Alcune domande del Sig. Nessuno al dott. Arnaldo Xavier da Silveira

Ceci n'est pas un Magritte.

Magistero.exe: fatal error
Ceci n’est pas un Magritte.

Gentile Dott. Arnaldo Xavier da Silveira,

ho letto per tramite del blog Chiesa e post concilio, il suo ultimo articolo dedicato al “sentre cum Ecclesia” e ai Frati dell’Immacolata. Leggendolo sono nate in me, sig. Nessuno che non può vantare molti titoli se non quello di essere un animale razionale, molte domande che desidererei esternare pubblicamente, certo che tali domande chiariscano ai competenti la mia ignoranza in merito alle tematiche trattate. Ovviamente chiedo risposte, non accontentandomi della bellezza di domandare. E se le domande sono errate mi piacerebbe sapere dove lo sono. Grazie.

Rileggiamo insieme l’articolo, nella sua traduzione italiana gentilmente concessaci dal sito unavox.it

Quando lei scrive:

i numerosi commenti sull’argomento, pubblicati nei siti antimodernisti, indicano che il fondatore e Superiore generale, P. Stefano Mannelli, stava orientando l’Istituto in senso tradizionale. L’intervento, quindi, non mirerebbe tanto ad allontanare i frati dalla celebrazione della Messa di San Pio V, quanto, e soprattutto, a porre fine alle resistenze di molti di essi nei confronti delle controverse dottrine del Vaticano II e delle inaudite novità del post-Concilio.

mi sembra che non specifichi cosa intende per “senso tradizionale”. Se Manelli vuole orientare l’istituto da lui fondato in senso tradizionale e il risultato è che il Magistero non riconosce questo senso come “sentire cum” significa che:
a) quello che per lei è “senso tradizionale” non lo è per il Magistero e ha ragione il Magistero
b) quello che per lei è “senso tradizionale” non lo è per il Magistero e ha ragione lei
Delle due l’una. Ora, da sig. Nessuno qual io sono, mi chiedo: se è il Magistero a stabilire cosa significa da oggi e da sempre “sentire cum Ecclesia” perché è sbagliata la prima proposizione? E se invece è giusta la seconda proposizione, mi spiega perché lei identificherebbe il Vero Magistero e non il Magistero stesso? Ovvio che mi può rispondere con un bel: “io ripeto quello che diceva il Magistero preconciliare dogmato!”. Ma allora mi sorge un’altra domanda: che razza di Magistero è un Magistero che può errare sempre se non quando dogma in modo infallibile? Cioè deve essere credibile un Magistero che si può sempre sbagliare, tranne quando lui dice che non sta sbagliando? Lei mi dice che è perché è Dio che in quei casi lo dice. Ma io le chiedo a questo punto come fa ad essere sicuro che Dio ha parlato? Perché glielo dice un Magistero passibile di errore che le impone di credere che in quel momento quel che dice viene da Dio? Ma in tutta questa autoreferenzialità, dove sta la ragionevolezza, la coerenza interna? Io ce la vedrei se il Magistero, per voce della Chiesa Gerarchica, si dichiara come unica voce autorevole per stabilire cosa è il Magistero stesso. Perché io, sig. Nessuno, dovrei avere la legittima pretesa che quanto ho appreso del Magistero sia più autorevole del Magistero stesso? Lei certamente ha più titoli di me per parlare del Magistero, ma mi spiega perché dovrebbe possedere titoli per criticare come erroneo il Magistero stesso del Magistero stesso? E’ forse lei in contatto con il divino più del Magistero stesso? Ovvio che no, sono ignorante, ma nessuno qui è fesso. Quindi è chiaro che lei critica e procede a ritenere erroneo il Magistero per motivi ben più profondi. A questo punto le chiedo: quali? Grazie.
Ah, mi corre l’obbligo qui di sottolinearle con mio piacere come il suo parere sia del tutto simile a quello di Wolfgang Boekenfoerde. Egli però prevede la fallibilità delle encicliche papali (cfr. Boekenfoerde Wolfgang, Roma ha parlato, la discussione è aperta Struttura comunionale della Chiesa e parresia del cristiano, Il Regno – Attualità, n.22, 2005, pp.739-744) e il risultato è giusto l’esatto opposto del suo e come lei non distrugge alcun dogma. Perché lei e la sua critica ad un Magistero erroneo è più credibile rispetto a Boekenfoerde?
Ancora: io non sto dicendo che non sia possibile quello che lei dice, cioè che il Magistero possa essere, diciamo così, imprudente. Si figuri che anche Benedetto XVI scrisse che il Magistero, nell’ambito biblico, ha compiuto decisioni imprudenti. Rilegga quanto disse nel 2003 in un discorso di sicuro da lei conosciuto: “Rimane vero che il Magistero, con le decisioni citate, ha allargato troppo l’ambito delle certezze che la fede può garantire; per questo resta vero che è stata con ciò diminuita la credibilità del Magistero

Ratzinger, Joseph. Il rapporto fra Magistero della Chiesa ed Esegesi, 2003, Pontificia Commissione Biblica, 10 maggio 2003

Però noto delle differenze! Qui si da per scontato che in termini di fede e morale, cioè negli ambiti CERTI DELLA FEDE (gli unici che per Ratzinger Papa il Magistero può GARANTIRE!), il Magistero non può ERRARE.  E si dice: se il Magistero travalica questi ambiti… beh, non si può pretendere che non sbagli! Accidenti: mi spiega dove sbaglio a ritenere questa affermazione perfettamente lecita, coerente con il Magistero stesso e credibile? Posizione che trovo sia all’opposto della sua, o mi sbaglio? E se non lo è, dove la mia ignoranza sta agendo e mi sta ingannando?

Quanto piuttosto alla sua sicurezza che il Commissariamento derivi dalle resistenze di molti di essi nei confronti delle controverse dottrine del Vaticano II e delle inaudite novità del post-Concilio , mi chiedo che fonti autorevoli possiede per questa affermazione e a questo punto se le può mettere pubblicamente a disposizione.

Grazie per il sunto del “sentire cum Ecclesia” di Sant’Ignazio, anche e soprattutto per aver sottolineato questo punto che sta molto a cuore a me, sig. Nessuno, e al blog che mi ospita:

9a regolaLodare tutti i precetti della Santa Chiesa ed essere disposti a cercare le ragioni in loro difesa e mai per criticarli.”

Benvenuti nell’ermeneutica della continuità! Ma allora mi chiedo: perché poi lei fa di tutto per criticare i precetti magisteriali fino tentare di minare l’ermeneutica della continuità nel Vaticano II? Mi sono risposto perché in fondo questa nona regola non è un dogma infallibile della Chiesa…

Poi inizia il percorso logico che prevede in conclusione la dimostrazione che esista “in relazione sia ai Papi, sia ai concilii ecumenici, una dottrina attenuata e solida secondo la quale il Magistero possa cadere in errore e perfino nell’eresia, quando non rispetta le condizioni dell’infallibilità.” Al che mi sta benissimo, perché è quello che a quanto pare diceva anche Ratzinger nel discorso che le ho (ri)citato. Però egli lo inquadrava nel fatto che il Magistero, che in materia di fede e morale NON PUO’ ERRARE, è andato OLTRE IL MAGISTERO STESSO ergo può anche errare (ma questo non significa che è errore certo!).

Mi ripeto: perché lei è nel giusto e non lo è Ratzinger? Perché ci sono vent’anni di studi “antimodernisti” che lo “provano”? Posso chiederle se è al corrente che altrettanti decenni di studi che lei considererebbe “modernisti” dicono l’esatto opposto? Perché loro sono nell’errore (anche se molti in linea con il Magistero di oggi) e lei e i suoi studi “antimodernisti” no? Lei magari mi chiede: quali studi?! Di chi?! E io allora le chiedo: “ma come! Se c’è un dibattito significa che ci sono due posizioni antitetiche a confronto. Che ci siano studi in tal senso è sicuro come e quanto l’esistenza del dibattito in corso! E l’esistenza di tale dibattito ne è la prova. Io sono il sig. Nessuno, che non conosce nulla, per questo non mi permetto di citarle studi, ma certo pretendere, da grande professore che è, che lei li conosca e li tenga in considerazione. E cioè: dando per scontato che esistono studi contrari, perché non li cita e fa passare l’idea che il dibattito oramai è chiuso e sepolto e gli studi “antimodernisti” hanno “vinto”? Se è così, perchè si ritrova a scrivere il risaputo con articoli come questo suo, del quale ringrazio di nuovo?

Un’ultima cosa perché il sig. Nessuno ha purtroppo altro nella vita da fare, anche se in fondo mi piace l’idea di non disturbarla più con le mie domande ignoranti.

Quando lei scrive:

“Per comprendere come tale possibilità di fallo magisteriale non si opponga alle promesse di Nostro Signore, è importante osservare che, secondo la vera dottrina del Magistero ordinario (6), una condizione essenziale per l’infallibilità dei suoi insegnamenti è che essi siano accettati pacificamente dalla Chiesa universale, entro un tempo sufficiente ad essere ritenuti come appartenenti alla Fede, e quindi essere doverosamente professati dai fedeli.”

mi sovvengono queste domande:
– le promesse di Nostro Signore? Ma che promesse? Quelle forse scritte in un Vangelo che non esiste in originale, scelto da un Magistero che può errare anche in materia di fede?
– accettati pacificamente? Scusi, ma secondo lei cosa si intende per pacificamente? Io sono ignorante, ma da quello che so ad ogni Concilio c’è sempre stato un bel caos nella Chiesa! Sempre e a tutti i concili. E a volte c’era bisogno di un secondo Concilio ravvicinato per… accertare di uno scisma certo. Dove è questa “pacificazione” vista come la vede lei dopo Trento? E dove dopo Costanza? Sa invece dove la vedo in Trento, Costanza e Vaticano II? Nei fedeli semplici che semplicemente accettano e si affidano e si fidano. Lei vede la Chiesa spaccata completamente in due. Lo dimostra anche quando scrive “È evidente che le novità eretizzanti del Vaticano II, anche dopo cinquant’anni di aggiornamento conciliare, non hanno mai contato sul consenso nella Santa Chiesa, sia da parte del corpo docente sia da parte del discente.”. Ma al che mi chiedo: ma lei come fa ad essere sicuro che di quello che è il consenso della Santa Chiesa?! Che sondaggi ha in mano? Quanti sono quelli che la pensano come lei? Siete un miliardo e cinquanta milioni di cattolici più uno per dire che un miliardo e quantanoveenovecentonovantanove milioni di cattolici stanno spadroneggiando eresie che la maggioranza non approva?! E’ sempre la sua fonte autorevole che le da queste certezze statistiche?

Interessante la sua lettura di Kasper. Mi piacerebbe sapere dallo stesso Cardinale se questa lettura del suo scritto sia giusta. E soprattutto desidererei capire come il Card. Kasper stesso, dopo aver constatato che il Magistero di cui fa parte non è che una burla di pessimo gusto, possa ancora essere Cardinale di Santa Romana Chiesa ed essere in pace con la sua coscienza e con il principio di non contraddizione. Ma avremo modo di tornare anche su questaltre domande, temo ignoranti quanto quelle precedenti.

Buon cammino Dott. Arnaldo.

Il suo

Sig. Nessuno



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5 replies

  1. meanwhile…

    “[…] La teoria diffusa secondo la quale il Concilio sarebbe stato solo pastorale non corrisponde a verità. Come hanno detto invece i Papi del postconcilio, esso è stato anche dottrinale e come tale infallibile. La tesi di Don Kolfhaus, secondo cui il Concilio non conterrebbe dottrine infallibili, è molto pericolosa, perché può ingenerare il sospetto che contenga degli errori, cosa per un cattolico assolutamente inammissibile.

    E non basta dire con Mons.Gherardini che “il Vaticano II è infallibile nella misura in cui si appella ai precedenti concili dogmatici e a definizioni dogmatiche o quando reitera una dottrina di fede definitiva“, ma bisogna riconoscere con franchezza che anche le dottrine nuove del Concilio sono infallibili, in quanto esplicitazione o sviluppo di dottrine dogmatiche già definite, anche se è vero, come disse Paolo VI, che il Concilio non contiene nuovi dogmi solennemente definiti, come avvenne per esempio con la proclamazione del dogma dell’Assunta o dell’Immacolata.

    Ma “infallibilità” non vuol dire altro che assoluta verità in materia di fede; per cui negare questa nelle dottrine di un Concilio ecumenico non è affatto conforme al dovere e al sentire del cattolico. Perché ci sia infallibilità non è necessaria la definizione solenne, ma basta semplicemente l’enunciato dottrinale in materia di fede del Magistero della Chiesa, specie poi se si tratta del Magistero solenne di un Concilio Ecumenico. ”

    Cavalcoli op, lettera a Padre Lanzetta, http://www.internetica.it/lettere-Cavalcoli_Lanzetta.htm

    Accidenti al sig. Nessuno… vai a vedere che ne ha azzeccata almeno una?!

    • Bella anche la risposta di Lanzetta, soprattutto dove dice: «la persona di Paolo VI, ha riassunto l’intera portata magisteriale del Vaticano II, definendolo magistero ordinario autentico (cf. Allocuzione del 7 dicembre 1965 e Udienza Generale del 12 gennaio 1966). Ora, il magistero ordinario non è infallibile perché è magistero, sia pur di un concilio, ma solo quando è reiterato e quando appura la definitività di una dottrina di fede o di morale, anche se non definita ma definitiva. L’infallibilità nel Vaticano II è solo di riflesso rispetto a precedenti definizioni dogmatiche o a dottrine definitive; questa infallibilità, sussiste poi solo in alcune dottrine ma non nel Concilio in quanto tale, altrimenti sarebbe stata inutile la precisazione del Segretariato del Concilio per la giusta lettura di Lumen gentium, posta come Nota previa. Riporto i due punti salienti di detta nota che ci riguardano: «Tenuto conto dell’uso conciliare e del fine pastorale del presente Concilio, questo definisce come obbliganti per tutta la Chiesa i soli punti concernenti la fede o i costumi, che esso stesso abbia apertamente dichiarato come tali. Le altre cose che il Concilio propone, in quanto dottrina del magistero supremo della Chiesa, tutti e singoli i fedeli devono accettarle e tenerle secondo lo spirito dello stesso Concilio, il quale risulta sia dalla materia trattata, sia dalla maniera in cui si esprime, conforme alle norme d’interpretazione teologica» (AAS 77/1 [1965] 72).»
      Da quel che leggo mi sembra un link da tenere presente, che dici Simon?

      • P. Lanzetta F.I. merita di essere letto da gente che non cerca di strumentalizzarne il pensiero per i loro fini tradi-protestanti. Tra poco farò un post sull’ermeneutica della continuità illustrando la sua dimostrazione.
        A presto
        In Pace

  2. Prescindendo dal merito, il problema metodologico posto da Silveira e dal sig. Nessuno è quello del c.d. “recepire”.
    Vi è una determinata presa di posizione proveniente dall’autorità legittima, di tipo dottrinale o disciplinare.
    La posizione che l’autorità prende ha effetto (dottrinale e disciplinare) nei confronti del corpo sociale che governa.
    Il conseguente atto di recepire esercitato da questo corpo sociale non è privo di interesse nella sua fenomenologia.
    L’atto del recepire si può delineare come una serie di atti di “riconoscimento” formale e sostanziale e poi di consenso formale e sostanziale anch’esso.
    Il recettore, infatti, opera in primis il riconoscimento del soggetto dotato di autorità e del contenuto dottrinale o disciplinare della presa di posizione di tale soggetto, presa di posizione dotata anch’essa di autorità.
    Il recettore, poi, opera consecutivamente il proprio consenso a tale presa di posizione.
    Ciò è ben vero anche al di fuori di un contesto giuridico.
    In ogni esperienza che coinvolge l’essere umano, infatti, l’atto del recepire un contenuto postula un preciso contesto relazionale, in cui ognuno dei soggetti opera un reciproco riconoscimento in termini di ruolo e di relazione.
    Possiamo esprimere ciò anche in termini teologici.
    L’atto e il processo del recepire in ambito ecclesiale si svolge dentro un orizzonte di fede sostenuto dall’affidamento al soccorso perpetuo dello Spirito Santo.
    Essendo un processo interno alla Chiesa, l’autorità ed il fedele (o i fedeli in piccola o grande comunità, ma sempre con effetti sull’intera Catholica) non possono porsi come reciprocamente estranei o in atteggiamento di squalifica dell’altro.
    È la regola della “communio hierarchica”, che implica il “sensus fidei” e i correlati “sensus fidelium” e “sensus ecclesiae”.
    In altri termini c’è la Tradizione in quanto trasmessa/interpretata e la Tradizione in quanto recepita.
    Questi due aspetti della Traditio coinvolgono entrambi i soggetti, in una specifica forma di recepimento.
    Questo vale sia per l’ambito dottrinario, che per quello disciplinare, aspetti e ambiti che andrebbero distinti, perché altro è il perpetuo soccorrere dello Spirito a livello dottrinale, altro il grado di attendibilità e di affidabilità (e conseguente riconoscimento e affidamento) relativo ai provvedimenti disciplinari.
    Entrambi fanno parte della Tradizione, ma non allo stesso titolo e ciascuno di essi ha in sé elementi di distinzione.
    La forma di riconoscimento esigibile muta alla luce del grado di prossimità al “nucleo teologico indisponibile” (vale a dire, al grado di “ius” e di “divinum” insito nello “ius divinum” positivamente dato e, ancora di più, nelle prese di posizione che ad esso si appellano).
    Alla luce di tale grado di prossimità, la presa di posizione autoritativa e il giudizio di recepimento da parte dei sottoposti spesso non possono essere dati totalmente “ex ante”, ma solo “ex post”…
    Infine, anche per le controversie che hanno dato origine a questo stimolantissimo blog, dovrebbe valere l’aureo principio “in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”.

    • Analisi densa difficilmente smontabile e criticabile.

      Concordo, in particolare, sulla naturale distinzione da Lei operata quando scrive “In altri termini c’è la Tradizione in quanto trasmessa/interpretata e la Tradizione in quanto recepita.”: l’interconnessione va ancora più lontano quando si pensa che è la stessa comunità (la Chiesa) che vive di questa Trazione recepita e, al contempo, trasmessa e interpretata.

      A mio umile parere, l’immagine paolina della Chiesa come “corpo” è quella che ci permette il meglio di contemplare questa realtà senza confusione: diventando adulti ed invecchiando, restiamo sempre chi siamo, eppure anno dopo anno maturiamo tramandando chi siamo ma sempre capaci di interpretare quel che succede, pianificare il futuro ed avanzare senza perdere niente del passato ma neanche esserne limitato: e questa non è soggettività relativistica, ma oggettività ontologica e epistemica.
      In Pace

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