitologico, e dunque non riconoscendo, mi sembra, alcun valore ontologico a tale conoscenza, ma solo il valore di conoscenza di proprieta’ accidentali con un metodo efficace, ma che non penetra la natura della cosa misurata, si nega alla radice la razionalita’ del reale. Attendo che mi si spieghi se, nello spiegare il risultato dell’esperimento della doppia fenditura, l’equazione di Schroedinger e’ una rappresentazione “piu’ vera”, proprio in senso ontologico, di quella del diavoletto che gioca con le palline, oppure soltanto “piu’ efficace”, o magari semplicemente piu’ breve. Nel primo caso possiamo discutere, nel secondo siamo su mondi diversi.

      L’ultimo post di Simon, che riduce la discussione a una tesi precisa e molto piu’ limitata, lo condivido.

      • alcun valore ontologico a tale conoscenza, ma solo il valore di conoscenza di proprieta’ accidentali con un metodo efficace, ma che non penetra la natura della cosa misurata, si nega alla radice la razionalita’ del reale.

        Eh no carissimo GG, non è che non si da alcun valore ontologico, ma quello che vuoi “conoscete” tramite metodo non può essere l’ontologia integrale dell’ente pena la dissoluzione dell’essere stesso.
        Se poi invece mi si dice che dire che un elettrone sia onda e particella insieme non fa nessun problema al principio di non contraddizione posso concepirlo SE E SOLO SE la fisica ritiene che tali caratteristiche non siano opposte.
        Al che risponderò a tutti i fisici che muovono obiezioni a tale principio che in realtà tali proprietà non sono opposte.
        Ma se in realtà sono DAVVERO OPPOSTE e gli si vuol dare ad un ENTE (che è UNA PAROLA che identifica QUELLO CHE VUOI IN MANIERA INTEGRALE e che serve in teoria metafisica per approntare in modo semplice il principio di non contraddizione) SIA contemporaneamente UNA E ANCHE IL SUO OPPOSTO e addirittura si vuole pretendere che tale contraddizione sia L’ENTE STESSO allora necessariamente, per logica, si deve concludere che l’ENTE è CONTRADDITORIO e pertanto l’ente E’ enteenonente insieme. Dunque essendo il contradditorio NULLA PER LA LOGICA UMANA ciò che sembra ENTE per noi in realtà è una pura illusione poiché in realtà non esistiamo affatto.
        Questo è il problema.
        Ed è IL problema da sempre nella metafisica. O meglio, da dopo Parmenide. Che è come dire “da sempre”…
        Dunque ecco subentrare una serie di IPOTESI FILOSOFICHE per valicare questo problema.
        L’ipotesi aristotelico-tomista mi appare come l’unica oggi coerente nella risoluzione di molte difficoltà metafisiche e logiche.

        Mi si può rispoondere che dare la patente di “ente” ad un elettrone è sbagliato.
        Ma “ente” è un tentativo di speculazione metafisica atto a innalzare la riflessione verso l’integralità, verso il totale, il globale. Capisci ora uqando si dice che la metafisica è “lo studio dell’ente in quanto ente”. Che sia un pallone o un elettrone non cambia nella logica degli enti poichè le supera, tratta di un concetto compartibile più comune e più universale e quindi capace di fornire un punto di partenza più solido ed esteso.
        La metafisica quindi studia “l’ente in quanto ente”, ossia in quanto HA RAPPORTO CON L’ESSERE, ma NON E’ L’ESSERE, PARTECIPA DELL’ESSERE!

        Ma come si fa a dire che non è l’essere ma invece partecipa?! Per risolvere una serie di difficioltà… fermiamoci qui per ora. Attendo anche io le delucidazioni di Simon.

        Intanto, davvero, grazie a tutti!

        • Vergognosamente cito me stesso: “Non ritengo affatto che le proprieta’ di un ente coincidano l’ente stesso, ma ritengo che esse non siano proprieta’ accidentali”. Dunque non capisco il tuo primo periodo

          Invece, se la conoscenza scientifica e’ di tipo mitologico come e’ stato asserito esplicitamente qui, le proprieta’ che si misurano non sono in nessun modo ontologiche, e il reale non e’ conoscibile a quel livello.

          A te sembra contradditorio che la descrizione di una particella subatomica comprenda aspetti sia corpuscolari che ondulatori, e io non solo ti chiederei perche’ (infatti mi sembra che non sia stato mai detto, se non con qualche frase per me oscura su cose che sono e non sono contemporaneamente, ma qui non si parla affatto di non essere, solo di essere in modi che non corrispondono a quelli macroscopici), ma ti chiederei soprattutto se e’ realista negare, o mandare nel mondo del mito, cio’ che si osserva: perche’ quei due aspetti sono quelli che vediamo, entrambi, non e’ che ce li siamo inventati per divertirci. E se sembrano non tornare con un certo discorso, occorre per prima cosa capire bene se e’ cosi’, cioe’ studiare il fenomeno e non descriverlo prima di conoscerlo, verificando se la contraddizione c’e’ o meno (e secondo me non c’e’, punto), se poi vi fosse occorre verificare se o le osservazioni hanno altre spiegazioni o se il problema non stia proprio nel discorso che vorremmo conservare.

          Per capire meglio, mi farebbe piacere una risposta alla domanda posta prima, che di nuovo vergognosamente cito:

          “Attendo che mi si spieghi se, nello spiegare il risultato dell’esperimento della doppia fenditura, l’equazione di Schroedinger e’ una rappresentazione “piu’ vera”, proprio in senso ontologico, di quella del diavoletto che gioca con le palline, oppure soltanto “piu’ efficace”, o magari semplicemente piu’ breve.”

          Insomma vorrei sapere se la conoscenza empirica del mondo sensibile ha, per voi, un valore ontologico o meno. Se la risposta e’ no, con tutto il rispetto, io di quel che chiamate metafisica preferisco non interessarmi, perche’ mi sembrerebbe il prototipo della disciplina idealistica e anti-realistica.

          • Mi affaccio anche io per la prima volta di fronte a queste dialettiche lette in modalità interdisciplinare. Stiamo tentando un dialogo accademico di alto livello e pertanto è normale cercare di disputare anche solo per capirsi; come tu hai difficoltà a comprenderne la parte metafisica, io non nego di avere immani deficenze nella parte fisica.

            Resto dunque all’ombra di capitan Simon e per ora, senza saper né leggere né scrivere, cerco di comprendere cosa si intenda per “discorso mitologico” in scienza che, da quel che so, significa tutt’altro rispetto a “discorso inventato”/illusione.

            Mi prendo come compito a casa quello di rileggere questi due articoli di Simon dove spiega il suo ragionamento secondo prospettive diverse (e magari salta fuori che in prospettive diverse l’ontologia del suo agionamento possiede delle proprietà diverse che ne esaltano meglio l’essenza per meglio cercare di coglierla! 😉 ahah):

            http://pellegrininellaverita.wordpress.com/2013/11/25/anima-quarta-puntata/
            http://pellegrininellaverita.wordpress.com/2014/01/11/discorsi-scientifici/

          • Ragioniamo su un esempio pratico: l’Eucarestia. Il fatto che sia possibile la sostituzione dell’essenziale mantenendo i medesimi accidenti è incongrua per esempio?

          • Chiede “gg”: vorrei sapere se la conoscenza empirica del mondo sensibile ha, per voi, un valore ontologico o meno. . Risposta: non si fa che ripetere esattamente questo dall’inizio del thread: la conoscenza empirica, in quanto basata su esperienze è la pietra di paragone dell’efficacia e dell’effcicienza del ragionamento scientifico da un lato e della verità di quello metafisico dall’altro!
            In Pace

  16. Vorrei sottolineare amcora una volta il nerbo del mio post: quel che affermo è che con i due seguenti assiomi aristotelici si costruisce una logica del reale che generalizza sia le proprietà fisiche “classiche” ( con un assunto supplementare) sia quelle di una fisica del caos e sia quelle della MQ:
    primo assioma dice che se un sistema evolve da uno stato in un altro allora si arricchisce di nuove proprietà ma ne perde altre al contempo: il secondo assioma dice che per ogni proprietà fisica ne esiste un’altra che è il suo contrario.

    (Per i fisici: l’assioma due afferma che lo spazio di fase, cioè lo spazio di Hilbert è ortonormato e che dato uno sottospazio si può sempre costruire un altro che gli è ortogonale e complementare e l’assioma uno che, dato un vettore in detto spazio quando evolve sotto le leggi del moto, esso cambia direzione)

    A nessun momento, ripeto, a nessun momento ragionando aristotelicamente ho necessità di pensare il reale tale che per ogni proprietà dello spazio degli stati corrisponde un’esperienza che definisce tale proprietà ed il cui risultato sia esso positivo o negativo è certo “a priori” appena dato lo stato del sistema...

    Forse dovrò dare un esempio di un traliccio logico “classico” e di uno “quantistico” per meglio evidenziare dove risiede la differenza tra le due fisiche che certamente non è nei due assiomi, i quali, anzi, sono loro comuni. Cercherò di farlo senza “formule” logico-matematiche nei prossimi giorni.

    Buona giornata
    In Pace

    • a ridaje con “a priori”.
      Il problema non sta li’, il problema e’ quando equivali il “reale” al mondo “classico”, e fai una distinzione “pre/post” esperimento, considerando “pre” esperimento come un artificio matematico e “post” esperimento come “realta’”.

      Il tutto senza considerare che l’esperimento serve a sondare cio’ che esiste (ed e’ reale) nel “pre”, perche’ le proprieta’ di quel mondo le conosciamo molto bene e possiamo ricostruirle nonostante ce ne sia preclusa una esperienza in prima persona, e chiudersi gli occhi negando la “realta’” a tutto quello non rende giustizia ne’ alla Fisica, ne’ alla Filosofia che ad essa vuole rapportarsi.

      • Andrea, quando scrivi “l’esperimento serve a sondare cio’ che esiste (ed e’ reale) nel “pre” , ” Esprimi esattamente il pregiudizio clessico “a priori”.
        Quindi o non capisci quello che scrivo o sei un po’ confuso. Scegli te e fammi sapere.
        In Pace

        • Allora mi confermi che:
          equivali il “reale” al mondo “classico”, e fai una distinzione “pre/post” esperimento, considerando “pre” esperimento come un artificio matematico e “post” esperimento come “realta’”
          ?

          • Queste sono affermazioni tue, non mie.
            Mai dico che il reale equivale al mondo classico ( nel senso di teoria fisica clasica): questo te lo inventi te: stai proiettando al 100% le tue concezioni sul quel che credi che io penso: purtroppo non ci azzecca.
            In Pace

          • Non sono io che ho scritto cose tipo “Ma quando l’esperimento si fa per una particella, il risultato finale è ambiguo?”

            Sono reali o sono astrazioni matematiche i comportamenti delle particelle (anche quelle che non vengono mai misurate direttamente, ma solo dopo mediazione di diversi processi quantistici, come i neutrini)?

            Se sono reali tanto quanto la fisica classica, allora la fisica quantistica e’ palese abbia “risultati ambigui”, anche se non e’ ancora quello che noi vediamo nel rivelatore.

          • Scusa Andrea, ma davvero mi commenti senza avermi letto! Torna su e rileggi bene.
            Quando ho scritto “Ma quando l’esperimento si fa per una particella, il risultato finale è ambiguo?” questa era una domanda RETORICA ed infatti ne ho dato nella riga immediatamente seguente la risposta:

            Ho definito cosa intendevo per ambiguità in modo preciso:
            Cioè l’apparecchiatura sperimentale risponde positivamente (o negativamente) due volte?

            Eppoi l’ovvia risposta:
            Ovviamente no: ogni particella misurata darà individualmente sia una risposta up oppure una risposta down. Questo è il mondo reale: quando si misura concretamente una proprietà.

            In Pace

          • No ma adesso non prendermi per cretino e cerca di capirmi per lo meno. Ho gia’ considerato il fatto che fosse una domanda retorica ed e’ appunto vincolato li’ il discorso.

            Descrivi il mondo reale quello non ambiguo, quello dove “si misura concretamente una proprietà”.

            Quindi il mondo quantistico, finche’ resta quantistico, non lo conseri reale. O sbaglio?

          • Sbagli al 100% : dico ed affermo che le leggi della meccanica quantistica che regolano le relazioni tra tutti i possibili esperiementi di un sistema (quantistico) dato sono efficaci, cioè stabiliscono delle relazioni matematiche che esistono per davvero tra le proprietà misurabili del sistema che considerano (cioè fanno davvero quello che vogliono fare) e sono efficienti, cioè davvero sono capaci di prevedere i possibili risultati se e quando si fa un’esperienza.
            In Pace

          • Rispondi si’ o no. Il neutrino e’ reale o no?

          • Dico che gli strumenti di misura hanno confermato un fenomeno concordante con le predizioni dei modelli teorici che descrivono un insieme preciso di relazioni matematiche dello spazio di fase descritte dalle teorie ad hoc, convenzionalmente chiamato neutrino.
            In Pace

          • Il neutrino in se, esiste o no?
            E’ un ENTE o una parte matematica di questo spazio delle fasi che non ascrivi alla “realta’”?

          • Cosa significa “realtà” per te Andrea? 🙂

        • Eh no, ho chiesto prima io… 😀

          Quando ho una risposta al massimo viene il mio turno 😛

          • Ma senza questa informazione è impossibile per Simon risponderti. 🙂

            intanto rinvio a questo.

          • Be’ no: qui si sta parlando di essere, enti ed essenze da un pezzo, e non sono i fisici a usare quei termini dando loro significati diversi: e in effetti anche io comincio a chiedermi cosa sia un ente per voi, e in particolare se per il filosofo una particella subatomica esista o no. La risposta di Simon dice che esiste un fenomeno, ma non so come interpretare il sostantivo “fenomeno”.

          • @ “gg” : nel caso preciso intendevo per “fenomeno” l’insieme delle attività degli strumenti di misura coinvolti. In Pace

          • Come e’ difficile intendersi a parole.

            Da quel che scrivi a me sembra che un fenomeno, nel contesto discusso, sia collegato solo allo strumento di misura. Forse non capisco o non ti sei spiegato, ma se e’ cosi’ l’ente “misurato” potrebbe non esistere?

          • Esiste di sicuro la causa efficiente del fenomeno, visto che tale “fenomeno” non potrebbe sorgere dal nulla.
            Se la risposta alla domanda “questa proprietà è soddisfatta dal sistema?” è positiva allora di certo vi è una causa che permette di compiere la transizione tra tutte le misure potenzialmente possibili e la misura attuale (in atto). Se vuoi chiamare “neutrino” tale causa a me va anche bene.
            In Pace

          • Ma è difficile rispondere con un sì o con un no?
            Il neutrino esiste come esistiamo tu ed io, nonostante non sia direttamente esperibile, in nessun modo, dato che agisce con la misura unicamente mediato da altri processi quantistici, o no?

            Se non sai dirmi sì o no, tutta questa pappardella non è “neppure sbagliata”, tutto qua.

          • Suppongo appunto che tu sappia molto bene cosa sia un neutrino e le sue proprietà, dato che sei dottore in Fisica, quindi evita pure la pappardella del “voi lo chiamate… se è causa…etc…” a cui ti sai dare risposta da solo.
            Noi rileviamo, indirettamente, dei neutrini. Indirettamente i facciamo la foto del Sole con il Kamiokande. Il neutrino agisce con processi che conosci a menadito e che sono unicamente quantistici.
            E’ una particella che si ascrive ad essere “reale” e inclusa nella tua “metafisica” oppure no?

            @minstrel: io non chiedo a lui se il neutrino esiste “per me”. Io gli chiedo se è reale secondo la SUA definizione ancorata sui principi aristotelici.

          • Mi dispiace, andrea, ma ti rispondo, eccome ti rispondo: se non capisci quel che scrivo non ci posso fare nulla.

            La tua domanda è mal posta: ti aspetti che io reagisca da particella con un si o un no mentre una buona domanda al soggetto sarebbe ondulatoria: sei un reduzionista in animo, davvero!

            Esiste una colonia di formiche come esistiamo io e te? No
            Esiste una legge elettorale come esistiamo io e te? No
            Esiste una trasferta di euros dalla Svizzera al Giappone come esistiamo io e te? No

            Tra il neutrino e noi c’è tra l’altro una grande differenza: l’indvidualità. I cani sono individui e anche i gatti, un neutrino o un elettrone no, non li puoi distinguere tra di loro, ad esempio.

            Ma cosa vuol dire esistere per qualcosa che non ha individuazione? Invece quando il sistema di misura reagisce alla causa che lo mette in atto esso è ben individuato nello spazio e nel tempo: è l’atto stesso di far reagire gli apparati che fa sorgere all’esistenza nel senso di “tu ed io”, cioè il detto neutrino. E “prima” cos’era? (1) prima di cosa? (2) “prima” c’era solo la potenzialità di un set-up sperimentale e del suo strumento di misura di evidenziare ( o no) una proprietà.

            Non fare dire alla fisica che esiste qualcosa come “io e te” se non la può sperimentare.
            In Pace

          • E qui siamo proprio al rischio hegeliano-idealistico, secondo me. Il realismo consiste invece proprio nel pensare alle cose come esistenti in se’ (secondo la loro natura, che nel caso in questione non e’ descrivibile con categorie macroscopiche), non solo quando e se osservate. A me pare che come conseguenza del tuo ragionamento si deduca che non aveva nemmeno senso porsi il problema dell’esistenza del neutrino, o di qualsiasi altro oggetto fisico, prima di avere lo strumento per compiere una misura che lo coinvolga. Da qui a dire che il concetto stesso di esistenza di tale oggetto dipende dalla tua misurazione il passo e’ brevissimo.

          • Si vabbeh Simon, buonanotte.
            Non mi stai dicendo assolutamente nulla, non stai rispondendo assolutamente a niente, alla faccia dell’assoluto tomistico non tiri fuori neanche una certezza.
            Devi retoricamente il nocciolo della questione da 180 commenti.

            Mi pare evidente a questo punto che il discorso “Non è neppure sbagliato”, mi spiace averci perso tanto tempo…

          • Allora vediamo se ora è possibile avere una risposta.
            Cosa è “realtà” per te, Andrea?

            E cosa c’è di sbagliato in quello che ha scritto Simon? E’ forse vero che il neutrino ha una propria individualità?

          • Cosa c’entra l’individualità in questo discorso? Perché tirare in ballo una proprietà che nessuno ha citato se non come espediente retorico non troppo arguto?

            Ho chiesto se il neutrino esiste, se è “come me e te” riguardo alla proprietà di esistenza e realtà in cui si fa ampio uso in questo topic (non le mie), non certo per quanto concerne altre proprietà e assunti. Non mi è stata data risposta puntuale perché evidentemente risposta non c’è.

            Non vedo che presupposti ci siano per impegnarmi io in una risposta a una ulteriore domanda.

          • Cosa significa “esistere” allora.

          • Stappa una non-bottiglia di non-Nebbiolo Pio Cesare 😀

  17. http://tf.boulder.nist.gov/general/pdf/2677.pdf

    Spero GG ed Andrea possano spiegare meglio lo stato di Superposizione.

    • Inizio a linkare un articoletto:
      http://www.phme.it/blog/2011/02/07/classico-e-quantistico/

      Se hai domande, specialmente sulla ben piu’ rigorosa e precisa Nobel Lecture, falle pure! 🙂

      • Vedi, è questo il punto:

        Lo stato quantistico è uno stato “puro” della materia, ovvero contenente tutti i possibili stati che la materia può assumere: una particella quantistica che deve decidere se andare a destra o a sinistra, messa di fronte ad un bivio affronterà in linea di principio entrambi i percorsi come se un’onda si infrangesse su un argine e si dividesse fra le possibili strade percorribili (come verificato dall’esperimento delle due fenditure).

        Che poi, se ho ben capito, questa è poi la Superposizione.

        Ora, i casi sono due:

        1) Una particella non osservata varia stato tra tutti quelli per lei possibili in base alle probabilità che ha ogni stato, e quindi è sempre in uno stato singolo
        2) Lo stato di una particella è appunto uno stato formato dalla sovrapposizione di tutti i suoi stati, il che significherebbe che questo è uno stato specifico, risultante di tutti gli altri stati, ed uno stato attuale, non “potenziale”.

        Vorrei capire bene la cosa.

        Perchè il punto 2 comporta che una particella sia contemporanemente onda e corpuscolo, non perchè abbia due stati ma perchè ha uno stato che è entrambi.

        E questo taglierebbe la testa al toro Aristotelico, per così dire.

        • E’ il caso 2 quello quantistico: ma compi tre sbagli: (1) tu immagini sempre una particella come una particella o un’onda, e fai una proiezione di fisica classica a tua stessa insaputa, (2) la nozione di stato specifico si riferisce solo specificamente a quelle proprietà misurabili dell’ente che stai considerando ( fotone o altro) e a come queste si relazionano tra di loro, (3) la nozione di attuale e potenziale non ha esattamente la stessa valenza in fisica, nel senso che ci si riferisce solo alla potenzialità o attualità delle misure, le quali ovviamente sono conoscibili solo quando si compie un’esperienza: il che non vuol dire che il sistema non sia completamente determinato, in quanto prevedibilità e determinazione sono due concetti differenti che solo l’approccio simplicistico dei fisici meccanicisti del XVIII e XIX secolo ha voluto abbinare andando contro, appunto, i principi di logica aristotelica ( o piuttosto, chiedendo molto di più che quel che quest’ultima comanda).
          In Pace

          • 1) Il caso 1 non è quello che sostengo io ed era evidentemente a titolo di esempio.
            2) E quindi? Se una particella ha uno stato che è contemporaneamente ondulatorio e corpuscolare, gli appartengono e non gli appartengono attributi nel medesimo istante, ansi per meglio dire è sia A che l’opposto di A, 1 e 0.
            3) Indeterminazione di Heisenberg. Al di la di tutto, un sistema Quantistico è sempre indeterminato, per definizione.

          • Il tuo punto (2) non e’ completamente esatto: Lo stato del sistema non ha nulla a che fare con le “proprieta’ misurabili”.

            Lo stato specifico puo’ anche essere uno stato non misurabile ed espresso su una base di stati non misurabili, ad esempio il frutto di una rottura di simmetria ed un numero quantico “non buono” del sistema.

            Ad esempio gli stati di massa dei neutrini non sono misurabili (motivo per cui c’e’ ancora incertezza sulla gerarchia di massa). Lo stato misurabile e’ la leptonicita’ del neutrino (se e’ elettronico, mu o tau), ma lo stato del neutrino non e’ un autostato della massa e non puo’ essere posto in autostato della massa (motivo per cui esistono le oscillazioni di neutrino).

          • GIusto Andrea.
            In Pace

        • Il punto 2 e’ quello corretto, ed esattamente implica tante cose fra cui che una particella puo’ avere piu’ di uno “stato” (anzi in realta’ ogni volta puo’ avere tutti i possibili, con diversi pesi) contemporaneamente.

          “onda e corpuscolo” e’ solo una pittorica della faccenda che spiega in modo specifico il concetto di “funzione d’onda” e chiarifica l’esperimento delle due fenditure in particolare.

          Ma piu’ in generale puo’ avere qualsiasi stato assieme, come ruotare in senso antiorario ed orario od avere diverse energie (cosa che non c’entra con l’eventuale natura corpuscolare o ondulatoria).

          • Andrea ti amo.

          • mi spiace ma sono fidanzato, possiamo rimanere solo amici pero’ 😀

          • ovviamente anche il ruotare in senso orario o antiorario e’ un’immagine pittorica, non succede niente del genere, vuol dire solo che la funzione d’onda ha componenti non nulle su autofunzioni diverse.

          • certo che succede, un sistema con momento angolare ben definito ruota, il verso di rotazione più spesso è indeterminato.

            Per andare sul tecnico molti sistemi hanno \vec{L}^2 come un buon numero quantico, l_z e \vec{l} sono raramenti buoni numero quantici (anche se a volte, specialmente in caso di campo esterno o interazione, lo può diventare).

          • Ad esempio ogni livello atomico o nucleare ha il modulo del momento angolare ben definito, almeno in prima approssimazione, quindi effettivamente ruotano.

            Ad esempio i vortici in un superfluido hanno direzione ben definita, e a volte anche verso.
            Ad esempio nella crosta interna delle stelle di neutroni, formata da neutroni in stato superfluido, i vortici hanno direzione fissata seguendo la coordinata radiale, per minimizzare l’energia di rotazione, e il verso fissato dalla forza di Coriolis della rotazione della stella.

            Insomma va bene che la meccanica quantistica sono stati definiti in uno spazio di Hilbert (o più spesso in un sottospazio (anti)simmetrizzato).
            Va bene che immaginarsi l’elettrone come pallina che ruota attorno al nucleo è sbagliato.
            Ma anche sostenere che tutti i ponti con il mondo “reale” sono recisi e il sistema non ha contatti con qualcosa che possiamo concepire è altrettanto sbagliato.

          • Dire che un elettrone dell’atomo di idrogeno anche con tutti e tre i numeri quantici fissati ruota e’ un’immagine, che si puo’ usare se fa piacere ma rimane un’immagine. Poi se uno ha voglia di litigare vabbe’, ma a me non pare il caso

          • Beh ha un momento angolare, e i momenti angolare si accoppiano pure, la posizione e il momento non sono determinati, ma questo non impedisce al sistema di avere un asse di simmetria e quindi di rotazione, e un associato momento di inerzia…
            Quindi non vedo proprio che manca per dire che ruota.

            Questa sarebbe una discussione ontologica più interessante ad esempio, peccato che non riesca ad avere dai nostri esperirti una risposta chiara su quel mondo…

          • Gia’: cosa vuol dire avere un momento angolare? C’e’ l’operatore momento angolare, e ci sono autofunzioni che possono avere un asse di simmetria (che vuol dire proprio di simmetria, non di rotazione). Ma per me finisce qui, e non c’e’ proprio niente che ruota. Non vedo niente di male nel farsene un’immagine per analogia, ma per me resta un’immagine che non aggiunge molto al concetto.

          • Beh C’e’ un operatore, se segui il teorema di Ehrenfest le leggi del moto dei valori medi degli operatori sono le stesse delle leggi del moto classiche.

            Se la legge del moto e’ uguale, esiste un movimento ed e’ analogo.

            Un conto e’ immaginarsi lo spin come una rotazione, cosa che non e’ dato che lo spin non implica sottostruttura e non genera quindi leggi di moto, ma il momento angolare quantistico corrisponde una legge del moto (ovvero una evoluzione temporale) in media identica al caso classico, quindi se tanto mi da tanto E’ una rotazione.

          • Verissimo per carita’, ma penso rimanga un’immagine: il concetto stesso di rotazione presuppone un oggetto con caratteristiche classiche. Comunque l’affermazione sui valori medi e’ certamente quanto di piu’ vicino possibile alla descrizione classica: tuttavia la legge del moto e’ si’ uguale, ma l’oggetto che la soddisfa non lo e’.

  18. Mi permetto di trascrivere una mia ulteriore riflessione redatta in mail privata in risposta alla domanda se a mio avviso Simon stia cercando di far passare l’idea che tutto cio’ che noi chiamiamo “quantistico” non e’ “reale” in quanto non “esperibile”, ma e’ un artificio matematico che quadra i conti.

    No. a me sembra invece che simon dichiari che l’essenza di un ente che partecipa dell’essere ha molteplici proprietà IN POTENZA e che l’ontologia integrale di quell’ente NON può essere SOLO LA SOMMA DI QUESTE POTENZE, ma l’ente stesso POSSIEDE PRIMARIAMENTE, SOPRATTUTTO, IN PRIMO LUOGO, ANCHE l’ESSERE PER PARTECIPAZIONE: atto d’essere ed essenza costituiscono così i princìpi primi ontologici primari e principali di qualsiasi ente.
    Voi misurate e calcolate e potete predirre in modo accuratissimo le proprietà di una essenza di un ente in un dato momento, ma questo non è L’ENTE INTEGRALE perché l’ente integrale è per il tomismo “partecipazione all’essere” DA CUI DISCENDE l'”essenza”. Importante non metterla sotto forma di semplice SOMMA. Ente non è “partecipazione”+”essenza” perché i valori non sono affatto intercambiabili. Dalla partecipazione all’essere discende l’essenza dell’ente stesso che partecipa, MAI VICEVERSA OVVIAMENTE.
    Da qui l’impossibilità che le vostre misurazioni e i vostri calcoli possa essere considerate l’ente nella sua integralità.
    Se invece è l’ente integrale, ed è una scelta metafisica, si va incontro ad aporie precise fra cui quella che dicevo poc’anzi: l’ente è contradditorio quindi è nulla.

    • Sarebbe estremamente presuntuoso voler ridurre l’essenza di un ente fisico alle sole rappresentazioni matematiche delle sue proprietà misurabili: questo va anche contro il senso comune: questo riduzionismo da due soldi è un’eredità della concezione scientista del XVIII e XIX secolo.
      In Pace

      • Un Nobel del 2012 va bene, o è ancora troppo giovane da stappare?

        (So che Minstrel apprezzerà la battuta)

        • La fisica non è teologia, quindi gli argomenti di autorità non hanno nessun valore: solo l’esperimento conta. In secondo luogo contano le dimostrazioni precise e comprovate che si possono fare, ad esempio, in fisica teorica.
          EInstein era confuso, ad esempio, sul soggetto e molti lo sono ancora: ma è normale questo tipo di discorso è per natura dell’ordine dell’epistemologia cioè esautora il campo della fisica stessa.
          Non conosco nessun fisico infallibile: già mica male quando i suoi articoli del suo campo specifico sono accettati nelle peer reviews…
          In Pace

        • Ok, sarò il solito, ma è vero: ho apprezzato! 😀

      • Quelle che chiami rappresentazioni matematiche sono assai piu’ che rappresentazioni, sono a descrizioni imperfette fin che si vuole, ma che sono a mio parere indissolubilmente intrecciate con cio’ che si sta descrivendo. Non sono uno strumento: sono parte di quel che vuoi conoscere. Non tutti i modelli hanno la stessa natura, e attribuire esistenza allo spazio delle fasi e’ effettivamente solo un immagine: ma il concetto di funzione d’onda non e’ alieno da cio’ che stai descrivendo, non ci sono parole esatte per la nostra mente imperfetta di connotarne la relazione con l’ente descritto, ma separare l’una cosa dall’altra e’ semplicemente contro l’evidenza e la ragione. Se ho capito la tua posizione, cosa di cui non sono certo, temo che il disaccordo restera’.

        Nessuno ha mai detto, come ho cercato di spiegare piu’ volte, che l’ente fisico coincida con le sue rappresentazioni. Non sono meccanicista, semmai vedo nell’altra posizione il rischio di un inconsapevole idealismo.

        Quando avrai tempo, ti saro’ grato se risponderai anche alle domande prime poste, a una delle quali hai gia’ risposto ma secondo me solo parzialmente

        – il valore della conoscenza scientifica e’ per te direttamente ontologico, o lo e’ al massimo solo indirettamente, collegando la stessa alla metafisica, e di per se’ la questione a livello di metodo scientifico riguarda solo “efficacia e dell’effcicienza” del ragionamento stesso? Come ho detto piu’ volte, un diavoletto particolarmente abile sarebbe efficace ed efficiente quanto la meccanica quantistica, e allo stesso modo lo sarebbe un corano scientifico disceso dal cielo. La scienza allora e’ un corano un po’ imperfetto?
        – la conoscenza scientifica ha un valore, come mi pare tu abbia detto (se ho capito male pardon) essenzialmente mitologico, oppure e’ il modo (l’unico) che ci e’ stato donato per interagire con la realta’, ovviamente intesa come conoscenza del mondo sensibile?

        • Caro “gg”, qui mi chiedi domande che vanno aldilà del post e non vi sono direttamente commessi.

          Quando dico che il discorso scientifico è mitologico, non intendo “mito” come essendo una favola come lo intende la gente nella strada: ma come lo intende il filosofo.
          In greco “Parola” si pu tradurre con due termini: logos e mythos e all’origine non c’era nessuna negatività associata al secondo: logos è la “parola” che dà la ragione di una cosa mentre il “mythos” è la parola che racconta la cosa. Tutte e due si riferiscono alla stesa realtà ma la guardano con uno sguardo differente.

          Il discorso scientifico è un discorso che racconta una storia che si riferisce davvero all’oggetto contemplato e lo fa consocere sotto certi aspetti. Il discorso filosofico in generale e quello metafisico in particolare vanno all’essenza della cosa cioè ne fanno consocere la ragione.

          Se vedi un orologio al mio braccio lo puoi guardare da due punti di vista: ti posso spegare che c’era un orologiaio che ha messo su tale e tale meccanismo e lo ha fatto eppoi che me lo ha venduto tot anni fa: in questo caso ti racconto un mito, cioè ti faccio un discorso che si racconta sul detto orologio ed impari un sacco di cose su di esso. Oppure guardo all’orologio in quanto tale e ti dico di che marchio è , quale è il suo meccanismo ed il suo prezzo: cioè ti descrivo cosa esso è e non è. Il questo caso ti faccio un discorso logico.

          Il fatto che mio padre sia il mio genitore spiega come io possa essere qui ( mito) ma non spiega né chi sono io né perché io ancora esisto mentre lui non è più da tempo: rispondere a questo è dell’ordine del logos.
          Per semplificare (molto) il mito guarda al come una cosa avviene, il logos a cosa è.

          Il discoso scientifico come ogni discorso ha un obiettivo: quello dell’efficacità, cioè deve raccontare una storia che davvero funziona ed un secondo obiettivo quello di essere efficiente, cioè convincere chi l’ascolta. Per questo dico che deve essere un mito efficace ed efficiente e quel che la scienza racconta NON sono baggianate per nulla, ma raccontano una storia su alcuni aspetti di quel che è ma non ci dà quel che è in quanto tale e non lo potrebbe in quanto, ad ogni modo, lo sguardo del scientifico è raramente olistico.

          Qui subentra la metafisica che è la scienza logica ( nel senso del logos) per eccellenza

          Per rispondere alla tua domanda ti dirò che è “naif” presumere che la scienza da sola sia capace di darci la conoscenza completa ( o peggio ancora la sola consocenza) del mondo sensibile.

          Ma, ancora una volta, queste considerazioni hanno da fare con questo post solo in modo molto tangente.
          In Pace

          • Ma veramente la Scienza (e ci metto la maiscola) ti dice come è stato fatto l’orologio, marca, modello, presso, componenti, come sono stati fatti i componenti, come sono fatti e da cosa sono fatti i componenti ed il perchè ci sono quei componenti, perchè sono fatti in quel modo e perchè sono fatti di determinati materiali. come funzionano i singoli componenti e l’orologio nel suo insieme.

            Su te e tuo padre è proprio la Scienza che ti spiega perchè tu ci sei ancora e lui no, in quanto ti spiega COSA sei.
            Sul CHI ci sono scienze giovani che possono, quantomeno, darti un’idea.
            Nel caso delle neuroscienze posssono dirti perchè sei in un modo invece che in un’altro.

            Insomma, a me sembra che la distinzione che stai usando sia anacronistica.

          • Perché “l’orologio” e non il “nonorologio”?

          • Si’, so cosa significa mito. Tuttavia siamo da capo: l’osservazione scientifica e’ un racconto o e’ ANCHE una conoscenza diretta di una parte ontologicamente essenziale di quanto si osserva? Su questo, penso, la vediamo diversamente. L’esempio del padre e’ calzante, perche’ e’ vero che la generazione da lui non spiega perche’ tu sia qui, ma e’ anche vero che spiega un fatto essenziale che e’ costituente del tuo essere qui, senza il quale infatti tu non ci saresti: non e’ un racconto, e’ parte insostituibile della sostanza, e cio’ non dovrebbe essere strano per noi che sappiamo di venire da un Padre.

            “Per rispondere alla tua domanda ti dirò che è “naif” presumere che la scienza da sola sia capace di darci la conoscenza completa ”

            Abbi pazienza, ma non capisco a quale delle due mie domande tu abbia risposto: a me sembra a nessuna, ma probabilmente non capisco. Ho comunque detto piu’ volte che non penso che la scienza dia la conoscenza completa, da’ una conoscenza, al massimo livello delle possibilita’ umane del tempo, relativamente al suo campo di indagine, per il quale e’ l’unico strumento adeguato, questo si’.

            A me le domande sembravano proprio al cuore del problema, non off-topic, ma non voglio abusare oltre della vostra pazienza.

          • Caro “gg”,
            il mito fa parte integrante della conoscenza: è assolutamente necessario, fa parte delle “note” costitutive dell’oggetto di conoscenza e in un certo modo partecipa anche alla sua identità. infatti se è vero che la mia storia da mio padre ad oggi non è capace di spiegare perché io sia qui, come lo hai ben espresso, è anche vero che questa storia è solo la mia.

            Il discorso scientifico è quindi un discorso da sempre assolutamente necessario per dare questa identità specifica all’ente oggetto di studio logico.
            Per usare un’immagine che vale quel che vale come tutte le immagini, il logos sarà pur capace di dire che sono un uomo ma solo il mio mito potrà differenziarmi da tutti gli altri uomini.

            “penso che la scienza dia … una conoscenza, al massimo livello delle possibilita’ umane del tempo, relativamente al suo campo di indagine, per il quale e’ l’unico strumento adeguato , questo si’.” : concordiamo.
            In Pace

          • @Minstrel

            Non essendo osservabile neppure indirettamente, ed essendo solo immaginazione, la tua frase non ha senso.

            Può invece essere studiato il tuo cervello mentre lo immagina.

          • Lasciamo la neuroteologia per futuri approfondimenti e litigate! 😛

          • Neuroscienze Minstrel, neuroscienze.
            Partiamo da qualcosa di non falsato a priori.

    • “Da qui l’impossibilità che le vostre misurazioni e i vostri calcoli possa essere considerate l’ente nella sua integralità.”

      …e la filosofia che non ha neppure quelle???
      Le misurazioni sono tutto ciò che possiamo “osservare” del reale, da li poi possiamo dedurre, intuire, ipotizarre o quel che ci pare, ma se non osserviamo con la massima profondità e precisione possibile, non sappiamo nulla.
      Senza un’osservazione valida, tutto ciò che possiamo costruire mentalmente è falsato dalle fondamenta.

  19. Commentando l’altro articolo, avevo citato alcuni autori tra coloro che hanno dato un’interpretazione in chiave aritotelico-tomista alla meccanica quantistica. Tra questi avevo citato Wolfgang Smith. Questo autore, che di formazione è un fisico e che ha insegnato presso il MIT e presso la UCLA, ha dedicato un volume al tema in oggetto in un ottica spiccatamente tomista. Mi permetto di citarne un brano che mi sembra in linea con quanto ha scritto Simon de Cyrène (cito il testo direttamente in inglese, tempo di tradurlo proprio non ne ho):

    Getting back to the subject of quantum physics, it behooves us now to consider once more the categorial distinction between a corporea object X and its associated physical object SX. Having brought into play the Scholastic notion of substantial form, we should point out, first of all, that what we normally take to be corporeal objects in the inorganic domain are rarely defined by a single substantial form. What confronts us in these cases is not a single substance, but an aggregate consisting of many substances, what the Scholastics termed a mixture. However, basic as this distinction may be, one sees that it bears no particular relevance to the question at hand, which is to say that we may suppose, without any real loss of generality, that X is a substance.
    What, then, is the relation between X and SX? We may put it this way: What presents itself to the eye of the physicist as an aggregate SX of quantum particles is in fact a corporeal object X by virtue of a substantial form, and what accounts for the difference is indeed an act of primary causation. The quantum particles which make up SX exist as intentional objects of physics but not as components of X: as parts of X these putative particles are no longer physical, and can no longer, strictly speaking, be conceived as particles. As part of a corporeal entity, they participate in the being of that entity, that is to say, in its substantial form. We have concluded in Chapter 4 that physical particles lack essence and therefore lack being: that is why Heisenberg has situated these so-called particles ‘just in the middle between possibility and reality,; it is the reason why Erwin Schrodinger concludes that We have been compelled to dismiss the idea that such a particle is an individual entity which in principle retains its ‘sameness, forever. Quite to the contrary, we are now obliged to assert that the ultimate constituents of matter have no ‘sameness, at all. They have no ‘sameness,, let us add, because they have no essence, no quiddity, no substantial form of their own. As has been sufficiently explained in the preceding chapters, they are not in truth ‘things, but belong to the ontological category of potentiae. Now, the act to which they are in potency, I say, is none other than incorporation into a corporeal entity. It follows that once incorporated, they are no longer potentiae, and are therefore quantum particles no more. It needs however to be understood that they continue to exist as intentional objects of physics, and that the quantum-mechanical representation of SX retains validity from a physical point of view, subject however to the following proviso: it is necessary to suppose that the range of superpositions in SX is limited by the corporeal nature of X. Let us recall that this is precisely the ‘de-superposition principle, which resolves the Schrodinger paradox: it is the reason why cricket balls do not bilocate, and why cats cannot be both dead and alive. It appears that the subcorporeal status of SX does have quantum-mechanical implications, a fact which can now be seen as an effect of vertical causality. It follows from these considerations that corporeal entities are not in fact ‘made of particles’ as almost everyone staunchly believes. It matters not whether we conceive of these ‘constituent particles’ classically or quantum-mechanically: the notion proves to be chimerical in either case; for as has been noted, once incorporated, these putative particles are particles no more. Having entered into the composition of a corporeal being, they have become metamorphosed into something that no longer answers to the conception of a particle: they have become transformed into bona fide parts of an ontological whole. As such they have no separate existence, but derive their existence from the whole of which they are a part. Contrary to current belief, it is not the constituent particles that bestow existence upon a corporeal entity, but it is the latter, rather, that bestows existence upon its constituent particles by elevating them from their status of potentiae to that of actual parts. It should be noted that these reflections shed light on the phenomenon of indeterminacy, which physicists look upon, more often than not, as a kind of anomaly or flaw. As if it were not bad enough that God ‘plays dice’, the quantum facts preclude in addition that the fundamental particles, upon which physicists had set their hope, can even qualify as ‘things’. What the physics community has so far failed to grasp is that these seeming deficiencies are indeed precisely what is required in order that the particles in question may enter into the constitution of corporeal entities. To put it in a nutshell: If quantum particles did not partake of indeterminacy, they could not receive determination as bona fide parts of a corporeal whole. The physicists have it backwards: In reality it is not the function of particles to bestow being upon an aggregate, but rather to receive being from a substantial form. We are now at last in a position to understand the phenomenon of state vector collapse from a traditional metaphysical point of view. Early in this book it became clear that the categorical distinction between the corporeal and the physical domains resolves the seeming paradox; but whereas the distinction between a corporeal instrument I and the associated physical instrument SI renders state vector collapse conceivable, it does not tell us how actually to conceive of it. This is the question, then, that remains to be addressed. Let us consider what happens in the process of measurement: a particle, or set of particles, emanating from the object, enters the corporeal instrument, and becomes in effect a part of the instrument.
    It is on account of this incorporation that the instrument registers the outcome of the measurement. This outcome is consequently the result of a vertical act which may be conceived as an act of primary causation mediated by a form. The problem now is to understand how this act affects the quantum-mechanical system comprised of the physical object 0 plus the physical instrument SI. For this is indeed where the puzzle resides: According to quantum theory, O+SI constitutes a physical system, which should evolve in accordance with the Schrodinger equation, as physical systems normally do; why then does this not happen? We have already given a partial answer: What distinguishes O+SI is the fact that SI happens to be subcorporeal; but what effect does this have on the state of the composite system? The effect is as follows: Certain particles originally belonging to 0 belong later to SI, which entails-by the ‘principle of de-superposition’- a restriction of their admissible states.
    The composite system O+SI, and hence its state vector, experiences therefore a discontinuity at the moment of measurement, and this is none other than state vector collapse. Meanwhile it has become apparent that this collapse does not abrogate the Schrodinger evolution of the system, but merely ‘reinitializes’ the Schrodinger equation. In other words, the change in trajectory results, not from a breakdown of temporal causality, but from an instantaneous change in the system itself; as always, vertical causation does not impede horizontal modes of causality. It is therefore misleading to speak of ‘chance’ with reference to the microworld; what state vector collapse betokens is not randomness, not the toss of a die, but simply the fact that the spatia-temporal universe does not constitute a closed system. What is remarkable about the phenomenon is that it exhibits an effect of vertical causation, in defiance of the prevailing naturalism.
    It appears that a single ‘principle of de-superposition’ suffices to resolve the major enigmas of quantum physics: the fact that a corporeal object X ‘acts upon’ SX to restrict the range of allowable superpositions explains at one stroke the phenomenon of state vector collapse as well as the Schrodinger paradox. Yet it is not in reality a question of X acting upon SX, but rather of a vertical act by which X itself is held in existence. What ultimately stands at issue is nothing less than the ubiquity of the cosmogenetic Act: this is what I would like now to explain.
    [..]
    A block of marble contains innumerable forms potentially; yet only one of these forms can be actualized by the sculptor’s art. The actualization of a form, it appears, requires a determinative act, the imposition of a Bound upon the Unbounded in accordance with the Biblical verse: ‘He set His compass upon the face of the deep.’ (Prov. 8:27) The cosmogenetic Act can therefore be conceived as an act of mensuration in the ancient sense common to both the Greek and Hindu traditions […].
    In light of these traditional conceptions one sees once again that the quantum world occupies a position intermediate between the ‘measured’ and the ‘non-measured’: for whereas a quantum system is evidently subject to certain determinations-failing which it could not be conceived quantum-mechanically-it is yet insufficiently determined to qualify as ‘a definite or finite content of the universe.’ As we have noted before, it is not in reality a ‘thing’, which is to say that it lacks quiddity, lacks essence.
    Now, it is precisely this lack of essence that manifests itself physically as quantum indeterminacy: herein, I say, lies the metaphysical significance of that indeterminacy. What has so greatly puzzled the physicist is simply a mark of the ‘non-measured’. That mark, however, proves to be characteristic of the entire quantum world: the Heisenberg Uncertainty Principle guarantees as much. It follows that the quantum domain in its entirety constitutes a material substrate in relation to ‘the measured’, that is to say, the corporeal world.
    To be sure, a quantum system can indeed be actualized through what we have termed presentation or through measurement in the scientific sense: but it is to be noted that actualization inevitably takes us out of the quantum world and into the corporeal, while the system itself remains unmanifested and indeed unmanifestable. Do what one may, the substrate never ceases to be a substrate. It appears from these considerations that quantum physics has discovered an.ontological level approaching the primordial ‘waters’, which remain in place even after the Spirit of God has ‘breathedupon them’ to bring forth our world. I contend that quantumindeterminacy-the partial chaos of quantum superposition-canindeed be viewed as reflective of the primordial Chaos, or even more concretely as a remnant of this underlying ‘disorder’.
    As regards the actualization of a quantum system througheasurement, we have seen that this hinges upon an act of verticalcausation which is ultimately to be referred to primary causality. It can consequently be said that every measurement of a quantum system constitutes a cosmogenetic act which ‘participates’ in the single Act of creation. Whether the physicist realizes it or not, in the phenomenon of state vector collapse he is ‘picking up’ the cosmogenetic Act, not hypothetically, in some stipulated explosion that is supposed to have occurred so many billion years ago, but actually, in the here and now.

    Wolgang Smith, The Quantum Enigma. Finding the Hidden Key, pp. 117-123

    • Leggero’ volentieri appena possibile il lungo articolo. Tuttavia ho dato un’occhiata a chi e’ Smith, e si tratta di un matematico ottimo (ha articoli su alcune delle migliori riviste), esperto di geometria differenziale. Non sembra aver dato contributi rilevanti in fisica, e sinceramente da quel poco che si legge su wikipedia (non avevo tempo di leggere roba piu’ seria) se le sue opinioni son quelle che si leggono, sono assai perplesso: paragonare la funzione d’onda con la potenzialita’ di un essere umano di stendere un braccio oppure no be’, e’ semplicemente un’affermazione molto ingenua e non mostrerebbe dimestichezza con la materia.

      Inoltre pare che ritenga che la Terra sia al centro dell’universo, il che tra l’altro e’ estremamente strano per un esperto di geometria differenziale (disciplina in cui l’esistenza di sistemi di coordinate diverse e’ il primo assioma). Ovviamente questo non vuol dire che quel che c’e’ scritto sopra non abbia senso (come ho detto non l’ho ancora letto) ma, insomma, mi sembra un signore un po’ singolare

    • Si, fa parte della Traditionalist School, cioè è un Genoniano/Evoliano, tanto per intenderci.

      Perdonami trianello ma non è considerabile una fonte affidabile.

      Da notare anche solo qui:
      Erwin Schrodinger concludes that We have been compelled to dismiss the idea that such a particle is an individual entity which in principle retains its ‘sameness, forever. Quite to the contrary, we are now obliged to assert that the ultimate constituents of matter have no ‘sameness, at all. They have no ‘sameness,, let us add, because they have no essence, no quiddity, no substantial form of their own. As has been sufficiently explained in the preceding chapters, they are not in truth ‘things, but belong to the ontological category of potentiae.

      Come faccia un salto che neppure Pindaro, attribuendo significati filosofici ad affermazioni prettamente Fisiche.
      Il fatto che una particella non sia una pallina microscopica, ma un pacchetto d’onda, non significa che non esista o che non abbia una sua “consistenza”.

      • Guenoniano, scusatemi.

      • Forma sostanziale non ha nulla a che vedere con il concetto di consistenza. In Pace

      • In primo luogo, l’argomento ad hominem non ha alcuna pertinenza in una discussione seria, per cui il fatto che l’autore possa appartenere o meno ad una scuola di pensiero o ad una fazione politica che non ci piace non ha alcun peso sul valore dei suoi argomenti. Io stesso sono molto distante dalla scuola tradizionalista, ma il libro di Smith che ho citato mi sembra in armonia col pensiero aristotelico-tomista e, pertanto, condivisibile.
        In secondo luogo, visto che qui stiamo proprio parlando del valore metafisico (e quindi filosofico) della meccanica quantistica, lo scopo della discussione è proprio quello di attribuire un valore filosofico a delle affermazioni di carattere scientifico e, pertanto, di vedere se è possibile dare alla meccanica quantistica un’interpretazione metafisicamente coerente.
        Smith qui va proprio asserendo che i problemi paradossi della meccanica quantistica sono tali in quanto ci si ostina a pensare (riduzionisticamente) alle particelle subatomiche come a ciò che di più reale (di più attuale) ci sia, mentre in realtà queste sono ciò che è più prossimo alla pura potenza, ricevendo attualità esclusivamente dagli enti corporei a cui ineriscono.

        • Condivido. In Pace

        • Grazie carissimo!
          Non sarebbe male sviluppare logicamente cosa significa pensare che metafisicamente queste realtà senza la distinzione atto/potenza e a quali conseguenze metafisiche porta il pensare riduzionisticamente le particelle in campo.
          Forse infatti se ben esplicate le conseguenze del pensare riduzionisticamente LA METAFISICA (!) della quantistica potrebbe far capire perché chi attribuisce un valore filosofico alle affermazioni scientifiche quantistiche stia facendo per così dire un piacere a tutti, fisici in primis.

          Personalemnte nei miei interventi cercavo proprio di dimostrare che senza questa distinzione la realtà dell’ente svaniscce poiché lo si rende contradditorio. Sbaglio a tuo dire?

          Ovviamente questo non significa piegare il reale verso un nostro pregiudizio che è quello di salvare il lavoro degli amici fisici dall’essere nulla, è solo un modo di rigirare l’argomento per far comprendere mediante un sotterfugio dialettico cosa significherebbe dire il contrario di quanto sosteniamo noi in termini metafisici.

        • Scuole di pensiero o fazione politica si, ma che creda a delle boiate colossali è un’altra Trianello.

          Ora, l’Età dell’Oro dell’umanità, sorta di mito Atlantideo mutato in Shambala, con una fonte unic per tutte le religioni nel mondo, fonte che dovrebbe essere superiore in sapienza a tutte le religoni successive… e aspetta, abbia storia, archeologia e antropologia a dirci che è pura fantasia.
          Io Guenon l’ho amato, quando avevo 20 anni, poi però sono cresciuto ed ho scoperto che diceva un sacco di fregnacce.
          E’ il filone finale della truffa della Blawastky, un’altro figlio della Teosofia.

          E’ obbiettivo quanto un politico del PD mentre votava che Silvio credeva veramente che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Paro paro.

          • Perdonami, ma anche qualora Smith ritenesse che la scimmia discende dall’uomo, questo non avrebbe nessuna pertinenza con il testo citato, il quale, invece, mi sembra dare una lettura della filosofica della meccanica quantistica molto stimolante ed in perfetta armonia con la tradizione aristotelico-tomistica (e con quanto, mi sembra è andato asserendo in queste pagine Simon de Cyrène, il quale su questa specifica materia ha una preparazione molto più ampia della mia).

          • Infatti è stato criticato anche il contenuto, e non solo da me Trianello.

            Le mie parole semplicemente ad affermare che su questi temi non è affidabile, Trianello.
            Una persona che crede a cose palesemente false non può che non solo mancare di obbiettività, ma anche cercare di dare una lettura quantomeno forzata delle cose pur di piegarle ad una visione che possa sembrare coerente con le proprie credenze.

            E questo lo fa nell’esempio che avevo riportato, in una frase dove la coerenza logica sta nei termini usati, senza tenere conto però che nella prima parte sono termini che riguardano l’ambito della fisica e nella seconda parte della filosofia, senza tener conto delle differenze di significato.

            Non è affidabile.

          • Altro esempio:

            That mark, however, proves to be characteristic of the entire quantum world: the Heisenberg Uncertainty Principle guarantees as much. It follows that the quantum domain in its entirety constitutes a material substrate in relation to ‘the measured’, that is to say, the corporeal world.

            Qui il vostro stesso errato. Il non misurato è “corporeo” quanto il misurato.
            Il non misurato non è un substrato del misurato, non esiste questa gerarchia.

    • Ho letto rapidamente. A parte la per me incomprensibile distinzione tra “oggetto corporeo” e “oggetto fisico associato” (che sta nella prima riga e determina tutto il resto, ma per la quale mi e’ impossibile trovare un qualsiasi senso logico), segnalo alcuni punti che mi provocano sincero sbigottimento:

      ” We have concluded in Chapter 4 that physical particles lack essence and therefore lack being”

      Se non e’ idealismo questo, cos’altro e’? Anche piu’ avanti dice chiaramente: “As we have noted before, it is not in reality a ‘thing’, which is to say that it lacks quiddity, lacks essence.
      Now, it is precisely this lack of essence that manifests itself physically as quantum indeterminacy”. L’essere pare invece essere dato dalla misura, come piu’ volte ho detto di temere. Si parla infatti, alla fine del testo, esplicitamente di un atto di tipo creativo, a questo proposito.

      e’ un gran pasticcio anche la confusione tra particelle indistinguibili e l’asserita conseguente negazione dell’esistenza di esse (nientemeno! oltretutto il citato Schroedinger dice altro)

      “It follows from these considerations that corporeal entities are not in fact ‘made of particles’ as almost everyone staunchly believes”

      provare a prendere un microscopio elettronico e guardare, please, come i satelliti di Giove ai tempi di Galileo

      Poi abbiamo anche gli oggetti subcorporei, che non ho idea di cosa siano.

      Successivamente apprendiamo che la teoria dell’autore “suffices to resolve the major enigmas of quantum physics”: nientemeno, complimenti! Che si riesca a far questo senza nemmeno una formula e’ ancora piu’ sorprendente.

      Chiedo scusa, mi ero promesso di non intervenire piu’ e non voglio essere scortese, ma sinceramente sono basito e mi pare di rivedere lo spettro dell’idealismo che aleggia su questo signore che presume di essere aristotelico-tomista. Non mi stupisce, e faccio autocritica con cio’, che si tratti di un matematico come me e non di un fisico, i matematici tendono infatti a dare natura di realta’ oggettiva a una serie di idealizzazioni solo perche’ ci sembrano troppo belle per non essere reali, e’ una tentazione irresistibile ma e’ uno sbaglio.

  20. In effetti, si muove lungo una linea argomentativa simile a quella che ho esposto nel mio tanto criticato post nell’altra discussione. Per lui la funzione d’onda è “analoga”, nel suo essere pontenziale, alla potenzialità che un uomo ha di stendere o meno un braccio, “analoga” appunto, non identica. Secondo Smith tutti gli oggetti fisici (che egli distingue dagli oggetti corporei), vale a dire tutti gli oggetti che compaiono nei modelli elaborati dai fisici sono potenziali rispetto agli enti corporei (gli enti di cui noi facciamo sensorialmente esperienza e attraverso i quali noi accediamo agli enti fisici), in quanto la fisica, così come si è sviluppata a partire dalla rivoluzione scientifica, ha a che fare proprio con l’aspetto materiale della natura (e la materia, in una prospettiva ilemorfica, è potenza per definizione). Tale potenzialità emerge però a livello della meccanica quantistica in maniera più vistosa in quanto questo livello è quello più prossimo alla “materia prima”.
    Al momento, dei libri di Smith, ho letto solo questo. So che l’autore è un fautore della cosiddetta scuola tradizionalista (anche in questo volume egli cita in un’occasione Guenon, per esempio), per cui non so se sarei pronto a sottoscrivere tutto il suo pensiero. Quanto da lui sostenuto in questo volume mi sembra, comunque, in linea con l’ortodossia tomista (per così dire).
    La sua competenza relativamente alla meccanica quantistica è palesata dall’appendice del volume in oggetto, in cui questi fornisce una breve esposizione della stessa.

    • Be’, se la teoria ha proprio a che fare con questa supposta analogia tra un uomo che potrebbe stendere un braccio o no e la meccanica quantistica, ho serissimi dubbi che si tratti di persona competente in quel campo. D’altronde se pensa che la terra sia al centro dell’universo (il che e’ un enunciato che non e’ neanche sbagliato, semplicemente non ha senso) ha seri problemi pure con quella classica. Allora non e’ che venga tanta voglia di leggerlo, che sia tomista ortodosso o non ortodosso e qualunque cosa cio’ voglia dire.

      • Terra centro dell’universo e certamente un concetto un po particolare… ma bisogna vedere il contesto forse era in senso metaforico. Non conosco questo autore. In Pace

      • Be’, se la teoria ha proprio a che fare con questa supposta analogia tra un uomo che potrebbe stendere un braccio o no e la meccanica quantistica, ho serissimi dubbi che si tratti di persona competente in quel campo.

        Perchè l’analogia sarebbe sbagliata? Tieni conto che in filosofia nell’argomentazione per analogia un termine viene applicato a molti soggetti in senso PARZIALMENTE eguale E parzialmente diverso.
        Da quello che scrivi pare invece che sia una forma di predicazione detta di EQUIVOCITA’ cioè un termine viene applicato a molti soggetti in senso totalmente diverso.
        A questo punto riesci tu a precisarci una analogia corretta? Grazie GG e trianello per questi ultimi interventi.

        • Perche’ io do alla meccanica quantistica anche un aspetto ontologico, non solo di potenza.

          • E perché un uomo che può stendere un braccio non è reale? Non fa parte della sua ontologia anche il fatto di stendere un braccio? Potenza non significa non reale.

          • non esiste una combinazione lineare di un uomo con un braccio disteso e di uno con un braccio non disteso. Le analogie si fanno tra oggetti in qualche modo comparabili, non tra enti di natura diversa.

          • Potenzialmente eccome, attualmente no.
            Che differenza c’è con la quantistica?
            Mi stai dicendo che la quantistica dunque dichiara che ATTUALMENTE (COME LO INTEDIAMO NOI!) ciò che viene comunemente chiamato elettrone (per esempio) è ONDAEPARTICELLA insieme?
            Cioè la scienza fisica può penetrare nella ONTOLOGIA? Quando dici che ha valore ontologico GG significa che PRENDE TUTTO l’ente! Se prende PARTE dell’ente non ha valore ontologico! Che sia qui il misunderstanding?
            Altra definizione per comprendere i termini in campo: Attualmente METAFISICAMENTE INTESO significa CHE LO VEDI IN ATTO, si è cioè PERFEZIONATO! Tu lo vedi in atto quando è ondaparticella?! Viene a contatto con gli altri enti concreti quando è ondaparticella? O lo calcoli in uno spazio logico coerente ma non concreto come quello matematico?
            E quando lo osservi E’ ENTRAMBE LE COSE CONTEMPORANEAMENTE?
            Come può essere A e NONA contemporaneamente IN ATTO?
            Cosa vuol dire in atto?!
            MOndin aiutaci tu: In Aristotele (e anche in S. Tommaso) atto designa tutto ciò che è perfezione, completezza, realizzazione, definizione, mentre la potenza indica ciò che è imperfetto, incompleto, indefinito, e pertanto suscettibile di perfezionamento, di definizione, di realizzazione.
            And again: l’atto non si identifica mai con l’essere stesso della cosa, ma soltanto con la forma; mentre la potenza si identifica con la materia. Perciò atto e potenza non sono enti, ma princìpi primi dell’ente: l’atto e il principio attivo e la potenza il principio passivo.

            Sono 4 pagine fitte nel dizionario del Mondin per far capire cosa si intede per atto nella filosofia tomista. Se vuoi te le spedisco.

            Te lo chiedo perché il problema non è di poco conto: se è così e mi dite che potenza e atto sono inservibili è necessario trovare qualcosa che dimostri che l’elettrone non è contradditorio.
            Se l’elettrone è contradditorio come tale è imprendibile per ogni logica umana.
            L’elettrone non esiste, hai distrutto il reale.

            E perché dici che “non è vero che è contradditorio” come diciamo noi? Eppure chiedendoti una analogia salti fuori che l’elettrone è un uomo con un braccio DISTESO e NONDISTESO contemporaneamente.
            Le analogie si fanno fra oggetti comparabili parzialmente. Come tale l’analogia è SEMPRE parzialmente giusta. Ora: ‘sta analogia è parzialmente giusta oppure completamente sbagliata?

          • Caro Minstrel, ne abbiamo gia’ parlato a lungo e io sinceramente non so piu’ che dire. Mi sembra che tu cerchi di usare categorie che semplicemente non c’entrano con l’oggetto di cui si parla, e dunque inevitabilmente finisca in un vicolo cieco. Sei tu che forzi l’analogia del braccio teso o non teso, io ho detto che quell’analogia proprio non ha niente a che vedere con la meccanica quantistica. L’elettrone non e’ onda e particella insieme, e’ un’altra cosa che in alcuni contesti iinteragisce con la materia in forma ondulatoria, e in altri in forma corpuscolare. Non e’ possibile descriverlo togliendo una dei due modi in cui l’interazione con esso si manifesta, punto, ma non e’ che sia due cose diverse, o una cosa e il suo contrario, e io veramente non so piu’ come dirlo: dire che un’oggetto si manifesta in due modi per i quali non troviamo di meglio che fare analogie con due oggetti macroscopici diversi, non vuol dire che quell’oggetto sia due cose diverse. Per evitare discussioni che a me sembrano inutili io cercavo di tagliar la testa al toro dicendo che l’elettrone E’ la propria funzione d’onda, che sara’ una frase criticabile, ma almeno la fa finita con ‘sta faccenda dell’essere e non essere, dell’A e non A (ma qual’e’ mai la proposizione A?). L’elettrone non e’ contradditorio perche’ sta li’, ostinato, a comportarsi come pare a lui e non ad Aristotele, e noi ci limitiamo a osservare quel che e’ parso di fare al buon Dio.

            Vi chiedo venia, ma getto la spugna. Grazie di tutto a tutti e a te Minstrel in particolare, davvero, ma non sono in grado di dire altro.

          • @Minstrel

            Si. Se prendi un fotone singolo, quello si comporterà in entrambi i modi, come ben descritto dal link dato da Andrea.

            Secondo te perchè si dice che la MQ e del tutto controintuitiva?

          • Se è così Mauro, e si ha addirittura il coraggio di dire che questa fisica contradditoria esperisce TUTTO l’ENTE, cioè FA ONTOLOGIA allora è necessario (NECESSARIO!) dire che l’ente è nulla cioè non esiste.
            Noi non esistiamo.

            A questo punto: buon lavoro domani… 😀

          • Sono in mobilità, quindi domani per me il lavoro non esiste 😀

            Io non ho parlato di esperire enti, o altro, so solo che in MQ le cose stanno così. Questo è.

            Il problema con glienti come stanno o meno, e tuo e non mio. Se qualche cosa asserisce che lo cose dovrebbero funzionare diversamente, allora deve mutare quella cosa, perchè ha torto.

          • Cioè quindi tutto il parlare si riduceva a dire che ciò che nei suoi accidenti reagisce in due differenti modi non puòessere la medesima cosa?

            Ogni cosa che esiste ha un aspetto ontologico, dire che la meccanica quantistica ha un che di ontologico non ha senso.

            Quel che mi sembra dire la meccanica quantistica è che invece ogni cosa appare quel che non è e questa può essere realmente una petizione filosofica che attesti fatalmente la dipendenza del cosmo dal Principio.

            Quindi l’Atto consiste nel farsi, la Potenza nell’esser poter venire in essere, se ciò si dichiara contemporaneo, il problema è la potenzialità pura e la attualità pura, il cui unico caso di perenne simbiosi e simultaneità è dato nel concetto di Possibile Infinito, giacché ogni possibilità non può non realizzarsi ossia essere reale e la totalità di esse è un Illimite Assoluto per ogni grado che esse vanno ad assumere.

          • Mauro scrive:

            “Si. Se prendi un fotone singolo, quello si comporterà in entrambi i modi, come ben descritto dal link dato da Andrea.
            Secondo te perchè si dice che la MQ e del tutto controintuitiva?”

            Quello che si è asserito qui è proprio che la MQ appere controintuitiva perché ci si ostina a leggerla in un’ottica riduzionista ed a considerare l’elettrone come un ente attuale e non come una potenzialità (anche se non una potenzialità “pura”) di un sistema fisico che si attualizza nel momento in cui si esegue una misurazione.

          • La domanda dei fisici ora è se consideriamo la “Potenza” ESISTENTE oppure no.

            Ma è una domanda credo sbagliata in quanto è ovvio che la potenza ESISTE poiché è proprietà dell’essenza dell’ente il quale, PARTECIPANDO dell’essere, ESISTE con TUTTE le sue proprietà.

            O mi sbaglio Trianello?

          • Trianello scrive:

            Quello che si è asserito qui è proprio che la MQ appere controintuitiva perché ci si ostina a leggerla in un’ottica riduzionista ed a considerare l’elettrone come un ente attuale e non come una potenzialità (anche se non una potenzialità “pura”) di un sistema fisico che si attualizza nel momento in cui si esegue una misurazione.

            L’ho capito.

            Il fatto è che la Superposizione è uno stato esattamente come lo è quello preso durante l’osservazione.
            E’ questo che voi non volete accettare. Non c’è differenza “nell’essere stato”. Un singlo stato, composto dalla sovrapposizione di più stati anche opposti tra loro.
            Questo crea un singolo stato dove è possibile trovare caratteristiche opposte.

            Che poi dopo l’osservazione non è che la particella mantiene per l’eternità quello stato eh, se ne torna in Superposizione.
            Quindi lo stato durente l’osservazione, sarebbe la “potenza” dello stato della particella isolata?
            Come vedi non è perfetto nè “compiuto” neppure lo stato durante l’osservazione, è solo univoco.
            Per cui o è attuale quanto l’altro, oppure esiste solo potenza e l’ettuale non esiste.

            Vorrei aggiungere, riguardo al reale ed alle misurazioni, che l’elettrone è una convenzione, un modello matematico. Nessuno ne ha mai visto uno, ma è l’unico modo con cui spiegare le misurazione, e l’unico modo nel quale funziona.
            Prima di definirlo “non reale” però o comunque di iniziare una cascata di parole per andare nell’ipotetico, siete pregati di mettere due dita in una presa elettrica qualunque e di pregare San Tesla per la corrente alternata. Giusto per darvi un’esperienza diretta della realtà dell’elettrone.
            Grazie.

          • Simon sta preparando un articolo di continuato a questo. Vediamo se riusciamo a far ancora più casino! ahah 😀

          • Speriamo nel nuovo articolo si parta da una posizione di chiarezza sullo stato di Superposizione.

          • Mauro scrive:
            “Vorrei aggiungere, riguardo al reale ed alle misurazioni, che l’elettrone è una convenzione, un modello matematico. Nessuno ne ha mai visto uno, ma è l’unico modo con cui spiegare le misurazione, e l’unico modo nel quale funziona.”

            Il fatto che qui non si dice che un elettrone è un qualcosa di “irreale”: c’è una bella differenza dall’essere potenziale ed il non essere affatto. Anche l’essere potenziale è un modo d’essere.
            Per usare il gergo di Smith, l’elettrone è un ente transcorporeo (in quanto non possiede un corrispettivo nel mondo corporeo come gli enti subcorporei di cui si occupa la fisica classica), che come tutti gli enti fisici è un ente potenziale (rispetto agli enti corperei di riferimento) il quale si attualizza nel momento in cui (durante una misurazione) la sua funzione d’onda collassa e noi possiamo verificarne la presenza (attuale) attraverso una qualche manifestazione corporea.

          • Faccio un’ultima considerazione, conscio del fatto che non sara’ utile come le precedenti.

            Voi volete descrivere la MQ con un linguaggio a lei totalmente estraneo, perche’ per qualche ragione ritenete quel linguaggio in grado di descrivere qualsiasi cosa (linguaggio fatto di enti, essenze, essere, atti e potenze, tutti termini dei quali, malgrado sinceramente mi sia sforzato, non vedo una definizione chiara: e, sapete, io sono un matematico, e per me dare definizioni non chiare e’ il massimo del disastro…). invece almeno a mio parere, non ce la si fa, e allora succede secondo voi nientemeno che il fatto che il reale non esiste piu’, perche’ pare che noi si sia detto che una cosa e’ e non e’, cosa che nessun fisico si e’ mai sognato di fare. E addirittura si parla di “fisica contradditoria”, senza che con tutti i miei sforzi io minimamente riesca a immaginare dove sia la contraddizione. Se vi metteste a discutere con gli stessi criteri il concetto di campo classico (pieno di amenita’ come l’azione a distanza), sono peraltro abbastanza certo che arrivereste alle stesse conclusioni. Se si prova a spostare il discorso sul linguaggio proprio con cui si puo’ descrivere quei fenomeni, spunta la parola riduzionismo, con la quale immagino si voglia dire che per il fisico esiste solo cio’ che e’ direttamente osservabile, cosa che mi sembra di aver chiaramente detto non essere la mia opinione (ne’ presumibilmente quella della maggior parte dei ricercatori) numerose volte.

            Da parte mia esco da questa discussione con la forte sensazione che il pensiero anti-realistico sia proprio quello che proponete, che mi pare assegnare all’ente (qualunque cosa cio’ voglio dire) la propria esistenza solo nell’interazione con l’osservatore, un principio tipicamente idealista, almeno a me pare nella mia crassa ignoranza filosofica. Mi sembra che questo pericolo mortale sia insito proprio nel nucleo del ragionamento, non ne sia un accidente.

            Adesso poi la dico grossa, e spero che tu caro Minstrel non mi tolga il saluto per questo 🙂 : sicuri che questo tomismo non sia proprio lui il problema? Io avevo gia’ questa forte sensazione in campo teologico, e i miei dubbi sono aumentati e si approssimano a diventare certezza…

          • Caro “gg”, mi dispiace davvero che non ci siamo capiti.
            Comunque la potenza di un oggetto caratterizza un ente quanto l’atto: cioè ha un’esistenza anche se non attuale.
            Ad esempio, in quanto umano ho la potenza di camminare e non quella di volare: quando sono seduto la mia potenza di camminare è ben reale anche se non in atto.
            Questo è realismo.
            Non c’è nessun rischio di idealismo dalle parti nostre.
            Grazie comunque per gli spunti interessanti che ci hai dato e che ci obbligano a sempre maggior precisione e creatività esplicativa.
            A presto lo stesso, spero
            In Pace

          • Bah.

            Non è un buon modo di parlare quello che include il pensiero che l’altro sia stupido.

            Inoltre è già strano che un fisico proponga un pensiero mentre indegno che i filosofi non integrino i dati nella teoria.
            La tristezza appare in questa strana frattura.

        • Trianello scrive:

          Il fatto che qui non si dice che un elettrone è un qualcosa di “irreale”: c’è una bella differenza dall’essere potenziale ed il non essere affatto. Anche l’essere potenziale è un modo d’essere.
          Per usare il gergo di Smith, l’elettrone è un ente transcorporeo (in quanto non possiede un corrispettivo nel mondo corporeo come gli enti subcorporei di cui si occupa la fisica classica), che come tutti gli enti fisici è un ente potenziale (rispetto agli enti corperei di riferimento) il quale si attualizza nel momento in cui (durante una misurazione) la sua funzione d’onda collassa e noi possiamo verificarne la presenza (attuale) attraverso una qualche manifestazione corporea.

          Io spero che tu capisca che ogni particella elementare ha queste caratteristiche, e che queste formano tutta la materia.
          Spero tu sappia che tutto è corporeo quanto queste particelle, è che in realtà ciò che sino a pochi decenni fa veniva definito “corporeo” era in realtà l’effetto sui nostri sensi dell’elettromagnetismo e delle forze nucleari debole e forte e dell’effetto del Bosone di Higgs.

          • Questo ha molto più a che fare con quel che i buffoni chiamano piano astrale però, tu memore del fatto che , dividendosi e spingendosi verso l’esterno, le qualità intrinseche della fase finale saranno inverse all’inizio. Molte delle ricerche che oggi sono possibili, sono tali solo perché lo stato era propizio alla loro proliferazione.

          • Mauro1971:

            “Io spero che tu capisca che ogni particella elementare ha queste caratteristiche, e che queste formano tutta la materia.
            Spero tu sappia che tutto è corporeo quanto queste particelle, è che in realtà ciò che sino a pochi decenni fa veniva definito “corporeo” era in realtà l’effetto sui nostri sensi dell’elettromagnetismo e delle forze nucleari debole e forte e dell’effetto del Bosone di Higgs.”

            Il problema è tutto qui, e si chiama “riduzionismo”. Gli enti transcorporei (per utilizzare l’espressione di Smith) sarebbero più reali degli enti corporei (i quali si ridurrebbero ad un’aggregazione di particelle). Questo è puro riduzionismo e questo porta all’impossibilità di dare un’interpretazione coerente della MQ. E’ prorpro la forma mentale di cui questo tuo ultimo intervento è una manifestazione che qui si contesta in nome del ralismo aristotelico-tomista e della sua gerarchia degli enti.

          • Trianello scrive:

            “Il problema è tutto qui, e si chiama “riduzionismo”. Gli enti transcorporei (per utilizzare l’espressione di Smith) sarebbero più reali degli enti corporei (i quali si ridurrebbero ad un’aggregazione di particelle).”
            E no Trianello, qui sbagli.
            Ho parlato di elettremagnetismo, di forze nucleari e di effetto del Bosone di Higgs, siamo ben oltre ad una semplice aggregazione di particelle, entrano appunto altri fattori ed altre forze in gioco. Queste permettono di creare nuovi oggetti dalle particelle, oggetti con caratteristiche proprie, gli atomi, che poi si aggregano in molecole, ognuna di queste con sue proprietà chimico fisiche e così via.
            Ma alla base di tutto abbiamo le particelle.
            I nostri sensi, che da soli non percepiscono mimamente tutto questo ci fanno identificare una pallina da biliardo come “corporale”, quando invece è composta da pacchetti diverse forme di energia, ognuna con le sue caratteristiche.
            Per cui la divisione di Smith è tutta basata sull’illusione della nostra percezione diretta, tristemente inadatta a fare un’osservazione decente della realtà.
            Lo vedi che non è affidabile?

            Diverso magari sarebbe il concetto di massa, che è quantomeno più preciso ed ha un senso in termini scientifici.


            Questo è puro riduzionismo e questo porta all’impossibilità di dare un’interpretazione coerente della MQ.

            Non è riduzionismo, come dimostrato sopra. Siamo ben coscienti degli altri fattori che entrano in gioco salendo nella scala delle dimensioni.
            Ne ho dimenticato qualcuno? La mia spiegazione non è corretta?
            Diversamenti spiegami cosa sarebbe la “corporalità” di un oggetto, e non come esperienza individuale, ma dimmi tecnicamente cosa è.

            Altresì, la MQ è coerentissima, l’interpretazione coerente della MQ è la MQ, che ricordo si basa sulla pura osservazione.

            Se invece esite un problema perchè non si riesce a dare un’interpretazione della MQ che risulti coerente con l’Aristotelismo (che si basa su astrazioni mentali) il problema è come già detto a Minstrel dell’Aristotelismo.
            Ma siamo sempre nel discorso che cercate di far combaciare principi basati su osservazioni compiute più di 2000 anni fa con qualcosa di totalmente alieno all’esperito che poteva avere Aristotele.
            Non è che state pretendendo troppo da sto pover’uomo?


            E’ prorpro la forma mentale di cui questo tuo ultimo intervento è una manifestazione che qui si contesta in nome del ralismo aristotelico-tomista e della sua gerarchia degli enti.”

            No, verammente il problema è che voi state cercando di applicare forzatamente e forzosamente questa gerarchia in un qualcosa dove questa non esiste.

          • “siamo ben oltre ad una semplice aggregazione di particelle”
            E poi
            “Ma alla base di tutto abbiamo le particelle.”

            perfettamente contradditorio come la meccanica quantistica riletta con la metafisica riduzionista. 😀

          • Minstrel carissimo, scusami ma questo del riduzionismo e’ una specie di mantra, del quale non vedo alcuna giustificazione, non attaccarti a parole di altri che dopo 200 post inevitabilmente, se prese qua e la’, dicono tutto e il contrario di tutto. La meccanica quantistica ha tutti i difetti che vuoi, ma 1) non e’ contradditoria (per dimostrare il contrario devi produrre una sua previsione concreta che non puo’ aver luogo) 2) non pretende, come nessun’altra teoria fisica, di descrivere piu’ di quanto descrive, dunque il riduzionismo potra’ magari essere una corrente epistemologica, ma non ha a che fare con la MQ in se’

          • La mia era una battuta ironica, Mauro mi conosce e so che non se la sarà presa. 🙂
            Per il resto continuerei nel nuovo post dove SImon cerca di fare il punto e forse ne chiarisce anche altri.
            Ovviamente per te che ritieni la MQ assolutamente non contradditoria tutta questa “menata” ti sembra inutile o per lo meno poco proficua. Resta il fatto che se epistemologicamente leggiamo la MQ in modalità riduzionista arriviamo ad aporie insanabili, tutto qui. 🙂

          • No, non e’ stata una menata, anche se non mi sembra molto proficuo proseguire, come dicevo. Tuttavia, mi sembra che se tu affermi che una tal disciplina sia contradditoria, e ritieni che essa affermi la verita’ di A e non A contemporaneamente, dovresti almeno dire con la massima precisione cos’e’ A, perche’, perdonami, io continuo semplicemente a non capirlo (noto A con chiarezza, non A sara’ definito con altrettanta chiarezza). Ciao

          • @Minstrel, dimostrami che ciò che ho detto è falso, invece di mettere li frasi fatte.

            Dimostrami che alla base di ciò che conosciamo come “materia” non ci sono le particelle elementari.
            Dimostrami che la “corporarietà” non è data dagli effetti dell’unione di queste particelle assieme alle forze nucleari, e passando dal subatomico all’atomico, dall’elettromagnetismo.

            Ma dimostramelo concretamente, porta gli oggetti “in più” che non vedrei dal mio “riduzionismo”.
            Oggetti veri, non opere di fantasia, mi raccomando.
            Dimostra nel concreto che le mie affermzioni sono errate, una per una.

            Se no le tue sono solo chiacchiere.

          • Capito GG? 🙂
            Mauro, riduzionismo non è una accusa o un’offesa. E’ un dato di fatto. Tu ritieni che sia così, solo che se è così metafisicamente allora la realtà non esiste poiché contradditoria oppure è immobile ed eterna e quello che noi osserviamo è illusione.
            Non c’è nulla allora da provare, ma da accettare.

            “La vita è sogno, solo sogno”

            Che magnifico inizio. Botticelliano.
            Peter Weir hai tempi era davvero un figo.

          • Ho capito che non litigate e ne sono ben lieto!

            Non ho invece capito che cosa tu dica nel tuo ultimo post. Ho cercato di dimostrare innumerevoli volte che non c’e’ nessuna negazione della realta’, nessun A e non A, ma tu riscrivi “Tu ritieni che sia così, solo che se è così metafisicamente allora la realtà non esiste” e io continuo a non capire minimamente quel “cosi'” cosa mai sia, e quell’A e non A cosa mai siano. Se A e’ che una particella sia un’onda e non A che sia una particella, nessuno lo dice: quel che chiamiamo particella invece interagisce con il resto della realta’ in modi che per la nostra visione hanno analogie sia con il fenomeno dell’onda che con quello della particella. Mi sembra poi che potrebbe francamente esserci un problema con il concetto di negazione di A

            Se la realta’ che i fisici negherebbero con i loro approcci “riduzionistici”, ancora una volta non definiti, fossero quelle specie di fantasmi che vengono altrove chiamati qui “oggetti corporei” (o transcorporei, o non ricordo cosa, magari ci saranno anche i ciscorporei 🙂 ), naturalmente senza definizione chiara, be’, nego piu’ che volentieri!

          • GG io e Minstrel non litighiamo, al massimo giochiamo a scatti tirandoci dietro i pezzi, ma ci siamo talmente tanto “scannati” che alla fine ci siamo affezionati l’un l’altro, e credo in qualche modo abbiamo imparato a rispettarci.

            Una cosa che non sono ancora riuscito ad insegnare a Minstrel però, e a rispondere alle domande che gli vengono poste.

            Sguscia. 😀

            Quando fa così lo chiamo amichevolmente “pretofilo” 😀 😀 😀

        • Grazie a te Simon, io ho provato a capire e a farmi capire, e credo che gia’ il tentativo abbia comunque un valore. Le tue ultime righe, tra l’altro, mi sembrano piu’ condivisibili: quantunque io permanga fisso nel non capire minimamente la necessita’ di introdurre i concetti di potenza e di atto gia’ in generale e ancora piu’ fortemente in questo contesto (spero con cio’ di non dichiarare inavvertitamente, amici, che la realta’ non esiste 🙂 ), perlomeno mi e’ ora chiaro che anche per te l’esistenza non e’ necessariamente legata all’osservatore.

          Ovviamente a risentirci presto.

      • Ho tra le mani il volume in cui Smith parla del Geocentrismo. Si tratta del suo The Wisdom of Ancient Cosmology. Dalla rapida scorta che ho dato al testo (lo leggerò con calma poi), mi pare che questi non sostenga la validità scientifica del geocentrismo, ma la superiore dignità a livello “sapienziale”. Tutto il volume, infatti, si occupa del rapporto tra la cosmologia scientifica e quella “tradizionale” (la quale, a suo avviso, ha un valore superiore a livello “sapienziale”). Su due piedi, la cosa lascia perplesso anche me, ma non ha nulla a che vedere con l’argomento di cui stiamo trattando qui.

        • Certo che non ha niente a che vedere, ma non depone a favore dell’autorevolezza della persona. Perche’, da accanito realista, o la terra e’ al centro dell’universo (il che, dicevo, non vuol dire niente) oppure non lo e’. Ho precisato esplicitamente che cio’ non c’entra con la fondatezza o meno di altri suoi scritti ma, insomma, non viene una gran voglia.

          E’ pero’ un caso veramente curioso. Un’affermazione cosi’ stupida sembra impossibile possa essere fatta da un geometra differenziale, il cui oggetto di studio sono le varieta’ riemanniane, nel cui contesto si puo’ parlare di puo’ si’ parlare di poli (e’ un concetto matematico ben definito), ma immaginare lo spazio tempo come una varieta’ con un solo polo e’ veramente un’affermazione stupefacente e priva di riscontri. Sembra esserci una specie di frattura tra la statura scientifica del personaggio, che nel suo campo e’ notevole, e affermazioni nella migliore delle ipotesi stravaganti.

          • Come dicevo, non mi sembra che Smith proponga il geocentrismo come ipotesi scientifica. Sarò essere più chiaro quando avrò letto il libro in oggetto, comunque.
            Ciò non toglie che il suo volume sulla meccanica quantistica non sia stato accolto con favore dai filosofi della natura di scuola aristotelico-tomistica. Io stesso l’ho scopoerto tempo fa leggendone una recensione apparsa l’anno della sua prima edizione sulla prestigiosa rivista “The Thomist” a firma del noto filosofo della natura domenicano William A. Wallace.

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