Verdi e la ricerca del sacro nel teatro della vita

Libera me, Domine, de morte æterna

“Se alla mia età si potesse ancora decentemente arrossire, arrossirei per gli elogi che Voi fate al mio pezzo. Elogi che, non lo nascondo, fatti da un maestro e da un critico del valor Vostro hanno un’importanza gravissima ed accarezzano non poco il mio amor proprio. Quelle Vostre parole avrebbero quasi fatto nascere in me il desiderio di scrivere più tardi la Messa per intero, tanto più che con qualche maggiore sviluppo mi ritroverei ad aver già fatto il Requiem e il Dies Irae, di cui è il riepilogo nel Libera già composto. Pensate dunque, abbiatene rimorso, quali deplorabili conseguenze potrebbero avere quelle Vostre lodi. Ma state tranquillo, è una tentazione che passerà come tante altre. Io non amo le cose inutili e di messe da morto ve ne sono tante, tante e tante. E’ inutile aggiungerne una in più.”

Giuseppe Verdi, Lettera ad Alberto Mazzuccato, 4 febbraio 1871

Eppure nel 1873, alla notizia della morte dell’adorato Manzoni, il Maestro Verdi pare ripensare al “Libera Me” lasciato da parte nel 1871 e scritto in occasione della morte di Rossini, pezzo che tanti elogi aveva riscosso dal Maestro Mazzuccato. Richiesta quindi la disponibilità della Città di Milano ad un avvenimento in ricordo a Manzoni programmato per l’anno successivo, si mette a lavorare alla “Messa da Requiem”.
Il 28 febbraio 1874 scrive:

“Io lavoro alla mia messa e proprio con gran piacere. Mi pare di essere diventato un uomo serio; di non essere più il pagliaccio del pubblico che con gran tamburone e grossa cassa grida: «Avanti, avanti, venite! eccetera». Voi capitere che ora sentirmi a parlare d’opere, la mia coscienza se ne scandalizza e mi faccio presto presto il segno della croce. Che ne dite? Non vi sentite edificato di me?”

L’ironia spensierata leggibile nella lettera palesa la convinzione di Verdi di essere in procinto di scrivere una nuova straordinaria pagina di musica. A maggio dello stesso anno viene dunque eseguito, su direzione dello stesso Verdi, quello che diventerà uno dei capolavori della musica occidentale di fine secolo, subito acclamato come opera summa del Maestro, musica tanto evocativa e potente da essere eseguita da altre compagini ancor prima della pubblicazione della partitura integrale. Nel frattempo sui giornali dell’epoca appaiono caricature del Maestro vestito come un sacerdote.

Ascoltando le primissime note del Requiem – con quegli archi discendenti perduti in una foschia misteriosa, che partono da un silenzio che tanto ricorda il silenzio che accompagnò l’uscita della bara del Maestro alle 6 di mattina dal Grand Hotel et de Milan; con quel coro che pare sussurrare domanda di grazia sofferta e che ricorda quella malinconia che dal 14 marzo del 1897, dal giorno cioè in cui morì Giuseppina Strepponi, non abbandonò più Verdi – non si può pensare alla parabola discendente di un uomo verso una morte solitaria. Nonostante fosse circondato dalla stima immensa di tutti gli italiani (celebre l’episodio in cui le strade dell’Hotel che lo ospitava, durante l’agonia, vennero riempite di paglia per attuttire ogni rumore molesto), egli visse gli ultimi anni di vita ricolmo di solitudine e tristezza inaudita.

Ascoltando i moti universali che la musica del Maestro riesce a muovere, soprattutto negli ultimi straordinari capolavori, non si può che rimanere sconcertati dalla sensibilità dimostrata da Verdi nei confronti della natura umana.
Non è solo “senso teatrale”, ma è una sensazione di vera partecipazione a quanto narrato, a rendere le opere di Verdi tanto toccanti. Così pure la sua musica sacra – spesso reputata “poco sacra” perché molto emotiva, molto “teatrale” – risente soltanto della sua partecipazione entusiasta e completa ai moti che l’uomo è chiamato a vivere nel teatro della sua vita.

Con una simile sensibilità interiore non si può che sperare che egli abbia saputo trarre conforto, in fin della sua vita, da quel “segno della croce” su cui tanti anni prima sorrideva per lettera e per il quale, e nella musica v’è la prova, tanto cercava, anelava, pregava.

Qui una lezione sul Requeim di GIuseppe Verdi di Susanna Franchi, liberamente scaricabile dal podacast di Lezioni di musica di Radio3.



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2 replies

  1. Minstrel, ti ringrazio per questo post: per caso, la Messa di Requiem di Verdi è sempre stato fin dai miei 7 -8 anni il mio pezzo musicale preferito con speciale emozione verso il Dies Irae. Ancora adesso lo ascolto addirittura quando ho bisogno di ispirazione…. concettuale!
    Rimpiango un collezione di vinili del Requiem diretta da Toscanini credo nel 1950…..
    In Pace

    • Con la Tebaldi?
      Beh… allora ho ben presente perché il Dies Irae ti ispiri!!!

      aaaargh!

      Appena tornato da Villa Carlotta dove ho festeggiato Verdi con uno spettacolo ad hoc! W Verdi!

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