Liturgia Apocalittica

Il Festino delle Nozze dell'Agnello dell'Apocalisse di Giovanni

Il Festino delle Nozze dell’Agnello dell’Apocalisse di Giovanni

In alcuni post precedenti, provando di andare oltre alla stringata e, in questo caso, un po’ ottusa visione di P.Augé, peraltro rinomato e acuto liturgista e confratello bloggista,  che vede nella presenza di varie forme del rito romano una competizione nefasta per la Chiesa abbiamo proposto la ricerca di un massimo comune moltiplicatore  per vivere la forma ordinaria e quella straordinaria con spirito di eccellenza per ciascuna chiedendo ai Pastori di conservarle, di incrementarle e di dar loro un nuovo vigore.

 

Proprio in questi giorni ci è annunziato il ritorno ufficiale del rito anglicano nella Chiesa latina e vediamo che questi è visto dai nostro Vescovi come un arricchimento per la Chiesa latina: questo ci conferma nel nostro atteggiamento in direzione di un bi-formalismo totalmente assunto e senza complessi che sposi con allegrezza i bisogni pastorali e spirituali delle varie culture e delle varie chiese che compongono la realtà cattolica.

In questo lungo post, vorremmo proporre e vedere  questo massimo comune moltiplicatore di TUTTE le liturgie al di là delle ideologie va da cercarsi nella Liturgia celeste descritta con potenza nell’Apocalisse di Giovanni e per tentare di dimostrarlo ci appoggeremo sull’eccellente libretto di facilissima lettura di Scott Hahn, “THE LAMB’S SUPPER THE MASS AS HEAVEN ON EARTH” (Darton,Longman & Todd Ltd, 01 feb 2003, ASIN:  B0092JFE6U). Armatevi dell’Apocalisse…

Già i Padri della Chiesa avevano visto nell’Apocalisse la chiave della liturgia e nella liturgia la chiave dell’Apocalisse, ma dopo quasi 14 secoli ecco la SacroSanctum Concilium  ricordarci:

8. Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio  quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l’inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, egli che è la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella gloria.

E questo ancora precisa il Catechismo della Chiesa Cattolica:

2642 La rivelazione delle « cose che devono presto accadere », l’Apocalisse, poggia sui cantici della liturgia celeste, 131 ma anche sull’intercessione dei « testimoni » (martiri). 132 I profeti e i santi, tutti coloro che furono uccisi sulla terra per la testimonianza da loro data a Gesù, 133 l’immensa folla di coloro che, venuti dalla grande tribolazione, ci hanno preceduto nel Regno, cantano la lode di gloria di colui che siede sul trono e dell’Agnello. 134 In comunione con loro, anche la Chiesa terrestre canta questi cantici, nella fede e nella prova. La fede, nella domanda e nell’intercessione, spera contro ogni speranza e rende grazie al Padre della luce, dal quale discende ogni dono perfetto. 135La fede è così una pura lode.

2643 L’Eucaristia contiene ed esprime tutte le forme di preghiera: è « l’oblazione pura » di tutto il corpo di Cristo a gloria del suo nome. 136 Secondo le tradizioni d’Oriente e d’Occidente, essa è « il sacrificio di lode »”.

Nell’Apocalisse, come nella messa, nella sua unità ci sono due parti ben distinte: i primi undici capitoli si concentrano sulla lettura alle sette chiese e nei primi tre capitoli c’è ben otto volte un richiamo di Cristo alla penitenza delle Chiese ,  per poi convergere sull’apertura del Libro . Dal dodicesimo capitolo in poi, si apre il Tempio di Dio nei cieli e la celebrazione del festino delle nozze dell’Agnello vi culmina.

Vi è un Tempio: [11, 1]Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: “Alzati e misura il santuario di Dio e l’altare e il numero di quelli che vi stanno adorando

Vi è un altare: [8, 3] Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono.

Vi è un gran sacerdote: [1,13]e in mezzo ai candelabri c’era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro

Ci sono sacerdoti: [4, 4]Attorno al trono, poi, c’erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone d’oro sul capo. 

Il celibato consacrato vi è celebrato: [14, 4]Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l’Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello.

Il Sacerdozio dei fedeli vi è descritto : [1, 5] … A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,[1, 6]che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Vè il Segno della Croce: [14, 1]Poi guardai ed ecco l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo.

Il rito pentenziale occupa i capitoli 2 e 3

Si canta il Gloria: [15, 3]cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello: “Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio Onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! [15, 4]Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati”.

Lettura delle scritture : capitoli 2, 3 ,5 e 8

L’alleluja è cantato: [19,1]Dopo ciò, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che diceva: “Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; [3]E per la seconda volta dissero: “Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!”. [4]Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: “Amen, alleluia”. [6]Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: “Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore,
il nostro Dio, l’Onnipotente.

C’è l’incenso: [8, 3]Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono. [4]E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi. [5]Poi l’angelo prese l’incensiere, lo riempì del fuoco preso dall’altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse di terremoto.

Il Libro è aperto: [ 5,1]E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli.

L’Ostia: [2, 17]Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve

Calici: Tutto il capitolo 16: [1]Udii poi una gran voce dal tempio che diceva ai sette angeli: “Andate e versate sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio”….. [19]La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente.

Incenso di nuovo: Incenso: [5, 8]E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno un’arpa e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi.

Sursum corda: [11, 12]Allora udirono un grido possente dal cielo: “Salite quassù” e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici. 

Sanctus: [4, 8]I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!

Sacerdoti:   [14, 3]Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra.

[19, 4]Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: “Amen, alleluia”.

Agnus Dei: [5, 6]Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato.  [12]e dicevano a gran voce: “L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione”.  [13]Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli”.

Preeminenza della Vergine: [12, 1]Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.

Intercessione dei Santi e degli angeli: [6, 9]Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. [10]E gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?”.

[8, 3]Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono. [4]E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi.

(N.B.: quel che è interessante a proposito delle anime sotto l’altare è che il rito si compie solitamente sulle reliquie di santi e che sono 24 i santi e grandi vegliardi che sono ricordati nel canone romano : beatórum Apostolórum ac Mártyrum tuórum: Petri et Pauli, Andréæ, Iacóbi, Ioánnis, Thomæ, Iacóbi, Philíppi, Bartholomǽi, Matthǽi, Simónis et Thaddǽi: Lini, Cleti, Cleméntis, Xysti, Cornélii, Cypriáni, Lauréntii, Chrysógoni, Ioánnis et Pauli, Cosmæ et Damiáni)

Contemplazione silenziosa: [8,1]Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora.

Di nuovo il sacerdozio dei fedeli: [20, 6]Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.

Festino delle Nozze dell’Agnello: [19, 9]Allora l’angelo mi disse: “Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello!”. Poi aggiunse: “Queste sono parole veraci di Dio”.

[19, 17]Vidi poi un angelo, ritto sul sole, che gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano in mezzo al cielo: [18]”Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei capitani, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi”.

San Michele arcangelo: [12, 7]Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. …

Un suggestione fraterna: prima di bisticciarci su quale rito è migliore dell’altro, meditiamo l’Apocalisse e vediamone l’eccellenza nella sua attuazione…

In Pace



Categories: Liturgia e Sacra scrittura

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56 replies

  1. Grazie!

    • Sono io che la ringrazio per il Suo sguardo positivo.
      L’Apocalisse è un testo biblico che, purtroppo, si tende a lasciare da parte causa di una simbolica un po’ ributtante per l’uomo del XXI secolo, ma se pensata in quanto chiave della Liturgia e Sua rappresentazione allora essa cambia il nostro modo di vivere la Santa Messa, qualunque ne sia il rito o la forma, in quanto ci rivela e svela l’eterna Oblazione e la confluenza dello “hic et nunc ” della celebrazione eucaristica con l'”eternità”, con il Sacrificio della Croce, con il Fine dell’umanità, con l’Apocalisse stessa, con la vita quotidiana e le sue prove e tribolazioni.
      Se amassimo davvero la Santa Messa dovremmo amare l’Apocalisse.
      Comunque, penso per davvero che è in questo ultimo libro della Sacra Bibbia e che si chiude con un Maranathà che vi troviamo quel massimo comune moltiplicatore, Cristo stesso, che è relazione, in senso tomista, delle varie liturgie e delle loro declinazioni variegate.
      Per questo non capisco chi vede competizioni fra queste ultime invece di ricchezze, ideologie invece di generosa profusione dei doni di Dio e ricerca poi uniformità tra i riti e le forme al posto della specifica eccellenza di ciascuna: mysterium iniquitatis.
      In Pace

  2. Un ritorno “da paura” Simon! Aggiungo il libro alla biblioteca sotto “liturgia”.
    Due cose:
    – esiste in italiano che tu sappia?
    – l’intervista a Barbaglia non sarebbe male prepararla in più puntate e insieme. Egli ha studiato grandemente l’apocalisse (si fece promotore di una iniziativa splendida a Novara) e potrebbe fornirti spunti a mio avviso inediti.
    Con calma, ora avrà iniziato l’anno accademico e sarà ben incasinato pure lui.
    Intanto bentornato carissimo! 🙂

  3. “La Liturgia, considerata in generale, è l’insieme dei simboli, dei canti e degli atti per mezzo dei quali la Chiesa esprime e manifesta la sua religione verso Dio” (Dom Guéranger. Institutions Liturgiques). Questa definizione della Sacra Liturgia ci fa apprezzare l’importanza capitale del culto pubblico che la Chiesa rende a Dio. Nell’Antico Testamento Dio stesso si fa, per così dire, liturgista, precisando nei minimi particolari il culto che Gli dovevano rendere i fedeli (cfr. il Libro Levitico; e anche Pio XII, Mediator Dei, 12). Tanta importanza per un culto che non era che l’ombra (Ebrei, 10,1) di quello sublime del Nuovo Testamento che Gesù, Sommo Sacerdote, vuole continuato fino alla fine del mondo per mezzo della Sua Chiesa…!. Nella Divina Liturgia della Chiesa Cattolica tutto è grande, tutto è sublime, fin nei minimi particolari; è questa la verità che fece pronunciare a Santa Teresa d’Avila queste celebri parole: “Darei la mia vita per la più piccola delle cerimonie della Santa Chiesa”.

    Trovare un insieme che comprenda più sensibilità liturgiche se umanamente è auspicabile, la pace nasce anche da una con-divisione, liturgicamente è incomprensibile. Il latino univa l’ecumene, le lingue vernacole l’hanno diviso. Certo non c’è solo la liturgia che unisce nella Chiesa Cattolica, penso ai riti cattolici Orientali, ma che fatica!

    Tu sai come la penso sulla liturgia, io sono più che convinto che Trento fece una buona Riforma Liturgica perchè teneva conto di tutto un progresso liturgico iniziato con gli Apostoli, siccome però che un ritorno a Trento è auspicabile ma solo nella mia testa e visto che c’è questo “benedetto” Mp, io lascerei il NO con un ritocco nell’Offertorio in senso più tradizionale e aggiungerei al Lezionario domenicale le letture ad libitum di Trento (anche come segno di comunione con i luterani che lo mantengono nel loro Messale /e forse Augè sarebbe pure contento) e restaurerei il Missale Romanum MA del 1952 editio VI iuxta typicam, così da assicurare pace e prosperità nell’interno di tutta la Tradizione Cattolica lacerata non poco.

    • E per il Calendario, don?

      • Eh, il Calendario! Già solo l’instaurazione del “nuovo” calendario è una riconferma implicita ma giuridica che nell’intenzione del Sommo Legislatore c’era la piena volontà di, detto in parole spicce, chiudere il capito Trento, a favore del “nuovo” capito Vaticano, altro che il “mai abrogato”, ma vabbè è inutile parlarne.

        Il Calendario è stato sempre un punto dolente già da Trento, fiuriamoci oggi. Fare un super – calendario – di sintesi? Impensabile per i cultori dell’Antico Rito, assolutamente indigeribile per le Chiese d’Oltralpe. Io lascerei tutto così, meno si tocca megli è per tutti, aggiungerei le Orazioni per i nuovi santi e qualche prefazio in più (ma che servono!?) e basta così!

        • Parlo da puro ignorante in questo campo Don: perché è importante l’uniformità di calendario in sede liturgica? E per calendario lei intende proprio la suddivisione degli anni in A, B ecc e le rispettive letture (roba di puro NO per intenderci) – e capisco poco la pretesa di calendarizzazione uniforme – oppure proprio la suddivisione dell’anno delle varie feste liturgiche – e già capisco molto di più-?
          Sò ‘gnurant in sta roba, i know!

          • Il parlo principalmente del Santorale e poi del Temporale, per intenderci tal santo nel VO si celebra un giorno e nel NO in un altro.

          • Provocazione: e i santi fanno litigare? Cioè è davvero così importante?
            Si… ho una maledetta mentalità post-moderna che non comprende certe cose “al volo”, senza mediazioni.
            So che son domande che fanno arrabbiare chi studia da una vita e soprattutto basa la sua vita su una liturgia quotidiana fatta di queste cose, ma la domanda è onesta, cioè onestamente metto in campo la mia ignoranza e chiedo: ma se per me è oggi è, esempio, San Matteo e per Hu Yang Li Guan è San Giovanni che problema fa al “sacrificio incruento” che è in essenza la messa?

            Ok Don… corro a studiare…

  4. Segnalo questo bel post di Marco Felini che sembra fare pendant con quello presente di Simon.
    http://sacramentumfuturi.wordpress.com/2013/09/25/le-parole-di-un-maestro-dalla-carta-reciclata-di-un-antico-monastero-al-nostro-blog-2-0/
    Cito dal post per giustificazione:
    “la liturgia non si occupa d’altro che del mistero della storia sacra, mistero di Cristo, mistero della Chiesa. Ma questo mistero non l’inventa; non fa altro che leggerlo nelle Scritture.”
    C. Vagaggini, Il senso teologico della Liturgia, Cinisello Balsamo 19996, 427

    • Davvero vogliono inserire nella Chiesa latina il rito protestante anglicano fabbricato da Cranmer in opposizione alla Liturgia Cattolica? Spero non sia vero.
      Altro che massimo comune multiplo! Siamo alla sintesi hegeliana! Non è possibile!
      Che garanzie ora mi danno queste guide della Chiesa sull’ortodossia di un rito approvato da loro?

      Certo se il Sacerdote validamente ordinato ha la retta intenzione e pronuncia con questa intenzione le parole della Consacrazione, la S. Messa è valida. Però il rito non esprimerebbe la dottrina cattolica, sarebbe coem minimo gravemente ambiguo ed esprimerebbe positivamente gli errori protestanti.

      • Caro Sig Marchesini
        come spiegato nel link citato qui sotto da lycopodium questo rito è cattolico nella sua origine.
        Quanto al rito che viene re-introdotto negli ordinariati è stato approvato dalla Santa Sede: non vedo in cosa sarebbe in opposizione con la Liturgia Cattolica, ma sono pronto ad ascoltare le Sue ragioni.
        Non vedo il nesso con una sintesi hegeliana, ma anche qui sono tutt’orecchi.
        Vi è poi apparente contraddizione nella Sua proposizione: come potrebbe un Sacerdote avere l’intenzione di fare quel che la Chiesa vuole se pronunciasse parole di una liturgia in opposizione con la Liturgia cattolica? Questo punto non mi è chiaro.
        Grazie.
        In Pace

        • Però il rito non esprimerebbe la dottrina cattolica, sarebbe coem minimo gravemente ambiguo ed esprimerebbe positivamente gli errori protestanti.

          Dove sono i testi che veicolano gli errori protestanti?! Non è una domanda retorica, ma ad oggi non ho avuto sotto mano ne’ l’Ordinario della Messa nel le Orazioni.

          ***

          Marco caro, Simon può stare simpatico o antipatico, ma ha ragione! L’unica battaglia che si può intraprendere è solo quella filologica, ma capisci bene che è come le formiche che vogliono contrastare i giganti. Il Sommo legislatore nell’Occidente cristiano “può” mettere mano al Culto! Quel “può” può essere giusto o ingiusto, chi può deciderlo? solo un Sommo Legislatore!

          Mi si rivoltano le budella al pensiero dell’approvazione della liturgia anglicana, MA solo da un mero punto di vista storico (ma io mi domando sempre NON quanta responsabilità morale avessero i Riformatori ieri, ma se queste colpe possono essere possono ricadere anche ai figli OGGI) e filologico, ma tolto i miei maldipancia che non interessano a nessuno, ti dico vedendo i filmati su internet che quella liturgia è più Tridentina del nostro NO di oggi.

          • Bingo Don.
            Il giro logico è tutto qui. Se il VO è perfetto e lecito lo è per lo stesso “sommo legislatore” che oggi dice essere lecito e perfetto l’NO e altri riti.
            Scappare da qui è contraddirsi: autofagia.

          • Se il VO è perfetto e lecito lo è per lo stesso “sommo legislatore” che oggi dice essere lecito e perfetto l’NO e altri riti.
            Calma calma… come al solito arrivi a delle conclusioni che non sono così scontate. Quando due Sommi Legislatori si contraddicono?! Quale deve essere il criterio per discernere?

          • Grazie Don! Son giovane e la frettolosità delle conclusioni mi contraddistingue , è giusto tirarmi le orecchie se abbisogno!
            Ma qui… boh, mi spiego meglio!
            Se davvero il Sommo Legislatore si contraddice in modo
            netto,
            incontrovertibile,
            palese
            certo
            allora tale Sommo Legislatore è necessariamente contradditorio e come tale è nullo. Cioè tale Sommo Legislatore è nulla come Legislatore. Demonio vs Cristo: 27 a 0.
            Il criterio per riconoscere il Legislatore è ovviamente il crederlo tale perché mai ha dimostrato di essere “nulla come legislatore”. Il criterio per riternelo “Sommo” invece è fede in un fatto storico narrato a noi per logica della testimonianza! E non lo crediamo Sommo solo per la promessa di Cristo contenuta in uno scritto evangelico! Si sente dire spesso, ma basarsi solo sul Vangelo per fondare razionalmente la fede, è a mio avviso un cane che si mangia la coda: quella promessa è autoreferenziale da un punto di vista di fede poiché è lo stesso “Legislatore” che ha approvato quella scrittura antica, il cui originale nemmeno esiste, e lo ha fatto perché conforme ad una Tradizione che si dovrebbe ritrovare nel Legislatore stesso!
            La promessa è fondata razionalmente da un punto di vista storico poiché storicamente abbiamo Ireneo o Clemente Romano che dicono che tutti i Vescovi sono nominati con l’imposizione delle mani (e Ireneo poi enumera i Vescovi di Roma). E abbiamo i Vangeli (anche apocrifi) e le lettere, ma non intesi come SACRA scritture, ma puri documenti storici!
            La razionalità dunque pretende quale criterio di “Legislatore” che esso non sia “non-legislatore”.
            E come criterio del “Sommo” credere per logica della testimonianza che dietro alla certezza che in ogni epoca s’è proceduto con la stessa pratica di imposizione delle mani di successore in successore degli apostoli, ci sia la promessa di un uomo di nome Gesù, risorto.

            E’ la linea di approfondimento della fede tipica paragonabile alla scuola di Alessandria. Il mio percorso di fede è ancorato in questo stile che non vuol sfiorare lo gnosticismo, quanto riprendere l’insegnamento di Tommaso dove dice che la nonna che ha fede è scienziata di teologia perché la teologia è scienza e come tale può esistere lo scienziato che indaga, il quale – da un punto di vista strettamente umano e scientifico – ne sa “più” (ne sa “meglio”) della nonnina.

            Tutto questo po-pò di roba per…?
            Semplicemente far capire perché qui si insiste tanto con la cosidetta Ermeneutica della Continuità. 🙂

            Sono considerazioni veloci Don. Son certo che sono semplicistiche e forse a tratti sballate. Son qui e scrivo per imparare, non per insegnare. Son qui e scrivo per far capire cosa ho capito e quindi essere anche riproverato o confutato.
            Non ho paura ad imparare dai miei errori. Per questo non ho paura a scrivere quel che ho capito, che so non corrispondere MAI alla Verità!
            E per questo ringrazio chi mi fa notare dove son stato superficiale.
            Grazie Don e buon cammino!

          • Son qui e scrivo per imparare, non per insegnare. Son qui e scrivo per far capire cosa ho capito e quindi essere anche riproverato o confutato.
            Non ho paura ad imparare dai miei errori. Per questo non ho paura a scrivere quel che ho capito, che so non corrispondere MAI alla Verità!
            E per questo ringrazio chi mi fa notare dove son stato superficiale.
            Grazie Don e buon cammino!

            Innazitutto tu mi insegni che nessuno nasce imparato, ed è importante farsi delle domande. Per la domanda posta in alto è ovviamente una domanda retorica, la risposta è contenuto in uno scritto che ho pubblicato, che per ora, ha ricevuto solo disprezzo su CepC, ma che ad ora, nessuno ha avuto la pazienza e la bontà di confutarmi. Perchè anche io non nasco imparato. E’ una lettura non facilissima e merita del tempo, se ha voglia… ! buona lettura

          • L’avevo letta Don. E ne avevo tratto anche degli spunti che mi sono ssegnato nel mio blog personalissimo di citazioni altrui.
            Tant’è che è su quella lettura che mi ero basato quando ho discusso (pacificamente), agli albori di questo blog, con Simon e un altro utente circa l’abolizione o meno del VO.
            Ed è lì che, in brevissimo, Simon mi ha sottolineato come la linea magisteriale sia per la “non abolizione”. Dunque lo studio del Cekada passa da un punto di vista di priorità in secondo piano.
            Si squalifica causa autore?
            Ma no, non faccio fallacia in questo caso. Con un esempio estremo: so benissimo che un argomento perfettamente logico in bocca ad un serial killer non diviene un argomento illogico.
            Penso però che un fedele debba cercare la continuità con quanto insegnato da Benedetto XVI anche su quel punto. Resta il fatto che non sarebbe affatto male prendere il tuo immenso post/studio e tentarne una confutazione o una rilettura alla luce dell’insegnamento papale.
            Lavoro immane. E serve una competenza che ovviamente il sottoscritto non ha. In primis per delineare le premesse metodologiche di ecclesiologia con le quali Cekada disegna ciò che per lui è il diritto canonico e la Chiesa. Se le premesse sono diverse da quelle di Benedetto XVI allora lo scritto si confuta completamente e fin da subito (cfr. Redaelli vs Simon nel post dedicato).
            Ma per giungere ad una astrazione simile, ad un’analisi così profonda, occorre davvero una competenza immensa che io mi sogno di notte…

            resta il fatto che ora comincio a capire perchè tu e Ratzinger la pensiate diversamente… 😉

  5. Si tratta in realtà di un rito cattolico in modalità “anglica”, come spiega l’ottimo Cantuale:
    http://www.cantualeantonianum.com/2009/11/la-celebrazione-cattolica-secondo-luso.html

    • Con sintesi hegeliana intendo il tentativo di arrivare ad una sintesi tra due proposizione contraddittorie, tra due liturgie che esprimo diversa credenza.
      L’intenzione della Chiesa nel Sacramento dell’Eucarestia è quella di operare la Transustanziazione del pane e del vino ed offrire il Corpo e Sangue di Cristo a Dio per lodarLo, ringraziarLo, chiderGli grazie e per placarLo.
      Per questo è sufficiente che il Sacedote validamente ordinato pronunci le parole dell’Istituzione con questa intenzione (come formula sacamentale e non come racconto) sul pane e sul vino. Le altre parole del rito sono importanti, ma non necessarie assolutamente. Un Sacerdote in un campo di concentramento senza il Messale può pronunciare solo quelle.
      Mi aspetto che il rito anglicano sia rivisto e corretto in senso cattolico, ma non ho fiducia nella Santa Sede.

      • http://www.opusmariae.it/wp-content/uploads/2012/05/libro_novusordo.pdf

        In questo link c’è l’anafora del rito anglicano a pagina 106.
        Non concordo con lei don Camillo. Il problema liturgico è dottrinale, non è un vezzo letterario filologico. Lo so che le liturgie anglicane sono celebrate in maniera più degna del NOM e con più rispetto. Però il loro è un rito creato apposta per non esprimere più i dogmi cattolici, ma è stato fatto adattandolo agli errori del protestantesimo e per fare cambiare religione agli ignari fedeli. Questo anche se nel rito anglicano sono presenti le parole dell’Istituzione.

        A propostito. Lo sa che gli uomini della chiesa hanno dichiarato che l’anafora di Addai e Mari senza le parole dell’Istituzine può essere considerata valida?
        A questo punto qualunque preghiera vagamente cristiana può essere considerato rito valido.

        • A questo punto qualunque preghiera vagamente cristiana può essere considerato rito valido.

          Al di là del resto, qui mi sembra che tu pecchi della mia solita fretta di concludere. In realtà tu, io, noi non abbiamo nessuna autorità per stabilire che “qualunque preghiera vagamente cristiana” possa considerarsi valida. Capisco la verve omiletica, ma concludere così è anche sminuire la portata del tuo scritto. Coloro che hanno dichiarato l’anafora di Addai e Mari valida non sono solo “uomini di Chiesa”, ma coloro che hanno l’autorità per dichiarare quanto dichiarato. E avranno motivi che esulano la semplice riproposizione delle parole dell’istituzione, credo, no? Cioè, parlo da solito ignorante (che non sa stare zitto) i casi estremi sono due:
          – o accettano l’anafora perché vogliono minare l’insegnamento della Chiesa e far vincere Satana 20 a zero!
          – o accettano l’anafora perché ci sono ottimi motivi che esulano la mera riproposizione delle parole dell’Istituzione quasi fossero parole magiche.

          Fra questi due estremi la via mediana ci deve pur essere visto che l’Autorità ha stabilito che l’anafora è accettata, no? E infatti…

          A proposito di magia… sto preparando un altro giochino enigmatico! 😛

          • Parliamo di due cose diametralmente opposte, il Rito Anglicano nasce sì come ribellione a Trento ma soprattuto a ROma, ma il Rito è da verificare se è veramente anti dogmatico, se la nuda lettera porta in se ferite dogmatiche. Mi auguro di no, sarebbe l’ultima bella azione per la Chiesa di B16. Mentre Addai e Mari è un canone risalente dagli Apostoli! Ma ne ho parlato tanto su CepC quando ci collaboravo. Violarlo con l’inserimento delle Parole della Consacrazione e tanto grave come l’inserimento dell’Epiclesi nel Canone Romano ad opera degli Ortodossi!

        • Caro Marco,
          ho poco da aggiungere ai due ottimi commenti di Kerygmatico e di Don Camillo che compartisco.

          Se la Chiesa dichiara che Addai e Mari è sacrificio in soave odore all’Altissimo allora saremmo come dei Caini pretendendo che non è cosa buona da un lato e, d’altro lato, saremmo in contraddizione con il principio stesso da Lei ricordato visto che chi lo celebra farebbe quel che la Chiesa vuole che sia fatto.

          Personalmente penso che il nocciolo del problema non sia questo o quello, ma quella frase dove Lei afferma non avere più fiducia nella Chiesa romana: cioè siamo aldilà di un discorso razionale: quando non si ha più fiducia tutto va storto ed è visto di traverso.

          Personalmente, quando mi capita di perdere fiducia in qualcuno, non mi chiedo cosa quella persona ha fatto di sbagliato rispetto a me, ma cosa posso fare io per riaquistare questa fiducia e questo avviene nel cercare e trovare una nuova fondazione per questa fiducia aldilà dell’immagine a volte ingenua che avevo di questa persona.

          E’ un poco come le relazioni sentimentali e l’amore: si comincia con i primi per giungere al secondo ed in seguito dal secondo far vivere i primi. Oppure come la fiamma ed il calore: ci vuole una fiamma per iniziare un bel fuoco che da calore eppoi è il calore che mantiene la fiamma del fuoco. Così, mi pare ne va della fiducia e della Fede: ci vuole fiducia all’inizio nella Chiesa, questa ci fa scoprire la Fede ed infine la fiducia si nutrisce della Fede e non il contrario.
          In Pace

          • Quanta verità nelle ultime affermazioni Simon.
            E non è un caso che tutte le tirate che spesso leggiamo e confutiamo in questo luogo dipendano in primis da una sfiducia nella Chiesa e nelle azioni della sua gerarchia (sia essa Papale/curiale romana che vescovile di provincia).
            Il caso stesso degli FI è emblematico, ma non è certo l’unico.
            La stessa pretesa ad esempio che ad ogni piè sospinto, al di là del contesto, un Papa o un Vescovo o un Monsignore debba per qualcuno sempre ribadire il risaputo (il Papa nell’intervista avrebbe dovuto dire…, il discorso di Ravasi abbisogna di un distinguo… ecc) mostra come per loro queste persone non sono degne di rappresentare la fede cattolica poiché non riescono a farle rientrare le parole usate da queste persone in un contesto che loro definiscono cattolico. Eppure basterebbe “fidarsi” e rileggerle sapendo senza fallo che Ravasi o chi per lui parla da CATTOLICO in un dato contesto (che va compreso!). E pertanto bisognerebbe leggerlo per capire dove vuole portarci come cattolici, non dove vuole sviarci dall’essere cattolici!

          • Sì, Kerygmatico, questa richiesta ripetitivamente incessante di spiegazioni date mille volte sono dello stesso tipo di quello degli amanti insicuri che chiedono all’altro di ripetere la sua dichiarazione di amore.
            Fare il passo della fiducia è una morte a se stessi in questo caso: è rimettersi nelle mani dell’altro. Se non lo si fa, nessun discorso cambierà mai niente.
            In Pace

          • Attenzione, però.
            Altro è cercare ossessivamente sempre nuove conferme, fare sempre nuove richieste di “ribadire il risaputo”.
            Altro è dare tutto per risaputo, anche quando la cosa è dubbia.
            Il risaputo, quando è troppo presupposto, finisce per essere rimosso o censurato.

          • Verissimo lycopodium. Per questo è tanto importante quanto riportava Ricouer ricordando che il contesto nel quale si colloca uno scritto, il destinatario di tale scritto e il mittente. Ovvio ad esempio che in un saggio storico accademico è lecito per una personalità cattolica utilizzare per un ritratto del Gesù storico i Vangeli apocrifi per in fondo rientra in un alveo scientifico dove la sacralità dei canonici non può essere riconosciuta. Se li utilizzasse in omelia dal pulpito invece, per dire una cosa palesemente gnostica contraria ai canonici, ovvio che è totalmente altra cosa.
            Sono certo poi che molte volte si scrive pensando che il destinatario di tale scritto sarà in maggioranza ateo o agnostico o non cattolico. Ed è vero da un certo punto di vista. Ovvio che scrivere su Avvenire significa scrivere per lettori quasi certamente cattolici, ma di fondo mi sembra ci sia l’idea di non scrivere in modo esclusivista (che sarebbe contrario al cristianesimo tra l’altro) essendo un quotidiano nazionale. E’ contesto cattolico che vuole comunicarsi ad un mondo che è totalmente diverso da quel contesto. Ovvio che MODALMENTE in un quel caso occorre linguaggio nuovo, cioè non tradizionale rispetto all’ambito cattolico e che in tale ambito potrebbe suonare estraneo e forse a volte addirittura ai limiti dell’eresia.
            Forse do troppo importanza al contesto e all’ermeneutica? Può essere, ma preferisco peccare in questo senso che scadere in un fondamentalismo letteralista. 🙂
            La via mediana che tu indichi lycopodium è innegabilmente difficile e credo coincida con la perfetta pastorale voluta dal CVII: comunicare il cristianesimo ad un mondo oramai completamente estraneo alle logiche cristiane.
            Bel casino…

  6. A proposito di quanto scrive don Camillo (ieri 26 ore 22:51).
    Bisognerebbe verificare se, oggi nell’atto di recepimento o ancor prima nella storia del Rito anglicano, siano state implementate modifiche tali da togliere il dubbio di ferite dogmatiche.
    Qualcuno può rispondere (consiglio di contattare Cantuale, che magari è più informato di noi).

    Quanto ad Addai e Mari, è certo un canone risalente dagli Apostoli, ma in una formulazione arcaica, che ha impegnato la Congregazione vaticana in un’ardita opera giustificativa. Niente da dire contro.
    Ma certo non parlerei di “violazione” né per l’inserimento delle formule consacratorie, né per quello dell’Epiclesi nel Canone Romano.
    Sono fasi storiche di recepimento, che non si possono negare e far scomparire: questa sì che è violenza.
    Perché la filologia è una cosa, ma la tradizione viva di un testo è ben altra.

    • Scusate, capisco la vostra posizione anche se non la codivido.
      Ho apprezzato anche la similitudine di Symon tratta dalle relazioni sentimentali umane. Però nelle relazioni umane sentimentali può accadere di fidarsi della persona sbagliata, possono accadere tradimenti e la parte fedele subisce ingiustamente.
      Comunque una domanda mi viene spontanea.
      Considerato che sono state “approvate dagli uomini della Chiesa” delle Preghiere Eucaristiche che non menzionano la Transustanziazione nell’Epiclesi, ma possono essere usate tranquillamente anche da chi crede alla con-sustanziazione come i luterani. Mi riferisco al Canone V svizzero che grazie a Dio è stato corretto nella versione latina alla preghiera della riconciliazione II.
      Considerato chesono state “approvate dagli uomini della Chiesa” delle preghiere eucaristiche come quelle dei fanciulli.
      Considerato che è stato “approvato dagli uomini della Chiesa” il rito neocatecumenale (qui spero di sbagliarmi).

      Mi dite quali sono i criteri teologici e dogmatici tali per cui un rito è considerato cattolico?

      Sicuramente mi rispondete che conta solo la firma del Papa. Posta la firma del Papa o da una delle sue congregazioni secondo voi il cattolico deve cessare con le perplessità intorno a tale approvazione, difendere apologeticamente la decisione del Papa, se no è come Caino.

      A questo punto però riformulo la domanda. Quali sono i criteri secondo i quali il Papa decide che un rito è cattolico?

      • Rispondo a Marco e lycopodium, il problema non è solo l’analisi scientifica dei testi, ma comprendere le domande che ci sono a monte le quali hanno suscitato queste risposte, questi cambiamenti: imbrattare un capolavoro Apostolico, tipo i ritocchi che si facevano nel ‘700 sulle tele del ‘500 ad un Canone Apostolico; e di svizzeri che invece di dedicarsi alla cioccolata si sono messi a giocare con i messali.
        La domanda è questa, a cosa serve la LITURGIA?
        L’Ortodossia ogni volta che cellebra la Divina Liturgia ci ricorda che è una Azione divino umana, che oltre a Santificare, placa l’Ira Divina per i nostri peccati, l’Occidente con il voler impugnare il Rito trasmesso e ricevuto, lo ha degenerato, salvo lodevoli casi, molto pochi, è giunto ad essere solo un bel balletto senza cuore e anima o tardo barocco (cfr. Gricigliano) o post moderno (oggi a Torino).
        Con questo che voglio dirti caro Marco, ho passiamo agli Ortodossi RUSSI andando nelle Chiese dove celebrano quotidianamente il Rito Latino con una mentalità cultica ben impostata ma con un Canone con aggiunte epicletiche di Crisostomo, oppure continuiamo personalmente a correggere ciò che potrebbe mancare all’intenzione del celebrante che abbiamo dinnazi. Aspettando che “la Bella addormentata”si svegli dal suo sonno.

      • “Quali sono i criteri secondo i quali il Papa decide che un rito è cattolico?”
        Anche se non condivido la posizione “oltranzista” di Marchesini, mi associo alla domanda. Sarebbe il caso di dedicarci un post…

      • Ho posto più volte la domanda cosa fa che un Rito sia “romano” nella Chiesa Latina riguardo alle due forme straordinaria e ordinaria.
        La domanda non è peregrina: ad esempio, i diversi canoni del messale romano non sono, de facto, diverse forme dello stesso unico rito romano?
        Cosa li unisce? il fatto di essere nello stesso messale? Non credo.
        Cosa fa che una Liturgia sia “cattolica” nel senso della Chiesa?
        ….
        Addai e Mari non è un rito della Chiesa Latina ma della Chiesa siro-malabarese, riconosciuto valido dal Santo Padre:
        «Poiché la Chiesa cattolica considera le parole dell’istituzione eucaristica parte costitutiva e quindi indispensabile dell’anafora o preghiera eucaristica, essa ha condotto uno studio lungo e accurato sull’anafora di Addai e Mari da un punto di vista storico, liturgico e teologico, al termine del quale, il 17 gennaio 2001, la Congregazione perla Dottrina della Fede è giunta alla conclusione che quest’anafora può essere considerata valida. Sua Santità Papa Giovanni Paolo II ha approvato tale decisione»
        ….
        Per il gentile Sig Marchesini: per quanto antipatiche, umanamente parlando, possano essere certe preghiere eucaristiche come quelle da Lei citate, fatto sta che esse esprimono quel che la Chiesa vuole sia fatto e, di per sé, sono liturgie perfette, nel senso tomistico della parola, cioè fanno quel che dicono di fare se fatte con quell’intenzione.
        ….
        Penso che bisogna lasciare la Storia levigare queste ( a mio parere) mal inspirate, ance se valide, esperienze
        In Pace

        • Non voglio mettere troppa carne al fuoco, ma di queste preghiere eucaristiche
          (di cui si è occupato il padre Giraudo di http://www.prexeucharistica.it/ in un libro specifico)
          bisognerà pure parlare, anche solo per fare etnoantropologia del postconcilio…

        • Chiarisco alcuni punti che non vorrei venissero equivocati.
          L’Anafora di Addai e Mari è bellissima, tradizionale e apostolica, ben diversa da altre preghiere eucaristiche create a tavolino. Salterei di gioia se venisse usata in Chiesa, ovviamente unitamente alle parole della Consacrazione. Se invece venisse usata senza le parole dell’Istituzione mai e poi mai mi inginocchierei e non andrei alla Comunione. Apprezzo il testo, ma le parole dell’Istituzione sono la forma del Sacramento dell’Eucarestia. E’ una verita prossima alla fede. Ieri ho riletto il Bartmann su questo punto. Anche altri testi concordano su questo.
          Chi ha detto che il testo dell’Anafora è senza le parole dell’Istituzione? Perché non compaiono nei testi? Visto che quelle parole sono le più sacre e sono ricordate a memoria dai Sacerdoti, non vedo strana l’omissione di tali parole nei testi per il segreto dell’arcano.
          Respingo con decisione le critiche a Gricigliano. Le loro Liturgie sono perfette. Vi ho assistito centinaia di volte e non ho niente da dire a questo proposito.
          Vorrei inoltre chiarire che quando scrivo dell’intezione della Chiesa necessaria per la validità del Sacramento, intendo dire l’intenzione di operare la Consacrazione ed il Sacrificio. Il Sacerdote che celebra una S. Messa valida, ma illecita, celebra secondo le intenzioni della Chiesa relativamente al Sacramento dell’Eucarestia, ma la Chiesa non vuole che si celebri illecitamente.
          Per la validità sono necessarie le parole della Consacrazione , ma per la bontà del rito in generale (perfezione dal punto di vista tomistico, ovvero il rito ha tutto ciò che deve avere per la sua natura) a mio parare è necessario altro. Oltre alla validità è necessario che il rito esprima integralmente e trasmette la Fede cattolica. Su questioni come la Transustanziazione, il Sacrificio (con i quattro fini), il Sacerdozio ministeriale non ci posono essere ambiguità di sorta.
          Per quanto riguarda il Canone Romano ha l’Epiclesi. E’ perfetto dal punto di vista tomistico, come ha anche ratificato il Concilio di Trento. Tengo a precisare che è rimasto sostanzialmente invariato nel NOM se non fosse per quelle opzioni che consentono di non pronunciare il nome dei Santi ed il “Per eúndem Christum Dóminum nostrum” purtroppo sparito nella traduzione italiana.
          Condivido con Symon che le preghiere dei fanciulli debbano essere levigate.

      • ” la parte fedele subisce ingiustamente” : sì. Ma solo amare chi è giusto anche i cattivi lo sanno fare.
        Eppoi, sappiamo che la Chiesa non è la persona sbagliata anche quando ingiusta.
        In Pace

  7. Torno a dire.
    Non parliamo di un testo così com’è, indipendentemente dal contesto liturgico e dal contesto culturale.
    Addai e Mari ricostruito filologicamente non è un testo liturgico, ma è un testo liturgico ricostruito filologicamente, di mentalità arcaica in cui si nasconde “a modo di disseminazione” ciò che l’evoluzione teologico-liturgica ha squadernato.
    L’inserimento delle formule consacratorie appartiene all’evoluzione omogenea liturgica, che è principio altrettanto da tenere valido quanto la filologia.
    Ma con la differenza, che siamo parlando non solo di testi ma di riti…
    Strappare via il racconto dell’Istituzione con le relative formule consacratorie non è togliere un inserto indebitamente aggiunto, è strappare via un tratto imprescindibile della tradizione (che non è solo antichità, ma anche novità).
    Diverso è il caso della rilettura in termini epicletici di un settore del Canone Romano, effettuata con la riforma liturgica ultima.
    Qui non si è trattato di togliere, ma di incrementare il senso di alcune formulazioni, per rispondere a esigenze dell’evoluzione della consapevolezza teologico-liturgica.

    • Condivido questa affermazione di Lycopodium:” Addai e Mari ricostruito filologicamente non è un testo liturgico, ma è un testo liturgico ricostruito filologicamente .

      Riporto qui il testo dell’anamnesi di cui stiamo discutendo:
      E anche noi, Signore, tuoi servi deboli e infermi e miseri,
      che siamo radunati e stiamo dinanzi a te in questo momento,
      abbiamo ricevuto nella tradizione la figura che viene da te ,
      giacché ci allietiamo e lodiamo,
      60 ed esaltiamo e commemoriamo e celebriamo,
      e facciamo questo mistero grande e tremendo
      della passione e morte e risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo

      Testo bellissimo di per se dove si esprime esplicitamente il desiderio di fare quel che Cristo voleva sia fatto con il suo abbiamo ricevuto nella tradizione la figura che viene da te e implicitamente le parole eucaristiche facciamo questo mistero grande e tremendo…

      Vale la pena riferirsi a questo ottimo sito di Prex Eucharistica ( Kerygmatico, forse vale la pena di aggiungerlo alla biblioteca)
      In Pace

        • Aggiungo che non sto discutendo il valore del testo e la sua ortodossia, ma sto difendendo – in quanto evoluzione omogenea – l’inserimento delle formule di consacrazione.
          In liturgia, il criterio del minimo necessario spessissimo è fuorviante.

          • A me piace molto GIRAUDO, è stato mio prof. (ovviamente gesuita) la preghiera Addai e Mari è molto bella, soprattutto venerabile per la sua bella Tradizione, però vedete che confusione! Il Papa, con la sua “autorità” (vabbè!) OGGI proclama che questa Anafora che ha più o meno 2000 anni è valida (!), MA IMPONE con la sua stessa “autorità” alle Chiese Cattoliche di rito Caldeo e Siriano che utilizanno tali Anafore, di aggiungere le “parole latine della Consacrazione”. Filologicamente inaccetabile, liturgicamente mostruoso, teologicamente incomprensibile!

            Vedete, quando il criterio non è dato dall’Autorità ma è l’Autorità, arriviamo ad assistere inermi a questa schizzofrenia. Manto bene ha fatto il Vaticano I, ma vedete anche quanta confusione che a prodotto!

          • Sì, don Camillo, ma il fatto anche che il Papa (non da oggi…) abbia imposto modificazioni ” Filologicamente inaccettabile, liturgicamente mostruoso, teologicamente incomprensibile” eppure sempre valide, ci da un po’ la misura sia del problema come anche della soluzione che non è da trovare solamente nelle scienze filologiche, liturgiche e teologiche anche se su di esse si appoggia…
            Il valore della Liturgia si poggia su qualcosa di ben più solido.
            Vi è poi un’altra nozione da considerare, accidentale, che è quella della convenienza e dell’opportunità culturale e storica di una liturgia specifica.
            In Pace

      • E’ vero gentile Symon, la Chiesa non può tradire, né sbagliare. Però bisogna distinguere tra Chiesa ed uomini della Chiesa. Quando poi il Papa usa tutta la sua autorità, allora è la Chiesa che parla: quando insegna, quando approva un rito, quando emana leggi universali e nella canonizzazione dei Santi. Fuori di questo esercizio della sua autorità, ci sono ampi margini di discussione.

        • Beh MArco, direi che ti sei risposto. 🙂

          Fuori di questo esercizio della sua autorità, ci sono ampi margini di discussione.

          Ovvio. Il problema oggi è stabilire quali sono questi margini. Figurati che Ratzinger stesso disse che a volte il MAgistero ha decretato alcune cose sull’esegesi biblica TRAVALICANDO ciò che compete al Magistero e quindi rendendosi FALLIBILE! E’ un parere teologico, ma è pur sempre parere di quello che era a capo della Congregazione della fede in quel periodo. E non bisogna commettere l’errore logico di pensare che allora tutto il Magistero sia una gran buffonata. Semplicemente se il Magistero va oltre la competenza di fede e si immischia nella scienza non è più infallibile perché non è più sostanzialmente (tomisticamente parlando) Magistero!
          Problema: i limiti della scienza sono fissi?
          No. Anzi, il progresso scientifico spesso comincia a rendere “misurabile” (concedetemi questa semplificazione) anche ambiti che prima parevano relegati alla fede. Un pò come la spiegazione delle eclissi. CI sono limiti che sappiamo essere INVALICABILI (lo sappiamo a priori perché la scienza non può spiegare tutta la Natura essendo essa stessa frutto della natura!), ma come possiamo stabilire che i limiti di oggi rimangano tali anche domani o per sempre?
          E se domani scopriamo che il Magistero ha parlato in un ambito che si è scoperto scientifico?

          Bingo.

          Grazie per questi commenti! Il blog è nato per questo motivo: VOLARE!
          GRAZIE GRAZIE GRAZIE!

  8. Ho letto quasi tutti i commenti e ora non ho più molto tempo, ma vista l’innumerevole carne al fuoco aggiungo due miei spiedini:
    ” Addai e Mari ricostruito filologicamente non è un testo liturgico, ma è un testo liturgico ricostruito filologicamente .”
    Bene: credo sia il punto cardine per capire quello che intendo quando dico che non spetta a noi stabilire cosa è testo liturgico valido. Ed è la stessa cosa dei Vangeli. Domanda: perché crediamo ai Vangeli e sappiamo a priore che non avremo mai problemi con le Scritture anche se fra 100 anni gli storici provassero con documentazione che il Vangelo di Giovanni all’inizio mancava del prologo, che tanto ha fatto per chiarire la Trinità, così come oggi già ci dicono che il finale di Marco è aggiunta posteriore? Perché noi non crediamo alla filologia quale scienza divina, ma crediamo ad un Concilio che ha definito come perfettamente aderenti alla Tradizione la traduzione delle scritture della Settanta. Oggi noi leggiamo un testo greco di critica textus che è formato da esperti del settore e gli studiosi dicono che noi possediamo il testo del Vangelo che si leggeva al III secolo (III! SECOLO!) con una precisione presunta del 90 e rotti per cento. E ogni due/tre anni con nuovi ritrovamenti cambia pure il testo.
    Dobbiamo badare a questi continui cambiamenti per una tradizione che vuole chiamarsi “perenne e immutabile”? Assurdo ovviamente.
    Tornando ad Addai: se fra 40 anni si scopre che la formula odierna è praticamente sbagliata e non aderente alle parole antiche significa che la Chiesa ha sbagliato per 40 anni a dire che quella formula andava bene? No! La Chiesa non dice che la formula è quella originale, ma che PUO’ essere considerata VALIDA dalla Chiesa stessa. Cioè ELLA, la Chiesa, RITROVA la sua tradizione in quelle parole all’interno di quel contesto. Nuove scoperte possono far anche cambiare la conoscenza di questa formula e magari anche cambiare alcune cose per renderla ancora più aderente alla Tradizione se chi celebra il rito ne sente l’esigenza. Ma se la Chiesa dice che quella di oggi PUO’ essere considerata valida, allora PUO’ essere considerata valida. Anche l’idea che PUO’ e non DEVE (!) essere considerata valida è un concetto che andrebbe approfondito.
    Ovvio che così come bsogna fare attenzione a non dare poteri magici alle parole, non bisogna darli nemmeno alle firme dei Papi.
    Il discorso è amplissimo e non credo di esserne all’altezza ora. Soprattutto in commento e con la fretta che ho… quindi lascio questo spiedino semi cotto e ne lancio un altro che per lo meno so provenire da fonte molto più autorevole del sottoscritto.

    Lo spiedino parla di “archeologismo” e lo lascio perché può essere letto in due sensi: i CONTRA CVII dicono che chi ha formulato la Riforma ha sbagliato a tentare un ritorno ad un passato impossibile. I PRO CVII possono invece dire che appunto tutto avanza e il ritorno al seme è impossibile e totalmente insensato.
    AL solito la via mediana c’è e sta a noi cercarla. E magari scriverla qui. 😉

    “I ‘protestanti’ cercano nel passato la ‘semplicità’ e il rapporto diretto che, naturalmente, benché presenti degli aspetti positivi o per lo meno comprensibili, è uno sbaglio inutile. Perché il ‘cristianesimo primitivo’ è e rimarrà, nonostante tutte le ricerche, in gran parte ignoto; perché la ‘primitività’ non è garanzia di valore ed è ed era per lo più riflesso di ignoranza. Gravi abusi erano un elemento del comportamento liturgico cristiano agli inizi come adesso. (Le restrizioni di San Paolo a proposito dell’eucarestia valgono a dimostrarlo!) Inoltre la ‘mia chiesa’ non è stata concepita da Nostro Signore perché restasse statica o rimanesse in uno stato di eterna fanciullezza; ma perché fosse un organismo vivente (come una pianta), che si sviluppa e cambia all’esterno in seguito all’interazione fra la vita divina tramandatale e la storia – le particolari circostanze del mondo in cui si trova. Non c’è alcuna somiglianza tra il seme di senape e l’albero quando è completamente cresciuto. Per quelli che vivono all’epoca della sua piena crescita è l’albero che conta, perché la storia di una cosa viva fa parte della vita e la storia di una cosa divina è sacra. I saggi sanno che tutto è cominciato dal seme, ma è inutile cercare di riportarlo alla luce scavando, perché non esiste più e le sue virtù e i suoi poteri ora sono passati all’albero. Molto bene: le autorità, i custodi dell’albero devono seguirlo, in base alla saggezza che posseggono, potarlo, curare le sue malattie, togliere i parassiti e così via. (Con trepidazione, consapevoli di quanto poco sanno della sua crescita!) Ma faranno certamente dei danni, se sono ossessionati dal desiderio di tornare indietro al seme o anche alla prima giovinezza della pianta quando era (come pensano loro) bella e incontaminata dal male.”

    Tolkien, John Ronald Reuel. The Letters of J. R. R. Tolkien, Crows Nest, George Allen & Unwin, 1981 (tr. it. Anna Bologna, La realtà in trasparenza Lettere, a cura di Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien, Milano, Bompiani, 2001) da una lettera a Michael Tolkien pp. 442 – 443

    • Caro Kerygmatico, hai centrato perfettamente i due problemi che, anzi, non sono problemi ma due opportunità.
      E Tolkien sarebbe stato un bloggista eccellente!
      Penso che valga la pena di continuare a scavare queste tue due proposte!
      Grazie
      In Pace

      • Ottime considerazioni ed ottima citazione.
        Apprezzo molto don Camillo, ma vorrei fargli presente che l’embolismo del c.d. “racconto dell’Istituzione” non è affatto “filologicamente inaccettabile, liturgicamente mostruoso, teologicamente incomprensibile”.
        E ciò, per le stesse ragioni che il Giraudo espone nei suoi testi.
        E se pure l’inserimento fosse stato discutibile, se è dentro l’evoluzione omogenea della liturgia, chi siamo noi per criticarlo?
        Le ferite dei chiodi e della lancia, mica sono state cancellate dalla risurrezione.
        Da quelle ferite siamo stati guariti, il Risorto ascendendo al cielo le ha portate con sé e come dice un prefazio “novus ordo” in versione italiana, con quei segni vive immortale…

        • p.s.
          N.B. “per le stesse ragioni che il Giraudo espone nei suoi testi”, anche se lui è favorevole ad Addai e Mari senza la narratio institutionis.

    • Se posso, vorrei mettere un po’ di condimento agli spiedini.
      I documenti della Pontificia Commissione Biblica prima dei cambiamenti di Papa Paolo VI sono documenti di Magistero. Dopo la riforma di Papa Paolo VI la Pontificia Commissione Biblica è diventato un organo consultivo. Ti invito a leggere quei documenti che sono molto interessanti e che non sono mai stati aboliti.
      Io evito di usare delle edizioni della Bibbia che non rispettano tali documenti. Non condivido l’opinione del card. Ratzinger che il Magistero sia andato troppo oltre, al contrario ha difeso efficacemente la Fede e la scientificità della ricerca biblica.
      Una precisazione. E’ bene evitare di prendere come oro colato i risultati delle attuali scienze se non quando espongono fatti adeguatamente provati. Di fronte ad un fatto provato non c’è teoria o argomentazione che tenga, è vero. Però le scienze storiche attuali usano un metodo che esclude a priori per pregiudizio il soprannaturale e la sua conoscibilità e questo porta ad affermare come provate delle falsità, soprattutto in campo esegetico. Basti pensare ad esempio che di fronte ad una chiara profezia gli storici attuali sono costretti a datare lo scritto dopo l’avverarsi della profezia, solo perché ritengono a torto impossibile che possano esistere delle vere profezie che vengono da Dio.

      • La presenterei in modo diverso Marco, proprio leggendo i documenti che tu citi:
        “A questo cambiamento di struttura corrisponde necessariamente un cambiamento di natura e di funzioni. Non essendo più costituita di Cardinali, sul modello delle Congregazioni romane, la nuova Commissione Biblica diventa un organo consultivo, messo al servizio del Magistero e collegato alla Congregazione per la Dottrina della Fede (cf. art. 1), il cui Prefetto è anche il Presidente della Commissione.
        La Commissione Biblica diventò consuntiva perché si rendeva necessaria una nuova organizzazione “in modo da rendere l’attività da essa svolta più feconda per la Chiesa e meglio adatta alla situazione attuale.”
        http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_pro_14071997_pcbible_po.html

        Da Sedula dura
        “La eccelsa grandezza e l’importanza di questo compito, al quale la Sposa di Cristo oggi si dedica con rinnovato fervore, senza dubbio esige che essa promuova con ogni sforzo lo studio della Sacra Scrittura.”
        Quindi:
        “Siccome però i moderni progressi della cultura sollevano ogni giorno in questo campo degli studi problemi nuovi e di non facile soluzione, molto arduo si presenta il compito di coloro che si dedicano alla Sacra Scrittura”
        e
        “Spinti dunque dal desiderio di favorire in maniera più efficace il sano progresso degli studi biblici e di mantenere l’interpretazione della Scrittura immune da qualsivoglia temeraria opinione”
        Paolo VI dunque formula 15 brevi articoli in cui rende più snella la Commissione in modo che possa permettersi quello che il Magistero non può permettersi e cioè: addentrarsi in studi SCIENTIFICI, come tali perciò soggetti a FALSIFICAZIONE (!), per poter fornire al MAGISTERO per tramite della Congregazione della fede spunti per comprendere le ultime scoperte bibliche e quindi fare in modo che l’intero impianto filosofico e biblico della fede cristiana non divenga in-credibile!
        Essendo infatti la dottrina cattolica basata sulla via analogica di San Tommaso, buona parte della rivelazione rientra in pieno nella riflessione filosofica e logica. L’esegesi biblica con i relativi studi sulla Tradizione cristiana e apostolica, non fa eccezione ovviamente. Per questo motivo il Magistero ha sentito l’esigenza di avere un organo che si può permettere di scandagliare le nuove teorie senza timore e remore e quindi comprendere dove stanno andando gli studi e come comportarsi per il prossimo futuro.
        Una commissione formata da esperti, non cardinali. Una commissione che parla “con i vari Istituti di studi biblici, sia cattolici sia non cattolici.” Una commissione che comunque “deve essere consultata prima che siano emanate nuove norme in materia biblica.”
        Non è che se non è più Magistero è divenuta inutile Marco. Paolo VI in questo modo l’ha resa praticamente indispensabile sotto il fronte della scienza biblica. Se fosse restata Magistero, con il caos di teorie che ci sono in giro, sarebbe stata praticamente muta per secoli prima di poter formulare anche solo una “a” su foglio bollato.
        C’è modo e modo di vedere le cose insomma. Il sottoscritto, insieme a gran parte dei fedeli, esegeti compresi e a Paolo VI, la vediamo così.

        E ancora: non sei l’unico che ritiene che Ratzinger abbia sbagliato a permettersi un giudizio tanto temerario.
        Ovviamente c’è chi dice che finché ci sarà paura a prendere il toro per le corna ognuno potrà dire quello che vuole su questo punto. E altri che invece dicono che fa bene il Magistero ad aspettare. Personalmente noto che a volte si preme sull’acceleratore e poi si guarda “di nascosto l’effetto che fa”.
        Resta inteso che il mio discorso resta inconfutato e se il Magistero dirà fra 200 anni che Ratzinger aveva ragione ne vedremo delle belle in chi pensa che qualsiasi cosa esca dal Magistero questa divenga irreformabile di per sé.
        Ovvio quindi che oggi non ci si possa permettere certe riflessioni con l’aria di scisma che c’è. Scisma ovviamente lefebvriano da una parte e “modernista” in stile suore USA dall’altro.
        Quello che chiaramente fa più da freno è il primo probabile scisma. Come si può infatti spingere sull’acceleratore quando c’è gente in giro che ancora non ha inteso il Vaticano II e le sue istanze?
        Prima facciamo capire a questa gente dove sta andando la Chiesa. Poi vediamo, finalmente aggiungo io, di muoverci.
        Ma tanto lo so che non vedrò nulla del genere, son giovane, ma i giorni nella Chiesa si misurano in decenni per cui so che il tempo che mi è concesso di vivere è quello di spiegare dove sta andando la Chiesa, non fin dove potrà spingersi in un lontano futuro e già oggi si tentano le sortite.
        Poi non si sa mai. In questi casi davvero nulla è impossibile a Dio.

      • Aggiungo, qui ci sarebbe materia per un post, che se la dottrina cattolica diventasse non credibile razionalmente, visto il suo impianto, sarebbe la distruzione completa della stessa.
        Da un punto di vista logico infatti “[Se] non si crede ciò che si può credere – cioè ciò che fonda il credere -, e quindi il credere svanisce come tale (cioè nella sua sostanza) e ciò che permane è la sua parvenza: il credere di credere.
        L’incredibile è nulla come credibile; dunque il credere l’in-credibile è credere nulla, cioè nulla come credere: non si crede nulla, cioè non si crede.
        Ciò che rimane – se si continua a credere – è appunto la parvenza del credere, non la sua sostanza.”

        Barzaghi, Giuseppe, Soliloqui sul divino, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 1997, pag. 18

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